Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Promesse


Quando Annie si svegliò, non trovò Finnick al suo fianco e una fitta di solitudine la colpì in pieno petto come una martellata.

Allungò una mano dalla parte sulla quale aveva dormito il ragazzo e riuscì a percepirne il tenue calore, segno che non se n'era andato da molto.

Rimase sdraiata, ad osservare le pale del ventilatore ondeggiare sopra di sé.
Fece vagare la mente finché non suonò una sveglia.

Pigramente, allungò un braccio e la spense, ma la consapevolezza che quello era il suo primo giorno di addestramento in vista degli Hunger Games le seccò la bocca.

Stava per morire.

Finché non aveva saputo dei sentimenti di Finnick, la triste verità non l'aveva sfiorata, ma non riusciva a sopportare che avrebbe fatto male anche a lui.

Speriamo che sia una cosa veloce ed indolore, pensò.

Si alzò dal letto e arrancò verso il bagno, sempre rimuginando sull'arena.

Se fosse rimasta da sola con Euer, era certa che il ragazzo non le avrebbe permesso di sacrificarsi per lui. Aveva bisogno di un piano B, qualcosa che l'avrebbe potuta uccidere senza farla soffrire. Non era una masochista, in fin dei conti.

Veleno, fu la prima cosa che le venne in mente.

Non sapeva dove trovarlo, però, né come procurarselo. Magari delle erbe, dei frutti, se ce ne fossero stati.

La ragazza seppe quale sarebbe stata la sua tappa iniziale, durante l'addestramento di quella mattina: piante velenose.

Si vestì come da regolamento, con un paio di pantaloni della tuta neri, una maglietta a maniche corte, anch'essa nera e antisudore e una felpa sulla quale era inciso a caratteri cubitali il numero del suo Distretto.

Scese in cucina, dove trovò tutti a parte Finnick. 

Qualcosa non andava, ne era sicura. Non poté far a meno di pensare che la colpa fosse sua.

"Giorno" la salutò Euer, con un gran sorriso.

"Ciao! Come stai?" domandò con voce allegra, per alleggerire un po' la tensione e l'ansia per l'allenamento.

"Abbastanza bene. Il letto era troppo comodo e mi sento la schiena di burro" scherzò il ragazzo, affondando una fetta di pane in una tazza colma di latte.

Annie lanciò un'occhiata a Mags, con la quale non aveva più parlato dalla Mietitura e la ritrovò a fissarla intensamente.

Arrossì, ma non distolse lo sguardo. Anzi, esibì un'espressione accigliata come per chiederle che cosa stesse succedendo.

Per un attimo, le sembrò che gli occhi verdemare della donna fossero guizzati in direzione della sedia vuota di Finnick, ma probabilmente se l'era solo immaginato.

"Abbiamo deciso che Mags sarà la tua Mentore, mentre Euer starà con Finnick.. che ora non c'è" la informò Typhlos.

Con uno sbuffo di sollievo, i polmoni della ragazza si svuotarono. Sarebbe stato molto più facile dire addio a Finnick se l'avesse visto il meno possibile. Un po' le dispiaceva, ma era sicura che quella fosse la soluzione migliore.

"D'accordo, perfetto" annuì ed immerse un biscotto nel suo caffè.

Giurò di aver colto un attimo di perplessità in Mags, ma non aveva voglia di chiederle cosa stesse succedendo, quindi si limitò ad ignorarla.

Si sentiva uno schifo per il modo in cui stava trattando la donna, ma non voleva affezionarsi a nessuno. Meno addii avesse dato, meglio sarebbe stato per tutti.

Finita la colazione, Mags li scortò fino al Centro di Addestramento.

"Dov'è Finnick?" chiese Euer, una domanda che avrebbe tanto voluto fare Annie, ma aveva tentato di trattenersi.

Improvvisamente scoprì di non volerlo sapere. Mags li guardò a lungo, poi alzò gli occhi al cielo ed indicò il soffitto.

