Era buio.

Tutto completamente nero.

Non vi erano stelle, né altro. Nemmeno un minuscolo fuoco a rischiarare il cammino.

Era silenzioso.

Tutto orrendamente quieto.

In quel luogo non si udiva nemmeno il lamento selvaggio delle belve.

Niente.

Ecco cos'era quel posto: l'infinita terra del nulla continuo.

La notte era ancora più inospitale di quanto non lo fosse in un normale deserto e il gelo immortale faceva ancora sentile il suo opprimente peso sulla pelle.

Un guizzo improvviso scosse in modo fulmineo l'orizzonte immobile e un raggio inatteso squarciò quell'incubo. Ma esso era soltanto un pallido e spettrale Sole che iniziava ad alzarsi.

Tuttavia presto, molto presto, il caldo sarebbe stato talmente soffocante e insopportabile da far bramare fervidamente, a chiunque vi capitasse in quella landa desolata, quella mortale ma dolce frescura notturna.

Oramai l'astro illuminava quella terra desertica e la sabbia arida venne alzata da uno sbuffo di vento rovente, dando un pungente odore ferroso.

Si udì in lontananza il primo grido di quella lunga giornata. Il verso di uno sciacallo, richiamo per i demoni silenti che si aggiravano ancora per quella orrida distesa.

Tutto iniziava a svegliarsi, lentamente ogni cosa stava riprendendo vita.

Oltre le sabbie, improvvisamente, apparve un imponente palazzo, incastonato sul fianco della montagna.

Tetro e oscuro.

Che fosse solo un miraggio? Oppure si trattava di qualcosa di concreto?

Il Sole stava sorgendo celermente, molto più in fretta di quanto poteva essere possibile nella normalità. Ma lì, in quel luogo di morte e sofferenza, gli eventi accadevano in modo diverso.

In quell'arsa terra del niente, tutto diventava possibile.

La sfera di fuoco saliva, arroventando le pareti di roccia nera e facendole brillare di una luce sinistra. L'intero palazzo si ergeva a strapiombo su di un alto precipizio, una scalinata conduceva ad un antico letto di un fiume che, in un tempo passato, doveva scorrere impetuoso nella vallata.

All'interno, un'oscura ombra di agitava, camminando nervosamente. I pesanti passi riecheggiavano sordamente per l'enorme sala ed un raggio di Sole entrò con prepotenza illuminando il volto della figura, appena fermatasi davanti a un ampio trono scolpito nell'ossidiana.

Gli occhi erano qualcosa di indefinibile: scuri come la notte che tormentava quei luoghi, sembravano essere a conoscenza di misteri profondi e arcani quando lo stesso universo. Ma, allo stesso tempo, erano animaleschi, brutali, come i tratti duri del volto.

La testa era completamente rasata, il suo corpo statuario e muscoloso. L'incarnato sembrava tendere verso il rossastro, ma il buio della stanza, rischiarato soltanto al suo centro da un piccolo braciere sul punto di spegnersi, lo mimetizzava completamente.

Una folata di vento inaspettata fece vibrare il piccolo fuocherello che morì definitivamente, togliendo quell'esigua luce che rendeva visibili i pochi dettagli.

Una sagoma avvolta da un manto nero, distorta dal fumo, comparve alle spalle dell'uomo. Si girò fulmineamente.

– Dov'è? – chiese con un tono così autoritario, cupo, che avrebbe fatto impallidire anche i più audaci eroi.

– Padre... – disse, una voce femminile, dopo alcuni attimi di silenzio – Giungo con cattive notizie. –

– Perché sei sola? – chiese l'uomo aggrottando la fronte, ma già temendo il peggio – Cos'è accaduto? – continuò con fredda calma, avvicinandosi alla ragazza.

– Qualcuno è riuscita a trovarla. – non avrebbe fatto inutili giri di parole.

Non con lui.

– Chi? – gli occhi nerissimi sembravano ribollire di rabbia – Chi è stato? – urlò. Nella sua foga spaventò la ragazza.

– Non lo so... – sussurrò con timore – Ma non era dove la aspettavo, nel luogo in cui avevamo deciso di incontrarci. – con difficoltà sostenne lo sguardo dell'uomo – Non so nemmeno se sia ancora... – non riusciva nemmeno a pronunciare quella parola – viva. –