Capitolo ventinove. - "Louvre."
QUATTRO MESI DOPO...
TRE MARZO, DUEMILA DICIANNOVE.
Narratore Esterno.
La luce dalla finestra rifletteva i raggi solari sul viso di Camila, dandole un senso di fastidio. Si sistemò con la testa sotto al cuscino per evitare di svegliarsi definitivamente. Era ancora a Parigi, nella casa di Lauren. I fratelli Jauregui venivano volentieri nella casa per stare con loro piuttosto che con i loro genitori. Clara si separò dal marito, stando così con il signor Adam Lucker. Lauren non diede tanto peso alla loro separazione, se ne fregò altamente tranne che per il padre che, pover'uomo, non meritava tutto quel dolore.
Clara andò a vivere così con lo psicologo di Lauren.
Mike invece, rimase sotto con il lavoro e non tirò piede fuori dal suo studio; la sua vita si stava basando su casa e lavoro. La porta della camera da letto delle due ragazze si aprì, facendo sì che una Lauren vestita semplicemente in lingerie nera entrasse all'interno della stanza. Chiusa la porta nel modo più delicato, la possente donna si mise sul letto, stendendosi di lato, portando le dita lungo la colonna vertebrale della cubana, facendola inarcare con la schiena.
Un sorriso sotto al cuscino spuntò sulle labbra della minore, togliendosi così il cuscino che aveva sopra al capo. «Mh, buongiorno.» sussurrò Camila e Lauren la fermò baciando le sue labbra.
«Domani sarà il gran giorno.» disse Lauren sorridendo.
«E oggi che giorno è?» chiese Camila sorridendo.
«È il giorno della partenza, ovvio...» disse Lauren sollevandosi per poi uscire dalla stanza, lasciando Camila da sola.
In realtà era il suo compleanno, Camila si intristì pensando che la sua ragazza si fosse dimenticata del suo ventiduesimo compleanno.
Dopo un po', Lauren arrivò con un tiramisù con ventidue candeline sopra, accese. «Tanti auguri a te,» disse cantando. «Tanti auguri a te... Tanti auguri a Camila, tanti auguri a te!» disse lei e la ragazza sul letto si mise le mani sul viso, coprendolo per la vergogna. Lauren intanto, mise la teglia sulle coperte e si mise seduta, guardò la donna con tenerezza per poi prenderle le mani dolcemente, facendole scoprire il viso. «Non nasconderti, esprimi un desiderio.» disse.
Camila rimase ferma a pensarci un po', dopo aver riflettuto, soffiò tutte le candeline presenti sul tiramisù. «Che bello, brava.» disse Lauren dolcemente e baciò la cubana. Dopo essersi staccate, Camila allungò la mano sul tiramisù, ma Lauren la fermò pestandola. «No, tolgo io le candeline. Farò tutto io, non voglio che muovi un dito.» le disse.
La cubana sospirò. «E che devo fare?»
«Nulla.» sorrise Lauren, si alzò e andò a prendere una spatola e dei piattini con dei cucchiaini, questa sarebbe stata la colazione di Camila. Appoggiato il tutto sul letto, Lauren indicò il tanto da tagliare.
«No, quello è troppo poco.» disse Camila e Lauren appoggiò la spatola su un altro punto.
«Così grande ti va bene?» chiese Jauregui ma lei negò un'altra volta.
«Lauren, metà.» disse Camila e la ragazza dagli occhi verdi sbiancò.
Lauren tagliò metà del tiramisù e lo mise sul piattino di plastica, dandolo a Camila insieme al cucchiaino, poi ne prese un po' per sé e appoggiò la teglia che conteneva il dolce sul tavolino di vetro lì vicino. «Ti mangi solo quello?» chiese Camila alzando le sopracciglia e Lauren sollevò le spalle.
«Boh, così se ne vuoi, hai anche quello che resta.» disse Lauren mangiando.