"Va beh, non ho capito" sbuffò il ragazzo, entrando.

Invece Annie socchiuse gli occhi, pensierosa. Cosa poteva voler significare quel gesto? Era nei piani superiori? Doveva svolgere un compito importante ed elevato?

Si riscosse quando si ritrovò catapultata davanti ad altri 22 Tributi, che la fissavano tra il curioso e l'arcigno.

Certo, tutti dovevano averla notata alla Parata. Ma cos'era rimasto di quella Dea vendicativa del male? Una ragazzina impaurita e timida, che si nascondeva dietro alla schiena del suo Tributo maschio per non affrontarli.

Una ragazza del gruppo, biondissima e bella da mozzare il fiato, fece una smorfia di sdegno indirizzata a lei e poi sussurrò qualcosa alla sua vicina, un'altro tributo affascinante, con lunghi capelli neri come la pece e gli occhi azzurri come il ghiaccio. Entrambe scoppiarono a ridere sommessamente ed Annie si sentì le guance andare in fiamme.

Euer le appoggiò una mano sulla spalla e la fece avanzare, fino ad arrivare al semicerchio che formavano i corpi degli altri Tributi.

La donna incaricata a spiegar loro in cosa consistessero gli Hunger Games iniziò a parlare e andò avanti per una buona mezz'ora. Poi li congedò e i ragazzi iniziarono a spostarsi verso le varie zone.

"Andiamo a tirare le lance?" domandò Euer, incamminandosi.

"In realtà" ammise Annie "io pensavo di iniziare dalle piante velenose" spiegò, indicandogli la postazione con un dito.

Il sopracciglio del ragazzo si sollevò, interdetto.

"Tu vai, io ti raggiungo" aggiunse lei, sorridendo.

Euer ricambiò e si avvicinò alle lance.

Invece Annie si diresse a passo spedito verso la zona di erbologia. L'istruttore era paziente e le spiegò molto bene quali fossero le bacche velenose più frequenti nelle Arene, le piante curative, i sonniferi e gli allucinogeni.

Fu un'ora intensa, ma le piacque. Forse non troppo, dato che quelle conoscenze le sarebbero servite per togliersi la vita.

Mentre osservava da vicino un baccello di qualche strana pianta curativa, la sua attenzione volò ad Euer: si era arrotolato le maniche sopra alle spalle, scoprendo i possenti muscoli. Il sudore gli imperlava la pronte e goccioline gli cadevano davanti agli occhi.

La maggior parte delle ragazze degli altri Distretti lo guardava ammaliata.

Non era molto difficile non cadere ai suoi piedi. Era un miracolo, pensò Annie.
Almeno qualcuno lo avrebbe aiutato, una volta iniziati i giochi.

Il momento di euforia terminò quando notò anche che alcuni ragazzi, quelli più corpulenti, lo squadravano arcigni.

Probabilmente stavano decidendo che sarebbe stato uno dei primi da eliminare.
La paura le attanagliò lo stomaco e le sue gambe scattarono automaticamente, portandola alla zona dei coltelli.

Avrebbe dovuto attirare l'attenzione, sempre che non fosse troppo tardi.

Non sondò nemmeno il peso delle armi, ma iniziò a lanciarle, concentrandosi al massimo ed esibendosi in numeri mai provati.

In meno di due minuti, aveva lanciato quasi trenta coltelli di varie lunghezze, tutti perfettamente conficcati fino all'elsa nel centro dei bersagli. L'ultimo, attraversò da parte a parte di uno dei manichini, che cadde a terra con un tonfo sordo.

L'eco le fece intuire di aver gli occhi di tutti puntati sulla schiena. Si concesse un sorrisetto divertito, prima di girarsi ed allontanarsi.

I passi di Euer non si fecero attendere.
"Ma che diavolo ti è preso?!!" sibilò "Ti sei dimenticata quello che ci hanno detto?! Non dobbiamo mostrar loro quanto siamo forti, altrimenti diventeremo i primi bersagli!".

