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Capitolo sei. - "Victoria's Secret."

«Hai paura dell'amore?» chiese Keana.
«Sì, tanta.» rispose piano Lauren mentre guardava Issartel stesa al suo fianco.

«Cosa ti fa paura?» chiese dolcemente e Lauren rimase un po' a pensarci.
«Caspita, non saprei. Forse il fatto di essere amata e poi mollata come se fossi della semplice spazzatura.»

«Sai che non è così, vero?» la guardò Keana teneramente.
«Ho anche paura di essere amata da una persona del mio stesso sesso.» sospirò. «È sbagliato.»

«Sai che non è vero neppure questo, vero?» sorrise Keana lasciando senza parole Lauren. «Hai la mente confusa.»

«Non ho la mente confusa, Keana.» la corresse. «È vero.» disse Lauren sicura.
«No, non è vero. Tua madre è riuscita a farti il lavaggio del cervello.» disse insistendo.

«Non sai niente di me.» sbuffò Lauren nervosa.
«Come vuoi.»

Keana la guardò un po'. «Come ti trovi nella Calvin Klein?» le chiese e Lauren rimase un po' a pensarci.
«Credo bene, mio padre si trova bene. Ma so benissimo che noi siamo portarti per qualcosa di più importante.»

«Mi stai dicendo che la Calvin Klein non è importante?» rise.
«Abbiamo idee diverse. Ad esempio, so benissimo che se la casa moda Gucci mandasse un contratto per lavorarci lì, mio padre accetterebbe al volo.»

«Stai per caso dicendo che Gucci è importante?» rise Keana e Lauren sospirò.
«Sì, lo è.» mormorò. «Molto più della Calvin Klein.» disse Lauren con sicurezza facendo smettere di ridere Keana.

«Di Guess, che mi dici?» la guardò mentre la stringeva al suo corpo.
«Di Guess beh, sono anni che ormai non ci vado a Los Angeles.» disse piano Lauren. «Mi piacerebbe però. I fratelli Marciano chiedono spesso di me quando mio padre va da loro.»

«Sono sempre state brave persone.» sussurrò felice Keana, Lauren poggiò la mano sul suo fianco non sapendo dove poggiarla.
«Già, un po' mi dispiacerebbe lasciare questo posto per andare a lavorare oltre.»

«Chi te lo dice che lavorerai in un altro posto?» corrugò le sopracciglia Issartel.
«Nessuno, nessuno.» iniziò Lauren. «Stavo solo ipotizzando.» disse.
«Capisco.» rispose Keana.

«Dove ti piacerebbe lavorare?» chiese.
«Conosco così tante case di moda che proprio non saprei.» disse Lauren dandosi arie facendo ridere Keana.

Issartel era felice che comunque sia, Lauren cercava di essere di nuovo la bambina che aveva conosciuto. Le sue battute riuscivano a far sorridere Keana, Lauren era davvero in gamba, forse troppo imposta dalla madre.

Keana era davvero curiosa di sapere cosa stesse nascondendo Lauren. Voleva capire cosa ci fosse di così tanto importante da nascondere. Lauren nascondeva tante maschere, una diversa dall'altra.

Però, sapeva benissimo che Lauren indossava la maschera della tristezza da tanto tempo. Voleva sapere il motivo, voleva che Lauren si aprisse con lei.

«Perché non vuoi dirmi cosa ti succede?» la guardò e Lauren negò.
«No, non devo infangare il nome degli Jauregui per colpa mia.» disse Lauren con dolore.

«Sai come la penso.» disse Keana.
«Lo so che per me ci sarai sempre e bla bla bla.» disse Lauren ringhiando. «Vorrei che qualcuno sapesse fermare tutto questo. Ho dodici anni. Non posso soffrire per tutta la vita.» disse Jauregui con le lacrime agli occhi che minacciavano di uscire.

Lauren odiava piangere, la mostrava debole, si sentiva uno straccio. Il cuore batteva, ma lo considerava morto, Lauren considerava il suo cuore morto da quanto arrivò al mondo.

Voleva essere una ragazzina semplice, che sarebbe riuscita ad avere una vita sua, senza obblighi, senza dolori se non quello del ciclo.

«Ti è già venuto il c...» Keana venne interrotta dalla voce di Lauren.
«Il ciclo? Sì.»