Camila negò. «Se ne vuoi mangiare, mangia. A me basta questa metà.» sorrise imboccandosi con il cucchiaino, Lauren socchiuse le labbra, osservando i suoi movimenti. «Come ci si sente ad avere ventidue anni?» chiese la Jauregui.
«Boh, indifferente. Credo di essere vicina al letto d'ospedale, attendendo l'unzione degli infermi.» rise Camila contagiando anche la maggiore.
«Che scema.»
Lauren finì di mangiare si avvicinò a Camila a gattoni e si mise sopra mentre quest'ultima stava mangiando ancora la sua parte, fino a finirla e a leccarsi le labbra. «Mh, ciao.» disse Camila osservando le iridi di Lauren, perdendosi in quel misto di mare, montagne ed erba. Ogni volta che guardava i suoi occhi, lei perdeva battiti, si sentiva risucchiata in quel paradiso.
«Ciao.» disse Lauren sorridendo mentre le accarezzava il viso.
Camila avvolse le braccia attorno al collo della maggiore e le baciò lo zigomo. «Che regalo mi fai?» chiese lei e Lauren ridacchiò.
«Mh, non saprei... Che regalo vorresti, cara?»
«Non so... Dimmi tu...» disse Lauren mordendosi il labbro e Camila a fece scorrere le mani lungo la sua schiena, fino ad arrivare ai suoi glutei. «Credo di aver già capito il regalo di cui hai bisogno.»
«Non è ciò che pensi...» disse Camila baciandola la guancia. «Sei già il mio regalo più bello, ti amo così tanto e... La colazione a letto il giorno del mio compleanno, mi mancava.» disse Camila dolcemente.
Effettivamente, a Camila piacevano i piccoli gesti, e quello di Lauren era sicuramente uno dei migliori. «Sapevo che ti sarebbe piaciuta come sorpresa.» disse lei dolcemente baciandola con amore. La cubana minore invece si mise sopra di lei, mettendo passione nel bacio. Lauren si staccò e osservò come Camila la stesse desiderando con lo sguardo.
I capelli mossi di Camila cadevano ai fianchi del suo viso, un sorriso smagliante uscì dalle sue labbra, pronte per baciare di nuovo la sua ragazza. Il suo naso si scontrò con il suo, facendo sorridere entrambe nuovamente. «Non me la conti giusta...» sussurrò la Jauregui al suo orecchio, Camila portò una mano sotto alla maglia del pigiama accarezzandole il fianco dolcemente.
«Ah no? Eppure so contare; uno, due... Tre.»
Camila non aveva mai perso il suo senso dell'umorismo, avrebbe riso anche se le fosse accaduto il peggio. Era sempre pronta a rialzarsi per iniziare da zero. Camila amava la vita ed era pronta a viverla nel miglior modo possibile, ma solo se al suo fianco c'era la sua ragazza, Lauren Jauregui. «Sei una stupida.» disse Lauren tenendole il viso con entrambe le mani, Camila fece naso-naso con lei, facendo ridere la maggiore. L'amore che provava per lei, era immenso.
Camila Cabello's P.O.V.
Guardare gli occhi di Lauren, per me ormai era diventato il mio passatempo preferito in assoluto. Baciai la guancia di Lauren, scendendo lungo il suo collo. Il suo corpo si muoveva leggermente sotto al mio, le sue mani dalle venature gonfie, stringevano i miei glutei, facendomi ansimare. Baciai sotto al suo mento, e sollevai la sua maglietta, lei mi aiutò a togliersela. «Ti desidero così tanto.» disse lei e io la baciai accarezzandole la guancia amorevolmente.
Mi strusciai col corpo sopra il suo, per eccitarla di più. Le sue mani si appoggiarono sul mio viso, ma io le presi i polsi e le poggiai le mani ai lati del suo viso. «Come siamo violente, mh?» mi sfidò e io le morsi il labbro inferiore.