Annie si era aspettata una reazione del genere, quindi non si fece spaventare né intimorire.

"Ti avevano adocchiato, mentre tiravi le lance. Almeno ora sanno chi dover temere" gli disse, impugnando l'arco e saggiandone la corda.

"Grandioso! Così ora prenderanno di mira entrambi!".

A quel punto la ragazza si voltò. "Non mi importa. Possono pensare qualsiasi cosa, ma quando saremo nell'Arena, faranno bene a tenersi alla larga da me o te, perché quella" disse indicando il manichino a terra "è la fine che faranno".

Non avebbe voluto essere cattiva o scortese.. era solo spaventata. Non le era permesso di pensare a sé stessa durante quei giochi.

Doveva proteggere Euer e se per farlo avesse dovuto combattere contro di tutti, beh, è quello che avrebbe fatto.

Non c'era spazio per due persone, negli Hunger Games.

Incoccò la freccia, con precisione chirurgica e aprì le dita, lasciandola andare e beandosi della vista della punta che si conficcava senza rumore nel bersaglio.
Non un tiro perfetto, ma ragionevole.

Ripensò alle parole che aveva detto ad Euer: non era sicura che sarebbe riuscita a uccidere qualcuno, o per lo meno, non senza soffrirne.

Lanciò un'occhiata al manichino steso a terra, col pugnale ancora ben conficcato nell'imbottitura.

Non sarebbe diventata un mostro per il piacere di uccidere, mai. Se l'avesse fatto, sarebbe stato per proteggere qualcuno.

Un rumore di sottofondo la distrasse e la freccia appena scoccata, si impiantò nella clavicola di un manichino a qualche metro da lei.

Si voltò, curiosa e vide uno dei ragazzi più corpulenti, tirare dei pugni ad un sacco blu che pendeva dal soffitto.

Gli si avvicinò, attratta e affascinata dal guizzo dei muscoli ogni volta che colpiva e si ritraeva, esattamente come un serpente attacca una preda.

Lui si accorse della sua presenza; lo intuì dall'impercettibile movimento delle sopracciglia, ma non smise finché non contò il trecentesimo colpo. Dopodiché, si lasciò cadere a terra, con un sorriso sghembo.

"Giuro che ne ho fatti trecento. Non ero a trenta e quando ti sei avvicinata ho alzato la cifra" le disse ansimando.

Annie non poté far a meno di sorridere a sua volta. "Posso?" domandò, allungando la mano per prendere i guantoni.

"Come vuoi". La ragazza si piazzò davanti al sacco, indecisa sul da farsi.

Al Distretto aveva visto molte volte i ragazzi farlo, ma si era sempre tenuta alla larga. Non le piaceva perché si sudava troppo e poi non era mai stata attratta dal corpo a corpo.

"Devi tirargli pugni" le consigliò il ragazzo "non si stende da solo".

Tentando di trattenere un sorriso, Annie scosse il capo e poi si decise a sferrare il primo pugno.

Il primo pensiero che le passò per la testa fu che era stato come colpire una lastra di cemento.

Appurò, spiacevolmente, che i guantoni imbottiti non servissero a nulla.

La voglia matta di strapparseli dalle mani e scoppiare a frignare per il male era così tanta che dovette mordersi la guancia interna per non cedere. Invece rivolse uno sguardo di sfida al sacco e riprese a colpirlo con furia.

Dopo qualche minuto, non sentiva più dolore per il semplice fatto che non si sentiva le mani.

"Ehi, ferma!" esclamò lui, "Vuoi romperti tutte le nocche prima ancora di arrivare all'Arena!?" le domandò, afferrandola per i polsi e slacciandole i guantoni.

Meglio, pensò Annie, non sarei riuscia a farlo in ogni caso.

Appena le sfilò i guanti, non ebbe il coraggio di guardarsi le mani.

"Non è niente di terribile" rise lui.

In effetti le sue mani stavano benone, se non fosse stato per il livido violaceo che ricopriva interamente le nocche.

