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Capitolo ventisette. - "Una caduta."

IL GIORNO SEGUENTE, A LAS VEGAS...
Ore 02:30 p.m.

«E con questo abbiamo finito.» sorrise il maggiordomo di Camila, informando alla ragazza che quello appena inserito nel camion, era l'ultimo carico. «Siamo pronti per tornare a Las Vegas.» mormorò lui.

«Perfetto.» sussurrò Camila. «Vai ad avvisare i camionisti, stiamo partendo.» disse andando verso la Porsche per poi entrare al suo interno, Alessandro era già dentro con lei.
«Oh, eccoti.» sorrise lui. «Stiamo per tornare in patria.»

Camila appoggiò la schiena sullo schienale e chiuse gli occhi rilassandosi. Un sorriso d'amore le spuntò sulle labbra, aspettando con ansia il ritorno al suo studio.

La macchina iniziò a partire e lo stesso i camion pieni di carichi pesanti. Le altre modelle erano messe in altre macchine separate.

Ci vollero ore per tornare a Los Angeles. Diversa gente aiutò il maggiordomo nel far scendere i carichi dai camion. Camila intanto aprì le porte e si mise ad inspirare un po' l'aria di pulito. «Casa dolce casa.» disse lei camminando.

Alessandro diede una mano a scaricare, poi decise di inseguire Camila in modo tale che fosse tutto okay. «Siamo finalmente tornati e i pavimenti sono così puliti che potrei scivolare.» scherzò facendo sorridere Camila.
«Effettivamente, hai ragione.» sorrise Camila in risposta e Alessandro annuì. «Potrei sciarci.»

Dopo aver salutato tutti i dipendenti, Camila tornò nel suo amato studio, sedendosi sulla poltrona fredda in pelle nera, fece un giro da trecentosessanta gradi e appoggiò i piedi sulla scrivania.

«Mi fanno così male i piedi.» disse lei piagnucolando. «Tutta colpa di queste scarpe.» ringhiò, si tolse le scarpe e le tirò verso la porta. Uno dei fratelli Marciano nel mentre, aprì la porta, e per poco, non si trovò una scarpa in pieno viso.
«Salve anche a lei, Camila.» disse lui guardandosi intorno. «Ho visto la sua sfilata, sono rimasto molto sorpreso dal lavoro che ha svolto lei insieme ai suoi compagni. Veramente notevole.»

«Sono contenta di ciò. Mi scusi per la scarpa volante ma... Odio tenere i piedi tenuti chiusi per ore e ore.» disse. «Finalmente siamo tornati a Los Angeles e potrò lavorare a nuovi schizzi e mettermi a realizzarli.» annunciò lei. «l'esperienza a Las Vegas stata veramente pesante, stancante. Il posto è meraviglioso, per carità, ma troppe cose sono andate male.» sospirò grattandosi la guancia.

«Non ha importanza, questo. L'importante è che il suo obbiettivo sia stato raggiunto. Sono contento anch'io, il risultato è stato notevole. Molte persone hanno iniziato ad acquistare i nostri prodotti, il che mi rende fiero di lei.» commentò uno dei fratelli Marciano. «Complimenti.»

«So di aver fatto un bel lavoro e mi dispiace veramente per suo fratello, per ciò che è successo.»
«È sempre stato così, lui. Non mi interessa più di tanto... Sappiamo che era un mostro nel disegno e nella realizzazione dei nostri capi di abbigliamento, ma una cosa così è intollerante, da cancellare. Un paio d'anni di carcere non gli faranno male.»

«Lo comprendo, sono d'accordo con lei. Uhm, senta, perché è venuto qui?» chiese cortesemente la cubana.
«Nulla di importante, sono venuto per congratularmi con lei per la sua sfilata.» rise lui. «Nessun compito per lei, oggi riposo assicurato.»

Con quelle parole, lasciò Camila da sola. Un senso di nervoso si impossessò di lei facendo sì che si mantenesse la testa. Tantissima ansia iniziò a scorrere nelle sue vene, un senso di malessere e di voltastomaco iniziò a formarsi.

