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Un "grazie" al tramonto

Ciao a tuttiii!
Beh, sono flash, lo so lo so ehehehe
In realtà il capitolo era già pronto, ma morivo dalla voglia di pubblicarlo muahahahah
Grazie mille per i commenti alla storia! Mi fa davvero piacere che stia entusiasmando qualcuno! :)
Levo le tende e vi lascio leggere il nuovo capitolo!
Un bacione,
Lily

BUONA LETTURA DEI 70esimi HUNGER GAMES E POSSA LA FORTUNA SEMPRE ESSERE A VOSTRO FAVORE

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Il petto di Finnick era di un colore rosso malsano nella fascia dei pettorali. Mano a mano che si scendeva verso il basso, la pelle iniziava ad assumere sfumature violacee e, in certi punti, anche verdognole. Nella zona sopra le costole inoltre era gonfia, come se lo avessero usato come punchingball per delle ore intere. Sul fianco destro era impresso un livido molto simile a quello che potevano lasciare delle dita quando stringevano con foga. Il collo, miracolosamente salvo, presentava solo lievissime chiazze più scure.

La cosa che fece rabbrividire Annie, nonostante tutto ciò l'avesse totalmente nauseata, erano i graffi che solcavano la pelle abbronzata del ragazzo: lunghi e profondi squarci che si diramavano in ogni direzione, dallo sterno fino al ventre e probabilmente proseguivano anche sotto i pantaloni. Intorno ai segni rossi curati malamente, si erano iniziate a formare sottili crosticine, che si sarebbero presto infettate se non fossero state pulite bene.

Annie, come stregata da quei graffi animaleschi, allungò la mano lentamente, con il polpastrello a qualche millimetro dalla pelle, iniziò a ripassare le direzioni che assumevano.

Arrivata all'altezza del cuore, dove si trovava il livido più grosso e scuro, posò la mano delicatamente.

A quel contatto, Finnick si ritrasse rabbrividendo. Era qualcosa di insopportabile sentire le mani di qualcuno che lo accarezzavano e si appoggiavano su di lui come quelle delle donne di Capitol City.

A parte Mags, non si faceva sfiorare da nessuno, perché ogni singolo contatto significava un conato e una sensazione terribile che lo avrebbe accompagnato fino al giorno dopo.

La ragazza, d'altro canto, alzò di scatto gli occhi sul suo volto, spalancandoli e temendo di avergli fatto male. Appena aveva visto la condizione pietosa del petto di Finnick, si era dimenticata di tutto; della festa, di Eliah. Persino il pensiero assiduo della mietitura era diventato qualcosa di lontano e sfuocato a confronto di ciò che aveva davanti.

Non era una ragazza stupida, quindi non le ci volle molto per fare due più due, ma c'era qualcosa nel suo cervello che le impediva di arrivare alla conclusione.

Ci doveva essere un'altra spiegazione. Non era possibile che davvero..

"Scusami" gli disse, ritraendo la mano, intimorita.

Non voleva che lui la paragonasse alle donne di Capitol City. Primo perché l'idea la ripugnava, secondo perché lei non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere.

Il pensiero la turbò.

Non avrebbe mai voluto il male di Finnick.. in fondo sapeva chi era in realtà: un ragazzo buono, gentile ma al contempo impaurito dal mondo.

Fissò i suoi occhi verde mare, così simili ai suoi.

Quella volta non si limitò a studiare solo quella parte di viso, ma proseguì, incontrando un naso perfettamente dritto e, se ci si faceva attenzione, anche cosparso di minuscole e leggerissime efelidi chiare. Scese alle labbra, piene e rosee. Calde, avrebbe detto se qualcuno le avesse chiesto di descriverle.
Infine, la sua analisi terminò sul suo zigomo, più rosso, segno di un livido appena marcato.

Presa da un desiderio irrefrenabile di sfiorare quella pelle bollente per attenuare il dolore e dimentica della reazione precedente, accarezzò l'ematoma con le dita, delicatamente.

Il ragazzo le bloccò il polso con un gesto fulmineo ed altrettanto rapidamente serrò gli occhi, con un'espressione sofferente in volto.

"Non.." disse tra i denti.

Annie capì che stava facendo il possibile per non attaccarla, quindi si fece piccola piccola e non oppose resistenza.

"Scusami!" esclamò desolata. Involontariamente gli occhi le si riempirono di lacrime.

Forse fu quello a bloccare Finnick. La guardò incerto, quasi stupito.
Non si aspettava una reazione del genere, era ovvio.

Buttò fuori l'aria dai polmoni lentamente e poi, sempre tenendo gli occhi su quelli di Annie, le posò la mano sul suo petto.

Era sconcertata e meravigliata per il fatto che Finnick le avesse permesso di toccarlo.

La ragazza sentì i brividi che percorrevano la pelle, seppur bollente, del ragazzo e quelli che le correvano lungo la spina dorsale si unirono ai suoi, creando una scarica unica.

La mano che le bloccava il polso si allargò e la liberò, così Annie fu libera di muovere di pochissimo i palmi.

Seguì, ora a contatto con la pelle del ragazzo, tutte le strisce rosse e disegnò i contorni di ogni livido, come creando con quell'abominio di crudeltà, un disegno astratto. Sentì il gonfiore della pelle, le pulsazioni dei graffi ed infine, il battito frenetico del cuore del ragazzo. Le infondeva una sensazione di pace, di calma. Sentire che, nel corpo di un ragazzo così sfruttato e ormai inerme al mondo, ci fosse ancora qualcosa che vivesse di vita propria era bello.
Le sue mani salirono il collo e andarono a cercare il livido sullo zigomo. Dopodiché, intrappolarono il volto di Finnick, costringendolo a guardarla.

Il ragazzo, grande e grosso ma in realtà ancora eterno quattordicenne ed indifeso, la fissò senza fiatare, incantato dalla forza degli occhi verdi di Annie e attirato dalla preoccupazione che emanavano.

"Cosa ti hanno fatto?" gli chiese.

Non poteva dirglielo. Come avrebbe avuto il coraggio di guardarla ancora in faccia, sapendo che lei era a conoscenza del lato peggiore di sé?

Scosse la testa. "Senti Annie.." iniziò.

"No, Finnick, ascoltami tu! Questo non è niente. Tutto questo è grave! Ti hanno picchiato?" domandò, ancora tenendogli il volto tra le mani.

Un sorriso sghembo, ma che non arrivò agli occhi, si stiracchiò sul volto del ragazzo.

"Picchiato direi proprio di no" replicò.
In effetti per Kandra quel genere di intrattenimento non poteva essere paragonato ad una violenza.

Le scostò le mani dal viso, senza però lasciargliele andare.

Era una cosa naturale per entrambi. Nessuno dei due si sentiva minimamente imbarazzato o a disagio per quell'intimità che si era creata in pochi minuti.

Finnick ancora riusciva a sentire il tocco delicato delle mani di Annie sulla sua pelle.

"Non è giusto quello che ti fa" mormorò la ragazza, con un groppo in gola.

Era così scorretto quello che aveva passato Finnick che le veniva da piangere. Si sentiva male ed era come se sentisse sulle spalle tutto il peso di quell'azione disgustosa.

Finnick distolse lo sguardo dal suo, fissando il mare.

Ormai il sole era tramontato, ma ancora in lontananza, si stagliava una strisciolina rosso fuoco.

Doveva dirle la verità? Tanto non avrebbe avuto nulla da perdere. Ci aveva già rimesso tutto.

Fece per risponderle, quando Annie si scostò da lui. "Quei.. graffi vanno curati, se no rischieranno di fare infezione" disse seria. "Se mi aspetti vado a casa e prendo qualcosa"

"Ma non c'è problema. Posso benissimo.." tentò lui. Il pensiero di dirle tutto fece marcia indietro e si rintanò dentro di lui, nel profondo, nascondendosi e mimetizzandosi perfettamente con altri sentimenti.

Annie però lo zittì alzando un dito. "Non accetto no come risposta. Quindi stai qui buono".

Il legame che si era formato tra di loro si ruppe appena le mani si staccarono, lasciando ad ognuno dei due un vuoto dentro.

Annie se ne andò in fretta, avviandosi verso casa che non distava più di due minuti a piedi.

Era ancora scossa, ma nel profondo sentiva un'energia che la rigenerava e la teneva più viva che mai.

Stava facendo qualcosa di buono per Finnick Odair. Non il Finnick presuntuoso che conoscevano tutti, ma quello gentile e dolce che vedeva solo lei.

Una parte del suo cervello pensò che Eliah ancora l'aspettava in piazza. Non aveva né tempo né voglia di tornare. Le dispiacque, in fondo era un bravo ragazzo.

Aveva scelto la serata sbagliata.


Finnick si lasciò cadere sulla sabbia, affondando le mani nei capelli biondi.

Non era riuscito a dire ad Annie tutta la verità. Ora probabilmente lo vedeva come un pulcino bagnato, violentato da una donna di Capitol City.
Come avrebbe fatto a dirle che, in realtà, lui andava da loro di sua volontà? Magari un po' obbligato, ma ci aveva fatto l'abitudine.
Se la ragazza avesse saputo tutta la storia, probabilmente non gli avrebbe mai più rivolto la parola e avrebbe avuto ragione!
Come si poteva guardare una persona in faccia dopo essere entrati a conoscenza del fatto che si vendeva alle persone in cambio di segreti?
Perché era questo che Finnick chiedeva a coloro che sfruttavano del suo tempo.

Segreti.

Il ragazzo sapeva bene che una delle armi più letali non era una spada, un tridente d'oro e nemmeno una pistola. Bensì l'essere a conoscenza di qualcosa che poteva distruggere l'intera vita di un altro. Ne aveva così tanti in testa che avrebbe potuto far andare in bancarotta, se non in totale rovina, una buona parte di Capitol City.

Si guardò il petto.

Solitamente non si curava, per far si che ogni volta che si guardasse, ricordasse a sé stesso lo schifo che si faceva. Inizialmente aveva pensato che, in quel modo, avrebbe potuto smettere.

Invece era diventata routine, quasi pigrizia.

Dopo una nottata tornava a casa e si buttava a letto, incurante del dolore e del sangue. Il giorno dopo si lavava senza però curarsi sperando, magari, che se la notte dopo avesse dovuto prestare il corpo ad una qualsiasi altra persona, questa ne sarebbe rimasta impietosita. Succedeva di rado, quasi mai.

Pensò ad Annie, che aveva pianto per i suoi lividi.

Era stata una reazione che l'aveva scioccato.La ragazza non aveva pianto per eccitazione, per pietà o per un altro sentimento che gli riservavano le persone della capitale.

No, lei aveva pianto per tristezza. Aveva letto nei suoi occhi l'angoscia nel vederlo ridotto in quello stato.

La ragazza cocciuta, testarda, non incline a cedere alle sue avance, era corsa a casa per procurarsi qualcosa per guarirlo.

Sorrise nel tenue chiarore del sole appena tramontato.


Si accorse dei passi di Annie dietro di lui, ma non si voltò.

Rimase con lo sguardo fisso sul cielo ancora chiaro.

Nonostante il cole fosse tramontato, si vedeva perfettamente, senza bisogno di qualsiasi luce. Inoltre faceva caldo. Uno dei periodi più caldi negli ultimi dieci anni, avevano detto.

La ragazza gli si sedette di fianco con un sorriso gentile.

In una borsa a tracolla marrone, con piccole frangette e perline che sbatacchiavano di qua e di là, erano stipati degli oli curativi, una bottiglia vuota e una garza.

"Spero di aver preso tutto" gli disse, estraendo tutto il contenuto e adagiandolo su un panno, per non farlo venire a contatto con i granelli di arenaria.

Si avvicinò al mare e riempì la bottiglietta con l'acqua.

Finnick la guardò interrogativo.

"L'acqua salata disinfetta e cicatrizza" spiegò lei. "Togliti la camicia".

Lui fece come le era stato detto e osservò attentamente il volto della ragazza, per scorgere un qualsiasi sentimento. A parte la concentrazione, non trapelò nulla.

Sentì l'acqua tiepida scorrergli sul petto e dopo un millesimo di secondi, fu come se mille Aghi Inseguitori li avessero punto in contemporanea.

Balzò in piedi, rovesciando il tutto sul terreno.

"Ehi!!" protestò Annie, allargando le braccia.

"Brucia!" si lamentò, toccandosi quel poco di pelle che era stata a contatto col sale.

La ragazza fece un'espressione scocciata "Certo che brucia, somaro! È normale" spiegò pazientemente.

"E' barbaro!!" brontolò, guardandola truce.

Annie sbuffò divertita. "Ma quanto la meni? Vuoi che ti passino in fretta?!" chiese, alzando un sopracciglio.

Finnick fece finta di ragionarci un po'. Allora esibì un sorrisone e si stiracchiò con nonchalance, mettendo in evidenza i muscoli.

"Se sei tu l'infermiera.."

"Scemo"

Provarono ancora tre volte, ma appena una minuscola goccia sfiorava la pelle del ragazzo, questo saltava per aria, urlando come un forsennato.

Pensò che se lo meritasse, in fin dei conti.

Al che, Annie si sedette a gambe incrociate, esausta. "Sei pessimo, Odair" gli disse.

Lui scrollò le spalle. "Lo so"

"Se vuoi davvero che si disinfettino e si puliscano, devi lavarle. Ma non ce la faccio a bagnartele con un centilitro di acqua e sprecarne tutto il resto a terra. Ora tu entri nel mare e ti sciacqui" disse.

"Stai scherzando?!" fece lui, allibito.

"Assolutamente no! Sei tu quello che ha vinto gli Hunger Games cinque anni fa! Non credo che un po' d'acqua possa metterti ko"

Finnick pensò che forse era stato più semplice scappare da uno stormo di gabbiani carnivori e famelici che sopportare quella tortura.

Però non poteva fare la figura della donnicciola, quindi si alzò e mugugnando qualcosa entrò nell'acqua, fortunatamente ancora calda.

Solo per le proteste di Annie non si tolse i calzoni, ma questo non lo aiutò a parare l'acqua; il bruciore gli attanagliò le gambe.

Serrò i denti e si immerse fino alla vita.

"Basta, non ce la faccio" ammise.

Dal ventre in su partivano così tante diramazioni che sarebbe potuto morire sul colpo se le avesse immerse tutte contemporaneamente.

Annie si alzò dalla spiaggia e gli si avvicinò.

"Aspetta" disse "ti aiuto io".

Camminò nell'acqua sicura, ma aveva appena il mare a metà polpaccio che lui la fermò.

"Ma non ti rovini il vestito?" le chiese. Aveva sentito da qualche parte che l'acqua di mare aveva un brutto effetto sulla seta.

La ragazza storse le labbra in una smorfia meditabonda, poi uscì e si tolse l'abito.

Finnick rimase a bocca aperta, prima di tutto perché non si aspettava che lo prendesse davvero alla lettera e secondo perché gli era rimasta davanti in intimo.

Lei non sembrò curarsene. Infatti dopo un attimo si infilò la camicia che lui si era tolto per farle controllare i tagli e se l'abbottonò, in modo tale che la coprisse strategicamente proprio qualche centimetro sotto le mutandine.

"Non ti dispiace, vero?"

Sul momento, il biondo non capì a che cosa si stesse riferendo. Era ovvio che gli dispiacesse che lo avesse privato di una tale visione!

Ma forse non era riferita a quella, la domanda.

Scosse il capo ed Annie lo raggiunse.

Se l'acqua a lui arrivava pressappoco al ventre, lei era immersa già fino all'ombelico.

"Girati, inizio dalla schiena" lo informò.

Obbedì senza fiatare e per i seguenti minuti cercò di non emettere nessun gemito mentre l'acqua gli scorreva come fuoco sulle ferite.

Alla fine si accorse che non gli faceva più male. Capirono che era ora di passare al petto.

Notò un'incertezza sul volto di Annie e sorrise sotto i baffi. "Se vuoi faccio io" le disse e provò a sciacquarsi un taglio all'altezza del bacino.

Era così in sintonia col suo corpo che la sua mano a coppa, contenente l'acqua, si rovesciò ancora prima di arrivare sulla pelle.

Ridacchiò. "Non sono masochista" commentò.

Annie fece una smorfia divertita e iniziò a bagnarlo, molto lentamente.

Sul fronte era molto più sfregiato e doveva davvero far male perché molte volte dovettero fermarsi.

Poi ricominciarono.

Annie cercava di concentrarsi su quello che stava facendo e non sul Finnick mezzo nudo e bagnato che aveva davanti.

Passò piano la mano sulla ferita sullo sterno, che procurò un leggero spasmo nel ragazzo, che si contenne piuttosto dignitosamente.

Infine, con una piccola quantità d'acqua salata, bagnò il graffio all'altezza del cuore. Si dedicò con più attenzione a quel taglio.

Non sapeva il perché, ma lo stare proprio sopra al cuore la spingeva a curarlo meglio.

Improvvisamente una mano calda di Finnick si sovrappose alla sua ed Annie smise di disinfettarlo, alzando lo sguardo.

Era più buio, ma comunque riusciva a vedergli gli occhi brillare.

"Grazie Annie" le disse serio.

Sotto il palmo sentiva i battiti del cuore vigorosi del ragazzo. Non erano più affannati, veloci come prima.

Ora pompavano lenti, rassicuranti, caldi. Come i suoi occhi, che la scrutavano incuriositi da questa sua nuova faccia.

La ragazza si lasciò andare in un sorriso. "Prego" rispose in un soffio. Poi, spinta da un istinto del tutto irrazionale, che l'aveva accompagnata dal momento in cui si era alzata dal tavolo in piazza per seguirlo, lo abbracciò.

Non fu un abbraccio strappalacrime, romantico e sentimentale.

Solamente.. un abbraccio tra due persone che, quella sera, avevano condiviso qualcosa di più.

Era una stretta nella quale si ringraziavano a vicenda.


Grazie Finnick per avermi dimostrato che non sei il ragazzo che tutti pensano. Grazie per esserti fidato di me e per avermi fatto capire che c'è sempre dell'altro.

Grazie Annie per ogni cosa.

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