"Decisamente la box non fa per me" affermò.

Gli rivolse uno sguardo. "Perché mi hai fermata? Nel senso, se non mi avessi fermata, mi sarei rotta le mani e sarei stata la più veloce da uccidere". Si sorprese pure lei della schiettezza con cui l'aveva detto.

Per la prima volta, aveva ammesso la sua possibile morte, che fino a quel momento aveva solamente immaginato.

Il ragazzo ci pensò prima di rispondere.
"Non voglio partire avvantaggiato. Non che io non voglia vincere, ovvio, ma sarebbe vigliaccheria" rispose serio.

Le rivolse un ultimo sguardo indecifrabile e poi si spostò in un altro settore.

Appena se ne fu andato, Euer si materializzò al suo fianco.

"Cosa voleva?! Ti ha insultata in qualche modo?" indagò.

Annie sbuffò, divertita. "Ha evitato che mi rompessi una mano" e gli mostrò il livido.

"Ha fatto.. cosa?!".

"Mi ha detto che non vuole partire avvantaggiato; che sarebbe vigliaccheria" ripeté.

In quel momento, Annie si rese conto di non avergli nemmeno chiesto il nome. 

<>

Finita la sessione di allenamento, andarono in mensa a mangiare.

Come normale, i ragazzi di ogni distretto erano seduti in disparte e parlottavano tra loro, ad eccezione di un gruppetto sulla sinistra.

Annie rifletté che dovessero essere i favoriti.

Quando lei ed Euer entrarono, si girarono verso di loro e una ragazza, quella che l'aveva sbeffeggiata all'inizio, gli fece un cenno.

"Venite qui a mangiare. Possiamo discutere con voi l'alleanza".

Niente giri di parole. Li volevano nel gruppo.

Un'irritazione mista a rabbia fece capolino in Annie: la osservò come si guarda uno sputo a terra e tirò dritto, fino ad andarsi a sedere in un tavolo già occupato da una ragazzina magrettina, della quale non vedeva la faccia perché coperta dai capelli scuri.

Euer la seguì, non dopo averle scoccato un'occhiataccia.

"Ci uccideranno per primi, grazie tante" le mormorò.

"Potevi benissimo sederti con loro" fece spallucce.

Il ragazzo strinse le labbra, prima di rispondere, per evitare di iniziare ad urlare.
"E, ovviamente sarei rimasto ad ascoltarli mentre discutevano come farti fuori. Gran bel piano d'inizio. Non sono così sadico come pensi" commentò.

Gli angoli della bocca di Annie si sollevarono in un sorrisetto. "Ho sempre pensato che fossi un tenerone. Allora, come ti è andato l'allenamento?" gli chiese.

Passarono un bel po' di tempo a raccontarsi dell'allenamento e ad analizzare i vari Tributi.