Camila si girò di scatto e vide che c'era presente un secchio per la spazzatura sotto alla sua scrivania, decise di prenderlo e di vomitarci al suo interno. Sapeva che non sarebbe riuscita ad arrivare al bagno in tempo.

Dopo aver vomitato, decise di pulirsi le labbra e di appoggiare il cestino per terra di nuovo, ma al suo fianco. «Che merda.» imprecò lei tenendosi la fronte con fare scosso.

La porta si aprì, era Dinah che sorrise con fare amorevole alla sua migliore amica. «Hey, siamo arrivate, finalmente!» ridacchiò lei.
«Già...» disse Camila. «Sto male.»
«Per cosa? Per Lauren? Oh già lo sai com'è, magari verrà oggi.»

«No, Dinah, cazzo!» sbattè le mani Camila sulla scrivania. «Non la voglio sentire, ne abbiamo già parlato, ora sono in crisi con me stessa, perché sto elaborando alcune cose.»

«Cosa? Che succede Mila?» chiese con tono preoccupato. «Cosa stai elaborando?»
«Se fossi incinta?» chiese alzando le sopracciglia. «Sono passate due fottute settimane da quella maledetta volta. Dinah, ho paura.»

La polinesiana guardò attentamente la sua amica e sospirò non sapendo che fare. Si trovò con le mani legate e con tantissima ansia. «Merda, ma sei sicura?»
«Dinah, Cristo. Ti sembro una persona che scherza su queste stronzate? Sono disperata, cosa devo fare?»

Dinah rimase a pensare. «Dannato Matthew Pussy.» disse sbattendo le mano contro la sua fronte. «Cazzo, bastardo. Maledetto essere viscido che non è altro.»

Camila rise al nomignolo assegnato al suo nemico da Dinah. «Sei insuperabile.» disse lei ridendo.
«Lo so, grazie.» disse vantandosi. «Dovevo partecipare a qualche reality, lo sapevo. Che vitaccia.» sussurrò Dinah piano con fare triste. «La mia simpatia va oltre i limiti. È come un orgasmo, bellissima. Devo tutto ai miei genitori per il mio carattere.»

La cubana alzò il sopracciglio. «Orgasmo?»
«Non solo tu scopi, sai?» alzò un sopracciglio la bionda. «Mi sono scopata un angelo da ubriaca.» disse schietta.

«Un angelo?» domandò Camila nella sua innocenza. «Eri ubriaca al massimo per scoparti un angelo.»
«Lei era l'angelo
«Normani?» alzò le sopracciglia Camila ma poi una sensazione di vomito le si impossessò il corpo. Dopo aver notato Camila, Dinah prese subito il cestino e glielo diede facendo sì che vomitasse tutto in una volta.

«Credo che sia il caso che... Dessi una fottuta controllata a ciò che stai portando lì. Te lo dico, prima ti controlli, meglio è.» cercò di spiegarsi Dinah. «Meglio tardi che mai.»

«Okay, D. Okay.» disse Camila alzando le braccia per poi alzarsi. «Possiamo andar-» nemmeno il tempo di finire la frase che subito tornò a vomitare fortemente nel secchio.

«Okay, lo comprerò io il test di gravidanza.»

👶🏻👶🏻👶🏻

«È tutto pronto.» disse Matthew Hussey uscendo da dietro un muro di pietra mentre impugnava il cellulare portato al suo orecchio.
«Bene, lì dovrebbe mancacare un'ora a mezzogiorno, quando sentirai l'orologio suonare, premi quel cazzo di bottone.»

«Ricevuto.» disse Matthew chiudendo la telefonata. L'uomo osservò il telecomando nero dal bottone dorato. «Finalmente.»

INTANTO, IN AEREO...

«Sei felice di tornare a Los Angeles da Camila?» chiese Shaun sorridendo. «Io molto, mi piacete come coppia.»

Lauren guardava fuori dal finestrino, un sospiro uscì dalle sue labbra.

«Sei ancora triste?» chiese lui. «Mi dispiace per quello che è successo a Zayn, davvero... Però lui non vorrebbe vederti in questo stato.»
«Shaun ha ragione.» intervenne Ally. «Dovrei star peggio di come stai tu, Lauren. Zayn ora è in pace con il nostro signore. Lui ci veglierà da lassù e pregherà per noi.»