«Stai zitta, ora stai al mio gioco.» dissi guardandola attentamente, presi uno straccio e le leggi i polsi dietro alla schiena. Lauren rimase a controllare ogni mio movimento, baciai il suo addome e scesi ancora più giù, salendo nuovamente.
Il viso di Lauren stava andando a fuoco, lo capii dalle sue gote rosse. Amava quando mi mettevo io a giocare, a pilotare le situazioni durante le nostre avventure sul letto.
«Io... Io ho fame.» dissi piano sollevandomi e Lauren mi guardò senza capire.
«Ma... Hai mangiato. Non mi vorrai mica lasciare così? Insomma... Sono tutta bagnata!» disse lei nervosa ma io le tappai la bocca con le labbra, vidi i suoi occhi brillare.
«Stai zitta.» dissi io, prendendo la teglia del tiramisù. Con le dita ne presi un po' e lo misi tra il suo seno coperto dal suo reggiseno, sull'addome e sotto all'ombelico. Tolsi la mano e vidi come le sue labbra erano schiuse.
«È freddo.» disse guardandomi per poi osservare bene il lavoro che avevo fatto.
Mi abbassai e le sganciati il reggiseno a fascia e lo buttai ai piedi del letto, baciai il suo petto e arrivai in mezzo al suo seno, leccando via il tiramisù. «Mi piaci.» dissi io e lei inarcò la schiena dall'eccitazione, spostai il viso e baciai sul suo seno destro, raggiungendo il bottoncino, lo leccai in modo circolare, facendo sospirare la mia ragazza. Il suo sguardo, era pieno di lussuria.
«Camila, scendi... Per favore.» disse lei con voce roca ed io negai alle sue parole, volevo ancora concentrarmi sul suo seno prosperoso. La mia bocca si chiuse a O, avvolgendo il capezzolo tra le mie labbra, facendo genere forte la mia ragazza.
«Camila! Santo Dio.» disse lei muovendosi sotto di me, non riuscendo a fare molto visto che era con le mani legate. La sua cassa toracica si alzava e abbassava per l'eccitazione.
Scesi ancora di più, leccando ogni singolo angolo del suo corpo perfetto e scolpito. Leccai via tutto quel tiramisù e arrivai fino alle sue gambe, gliele divaricai e la guardai attentamente. «Slegami, Camz.»
Ancora una volta, negai.
«No, non ti slego, Lauren.» dissi io in risposta e baciai la sua intimità da sopra le mutande. Le sue labbra si stavano divorando dai suoi stessi denti, i mugugni trattenuti per non fare tanto casino echeggiavano leggermente nelle mie orecchie. Tolsi le sue mutande, presi il tiramisù e lo spalmai sulla natura, lasciando la mia ragazza a bocca aperta, sorpresa.
«Leccami tutta, Camz.» disse io feci passare la mia lingua sul monte Venere, fino alle grandi labbra. I miei occhi erano fissi sul suo viso, inclinato all'indietro per il troppo piacere, inserii la lingua lungo la sua entrata, poi la tolsi lentamente e così via.
Lauren si dimenava con le braccia decisi di prenderla e di girarla con la pancia sul materasso. Mi misi sopra di lei slegai i suoi polsi, iniziai a leccare la sua spina dorsale e a lasciarci qualche succhiotto per marcare bene il territorio. Lauren era così mia.
Mi portai nuovamente tra le sue gambe, Lauren messa a quattro zampe si girò e mi guardò con espressione supplicante. Sorrisi ampiamente, allargai le grandi e piccole labbra e passai velocemente la lingua in ogni parte del suo sesso, percorrendo il perimetro velocemente e ogni tanto lentamente. Lauren gemeva, i suoi gemiti erano sempre più forti, portandomi così a benderle la bocca in modo da farla tacere o meglio, per fare diminuire il rumore.
Lasciai una sculacciata sulla sua natica destra, il suo addome si distese completamente sul materasso, lasciando il suo lato B all'aria. Continuai a dare attenzione alla sua natura, assaporandola, era saporita. Feci scontrare il pollice sul suo clitoride e lo massaggiai lentamente, rispetto al movimento della mia lingua.
Inserii nuovamente la lingua al suo interno, leccando ogni sua parete. Con la mano libera, strinsi la sua natica destra per poi lasciarci uno schiaffo, colorando la sua pelle pallida di un rosso chiaro. Continuai a torturare di piacere Lauren, le sue gambe tremavano fino a cedere, coricandosi completamente sul letto. Infilai le dita lungo la sua entrata e spinsi velocemente fino a che non avrebbe raggiunto l'orgasmo. Le mani di Lauren stringevano forte le lenzuola, il suo corpo non smetteva di fremere, fino a quando non venne sulle mie dita. Tolsi le dita dalla sua entrata e assaporai i suoi umori, mi misi sopra di lei e le baciai la guancia dolcemente, sorridendo con tenerezza.
«Com'è stato?» chiesi io e lei mi sorrise, il suo viso era coperto dai capelli folti e neri, glieli spostai e la guardai.
«Un dieci te lo do.» disse lei affondando il viso nel materasso e io risi dolcemente.
«Sei così bella quanto... Sudata.» dissi io stringendo i suoi fianchi. «Sei speciale, Lauren.» sussurrai io e lei si girò e mi guardò.
«Sì? Lo so.» disse.
«Sei anche scema e stronza. Come ti permetti!» dissi io mettendole la mano sul viso e lei morse il mio palmo giocherellando.
Il suo corpo nudo batteva quello di ogni scultura, di ogni dipinto. Lauren era perfetta per me e io per lei. «Sei qualcosa di unico Lolo.»
«E tu, riesci ad essere unica più di questo universo, Camz.» disse lei baciandomi con passione, facendomi chiudere gli occhi.
Lauren Jauregui's P.O.V.
Ci misi un po' per alzarmi da quel letto, a lavarmi e a vestirmi. Camila c'era andata pesante ma questo non toglie che io sia felice, sinceramente, avevo bisogno di quel contatto. Mi stavo mettendo il rossetto dal colore marrone di Yves Saint Laurent nella mia macchina, la Jaguar F-Type. Stavo aspettando Camila, le sue valigie erano pronte e sopra il nostro jet. Saremo dovute partire tra non molto, ovvero tra tre ore buone.
Intanto, per passare questo compleanno insieme, avevo deciso di portare la mia ragazza in uno dei miei posti preferiti, dove, se non fosse stato per il lavoro, ci sarei andata ogni fottuto giorno. Camila come al solito era in ritardo, infatti vidi come salutava mia sorella e mio fratello con un abbraccio che durò uno o due minuti, dopotutto era un arrivederci, nulla di che...
Il mio rossetto si era già asciugato, l'effetto matte era il mio preferito. Continuai ad aspettare fino a quando non sentii dei passi veloci provenire da fuori dalla mia macchina. Camila era arrivata ed era bellissima con quel tubino Dior, dal colore nero. Si abbassò e mi salutò dal vetro del finestrino, facendomi sorridere; aprì la portiera ed entrò dandomi un bacio sulla guancia. «Non volevano lasciarmi.» disse lei portandosi sotto agli occhi un fazzolettino, asciugandosi le lacrime che minacciavano di uscire dall'occhio destro.
«Magari non volevi lasciarli tu.» dissi io accendendo alla macchina per poi guidare.
Camila rimase in silenzio, guardava i negozi di Parigi. «Dove mi stai portando?» chiese lei, ma non mi guardò, lo stesso feci io.
«In un posto bello e colorato.» dissi io fermandomi allo stop, il semaforo segnava rosso. Misi freccia intanto, poi girai a sinistra non appena scattò il verde.
Il viaggio era veramente corto, ma la distanza dal punto in cui eravamo noi all'aereoporto, era tanta. Camila ancora non aveva capito. «Mi stai portando a qualche intervista a sorpresa perché avevi paura che ti dicessi di no?» alzò le sopracciglia e io parcheggiati, rimasi in silenzio, quasi stufa di sentirla. La mia ragazza alzò il viso e vide una targhetta sulla parete di un muro, rue de Rivoli. «Ma dove siamo?»
Negai con la testa. «Che cos'è quello la giù?» chiesi io corrugando le sopracciglia.
«Il Louvre. Ma dove dobbiamo andare?»
«Lì, cazzo!» dissi sbattendomi la mano sul viso e lei sembrò illuminarsi.
«Davvero?» chiese lei incredula e io annuii.
«Sì, davvero.»
Scese dalla macchina, ci avvicinammo alla grande struttura, possente.
Il museo ha preso il nome dal palazzo che lo ospita. Originariamente era una fortezza, costruita alla fine del dodicesimo secolo durante il regno del re capetingio Filippo II nei rifacimenti successivi fu sede reale e governativa
«È così grande.» disse Camila fermandosi davanti alla porta, io mi tolsi gli occhiali da sole e li misi della custodia per poi depositarla in borsa.
«Come il tuo culo.» sussurrai e mi tirò un pugno sul braccio. «Ouch! Ma sei scema?»
«Ben ti sta.»
Presi Camila per mano e andammo insieme alla Hall Napoléon, situata sotto una piramide, lì c'erano le biglietterie. Comprai così due biglietti e entrammo nell'ala destra del museo.
«Ma Lauren, perché mi hai portata qui? Insomma... Tra un po' partiamo... Dici. Che faremo in tempo?»
«Ti metti troppi problemi, piccola.» dissi io e lei appoggiò la guancia sulla mia spalla. «Oggi è il tuo ventiduesimo compleanno, portare al Louvre la persona amata, non è il massimo... Ma non è così. Io ti sto portando semplicemente per donarti un qualcosa di me. L'arte è una delle mie passioni più grandi e come regalo, voglio condividere questa mia cosa con te. So che non è un qualcosa di materiale, di cui potresti essere più contenta... Ma per me conta molto il fatto di averti trasmesso qualcosa di mio.»
Camila arrossì e strinse forte la mia mano.
«Il fatto che tu voglia condividere questa parte – ancora nascosta – con me, rende il mio cuore felice. Non mi sarei mai aspettata un regalo del genere, e per quanto ti veda così impacciata del spiegarmi le cose, mi sento morire dalla tenerezza che provo per te.» disse fermandosi, mi fermai anch'io. «Amarti credo che sia l'unica arte che riesco ad applicare.» giocò con le mie dita. «Con ogni emozione che mi fai provare, riesco a farci tante sfumature d'amore, renderle uniche e piacevoli. Con te mi sento così piccola, proprio come mi sento in questo momento tra le mura di questo palazzo. Tu mi dimostri di essere bella come l'arte appesa su questi muri, l'arte di essere una donna, l'arte dell'amore e del sesso. Ti ringrazio così tanto per ciò che fai per me ogni giorno, sei la mia dose di energia quotidiana.» vidi una lacrima d'emozione solitaria uscire dall'occhio destro di Camila, gliela asciugai subito e le baciai lo zigomo. «Ti amo con tutto il mio cuore, stronza. Sei riuscita a farmi piangere...» disse piangendo sicuramente emozionata, io l'abbracciai forte e le baciai la testa.
Caminammo lungo il pavimento lucido, tante persone erano riunite a vedere diversi quadri. «Andiamo a vedere la Gioconda?» chiese Camila e io annuii.
«Certo, ti ci posso portare... L'unico problema è: dov'è?» alzai le sopracciglia e Camila si grattò sotto al mento.
«Giriamo.» disse lei con convinzione e iniziammo a cercare uno dei quadri più famosi.
Un mucchio di persone, era poste davanti ad una lastra enorme di vetro. Alcuni facevano foto, altri invece rimanevano semplicemente a contemplare il quadro davanti a loro. «Eccola.» dissi io e Camila mi tirò con sé, andando tra le persone.
«Che emozione!» disse lei ma si trovò una persona altissima davanti, togliendole la possibilità di vedere il dipinto da vicino. Un muso lungo spuntò sul viso della mia ragazza, facendomi sorridere, la prendi così in braccio e la sollevai per vedere meglio uno dei quadri più famosi al mondo.
«Lo vedi?» chiesi io dal basso e Camila strizzò gli occhi per osservare bene, scattò un paio di foto anche lei.
«Circa.» disse lei e io la mantenni ancora per un po', fino ad appoggiarla coi piedi per terra. «Dici che si libererà?» chiese.
«Boh, un po'... Spero. Ci passiamo tra poco, magari. Andiamo a vedere i reperti egizi. Quelli li amo.» dissi io e Camila afferrò la mia mano dirigendosi altrove. Sicuramente non sapeva nemmeno dove stava andando.
«Ancora non ci credo che la Gioconda sia stata rubata.»
«È stato un furto semplice ma efficace. Nascondersi in un ripostiglio la notte e andare a rubare la Gioconda, è stata una mossa sicuramente molto studiata.» dissi io riflettendo.
«Sei molto acculturata sull'arte. Mi faresti da guida, signorina?»
«Potrei guidarti anche verso tutto l'amore che ho da offrirti.» dissi prendendo entrambe le sue mani e la baciai lentamente.
Andammo a vedere di tutto e di più, Camila era contentissima per la bellissima esperienza praticata insieme. La mia ragazza non smetteva di sorridere, le comprai anche qualche souvenir.
Salite sulla macchina, Camila mi accarezzò il viso e mi baciò sulle labbra, amorevolmente. «Dobbiamo andare, tra un po' abbiamo l'aereo.»
Camila mi accarezzò la mano dolcemente e io guidai fino ad arrivare all'aeroporto. Ci vollero venti minuti di viaggio tra traffico e semafori. Arrivate a destinazione, parcheggiai la macchina che poi sarebbe stata imbarcata da Freddie. Scese dalla macchina, Camila inspirò l'aria, il cielo era un po' nuvoloso. «Pioverà?» alzò le sopracciglia lei.
«Non so, spero di no.» dissi io. «Non mi piace la pioggia quando sono fuori.»
«Lo so, ti rovina la piastra.» disse lei, facendomi sorridere. Mi piaceva come Camila sapeva conoscermi così a fondo. Era l'amore della mia vita per un motivo ben preciso, no?
Sospirai un po', pensando che ancora una volta avrei dovuto lasciare Parigi e viaggiare a Los Angeles.
Era pesante, ma dovevo farlo per la felicità della mia ragazza. Poi al resto, ci avrei pensato dopo sicuramente.
😎😎😎
Eravamo appena arrivate all'aeroporto, stanche da morire. Camila non vedeva la madre da mesi, ormai. La Mercedes-Benz GLA nera, arrivò da noi, i finestrini oscurati si abbassarono e mostrarono così la donna bionda che indossava un paio di occhiali da sole Chanel, nonostante il cielo si fosse già oscurato. Camila era così eccitata di vedere la madre che saltellava sul posto, io intanto, guardai un attimo il mio telefono per tenermi informata un po' sulle le novità.
«Mamma!» disse Camila correndo dalla madre per poi abbracciarla, io da quel momento, misi il cellulare in tasca e mi avvicinai lentamente, aspettai il mio turno per abbracciare Sinu.
«Tesoro di mamma, ciao.» disse lei abbracciando forte la figlia, io sorrisi.
Lasciai del tempo alle due per abbracciarsi e dirsi tante cose, quando la donna si accorse della mia esistenza, venne da me e mi abbracciò forte. «Ciao anche a te, Lauren. Hai passato un buon viaggio?»
«Certamente, signora Cabello.» dissi io sempre con formalità. «Con sua figlia al mio fianco, va sempre tutto bene.»
«Quante volte devo dirti di darmi del tu?» chiese tirandomi l'orecchio e io risi, non mi fece male.
«Eh, lo so... Ma credo che sia più forte di me.» risi forte.
Ci spostammo, Freddie era arrivato con la macchina, io andai verso l'abitazione di Sinu con la mia macchina. Camila invece, andò con la madre.
Guardai fuori dal finestrino, Freddie guidava attento. Ormai le strade di Los Angeles le sapevamo a memoria, ed era bello così. Chissà come avevano costruito la nuova struttura. In pochissimo tempo sono riusciti a costruire una struttura così importante. Dalla tasca del mio giubbotto, presi un pacchetto di sigarette e ne fumai una. «È pronta per l'inaugurazione?» mi chiese l'uomo e io sorrisi.
«Certo, sarà un giorno perfetto dove nessuno dovrà intromettersi.» dissi io seriamente. «Se dovessero farlo, farò un casino io, questa volta.»
L'uomo si fermò al semaforo. «Lo capisco, avete passato delle cose veramente assurde insieme. È un dispiacere sapere come le persone possano fare male a chi si ama.» disse lui.
«Il problema è che non sappiamo chi sia il soggetto ad aver guidato l'attentatore a fare una cosa del genere. Non sappiamo niente riguardo, abbiamo deciso di stare lontane dai social.»
«Siete sparite, questo è vero.» disse lui. «Avete fatto bene.» mi sussurrò.
Camila Cabello's P.O.V.
«Hai saluto chi è stato l'attentatore?» chiese mia madre guidando la macchina ad una moderata velocità, ero tranquilla.
«No, non sono stata tanto social. Ho passato il mio tempo tra la mia ragazza e le visite mediche. È stato pesante portare fasciature e dolore.»
«Abbiamo delle novità, Camila. Abbiamo scoperto chi è stato a far esplodere la struttura.» disse la donna sospirando. «A quanto pare, era Matthew Hussey, i carabinieri hanno indagato, controllato alcune telecamere che, a quanto pare, nonostante il crollo siano state ancora intatte. Abbiamo visualizzato un uomo alto, e dai vestiti scuri. Durante le ricerche, abbiamo trovato il corpo, o meglio, quello che rimaneva.» disse. «Con sé aveva un telefono.»
Sospirai intensamente e mi grattai la guancia. Non ci potevo credere veramente.
«Scherzi? E cosa c'era nel telefono? Hai visto qualcosa?»
«Nei media stanno uscendo un sacco di notizie, purtroppo fake. Chi diceva che Matthew fosse un pazzo maniaco ma in realtà non è stato così.» disse Sinuhe parcheggiando la macchina nel garage, dopo aver spento la macchina, scese da essa.
La macchina di Lauren intanto era dietro e parcheggiò davanti alla casa.
Io ancora shockata rimasi nel veicolo, dopo aver preso coraggio, scesi da esso.
«Come sarebbe a dire, "non è così"?» chiesi io non capendo esattamente.
«Ovviamente Matthew ha avuto una persona ben informata riguardo i vostri movimenti, la vostra routine ecc, ma da chi è stato informato? Chi gli avrà dato queste indicazioni? Sono molte domande a far parte della nostra mente e grazie a Dio, abbiamo una risposta, ma non è certa.»
Appoggiai la schiena contro le mura del garage. Ancora non capivo quanta verità stesse arrivando a galla. Non stavo per niente realizzando. «Muoviti, cazzo... Mi stai mettendo angoscia.» dissi poggiandomi una mano sul petto, cercando di calmare la tensione.
Mia madre inspirò. «La persona ad aver guidato Matthew per svolgere un'azione del genere è stata una, e questa è Keana Issartel.»
Mi crollò tutto addosso, e un senso di nausea iniziò a impossessarsi di me, ma la cosa peggiore e che solo in quell'istante c'era una persona ad ascoltare con noi.
E quella persona era proprio Lauren.
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