I due dell'1 erano spaventosi. Il ragazzo, alto e possente, aveva i muscoli delle braccia che potevano essere paragonati alle cosce di Annie.
Il torace era muscoloso, asciutto e tonico. Era un bel ragazzo, non contando il fatto che fosse un pazzo assassino con tendenze omicide.
La ragazza era ancora peggio: aveva il volto da angelo, capelli biondissimi, occhi azzurro mare, labbra rosse, guance piene e un fisico da modella. Eppure, appena toccava una spada o un'altra arma, diventava una macchina da guerra.
I Tributi del 2, anche loro Favoritissimi, erano paragonabili, in tutto e per tutto, a sterminatori di massa. Lui era alto, magro e scattante. La faccia, da furetto, mostrava un'intelligenza fuori dalla norma e gli occhi da falco facevano venir paura.
Lei, la ragazza mora mozzafiato, era più cattiva. Occhi azzurro ghiaccio, perfidi e senza amore –Annie pensò che se si fossero ritrovati come finalisti i due del 2, lei sicuramente non avrebbe esitato a piantargli un palo nel cuore-, agile, lunghi capelli neri, ciglia lunghissime e nere. Se le avessero fatto indossare un vestito nero, chiunque l'avrebbe scambiata per la versione ultra sexy della morte.
I due Tributi del Distretto 3, erano seduti ad un altro tavolo e discutevano animatamente riguardo uno strano filo di metallo che la ragazza teneva in mano. Non sembravano molto pericolosi, a detta di Euer, ma ad Annie mettevano a disagio e aveva uno strano presentimento sui due. Entrambi portavano gli occhiali e non erano per niente attraenti.
Lei, con i capelli corti a caschetto e una frangia drittissima e rigidissima, pareva un soldato. Lui, invece, aveva i capelli rosso fuoco e uno spazio tra i due denti davanti che fece sogghignare i due sotto i baffi.
I due ragazzi dei 5 sembravano del tutto normali, ma nei loro occhi brillava una scintilla troppo intelligente e maligna per poter essere ignorata. Identici in tutto e per tutto: capelli castani, occhi neri e carnagione pallida.
Euer ed Annie erano d'accordo nel pensare che avrebbero dovuto tenersi assolutamente alla larga da due: avevano la straordinaria e macabra capacità di esercitare la propria volontà su tutto.
Li avevano spiati, nelle ore precedenti. Stavano intorno a delle cose comuni, come boccette d'acqua, delle foglie, bacche e legni e le trasformavano in potenziali armi. Ad un certo punto avevano preso un topo bianco e lo avevano immerso in una miscela naturale. In meno di cinque secondi, l'animale era morto e dopo dieci aveva cominciato a sciogliersi.
I Tributi del 6 davano l'idea di due scaricatori di porto. La ragazza, almeno il doppio, se non il triplo di Annie, era piazzata e i due erano totalmente certi che se avesse avuto un tributo sotto le mani, lo avrebbe spezzato in due.
Lui invece era già più normale. Più grande della media, muscoloso ma non troppo. Superava di una spanna Euer, ma in un combattimento corpo a corpo ne sarebbe uscito perdente, poiché ogni suo movimento era rallentato dalla mole imponente.
I Tributi del Distretto 7 erano seduti insieme ai Favoriti.
Annie non ci mise molto a riconoscere il ragazzo della box, che mangiava taciturno, mentre la bella dell'1 gli si strusciava contro, come una gatta in calore.
Era bello, quasi quanto Euer. Poiché proveniva dal distretto della legna, aveva una muscolatura tutt'altro che insignificante e i muscoli della schiena guizzavano sotto la maglia ad ogni minimo movimento.
L'amarezza per aver provato simpatia nei suoi confronti le scese lentamente nello stomaco e si trasformò in delusione.
Aveva pensato che almeno lui potesse far squadra con loro, ma era evidente che avesse cantato vittoria troppo presto.
La ragazza era graziosa, non bellissima, ma aveva un'aura delicata che la lambiva e la rendeva intoccabile.
Lo capirono dagli sguardi di sottile venerazione che tutti le stavano rivolgendo. Era molto più magra di lui, pallida, come sbiadita.
Annie era convinta che non fosse mai uscita di casa, poiché appariva quasi eterea, sotto la pelle trasparente. I suoi modi pacati e gentili fecero sciogliere qualcosa nel petto di Annie. Se mai avesse voluto un'alleata, sarebbe stata lei.
Il Distretto 8 aveva sorteggiato due ragazzi piccoli, troppo piccoli per partecipare ad una simile competizione.
Forse tredicenni, anche se non ne era molto sicura. Troppo giovani, troppo indifesi, troppo puri.
Tristemente, Euer osservò che sarebbero stati i primi a morire. Un istinto materno ruggì nel petto di Annie che avrebbe dovuto proteggerli, ma non poteva.
Non poteva proteggere tutti.
Solo uno.
Con che cuore gli altri li avrebbero uccisi? Annie sperò vivamente in una morte veloce ed indolore.
I Tributi del 9 erano in fondo alla mensa e non rientravano nel loro campo visivo. Sembravano in buono stato, forse un po' magri.
Quelli del 10 parevano pastori; era palese che non avessero idea di cosa fare e, sicuramente, non si aspettavano di poter essere sorteggiati. Durante la preparazione non avevano toccato nessun arma e si erano esercitati ad accendere il fuoco senza i fiammiferi.
L'11 aveva mandato due ragazzi spaventosi: il ragazzo era alto, piazzato e muscoloso. I suoi occhi mandavano scintille di ira ed avevano appurato fosse particolarmente bravo a dilaniare manichini. Chissà se avrebbe avuto lo stesso sangue freddo con delle persone vere?
La ragazza aveva la pelle nera come le ali di un corvo. I capelli erano morbidi sulla schiena, legati in trecce rigide. Ciò che la rendeva ancor più inquetante erano gli occhi: schegge di ghiaccio su un volto d'ossidiana.
Infine, purtroppo Annie dovette spostare lo sguardo sui tributi del Distretto 12. Tutti erano consapevoli che quei ragazzi non avrebbero più fatto ritorno. Erano sempre i più denutriti, i più deboli, i primi a cadere.
Il ragazzo era rannicchiato in un angolo, troppo magro per sembrare vero. Invece la ragazzina, forse 13enne, era seduta accanto a loro, ma i capelli le cadevano sul viso e impedì loro di guardarla in faccia.
Pareva messa meglio del compagno, ma un suo polso non era nemmeno metà di quello di Annie.