«Lo so, però... Mi dispiace. Non meritava questo.»
«Gigi sicuramente sarà distrutta. Nessuno si aspettava una cosa del genere.» intervenne Ross facendo sì che Lauren sospirasse.
«Vabbè, spero che stia bene ovunque lui sia.»

I tre rimasero in silenzio, Ally decise di accompagnare Lauren a Los Angeles per distrarsi un po' da tutto quel casino. Era snervante, forse troppo. I silenzi erano preziosi, i respiri intensi e i pensieri, soprattutto quelli, erano insistenti nella mente di tutti quanti.

«Cosa farai quando vedrai Camila?» chiese Brooke.
«Le dirò scusa di persona, per come l'ho lasciata la notte dei festeggiamenti. Sono così distrutta, ho una paura matta di perderla per qualsiasi mia cazzata.» disse Lauren portandosi i capelli dietro. «Veramente, è forse una delle poche persone che riescono a capirmi e a darmi una mano anche quando non voglio vedere nessuno.»

«Dovresti aprire il tuo cuore anche agli altri, Laur. Non puoi continuare a star chiusa in te stessa... Noi ti vogliamo bene.» mormorò Ally.
«Non riesco più ad aprire il mio cuore agli altri. Mi fa solo male il pensiero. Nessuno merita di ricevere il mio amore.»

«Quindi, nemmeno Camila?» chiese Ross aspettando la risposta della Jauregui.
«Con lei è diverso.» disse Lauren e lui annuì sorridendo visto che sapeva già che quella era la sua risposta.

«È la tua ragazza, è ovvio.» disse Ally.
«Con lei siamo sempre state collegate in qualche modo. Io mi dimenticavo di lei col passare degli anni e lei continuava a farmi ricominciare. È stata una ragazza dolcissima fin dall'inizio. Mi ha rapita l'anima.»

Ally sorrise e poggiò la mano sulla sua spalla.

«A Las Vegas abbiamo passato un momento di caduta, veramente. Mi sono sentita morire.» disse. «Il fatto che quel verme ha messo le mani sulla mia donna, mi ha distrutto l'animo, odio ciò che ha fatto, che ci ha fatto!»

«Mi dispiace. Tra poco sarà tutto okay.» disse Ross poggiando la mano sul ginocchio della corvina.
«Infatti, credo sia meglio così. Un po' di pace ci spetta.» sorrise Lauren.

L'aereo atterrò lungo la pista. Freddie era già pronto con le sue valigie. Stava aspettando che Lauren insieme ai suoi amici arrivassero.

INTANTO DINAH E CAMILA...

«Si vedono risultati?» chiese Dinah da dietro la porta.

Camila, seduta sul water aspettava con ansia il risultato del suo test di gravidanza. La sua mano tremava, il suo respiro era lento e pieno di ansia. Dinah parlava ininterrottamente ma la cubana, non voleva rispondere.

Arrivato il risultato, Camila si sollevò. «Merda.» disse impugnando quella specie di stecca tra le mani. «Dimmi che non è così, dimmi che non è così anche se è così.» disse Camila nel panico.

Non appena vide il segno positivo, il suo mondo decise di fermarsi e il tempo di scorrere.

La cubana aprì la porta e vide come Dinah la stava guardando con tensione. «Allora?»
Semplicemente, Camila non rispose, girò il test e mostrò così a Dinah la positività. Camila era incinta.

«Oh merda, cazzo.» riuscì a dire soltanto. «E ora cosa farai?»
«Devo chiamare lauren.» disse andando via di lì per poi dirigersi verso il suo studio. Prese il cellulare da sopra la scrivania e digitò il numero di Lauren e lo portò all'orecchio.

«Pronto?» rispose la voce contenta di Lauren. «Camz?»
«L-Lau... Io...» cercò di dire Camila ma la sua lingua faceva ben altro.
«Che succede?» chiese Lauren un po' preoccupata. «Sono areoporto. Sto arrivando, il tempo del viaggio e sono da te.»
«Lauren, sono incinta!» disse piangendo Camila.

La cubana minore aveva paura di perdere Lauren per sempre, a causa di questa storia. «Sono incinta di Matthew.» disse stringendo forte il telefono.

Lauren guardò il cellulare e poi se lo portò di nuovo all'orecchio. «Davvero?»
«Sì, ho appena fatto il test ed è risultato positivo. Lauren per favore, non abbandonarmi...»

La corvina rise. «Abbandonarti? Perché?»
«Non lo so...»
«Smettila di sparare cazzate, ora vengo da te e festeggiamo questa bella notizia.» disse chiudendo la telefonata.

«Allora?» chiese Dinah guardando la cubana.
«È contenta.» disse ancora sconvolta.
«Bene, io dovrò spostarmi, posso lasciarti un po' da sola o farai qualche cazzata?»

Camila annuì piano e sorrise sollevata. «Tranquilla, non farò niente.» sorrise.

Dinah abbandonò la stanza, Camila intanto si mise a controllare le sue scartoffie tra cui schizzi e progetti. La sua mente iniziò a elaborare la realtà delle cose. Stava veramente aspettando un bambino non suo, stava seriamente creando una famiglia con la sua ragazza.

Non vedeva l'ora di far vedere il suo test di gravidanza a Lauren, aspettava solo questo.

Sarebbero state una famiglia felice, amorevole. Camila si mise a piangere un'altra volta, ma non per ansia. Per felicità. Finalmente la sua vita sarebbe stata tranquilla e serena, in pace con l'amore della sua vita a lavorare per scopi futuri.

Era una bella notizia questa. Camila urlò dalla felicità.

Era arrivato il momento di pensare al nome del bambino o della bambina. Iniziò a pensare per avere qualche idea riguardo a questo. La sua felicità era alle stelle, era finalmente contenta di qualcosa che faceva parte della sua vita.

Chissà Alejandro. Chissà se la stesse vegliando da lassù. Sicuramente, se fosse stato ancora nel mondo dei vivi, sarebbe stato un nonno fantastico.

👶🏻👶🏻👶🏻

Lauren raggiunse la struttura Guess in trenta minuti. Era così felice di tutto quello che si stava presentando davanti ai suoi occhi. Non avrebbe mai abbandonato Camila per nessuna ragione del mondo. La ragazza andò dal fioraio a dieci passi dall'azienda.

Prese un mazzo di rose rosse per Camila. Ross e Ally l'aiutarono a scegliere le rosa più belle per il mazzo. «Vi ringrazio, amici.» disse Lauren contenta. «Sarò mamma, ragazzi! Ma vi rendete conto?» chiese emozionata mentre saltellava sul posto.
«È un piacere che tu l'abbia presa bene.» disse Ross. «Non è da tutti.»

«Ho sempre sognato di avere una famiglia con Camila. Il bambino crescerà bene, non sarà come quel coglione del padre.» disse lei. «Prenderà io mio cognome e si chiamerà Michael.»
«Come tuo padre?» chiese Ally.
«In realtà non lo so, perché non sono brava con i nomi.» si mise una mano dietro la nuca.
«Hai nove mesi per scegliere... Tranquilla.» rise Shaun.
«Sì, hai ragione.» lo accompagnò Lauren.

INTANTO, FUORI DALL'EDIFICIO...

Le campane suonarono mezzogiorno. Keana chiamò il ragazzo che subito rispose. «Keana? È arrivato il momento.»
«Bene, lo so. Ora entra dentro e sai cosa fare.» disse e lui annuì serio.
«Grazie Keana. Grazie di tutto.»

L'uomo chiuse la telefonata e entrò dentro la grande struttura. La receptionist si avvicinò e sorrise. «Buon pomeriggio, come posso aiutarla?»
«Sto cercando un mio carissimo amico, Alessandro... Dove posso trovarlo?»

«Mh, è all'ultimo piano, gli consiglio di prendere l'ascensore.» mormorò lei e Matthew annuì, dopo aver ringraziato la donna, con passo tranquillo andò verso l'ascensore e toccò il bottoncino per farsi portare all'ultimo piano.

L'ascensore iniziò a salire, Matthew tirò dalla tasca il suo telecomando, lo studiò attentamente. «Beh, è stata una vita non tanto lunga ma abbastanza ricca di guadagni.» disse lui. «Uno... Due... Tre!» disse lui premendo il bottone.

Le parenti della struttura iniziarono a scoppiare dal piano terra facendo sì che le pareti di sopra crollassero. Camila si sollevò allarmata, tutto iniziò a tremare. Le pareti continuarono a scoppiare. Camila corse fuori urlando, piena di polvere e qualche graffio.

Fuori dalla porta, lungo il corridoio c'era un vero e proprio macello. Pareti che crollavano come carte da gioco, urla dei dipendenti che uscivano di corsa. La cubana vide qualcosa per terra, o meglio, qualcuno. Alessandro cercava di togliersi un pannello di dosso. «Camila, vai via!» urlò a premi polmoni ma la cubana cercò di tirarlo fuori per il braccio.

«Merda, non ce la faccio!» disse lei. «Aiutami!» disse cercando di mantenere la calma.
«Non posso, non riesco a muovermi più di questo tanto. Camila, te lo dico, vai via da qui.» disse lui. «Prima che sia troppo tardi.»

Lauren si trovava dentro già dal primo scoppio. La corvina corse fin dove poteva. Era tutto distrutto. Durante il cammino vide come Camila cercava di aiutare Alessandro. «Camila, lascialo! Vieni!» disse avvicinandosi da lei, prendendola con sé.

Le pareti crollarono definitivamente.

Un cumulo di polvere si sollevò. «Merda!» disse Lauren cercando di togliere la lastra pietra da sopra il suo l'addome e quello di Camila che in quell'istante era priva di sensi. «Camila, svegliati!» disse scuotendo la ragazza mentre sforzava nel sollevare quella trappola pesante.

DOPO DIECI MINUTI...

«Lauren...» disse Camila piano, girò il viso e oltre alla ragazza dagli occhi verdi ormai spenti vide il corpo di Alessandro disteso per terra a pochi passi da loro.
«Camila...» disse Lauren cercando di sforzare ancora. «Mh! Cazzo... Non c'è la faremo mai... Siamo spacciate.»

Camila sollevò la testa e vide il test di gravidanza a pochi centimetri da lei. «G-guarda. Era positivo.» disse con voce lieve e straziata. Lauren pianse. E cercò di tirarsi fuori ancora una volta invano.
«Fanculo!» urlò cercando di attirare l'attenzione. Non si sentiva niente, solo il rumore dei sassolini che cadevano giù. «Merda, io non voglio perderti.» disse lei stringendo i pugni. «Non così.»

Camila tossì per la troppa polvere presente in quel punto. «Fa malissimo...»
«Resisti! Riuscirò a farti uscire da qui!» disse Lauren cercando di sollevarsi.

Un masso si spostò e precipitò verso i visi delle ragazze. Camila urlò dallo spavento ma grazie a Dio, il masso si fermò grazie a una lastra di legno. «Se dovesse cedere questa, Lauren siamo fottute!» disse Camila in pianto.
«Andrà bene, salverò te e il bambino!» disse Lauren girandosi verso di lei.

«Qualunque cosa accada, io ti amo.» disse Camila cercando di avvicinarsi a Lauren.
«Ti amo anch'io...» disse Lauren avvicinandosi altrettanto, baciando con passione Camila sotto a le macerie. «Andrà bene, saremo una famiglia felice.» sussurrò Lauren non appena si staccò dal bacio, iniziò a tossire.

«Resisti, per favore...» disse Camila con la vista un po' annebbiata. Lauren iniziò a cambiare colore della pelle a causa del poco ossigeno e della circolazione sanguigna che stava smettendo di scorrere. «Lauren, tieni duro...» disse Camila con un fortissimo dolore alla parte inferiore del corpo. «Aiuto! Cazzo... Aiutateci!»

INTANTO, ALLY E SHAUN...

«Ally, resta lì. Ci penso io, non voglio che ti accada qualcosa.» disse Ross portando una mano davanti a Brooke in modo da fermarla. «C'è troppa polvere e troppi detriti.»
«Sto bene, ho due mascherine sempre con me di quando solo partita in Giappone. Tieni.» disse Allyson tirando fuori dalla borsa nera due mascherine bianche, ne diede una al suo amico.