«Quando?» chiese e Lauren roteò gli occhi.
«Quante cose vuoi sapere di me, non credi?» la guardò.
«È giusto per riprendere a conoscerci.» disse Keana e Lauren annuì. «Resettiamo questa amicizia.» aggiunse la grande.

«Mi è venuto a dieci anni, era settembre.» disse. «Ricordo di aver urlato.» rise al ricordo.
«Hai avuto la mia stessa reazione.» disse Keana ridendo. «Francisca era entrata in bagno spaventata.»

«Immagino, lo stesso mia madre.» disse Lauren sghignazzando. «Mi chiedeva sempre se avessi mal di pancia, io invece negavo, non ho mai avuto un mal di pancia violento da farmi piangere.»

«Io invece sì, ti giuro, è allucinante.» disse Keana triste pensando alla sua sofferenza.
«Caspita.» sussurrò Jauregui. «Dev'essere molto "dura".» la guardò e Keana annuì.

«Il tuo colore preferito?» chiese Keana e Lauren sospirò non sapendo cosa rispondere.
«Il colore ocra.» disse. «Per il momento.»

«Di solito che colori indossi?» la guardò.
«Il nero.» disse fiera. «È un colore neutro e misterioso.»

«Proprio come te.» disse.
«Cosa?»

«Nel senso, proprio come te che sei misteriosa. Mi incuriosisce la tua vita, Jauregui.»

«Bisogna iniziare ad essere riservati già da adesso, i paparazzi, gli intervistatori, ci assaliranno.» sussurrò.
«Su questo hai ragione, ma sai benissimo che non siamo ancora entrate nel mondo della moda.» la guardò Keana facendole l'occhiolino.
«Hai ragione.»

«Scendi con me?»

«Sono in un pessimo stato.» disse Lauren guardandosi.
«Meglio di no.» sussurrò.

«Oh, andiamo.» Keana le diede una tenera spintarella facendo ridere Lauren. «Ti aiuto io.»

«Mi fido.» disse Lauren alzandosi per poi iniziare a spogliarsi. Keana si alzò dal letto e andò verso l'armadio.
«Ocra quindi, eh?» chiese guardando tra i vestiti. «Hai una maglietta di quel colore.»

«Mi va bene.» disse e Keana gliela diede. Lauren se la mise.
«Pantaloni?»

«Uhm, neri.» disse Lauren.
«Sai abbinarli i colori.» rise Keana.
«Beh, modestamente.»

Keana fece sedere Lauren sulla sedia e iniziò a pettinarle i capelli con cura. «Mh.» mugolò Lauren sentendo un senso di piacere. Era rilassata. «Mi piace.»

«Visto?» sorrise Keana mentre le spazzolava la chioma. «Ti devi fidare di me.»

«Vabbè.» disse la piccola facendo spallucce.

Gli Jauregui parlavano allegramente con il S. Issartel di alcune cose riguardanti il lavoro. La loro attenzione venne attirata dai passi che percorreva Keana per scendere le scale.

«Ciao bambolina.» disse l'uomo e Keana sorrise al padre per poi guardare la scala.
«Lauren non è voluta scendere, vero?» chiese la madre con tono freddo.

«No, sto scendendo.» disse la vocina roca di Lauren mentre scendeva piano le scale. La sua maglietta stranamente non nera, fece sorridere tutti. Il giallo le stava davvero bene.

Il signor Issartel si alzò dal sofà e si avvicinò a Lauren porgendole la mano. «Ciao, Lauren.» disse lui sorridendo.
«Salve a lei.»

«Oh, dammi del tu.» disse l'uomo e Lauren annuì.
«Ciao.»

«Sei molto simpatica.» disse e Jauregui arrossì leggermente per poi lasciare quella stretta di mano.
«Grazie.»

Tutti si misero composti, Lauren rimase in un divanetto a parte mentre seguiva attentamente la conversazione dei suoi genitori e del S. Issartel.

«Si sente molto la mancanza di mia moglie in famiglia e questo mi distrugge moltissimo.» sospirò l'uomo. «Lei riusciva a darmi una giusta dritta con il lavoro.»

«Immagino che sia stato orrendo.» commentò Clara mentre accavallava la gamba destra.

«Molto, è un ricordo vago, come se fosse un sogno.» disse con dolore.
«Stavamo semplicemente tornando e una macchina ci venne completamente addosso. Non so come sia riuscito lui a salvarsi. E mi chiedo come ci sia riuscito io,» spiegò. «Ma sembrava fatto apposta.»

«Perché?» chiese Michael non capendo il "sembrava fatto apposta".
«Sembrava come se Dio volesse portarmi via la cosa più bella della mia vita. Solo che ci è riuscito.» disse con disprezzo.

«Sai che ci siamo per te, vero?» lo guardò Clara.

«Non iniziamo.» li interruppe Lauren. «Tu non ci sei manco per tua figlia.» la guardò e Clara si mise dritta con la schiena.

«Lauren.» la chiamò con dolcezza il padre. «Calma.» disse.

«Okay.» annuì piano con la testa. Non voleva aggravare la situazione, non in quel momento.

«Lo so benissimo, Clara.» disse Issartel mentre la guardava sorridendo. «Sono davvero grato ad avervi come amici.» disse.

Tegan, Chris e Taylor entrarono dentro e videro con sorpresa Lauren seduta insieme a loro.

«Lauren, sei uscita!» disse Taylor felice.
«Già.» le rispose senza mostrare sentimento.

«Come stai, sorellona?» chiese Christopher e Lauren annuì piano.
«Bene, credo.» gli sorrise. «Ciao Tegan.» lo salutò e il ragazzino mosse la mano in forma di saluto. «È da tanto che non ti vedo.»

«In effetti. Tua sorella ha detto che sei sempre rinchiusa e che non esci mai a giocare con lei.» disse e un leggero silenzio cadde nel salone.

«Non ho molta voglia di giocare, sono sempre occupata negli studi. Sto imparando tutte le lingue che mi servono.» informò Lauren cercando una scusa.

«Non studi a scuola?» chiese il S. Issartel.
«No, non mi trovo bene lì.» disse Lauren mentendo con dolore.
«È bello integrarsi con i compagni, non credi?»

«No, le persone sono cattive.» sussurrò Lauren e Keana sospirò.

«Hai ragione.» disse Tegan. «Visto che Lauren non va a scuola, posso non andarci anch'io?» chiese il ragazzo.

San Francisco, U.S.A.

Un uomo era rinchiuso nella sua camera, seduto sulla sua amata sedia della scrivania. Era leggermente gobbo, ma forse questo è considerato perché è sempre piegato in avanti per scrivere alcuni testi delle sue canzoni.

Il bussare alla porta lo fece sobbalzare, di conseguenza si alzò dalla sedia per poi andare ad aprire. «Amore.» disse lui ancora con il fiatone per via dello spavento precedente.

«Papà.» lo salutò. «Posso stare con te?» chiese lei e il padre la fece accomodare.
«Lucia, tua madre è a lavoro?»

«Sì, come sempre.» disse la bambina di dodici anni. «Era molto stanca oggi.» disse.

L'uomo sospirò capendo. «Siamo stanchi un po' tutti. Io sono sempre occupato con la musica e concerti. Tua madre invece non fa altro che lavorare lì.»

«Lo so, ma che ci possiamo fare? La pagano bene.» disse Lucia piano.
«Hai ragione.» la seguì il padre.

Lucia, lei era Lucia Vives, conosciuta anche come Lucy. Nata l'undici gennaio del 1996. La famiglia si trovava a San Francisco negli Stati Uniti d'America.

Lucy, era conosciuta come la figlia di un grande cantante, Carlos Vives e della madre Herlinda Gómez stilista e modella nella grande azienda Victoria's Secret.

Il marchio Victoria's Secret è stato fondato nel 1977 a San Francisco, la sede è situata a Columbus. Il famoso marchio, venne fondato da Roy Raymond.

Victoria's Secret è un marchio statunitense di abbigliamento femminile e di prodotti di bellezza, è noto soprattutto per le creazioni di lingerie.

Nel 2007 ha totalizzato vendite per più di cinque miliardi di dollari grazie ai suoi novecento punti vendita negli Stati Uniti.

Il nome della società, è un riferimento alla regina Vittoria.

«Vorrei tanto andare lì dov'è la mamma.» disse Lucia mentre guardava il padre che tracciava la penna in mezzo alle righe del suo foglio.
«Secondo me dovresti imparare a cantare.»

«È una cosa che non mi piace.» sospirò Lucia guardandosi la punta delle scarpe. «Non voglio sprecare la mia vita con una cosa che non mi interessa.»

«È una bella opportunità comunque, Lucia.» disse Carlos. «Gireresti il mondo.»

«Posso farlo anche da stilista o modella che sia.» disse piano Vives e il padre strinse un po' i denti non accettando la decisione della figlia. «Voglio seguire i miei sogni.»

«Come ti pare.» disse il genitore sbuffando. «Perché non ti piace?»

«Magari perché non ho una bella voce?» lo guardò negli occhi.
«Ti servirà il giusto allenamento, figlia. Sai che con un po' di allenamento si può andare ben oltre le nostre aspettative.»

La ragazzina sbuffò non sopportando quella situazione. «Tu vuoi semplicemente che qualcuno segua le tue orme, che la famiglia Vives diventa molto più importante di quanto lo sia già.»

Il padre rimase in silenzio davanti a Lucia che lo guardava con occhi leggermente lucidi. «Questa è una cosa che non sopporto. Perché obbligarmi? Sono libera.»

«Nessuno è libero.» disse Carlos. «Nessuno.»

«Ah no?»

«No, una volta entrata nel mondo del lavoro, ci sarà sempre qualcuno a comandarti e a proibirti certe cose.» iniziò a dire ma Lucia gli parlò sopra.

«Sarebbe più pesante se il lavoro non mi piacesse. Ma siccome fare la stilista mi piace, a lavoro ci vado più motivata.» sorrise leggermente. «Nessuno impone il sogno di nessuno.»

«Io te l'ho detto, poi fai quello che vuoi.» disse Carlos mentre poggiava la penna sulla scrivania. «È dalle piccole cose che si può ricavare tantissimo.» disse.

A LOS ANGELES...

Il corpo di Camila era immobile sul letto, non si muoveva, non era in funzione, la sua mente però, volava. Quei sogni erano così perfetti che sembravano reali.

Erano giorni che sognava, qualcosa di felice ma che poi diventava triste e cupo.

Camila venne svegliata appunto da un incubo.

«Ancora.» disse con l'affanno. Camila si guardava intorno per vedere se fosse tutto apposto. Aveva sognato Lauren.

Erano insieme, tenute per mano che non smettevano di coccolarsi. Era un bel sogno fino a quando Lauren iniziò ad allontanarsi da lei, fino a sparire.

Gli occhi verdi, i suoi lineamenti infantili che ricordava, le facevano battere il cuore.

Camila ultimamente aveva il vizio di prendere il cellulare di sua madre e di controllare su Twitter se ci fosse qualcosa di interessante.

Dopo aver visto vari tweet e retweet, decise di controllare il profilo del S. Jauregui.

I suoi occhietti marroni brillarono non appena vide una foto recente, del giorno prima. C'era la famiglia insieme ad altre tre persone, erano tutti felici. Keana sorrideva e Lauren dannatamente era seria. Camila vide finalmente i fratelli di Lauren erano davvero belli.

Voleva essere lì con lei.

Gli occhi color nocciola incontrarono la mano di Keana stretta a quella di Lauren.

Qualcosa nel suo petto iniziò al formarsi, un qualcosa che le aveva fatto conoscere il vero significato della gelosia.

Il suo respiro era intenso, quel nervoso si stava formando piano piano.

La signorina Ekaru Ichijoji si recò verso di lei con un piumino per pulire la polvere. «Signorina Cabello.» la salutò.

Lei era la nuova domestica, una donna sulla trentina proveniente dal magico Giappone, i suoi capelli erano raccolti in una lunga coda di cavallo. «Buongiorno, Ichijoji.» sorrise lei mentre usciva da Twitter.

«Come sta?» chiese con il suo accento buffo.
«Tutto bene, tu?»

«Tutto bene.» sorrise lei mentre spolverava il mobile. «Che faceva con il telefono della signora Cabello?» chiese.

«Oh, beh... Niente.» disse.
«Mh, ne è sicura?»

«No.» disse Camila rassegnata.
«Allora? Che le succede?» chiese sedendosi vicino a lei dopo aver lasciato il piumino.
«Non so se lo vuoi davvero sapere.»

«Beh, cercherò di aiutarti.» disse.
«Mi piace una persona.» iniziò a dire Camila.

«Oh, qualcosa che riguarda l'amore.» disse Ichijoji.
«Già, ogni volta che entro su Twitter beh, controllo il profilo di suo padre per vedere se ci sono novità.»

La donna la guardava con tenerezza. «Ho visto una foto datata ieri.» disse Camila prendendo il cellulare di Sinu per poi rientrare su Twitter. «Ecco.» disse mostrando la foto.
«È questo ragazzo?» chiese indicando Chris.

«No, lei.» disse Camila indicando Lauren.
«Ah, è una ragazza.» disse piano e Camila annuì e uscì un'altra volta dall'applicazione.
«Sì, una ragazza.» sorrise.

«Come si chiama?» chiese Ekaru mentre guardava la ragazzina.
«Lauren Jauregui.» commentò lei e Ichijoji annuì.
«Ne ho sentito parlare.»
«Lo sai solo tu che mi piace.» disse Camila sospirando quasi pentita. «Ti prego di non farne parola con nessuno.»

«Stia tranquilla, signorina Cabello.» disse. «Come sta andando a scuola?» chiese e Camila ci penso su.
«A piedi.»

«Come?»

«Scherzo. Sto andando piuttosto bene. I voti sono attualmente perfetti.» disse Cabello sorridendo beatamente.
«I suoi compagni?»

«Sembra funzionare, ovviamente ci sono sempre quei ragazzi che cercano di buttarti giù.»

«Dovrebbe fare attenzione a loro, non crede?» le sorrise.
«Lo so. So piuttosto difendermi.» disse piano.
«Non è credibile.»

«No? Caspita, dovrei impegnarmi!» disse Camila alzando le mani all'aria facendo ridere la giapponese.
«Dovrebbe andare a fare teatro, signorina.»

«Il mio posto è nel mondo della moda, non al teatro.» disse lei ridendo e Ekaru sorrise.
«Lo so, stavo scherzando.»

«Grazie comunque.» disse.
«Per cosa?»

«Per avermi ascoltata. Dovevo dirlo a qualcuno di questa mia cotta.» sospirò.
«I suoi genitori non lo sanno?»

«No, non lo sanno... Non saprei come dirlo.» disse facendo una piccola pausa. «E se la prendessero male?» guardò la domestica con preoccupazione.

«Le vogliono bene, signorina.» disse Ekaru con dolcezza. «Provi a parlarne con sua madre.» le suggerì. «La signora Cabello ha un cuore d'oro, lo capirà.»

«Cosa?» chiese Sinu sbucano da dietro il muro mentre teneva in braccio la piccola Sofia.
«Niente, niente di che.»

«Non ho nulla da dire, mamma.» sospirò.

«Mi devo preoccupare?» le guardò la donna.

INTANTO A NEW YORK...

Il campanello non smetteva di suonare, Clara andò ad aprire la porta e vide un uomo dai capelli neri impregnati di lacca. «Oh, Signor Lucker.» sorrise.

«Salve, Lauren?» chiese il ragazzo sui venticinque anni.
«Lauren oggi ha da fare.» disse piano.
«Ah, quindi non la vedrò?»

«Esattamente.» disse Clara. «Domani la potrà vedere, S. Lucker.» sorrise.

«Le auguri buon divertimento.» disse Adam per poi abbandonare la casa. Clara sospirò un po' e chiuse la porta, sperava che questa giornata si sarebbe svolta nel giusto modo, senza casini.

Lauren era pronta, vestita tutta di nero e i suoi anfibi le arrivavano fino a metà stinco. «Chi era?»

«Adam Lucker.» rispose.
«Capisco. Voleva il solito, vero?» chiese Lauren guardando la madre con attenzione.
«Beh, sai come funzionano le cose.»

«Beh, se non fosse stato per te.» fece spallucce Lauren. «Questo non sarebbe successo.»

Il campanello suonò dopo una ventina di minuti. La signora Jauregui andò ad aprire e si trovò Tegan, Keana e il S. Issartel.

«Tegan, Chris è in camera sua.» sorrise la donna, sapeva che lui sarebbe rimasto lì con loro mentre Lauren sarebbe uscita con gli altri due.

«Sei bellissima.» disse Keana con dolcezza e Clara si irrigidì subito.
«Grazie. Anche tu stai molto bene con quel vestito.» disse complimentandosi.

«Possiamo andare, allora.» disse il padre.
«Porterò sua figlia a casa verso le 08:00 P.M.» le fece l'occhiolino.
«Okay.» disse freddamente.

Dopo aver lasciato la casa, Keana prese la mano di Lauren e l'accompagnò fino alla macchina. Il S. Issartel aprì la portiera e le fece entrare.

«Wow.» disse Lauren guardando i sedili in pelle della macchina. «È molto comodo qui.» sorrise leggermente.
«Sono felice che ti piaccia stare qui.»

La macchina iniziò a vivere e ad andare lungo le strade di New York. Il cuore di Lauren batteva notando quante cose fossero cambiate nel tempo.

Si sentiva forse un po' vecchia. Non si era goduta nulla del suo periodo infantile.

«Ci fermiamo dal S. Jauregui?» chiese il padre per entrambe e Lauren rise.
«Può andare.» commentò mettendosi gli occhiali da sole.

Dopo aver raggiunto la grande struttura, Lauren decise di prendere per mano Keana e di entrare dentro. Dopo aver chiuso la macchina, il genitore decise di seguirle.

Klein notò le bambine e rimase stupito nel vedere Lauren. «Oh, ciao Michelle.»

«Signor Klein.» disse Lauren guardandolo un po' male. «Sa che non sopporto essere chiamata Michelle.» disse Lauren.
«Sai che mi piace stuzzicarti.»

«Beh, a me no. Quindi mi chiami semplicemente Lauren.» disse nervosa.
«Va bene.» alzò le mani ridendo. Il S. Klein accompagnò Lauren, Keana e il S. Issartel nello studio dove lavorava Michael.

Keana bussò la porta sorridendo e non appena i tre udirono un "avanti", decisero di aprire la porta e di entrare.

«Michael.» sorrise Issartel mentre si recava verso l'uomo per poi abbracciarlo. Erano davvero molto amici.

Lauren non era più venuta nello studio del padre, quindi poteva considerare che molte cose erano diverse.

Dopo essersi seduta sulla poltrona, fece unire le mani per poi portarsele sulle labbra, in segno di riflessione. «Uhm.»

L'amica la guardava e scoppiò a ridere. «Sembri anche seria.»

«Lo sono, Issartel.» disse Lauren mentre la guardava per poi accennare un sorriso.
«Caspita, si vede.» commentò la grande.

Lauren rise sonoramente. «Non riesco a stare seria se tu mi fai ridere.» sbuffò Lauren fingendosi offesa.
«Sai che ti voglio bene.» disse Keana.

Lauren sospirò. «Lo so.» disse.

Jauregui si sporse un po' e guardò cosa ci fosse sulla scrivania del padre. C'erano molti fogli, tutti questi occupati da tratti di matite che formavano alcuni modelli.

Non era molto entusiasmata di questo, sapeva benissimo che Michael Jauregui sarebbe riuscito a produrre ben altro che delle semplici magliette, top o boxer. «Quando smetterai di lavorare qui?»

La conversazione tra i due genitori venne interrotta dalle parole fredde di Lauren. «Perché?»

«Possiamo andare ben oltre questo.» disse. «Non puoi continuare ad avere questi limiti.» disse con disprezzo e Michael schiuse gli occhi, aveva ragione.

«Papà, so che puoi fare davvero tanto nella vita, te lo dice una... Ragazzetta di soli dodici anni.» disse mentre lo guardava. «Io credo in te, anche se tu non credi in me.»

«Io credo in te, Lauren.» disse e Lauren schiuse gli occhi sentendo dolore.
«Tu e Freddie siete le persone a cui tengo di più.»

«Lo so, bambolina.» disse Mike e Lauren sorrise involontariamente a quel nomignolo carino. «Ti ho vista sai? Hai sorriso.»

«Lo faresti anche tu se lavorassi in qualcosa che ti si a dice.» sospirò e Keana guardò gli scaffali che traboccavano di trofei e medaglie.

«Vedremo che fare, Lauren.» disse l'uomo non sapendo manco lui dove sbattere la testa.

Lauren Jauregui aveva ragione, Michael era un uomo pieno di risorse, idee e di tantissima energia. Per quel poco che lo vedeva, Lauren sapeva che quelle risorse venivano bloccate. Il signor Klein, per quanto possa essere buono, non "meritava" il lavoro del padre.

Lauren non lo sopportava proprio nonostante la bontà di quell'uomo.

«Quanti premi.» disse Keana.
«Non vedo l'ora di vincerne uno io.» commentò Lauren e Keana sorrise.
«Lo vinceremo insieme. Possibile che saremo pure delle rivali!»

«Non contarci troppo, sappiamo entrambe che la migliore sono io.» disse Lauren con modestia.
«Non è vero!»

«Avanti, sfidami.» disse Lauren prendendo un foglio pulito e una penna.
«Con piacere.» rispose la grande facendo lo stesso.

Entrambe iniziarono una battaglia di disegno.

Erano arrivate le 07:30 P.M., il S. Issartel decise di andarsene con le ragazzine dopo aver salutato Michael Jauregui.

La macchina gialla, ben lucida si recava verso la gelateria più popolare della zona. «Faremo tardi.» disse Lauren guardando l'orologio.
«Non importa, tua madre sa che sei con me.»

«Il problema è che mamma odia i ritardi.» disse piano Lauren.

Preso il gelato, il S. Issartel accompagnò Lauren a casa sua. Erano le 08:15 P.M.

L'uomo bussò alla porta e subito Clara l'aprì. «Avete tardato.» disse con tanta rabbia dentro.
«Lo so.» disse Lauren, Keana sospirò un po'.

«Posso spiegare.» disse il padre di Keana e Lauren si mise in mezzo.
«Siamo andati a mangiare un gelato. L'ho chiesto io.»

«Non è vero.» disse Keana.
«Zitta.» disse Lauren mettendola a tacere. «È stata colpa mia.» disse piano Lauren mentre alzava il viso verso la madre che moriva dal nervoso.

Tegan sentì la voce di Keana e scese giù raggiungendo il padre. «Penso che ci vedremo domani, in ogni caso, Clara.» disse il S. Issartel e indietreggiò insieme ai figli.

«Ciao.» salutò triste Lauren e loro se ne andarono dopo un po'.

«Cosa cazzo ti salta in mente?» chiese Clara chiudendo la porta.
«Mi dispiace.» disse Lauren con dolore. «Non so cosa mi sia preso, so che odi i ritardi, ma avevo fame...»

«Avresti resistito.» disse. «Questa volta non ti tocco, ma vai a letto senza cena.» disse furiosa e Lauren corse al piano superiore per poi rinchiudersi in camera.

La luce artificiale era accesa, il nervoso era così tanto che veniva divorata. Il troppo nervoso le fece prendere un quadretto e lo lanciò per terra.

«Fottiti.» urlò contro il quadretto rotto. «Fottiti!» ripeté.

Lauren si avvicinò al muro bianco e prese il suo gessetto rosso per poi tracciarlo con forza contro la parete bianca. Un'altra linea accompagnava le altre trecento.

Lauren l'aveva tracciata per il giorno seguente. Sapeva benissimo che sarebbe tornato l'uomo dei suoi incubi.

La ragazza sapeva che avrebbe smesso nuovamente di uscire per colpa di queste piccolezze. Jauregui aveva il cuore distrutto un'altra volta, sapeva che avrebbe smesso di vedere Keana Issartel.

Per lei, non sarebbe esistito un domani, per Lauren, ci sarebbe stato l'ennesimo giorno da inferno. Lauren odiava passare i giorni in quel modo così doloroso.

Lauren avrebbe visto nuovamente il collaboratore di sua madre...

... Il S. Adam Lucker.

OH YEYEYEYEYE

Il capitolo sei ci mostra due nuovi personaggi che potrebbero comparire più volte in questa storia. Adam Lucker e Lucia Vives.

Come avete visto, non c'è traccia di Dinah e Normani, ma non preoccupatevi, questo è solo l'inizio di una grande avventura.

Dal prossimo capitolo possiamo iniziare a incamminarci per scoprire qualcosa in più su Lauren e di questo presunto Adam.

Spero come sempre che la storia vi piaccia e che sia di vostro gradimento. Mi scuso per gli eventuali errori. Ringrazio chi visualizza e chi commenta, ma anche per chi vota.

Pronti ad entrare nella vera e propria storia? Vi aspetto nel prossimo capitolo.

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-BeingAsAnHurricane.

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