Alla fine di quell'analisi accurata, ai ragazzi venne dato il permesso di tornare negli alloggi.

Euer aveva già la mano stretta intorno alla maniglia, quando Finnick comparve alle loro spalle.

Il corpo di Annie reagì alla sua presenza trasformandosi in un blocco di ghiaccio.
Tutto, ad eccezione del cuore, si era immobilizzato, sospeso in quell'attimo colmo di aspettativa.

"Io.. ehm.. andrei" bofonchiò Euer e sgusciò nella camera.

Nemmeno a dirlo, nessuno dei due fece caso alle sue parole.

Gli occhi solitamente allegri e brillanti di Finnick si erano tramutati in pozzi bui, privi di qualsiasi sentimento.. e in quell'istante, la stavano osservando apatici.

Il groppo in gola divenne quasi insopportabile per la ragazza: era come se qualcuno tentasse di soffocarla con un pugno infuocato.

Una porta scricchiolò ed entrambi vennero catapultati prepotentemente alla realtà.

Finnick si schiarì la gola, passandosi una mano tra i capelli. Dopo averle rivolto un tenue accenno di saluto, scomparve in un corridoio ed Annie fu da sola, al centro della stanza.

Era tutto completamente sbagliato! Sapeva che quella non era la loro normalità, ma non aveva idea di come poterla cambiare.. non credeva neppure che si potesse fare qualcosa.

Erano entrambi consapevoli che il loro amore non sarebbe mai potuto vivere.. per lo meno, non a Panem; non con gli Hunger Games e il presidente Snow.

Tentò di deglutire, ma il magone non glielo permise.

Restò ferma ad osservare la porta che si era chiusa alle spalle del ragazzo, mentre un fiume di parole si riversavano sulle sue labbra, incapaci di fuoriuscire.

E' tutto sbagliato, si ripeté.

Niente sarebbe dovuto andare in quel modo. E poi, lo sguardo che le aveva riservato.. così vuoto e vacuo. 

Ormai era abituata ad agire senza ragionare, ma quando le sue gambe scattarono nella direzione in cui era sparito il Vincitore, si sorprese.

Lo vide, a qualche metro da lei, le mani affondate nelle tasche e la schiena ricurva, come appesantita dalla tristezza e dal dolore.

"Finnick!" chiamò con voce strozzata. Lo raggiunse e gli si pose davanti.

A quel punto, il ragazzo non poté più ignorarla. "Annie" salutò, accigliato e distaccato "Ti serve qualcosa?".