Dopo essersi messi la mascherina, i due continuarono il loro tragitto tra detriti e macerie. Ally cadde diverse volte, non a causa delle sue scarpe alte ma a causa del troppo macello che era presente sul terreno. «Non riesco a vedere più niente... Tu?» chiese la bionda tenendo per mano il ragazzo alto.
«Nemmeno io, ma secondo me, ci siamo quasi per trovarle... Devono essere qui. Tu hai chiamato i soccorsi?»

Ally rimase in silenzio. «Pensavo che i soccorsi fossimo noi.» disse un po' a bassa voce.
«Cioè... Mi stai dicendo che non hai... Non hai chiamato nessuno? Ma sei fuori?!»
«Sì! Cioè, no!... Non lo so. Ora li chiamo.»

Shaun continuò ad andare avanti lasciando un po' la sua amica da sola mentre parlava con i soccorsi. Il ragazzo albino sentì delle voci in lontananza. Era debole.

Ally raggiunse il ragazzo, mettendosi al suo fianco. Lo guardò. «I soccorsi sono già in viaggio, stanno arrivan-»
«Ho sentito delle voci. Andiamo.» disse prendendo per il braccio la bionda trascinandola via con lui. I due si trovarono davanti a un grosso blocco roccioso posto sopra le due.
«Shaun...?» chiese Camila cercando conferma che fosse lui. «Aiuto... Stiamo soffocando... Lì c'è anche Alessandro... Non capisco se è ancora vivo o no.»

Allyson andò dal ragazzo per terra, si inchinò e poggiò due dita sul suo collo. Il battito c'era, ma era debole. «È privo di sensi. Vedrò di tirare fuori lui... Shaun, occupati di loro due.»

Il ragazzo annuì e si mise dietro Camila afferrandola da sotto le ascelle. «Adesso, dovrai aiutarmi a farti uscire, tu muoviti con le gambe, io cercherò di tirarti fuori.» disse lui e Camila annuì piano.

Shaun iniziò a tirare fuori Camila e quest'ultima cercò in ogni modo di aiutarlo. Le sue ossa erano a pezzi e il suo grembo era dolorante. «Cazzo, Shaun... Fermo!» disse lei e lui si fermò.
«Devo tirarti fuori, lo so che fa male ma prima lo faccio, meglio è.» disse lui. «Dopo averti salvata, vedrò di tirare fuori Lauren. Ora collabora!»

Il ragazzo albino con tanta adrenalina nelle vene continuò a tirare fuori la sua amica fino a riuscirci. Camila rimase bloccata per terra, non riusciva ad alzarsi. Con una presa, Shaun mantenne la ragazza tra le sue braccia e la portò verso di Ally.

In quel preciso istante, arrivarono i vigili. «È incinta, prendetevi cura di lei.» disse Ally stando vicino alla cubana e all'italiano che piano piano stava riaprendo gli occhi. Metà dei soccorsi rimasero con i tre, mentre due vigili andarono ad aiutare Shaun per tirare fuori Lauren.

«Eravate da soli?» chiese l'uomo in divisa ad Allyson.
«Non lo so... Io e il mio amico eravamo fuori, quando è crollato, siamo entrati dentro perché c'era Lauren insieme a Camila. Siamo sconvolti.»
«Vedrà signorina, andrà tutto bene.» disse ad Ally.

Dall'altra parte, invece, Shaun, aiutato dal vigile, cercarono di tirare fuori Lauren che era rimasta incastrata con ottanta chili sopra al corpo.

TRENTA MINUTI DOPO...

«Ora dove porteranno i tre?» chiese Shaun al vigile Smith che si toglieva il casco.
«In ospedale. Non sono ben messi, purtroppo... C'è il rischio che possano perdere la parte inferiore del corpo.» sospirò lui, Ally negò.
«Io sono sicura che ce la possono fare. Sono dei ragazzi forti.»

«Speriamo...» disse infine Shaun. «Ora dovremmo pensare a chi è stato a fare una cosa del genere.

«Già.» aggiunse Ally.

IN OSPEDALE...

Alessandro aveva gli occhi aperti già da venti minuti ormai. L'operazione era andata a buon termine. Aveva una frattura alla gamba destra e al braccio. «Che male...» disse in un sussurro.

«Capisco il suo dolore.» disse l'infermiera passando con una cartella. «La signorina Cabello si è svegliata ora...»

«Come sta? Vorrei vederla.» disse lui stringendo la mano sinistra in un pugno.
«Non sta bene. Purtroppo ha perso il bambino.» disse abbattuta.

«Non ci voleva...» sospirò. «Mi dispiace tantissimo per lei e Lauren. Ci tenevano.»

Nella stanza di Camila, Lauren stava dormendo, la prima invece, guardava il vuoto e pensava al nulla. Era abbattuta, triste e dolorante. Le sue gambe erano avvolte dal gesso, le sue mani fasciate invece erano appoggiate sul grembo.

«Mh...» un mugugno uscì dalle labbra di Lauren. La ragazza dagli occhi verdi venne operata di urgenza, dopo averla tirata fuori, le furono trovate quattro costole rotte, la gamba sinistra fratturata e il collo. «C-...»
«Verrei da te, ma non posso.» disse Camila.

Lauren socchiuse gli occhi. «Male... Tanto male...» disse portandosi una mano sul petto. «Tu come stai...?»

Camila rimase in silenzio. «Non bene.» disse piano.
«Non puoi muoverti?» chiese Lauren muovendo gli occhi verso destra. «Mi dispiace, avrei dovuto proteggerti.»

«Ho perso il bambino.» disse Camila piano facendo cadere una lacrima lungo la sua guancia. «Non c'è più niente qui.» disse mordendosi il labbro cercando di non piangere. «Sono così addolorata.»

Lauren guardò nel vuoto. Il suo sogno più grande venne distrutto in un attimo. Il dolore di era impossessato di lei. I suoi sentimenti erano diventati nulli. Come se un robot avesse perso i suoi file.

La sua vita era diventata una merda.

Il suo essere mamma era svanito in un attimo a causa di una semplice esplosione causata da chissà chi o chissà da che cosa. Era una cosa inspiegabile, che faceva male e che distruggeva dentro.

«Quindi, non ci sarà più niente? Lì dentro, intendo.» sussurrò Lauren cercando spiegazioni nonostante fossero ovvie.

Camila sospirò non avendo più voglia di sentire Lauren parlare. Voleva risponderle sì, ma qualcosa la bloccava dal farlo, era strano, forse era troppo il nodo alla gola ad essersi chiuso. La cubana girò la testa e guardò Lauren che indossava il collare. «No Lauren, non c'è più niente qua dentro. Non so nemmeno se ci potrà essere in un futuro.» disse.

La ragazza dagli occhi verdi chiuse gli occhi, sentendo il petto bruciare dal dolore, il suo cuore era trafitto da una lama di coltello. Faceva malissimo. «In un futuro staremo bene, tranquille e in pace. Non dobbiamo scoraggiarci così...»
«Lauren, per favore. Ora tu, guarda la situazione. Abbiamo praticamente perso tutto. Ci saranno un sacco di feriti e di dipendenti morti tra le macerie. Tantissime persone ora non avranno un futuro che permetterà alla propria famiglia di andare avanti perché non hanno più un lavoro. Lauren, abbiamo perso e chiunque abbia escogitato questo piano, ha vinto.»

Lauren non ci voleva credere alle parole di Camila ma alla fine dei conti, lei aveva la ragione, e anche tanta. Avevano perso, non solo un figlio, ma anche un'azienda intera. Non appena avrebbe saputo chi fosse stato l'artefice di tutto questo, lei sarebbe stata capace di fargli passare le pene dell'inferno.
«Cosa faremo...?» chiese Camila riflettendoci un po' su quello che le spettava in futuro. Lauren non girò la testa, ovviamente non poteva.
«In futuro?»
«Già.»

La maggiore sorrise. «Sarà stata una caduta fatale, questa. Però, sono sicura che riusciremo a rialzarci insieme.»

Ed era così.

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