"Puoi smetterla di parlarmi come se fossimo completi estranei?" gli chiese.

Non avevano detto che due frasi e già i toni si stavano scaldando.

"Siamo un Mentore ed il suo Tributo: mi devi rispetto tanto quanto ne devo io a te".

Annie proruppe in una risata amara. "Non siamo mai stati solo quello".

Le guance di Finnick si colorarono lievemente. "Che cosa vuoi?" il ragazzo incrociò le braccia.

"Vorrei una spiegazione! Ieri mi hai detto di essere innamorato di me, abbiamo dormito insieme e ora mi tratti come se fossi un'estranea?".

La maschera di ghiaccio del ragazzo si incrinò, ma non rispose, serrando la mascella.

"Non dici nulla?" domandò Annie.

Nella sua testa, una vocina le sussurrava che stava risultando egoista, ma la mise a tacere.

Aveva appurato di non riuscire a stare in quel posto senza parlargli o saperlo vicino, perché ogni cellula del suo corpo desiderava, bramava e voleva Finnick Odair.

Il ragazzo scosse il capo.

Fu come ricevere una pugnalata al cuore, ma forse se l'aspettava.
D'altronde, non era lui che le aveva comunicato di voler morire nell'Arena.

Nonostante ciò, la sua voce uscì più dura di quanto si aspettasse.

"Beh, potevi anche risparmiarti il disturbo di parlarmi al Distretto; di passare del tempo con me.. di farmi credere che fossi una persona diversa! Tutto questo è uno schifo! Siamo immersi in una situazione orrenda e sono stanca di persone che si aspettano qualcosa da me. Credi che non sappia a cosa sto andando incontro? Credi che io non sia tremendamente spaventata dall'Arena, dai Tributi e dalla loro pazza sete di sangue!? Beh, ti do' una notizia sensazionale: sto morendo di paura. E sai qual è la cosa ancora più ridicola? Che non mi importa un accidente di niente, se tutto questo non posso attraversarlo con te! Perché sarò una folle, starò per commettere un'azione imperdonabile e so di essere una schifosa egoista, ma la verità è che non posso farcela se non ci sei tu. Sei diventato il mio tutto, Finnick e la cosa mi spaventa, perchè non pensavo fosse umanamente possibile poter dipendere così tanto da una persona!" ringhiò amareggiata e con un groppo in gola.

Aveva anche abbandonato il fallimentare tentativo di trattenere le lacrime.

Rimase ad osservarlo, ansimante.
Se ne sarebbe potuto andare, perché tutto ciò che aveva nella testa glielo aveva vomitato addosso.

Non aveva più niente da dirgli, niente da nascondere e, purtroppo, nulla da fare. 

Arrivò a desiderare che se ne andasse, perché sarebbe crollata da lì a poco e non voleva che la vedesse in quello stato.
Voleva appartenere a qualcosa, a qualcuno.. ma non ne aveva le forze.

Si era accorta di essere innamorata di lui quando aveva capito di dover morire.
Desiderava ardentemente odiarlo, ma non ne era capace.

Dopo quella che le sembrò un'eternità, finalmente Finnick si mosse in avanti, verso di lei.

Le carezzò dolcemente una guancia, asciugandole le lacrime, in silenzio.

Perché non le stava lontano? Perché si stavano ferendo a vicenda?

Avevano bisogno l'uno dell'altra e quella necessità li aveva resi dipendenti.

In un attimo, si ritrovò premuta sul suo petto; sentì le sue mani calde stringerle i fianchi e le sue labbra sussurrarle all'orecchio di non piangere. Per quanto poteva sforzarsi di restarle lontano, Finnick non sarebbe mai riuscito a vivere senza Annie.

Ormai le loro vite si erano intrecciate indissolubilmente. Era legato alla ragazza che lo aveva stregato, che lo aveva intrappolato tra le braccia del suo profumo e che lo aveva portato a galla dal mare nel quale era sprofondato anni prima.

"Vorrei poterti spiegare" le sussurrò all'orecchio.

Annie lo guardò. "Allora, fallo".

Era troppo vicina.

Come avrebe potuto controllarsi se lei, pura come la rugiada, gli si avvicinava tanto da permettergli di contarle le efelidi sul naso dritto?

Azzerò quasi tutta la distanza dal volto di Annie, per poi fermarsi ad un soffio dalle sue labbra.

Invece di annullare lo spazio, le depositò un bacio lieve all'angolo della bocca.
Gliene diede altri tre.

Quando stava per posare il quarto, la ragazza voltò il viso nella sua direzione e fece combaciare le loro bocche, senza baciarlo.

Si limitò a sfiorarle e rimanere ferma, per saggiarne la morbidezza.

Non sarebbe durato a lungo: entrambi percepirono un calore ormai troppo famigliare propagarsi dal basso ventre fino ad infiammare ogni vena del corpo.

Le braccia di Finnick si allacciarono dietro la schiena di lei, attirandola più vicina.

La ragazza si allungò indietro, tastando la porta fino a trovare la maniglia e l'abbassò ed entarono nella stanza.

Rimasero in quella posizione finché la ragazza non si scostò leggermente.

"Spiegami, Finnick" gli disse e nel farlo sfiorò le sue labbra.

Lo vide deglutire e scuotere la testa.

"Credo di avere il diritto di sapere".

Sotto allo sguardo deciso e dolce di Annie, le raccontò dell'ammonimento di Mags, delle sue paure e del Presidente Snow, sorvolando però la questione più importante: la vendita del suo corpo agli abitanti di Capitol.

"Significa che sarebbe come appendermi un cartello luminoso nell'Arena, con su scritto 'uccidetemi'?" domandò lei alla fine.
Finnick annuì.

"Potrebbero prendere di mira anche i miei famigliari?".

Il ragazzo annuì di nuovo.

Lei gli si avvicinò di nuovo e gli accarezzò una guancia. "Tu mi piaci, Finnick. Mi piaci in un modo che non è nemmeno concepibile. E questo mio sentimento.. mi distrugge. Ho bisogno di te, in questi giorni. Non come Mentore e neanche come amico. Ma non voglio ferire né te né la mia famiglia. Quando sarò nell'Arena, non ci sarà posto per nessuno, fuorché per Euer. Conosci ciò che voglio fare e non cambierò idea, ma ho bisogno del tuo aiuto" sussurrò.

"Non posso, Annie. Non posso aiutare a morire la persona che..". venne interrotto dalla ragazza, quando gli posò due dita sulle labbra.

"Non ti sto chiedendo di aiutarmi a morire, ma di aiutarmi a tenere in vita Euer, fino alla fine" spiegò.

"Ma come..?".

"Con gli sponsor. Manda tutto a lui, non fargli mancare nulla. So che ne sei capace e non avrai problemi" replicò.

Finnick deglutì. Non poteva chiedergli una cosa del genere. Aveva rigirato la frase in modo che fosse più vantaggiosa per lei, ma rimaneva allo stesso modo terribile.

"Non posso lasciarti morire di fame. O lasciarti fare a pezzi da un altro Tributo".

"A questo ho pensato io" spiegò Annie.

"Annie..." fece per dire qualcosa, ma sembrò ripensarci. "Chiedi a Mags, lei magari sarà dalla tua parte" soffiò Finnick infine, abbassando lo sguardo.

La ragazza non rimase troppo delusa. Si era aspettata una risposta del genere e non si sentiva nella posizione di biasimarlo.

Sorrise mestamente e si allontanò.

"Annie.. io non lo faccio per dispetto. Annie, io ti..".

"Stt, non dirlo" lo bloccò. Si avvicinò per l'ultima volta e gli depositò un casto, puro ed innocente bacio sulle labbra. "Se non si dice, fa meno male quando si perde" e poi se ne andò.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro