Capitolo cinque. - "Giorgio Armani."
Basta davvero poco
per essere felici.
Italy, Milan
SETTE ANNI DOPO...
Un bambino dai capelli corti e dal dolce sorriso, stava tornando a casa a piedi. Non era distante da casa sua, i suoi genitori gli avevano insegnato a tornare da solo alla sola età di dieci anni.
Mentre manteneva lo zaino di DragonBall sulle spalle, si trovò davanti al portone colorato dal bianco lucido.
Quel pomello splendeva, era così pulito da potersi specchiare. Il bambino bussò alla porta mentre sorrideva. Quando la donna aprì la porta rimase contenta di trovarsi suo figlio davanti.
«Ciao amore.» disse lei portandolo dentro.
«Mamma.» la salutò sorridendo.
«Come stai? A scuola com'è andata?»
«Tutto bene, ho preso otto e mezzo nel compito di matematica.» disse fiero e alla madre brillarono gli occhi dalla felicità.
«Vai a dirlo a tuo padre, è in cucina.»
Il bambino andò dal padre che leggeva il giornale seduto sul sofà, la televisione trasmetteva il telegiornale. «Ciao papà.» disse.
«Ciao Shawn.» sorrise, il bambino poggiò lo zaino e si mise seduto sulle gambe dell'uomo.
«Ho preso otto e mezzo nel compito di matematica.» disse.
«Oh, davvero?» chiese.
«Sì!» esclamò il bambino felice.
«Ma è fantastico.» disse il padre abbracciandolo. «Sono fiero di te.» disse lui con dolcezza.
Shawn, lui era Shawn Peter Raul Mendes. Nato in Canada nel 1998, dal padre Manuel Mendes e dalla madre Karen. Si trasferì in Italia con la famiglia all'età di cinque anni, per motivi sconosciuti. Shawn Mendes era figlio unico.
Il bambino aveva tantissimi hobbies. Disegnare, suonare il pianoforte e la chitarra. Era un bambino molto intelligente, uno dei primi della classe conosceva di vista Zain Malik e Allyson Brooke.
«Tra un po', papà andrà a lavoro.» disse l'uomo e Mendes si mise dritto con la schiena.
«Mi porti? Farò da bravo!» disse lui con occhi dolci.
«E va bene, ci sto. Dopotutto te lo meriti.» disse Manuel con dolcezza.
Il figlio si tolse dalle sue gambe e andò a mangiare. Non vedeva l'ora di andare a lavoro con il suo amato papà.
Mendes divorò tutto quello che c'era sul suo piatto. Dopo un po' arrivò il padre. «Hai finito?» chiese sorridendo.
«Sì, possiamo andare.»
Il genitore prese per mano il figlio, dopo aver lasciato un caldo bacio sulle labbra alla moglie, andò via dritto alla macchina. «Sei felice?»
«Sì! Non aspettavo altro.» disse felice il bambino mentre si metteva composto sul sedile. La macchina partì e andò per le vie della grande Milano.
Dopo essere arrivati, Manuel parcheggiò la macchina e scese insieme a Shawn. Il bambino si trovò davanti ad una grande
«Wow, non ci venivo da tanto.» disse Mendes sorridendo.
«Bentornato.» disse Manuel aprendo il grande portone.
Tutto perfettamente allestito, il padre prese il bambino per mano ed entrarono dentro.
«Buon pomeriggio, S. Mendes, oh, ciao Shawn.» sorrise un uomo di una certa età.
«Salve.»
«Non darmi del lei, piccolo.» disse. «Sei venuto con tuo padre?»
«Già, oggi mi ha detto che potevo... Ho preso un bel voto in matematica, quindi mi ha premiato così.» gli disse e il signore rise.
«Signor Armani, mi dirigo nello studio con Shawn, farà il bravo.» disse dolcemente e l'uomo negò.
«No, Shawn verrà con me, voglio fargli vedere questo bel posticino.»
«Evviva!» esclamò il bambino e Manuel rise.
«Mi raccomando, non rompere niente.»
«Ci puoi contare.» gli assicurò Shawn e prese la mano dell'uomo e andarono in giro per la grande struttura.
Quell'uomo, era il grande Giorgio Armani.
La Giorgio Armani s.p.a, è un'azienda italiana leader nel mondo della moda fondata da Giorgio Armani e Sergio Galeotti. Il gruppo dell'azienda disegna, produce e distribuisce prodotti di moda, tra cui: abiti, accessori, occhiali, orologi, gioielli, cosmetici, profumi e mobili e complementi d'arredo. La Giorgio Armani s.p.a comprende tutti i marchi fondati dal celebre stilista e imprenditore.
«Beh, ti piace qui?» chiese il S. Armani mentre guardava Mendes che era interessato a guardare l'allestimento.
«S-sì.» disse mentre ammirava tutto quell'ordine e pulizia perfetta.
«Da grande vorresti lavorarci?» lo guardò con i suoi occhi blu, erano così belli e glaciali. Quasi ipnotici.
«Mi piacerebbe molto, dice che sarò bravo?» chiese Shawn.
«Oh, sì.» sorrise l'uomo e Mendes rimase stupito.
«Potrei insegnarti tante cose.»
«Dice sul serio?» chiese il bambino guardandolo.
«Beh, sono o non sono Giorgio Armani?» si mise le mani sui fianchi per poi ridere sonoramente.
Era un uomo d'oro, Mendes avrebbe contato su di lui, si sarebbe fidato ciecamente. «Verrai ogni pomeriggio con tuo padre.» iniziò lui. «Ti insegnerò a disegnare qualcosa. Che ne dici, ormai sei grande, no?»
«Sì! Grazie.» esclamò lui e lo abbracciò senza rendersene conto. «Oh, scusi.» disse staccandosi imbarazzato.
«Andiamo, signorino.» rise Armani.
Dopo aver fatto un giretto per l'azienda, Mendes venne portato nello studio del padre. «Eccolo qui.» disse Giorgio sorridendo.
«Oh, eccovi.» disse Manuel alzandosi dalla poltrona.
«Buon lavoro.» disse lui e chiuse la porta dopo aver fatto entrare il bambino dentro la stanza.
«Allora, Shawn.» iniziò.
«Divertito?» chiese sorridendo mentre prendeva una sedia per poi metterla al fianco della poltrona.
«Sì, il signor Armani è un uomo d'oro.» sussurrò. «Mi piace.»
«Di cosa avete parlato?» chiese il padre e Shawn sorrise, si aspettava quella domanda.
«Mi ha chiesto se mi piacerebbe andare da lui per imparare a disegnare.» disse. «Vorrebbe insegnarmi.»
«Davvero?» chiese e il bambino annuì.
«Sì, mi piacerebbe tanto.» mormorò. «Verrò con te ogni pomeriggio, voglio imparare dal maestro.» disse Shawn.
«Mi piace molto questa tua decisione, figlio mio.» disse Manuel accarezzandogli la testa. «Vuoi fare un disegno?»
«Sì.» disse lui e il genitore gli prese un foglio bianco e lo poggiò sulla scrivania brillante.
Il foglio di Manuel era molto più grande, quasi come una tela per dipingere. «Vediamo cosa sai fare.» lo sfidò e Mendes impugnò la matita dal tratto duro.
«Non mi batterai!» disse lui con foga e iniziò a disegnare sul foglio. il padre lo seguì subito dopo intanto che canticchiava qualcosa.
Per Mendes era iniziato un qualcosa di duro e faticoso, ma sapeva anche che questo allenamento l'avrebbe portato lontano.
INTANTO A NEW YORK...
Una sagoma femminile e infantile si avvicinò alla porta bianca della camera da letto di Lauren.
La manina iniziò a dare colpi sul legno bianco. «Lauren?»
Nessuna risposta.
Erano passati bensì sette anni dalla volta che Lauren vide Camila. Ormai la sua mente aveva dimenticato tutto di lei. Perfino il nome, il suo bellissimo nome.
«Lauren?» bussò alla porta nuovamente. «Vieni a giocare con me e Christopher?»
«No.» la risposta secca, invase le orecchie della bambina di sette anni.
«Perché?»
«Perché non mi dovete rompere.» disse con arroganza.
«Voglio giocare con te, però.» sospirò.
«Taylor, vattene e non venire qui.» iniziò ad urlare Lauren e la bambina poggiò la mano sulla porta per poi andarsene via.
Lauren Jauregui non era più la bambina di sette anni fa. Qualcosa in lei era cambiato, tutto ormai era diventato diverso. Il suo dolore si formava, l'arroganza la divorava come un'anaconda divora la propria preda.
Lauren ormai, era semplicemente una bambina senza anima, senza voglia di fare nulla.
Il campanello suonò.
Michael andò ad aprire la porta e si trovarono una bellissima sorpresa.
La famiglia Issartel era davanti ai suoi occhi. «Oddio, ciao!» disse Jauregui abbracciando il suo più caro amico per poi stringere la mano ai bambini.
«Come state?»
«Bene, voi?» chiese il S. Issartel sorridendo.
«Tutto bene.» mormorò l'uomo.
«Lauren?» chiese Keana mentre si guardava intorno. -l
«Lauren...» sospirò. «Lauren è in camera. Prova ad andarci.» disse Michael e Keana non appena entrò dentro venne fermata da Clara.
«Accomodatevi pure! Non restate fuori.» disse la donna poggiando le mani sulle spalle di Keana dolcemente per poi accompagnarla ai sofà.
La famiglia si mise seduta e iniziarono a parlare. Christopher attirò l'attenzione di Tegan e andarono a giocare un po'. Taylor decise di seguirli visto che Lauren l'avrebbe ignorata un'altra volta.
Keana chiese il permesso a Michael per andare nuovamente nella stanza di Lauren e l'uomo approvò. Keana si recò nella stanza della sua amichetta ormai dodicenne. Bussò tre volte.
«Chi è?» chiese Lauren seccata.
«Sono Keana, Laur.» sorrise.
La bambina, rinchiusa nella stanza, si alzò dal letto e andò ad aprire la porta all'amica. «Sei davvero tu?» chiese Lauren.
«Sì! Non vedi?» rise Keana e abbracciò Lauren che stentò a ricambiare.
«Ciao.» disse piano.
«Mi sei mancata. Volevo davvero vederti, ma sono successe cose...» disse Keana triste.
«Ho saputo dell'accaduto.» mormorò Lauren mentre si staccava dall'abbraccio.
«Ho visto i tuoi genitori il giorno del funerale di mia madre.» disse piano la bambina più grande.
«Lo so. Ero rimasta con Freddie, Taylor e Christopher.» ricordò Lauren.
Il silenzio calò, non era un silenzio imbarazzante ma triste e pieno di pensieri.
«Beh, vieni in camera mia.» la invitò e Keana annuì con tenerezza ed entrò in camera con Lauren.
Le finestre erano chiuse, non si vedeva gran che. Lauren stava parecchio sola. «Perché è buio?»
«Perché sì.» disse Lauren sedendosi sul letto. Keana la seguì.
«Mh, dovremo aprire le tende.» sussurrò.
«Lo so, ma no.»
«Perché no?»
«Mi piace così.» disse Lauren con la mascella serrata.
«Scusa.» disse piano Keana.
Nell'ombra, Lauren si mosse stendendosi, fece spazio a Keana per farla stendere al suo fianco. La bambina di tredici anni si avvicinò a lei e si mise al suo fianco per poi essere avvolta dalla coperta pesante. «È buio.» sussurrò.
«Penso sempre che ci sia la luna al mio fianco.» la guardò. «Mi fa compagnia.»
«La luna?» chiese e Lauren annuì. «Da quanto tempo non la vedi?»
«Da troppo.» disse Lauren.
«Nemmeno il sole?»
«Quello lo vedo giusto quando mi chiamano per mangiare, del resto esco per lavarmi e cercare qualcosa dalla cucina.» disse Lauren con dolore. «Non sono una persona che si merita le bellezze come il sole e la luna.»
«Perché?»
«Guardami.» disse Lauren. «Non ho nessuno. Mia madre mi odia, non mi ha permesso mai niente. Preferivo non nascere.» la guardò e Keana la strinse. «Non so cosa significa avere l'affetto di una madre.»
«Hai i tuoi amici.» disse Keana.
«Avevo una bambina. Mi ricordo vagamente di lei.»
«Come fai a non uscire?» chiese Keana ignorando la risposta precedente di Lauren.
«Me lo impongono.» disse Lauren guardandola. «Mi impongono tutto.» disse Lauren con dolore. «Più che altro, lo sai chi.»
«Tuo padre, non può fare niente?» chiese Keana guardandola in modo dolce.
«Mio padre non c'è mai.» disse Lauren. «Cosa può fare, se lui non c'è?» chiese.
«Nulla suppongo.» disse Keana.
«Ecco, quindi, non ce niente da fare.»
«Freddie?» ipotizzò.
«Lui rischia ogni volta di essere licenziato, Keana.» disse. «Ci tengo a quell'uomo, ha fatto davvero tanto per me.» sospirò Lauren. «Non voglio metterlo in mezzo nella mia vita.»
«Capisco.» disse rassegnata lei.
Il cuore della più grande stava piano piano accelerando, ricordava questa sensazione, da quando ha conosciuto Lauren, il suo cuore ha iniziato ad esplodere, a batterle forte. Aveva leggermente paura, ma sapeva benissimo che questa non era amicizia.
Che iniziasse a sentire amore verso Lauren?
Che si fosse innamorata della triste Lauren Jauregui?
«Vorrei averti sempre al mio fianco, Lauren.» disse piano.
«Capisco.» rispose l'altra mentre guardava il vuoto.
«Starò da te per due settimane, poi tornerò in Italia. Sei felice?» le accarezzò la guancia ma Lauren allontanò la testa.
«Non accarezzarmi.»
«Perché?»
«Può sembrare altro, io non voglio.» si alzò dal letto. «Sembreremo fidanzate.»
«Sarebbe un problema?!» chiese seriamente Keana.
«Sì.» disse Lauren duramente e Issartel strinse i denti. «Mi piacciono i ragazzi. Specialmente uno.» iniziò.
«Posso sapere chi è?» la guardò Keana e Lauren negò con la testa.
«Scordatelo.»
«Perché sei così arrogante?» chiese Keana alzandosi pure lei. «Non capisco cosa ti abbia fatto.»
Issartel andò verso le tende e le aprì facendo entrare i raggi solari dentro la stanza. «Che stai facendo?!» urlò Lauren contro Keana.
La ragazza guardò i muri pasticciati dai pastelli rossi.
«Cosa sono quei numeri?» chiese Keana poggiando le dita sul colore per poi guardare la sua pallida amica.
«Non sono cose che ti riguardano, Keana.» disse socchiudendo gli occhi per colpa della forte luce.
Lauren poteva essere così negativa, una persona buia e triste.
Ma aveva dimenticato il sole, aveva dimenticato quell'energia che emanava.
Iniziò a guardare i raggi e a pensare al perché iniziò ad evitare una fonte di vita così importante.
Dopotutto, Lauren non era poi così morta.
A LOS ANGELES...
«Sei così bellina!» disse la voce femminile mentre cullava una bambina di soli sei mesi. La bambina dai grandi occhioni scuri la guardava con interesse, mentre scuoteva le mani felice.
«Camila.» disse la bambina di undici anni scandendo le lettere piano piano. «Camila.» ripeté e la neonata fece un verso di felicità.
Che la trovasse buffa?
Sinuhe si avvicinò a Camila mentre sorrideva. Amava vedere come la sua bambina si occupava della nuova arrivata in famiglia.
«Le piaci davvero tanto, Mila.» disse lei.
«Già, sono davvero contenta che sia arrivata.»
Lei era Sofia, Sofia Cabello. Nata ad aprile del 2008. Finalmente Camila aveva qualcuno con cui giocare. Quella bambina era un'altra ragione di felicità, insieme a Camila. Lo sguardo marrone della grande, ispezionava Sofia con dolcezza, studiando ogni singola parte del suo viso.
Quelle guance paffute e rosate, erano la sua pura rovina. Amava tanto Sofia, l'amava come non mai.
Ogni tanto la piccola riusciva a prendere l'indice di Camila per poi portarlo alla bocca.
«Non si mettono le dita in bocca.» rise Camila togliendo il dito dalle labbra della piccola Sofi.
Era da tanto che non vedeva la sua amichetta Lauren, ne sentiva decisamente la mancanza. Ogni volta che Camila chiedeva informazioni al padre, lui rispondeva sempre un po' a stento.
Fino a quando...
INIZIO DI UN FLASHBACK...
Alejandro era appena tornato da lavoro, quel caldo dell'estate 2007 era davvero allucinante. Camila accolse il genitore seduta davanti alla porta.
Dopo averlo visto decise di saltargli addosso abbracciandolo. «Ciao papà.» disse felice.
«Ciao, piccola.»
«Com'è andata a lavoro?» chiese lei mentre lo prendeva per mano.
«Tutto bene.» disse l'uomo sorridendo e Camila lo guardò sorridendo.
Per un attimo ricordò Lauren, quindi decise di chiedere per l'ennesima volta come stesse e del perché ormai non si erano più viste. «Mi dici perché Lauren ormai fa così?»
«Camila, vedi...» iniziò il padre con un sospiro. «Lauren non sta bene.» disse e Camila corrugò le sopracciglia.
«Ha la febbre?»
«No, non ha la febbre.» accennò una risata. «Ma vedi, ho parlato con il padre oggi, visto che è lunedì. E niente, mi ha detto che non sta bene e che non è stabile per vedere le persone.»
«Perché non è stabile?» chiese.
«Perché Lauren è triste.» concluse il padre.
FINE FLASHBACK.
Lauren era triste.
Per quale motivo? Voleva sapere il motivo della sua tristezza, ma sapeva benissimo che non l'avrebbe più vista. Ormai era andata così.
Sperava veramente una grande amicizia, un qualcosa di unico tra le due. Ma era finito prima che iniziasse. Non sapeva se fosse stata per colpa sua, o per colpa di Lauren.
Il suo cuore piangeva, ma doveva andare avanti. Ormai che frequentava le scuole, Camila era riuscita ad avere alcuni nuovi amici. E le andava bene così.
Il problema è che, nessuno dei suoi nuovi amici, era come la mitica Lauren Jauregui. Era un po' strana, ricordava poco del suo carattere, dopotutto erano passati sette anni da quando si videro l'ultima volta.
Ricordava un po' quel carattere scontroso, ma anche del suo lato dolce. Non smetteva di ricordare della volta in cui la difese.
Era ormai impresso nel suo inconscio. «Voglio vedere Lauren.»
«Jauregui?» chiese la madre lasciando l'uncinetto.
«Sì, lei.» disse Camila mentre si alzava con Sofi e la poggiava dentro il passeggino.
«Piccola, lo sai come stanno le cose.» iniziò Sinu guardandola. «Sai cosa ha detto tuo padre.»
«Sappiamo anche che io le voglio bene e che non voglio lasciarla.» disse. «È già passato tanto tempo dall'ultima volta che l'ho vista.»
Sinu sospirò e guardò la figlia con tristezza. «Non sappiamo nemmeno se esce per conto suo.» disse. «Dovresti provare a dimenticarla.»
Negli occhi di Camila si formarono delle lacrime di dolore. «Non ci penso nemmeno!»
La madre non voleva vederla piangere, non per causa sua. Sinu sapeva quanto ci tenesse a lei, quindi si rese conto dell'errore che aveva appena compiuto. «Hai ragione.»
Camila la guardava con malessere. Sinuhe era riuscita a spezzarle il cuore con quelle quattro parole. «Cerca di aspettare però.» disse la donna e Camila si asciugò le lacrime.
«Quanto dovrei aspettare? Eh?» la guardò Camila alzandosi dal sofà. «Sono sette anni che aspetto Lauren, la voglio vedere e dirle che le voglio bene.» disse.
«Lo so, ma dai il tempo al tempo. Magari più avanti riuscirai a vederla.» cercò di incoraggiare la figlia.
«Va bene, ci spero.»
Camila guardava la sorellina che aveva appena iniziato il suo pisolino, sapeva benissimo che tra poco si sarebbe svegliata e che avrebbe rotto le scatole. Oggi la maggiore non aveva voglia di cambiarle i pannolini.
La sua felicità era svanita in un attimo, era davvero impossibile come certe parole riuscissero a distruggerti l'animo in un attimo. Camila andò in camera sua e si mise seduta sul letto guardando il soffitto.
Era davvero curiosa di sapere come stesse Lauren. Chissà com'era cambiata. Un peso al petto si formò, il cuore balzava da una parte all'altra. Camila sapeva già cosa stava sentendo.
Con la madre guardava spesso dei film romantici, lei si sentiva come la protagonista di quei film. Iniziava già a sentire qualcosa di grande, che era racchiuso nel suo piccolo petto.
Camila era innamorata.
Forse dalla prima volta che incrociò lo sguardo con il suo.
NEL MENTRE A NEW YORK...
Gli sguardi innocenti si incontrarono diverse volte, Keana guardava Lauren mentre quest'ultima ricambiava con rabbia.
«Hai la cicatrice.» disse lei avvicinandosi a Lauren sorridendo.
Jauregui si toccò il naso, mentre guardava Keana avvicinarsi a lei. «Certo che hai dato una bella batosta.» rise.
«Non sono caduta.» disse piano Lauren mentre guardava Keana.
«Allora?» la guardò senza capire.
«Da piccola mi hanno picchiata dei bambini. Stavo difendendo una bambina. Mi ricordo poco e niente di lei.» disse piano.
«Ti sei sacrificata per lei?» chiese Keana prendendole la mano.
«Sì, ricordo questo.» sospirò. «Era davvero piccola, molto carina.» disse cercando di ricordare invano. «Non posso.» disse con rabbia.
«Cosa non puoi?»
«Ricordarla.» disse piano Lauren e Keana non riuscì a capire bene il motivo, quindi decise di chiedere.
«Perché?»
«Perché non posso.» disse con le lacrime agli occhi mentre si metteva con le spalle unite alla parete bianca rovinata dalle scritte e numeri.
«Ti ha fatto male?» chiese Issartel mentre si inginocchiava davanti a lei per poi prenderle la mano.
«No, non credo. Mamma dice di sì, ma io sono sicura che mi abbia fatta stare bene.»
«Capisco.» disse Issartel guardandola, una scintilla di gelosia si accese. «Chi ti piace?»
«Un ragazzo.» disse Lauren. «Il padre lavora con il mio nella Calvin Klein. È molto carino, mia madre ha conosciuto la madre una sera, e da lì il ragazzo è venuto da me.»
«In camera?»
«Ovvio, non sarei uscita per nessun motivo. Abbiamo parlato un po' di tutto.» sorrise leggermente. «Viene ogni sabato da me.»
«Ogni sabato?» la guardò stupita.
«Sì, ma ultimamente non sta venendo perché non lo voglio vedere.» disse Lauren.
«Mi dici chi è, lui?»
«No, non ti interessa.» disse Lauren nuovamente cambiando totalmente umore. «Non voglio che tu lo sappia.»
«Perché no? Per caso non ti fidi della tua migliore amica?»
«Non credo che io e te siamo migliori amiche, o si?» la guardò alzando la testa cambiando praticamente argomento.
«Io pensavo di sì.» disse Keana con dolore.
«Saresti addirittura la mia migliore amica? Io sono semplicemente triste, non vorrei contagiarti.» disse Lauren guardandola.
«Contagiarmi?» chiese Keana non capendo per poi ridere. «Andiamo! Sai che per te ci sarò sempre.»
«Sappiamo benissimo come la pensa mia madre.» disse.
«Lo so.» assicurò Keana.
Il silenzio dominò sulle loro teste, fin quando Keana non decise di scacciarlo via. «Ehm, ti sta bene quella cicatrice.»
Lauren si toccò il naso nuovamente in modo da coprirsi. «Non è vero.»
«Sì, a me piace.» sorrise lei.
«Lo dici solo perché non hai niente da dire.» sussurrò Lauren con nervoso.
«Non sono così, sai come sono.»
«No, non so come sei.» contrattacò Lauren. «Ci siamo sentite poco.»
«Per colpa di entrambe.» iniziò Keana.
«Ma più mia che tua e lo so, dovevo venire prima da te in modo da legare di più.»
«Non è successo però.» la guardò con rabbia. I suoi occhi bruciavano. «Mettiti nei miei panni.»
«Mi metto, ma non ce l'ho con te.» disse Lauren alzando le mani.
«La vita è davvero ingiusta.»
«Lo so, Laur.» sospirò Keana. «Fai qualcosa qui, in camera?»
«Mh, no. La mattina esco per mangiare, poi il pomeriggio viene il mio insegnante qui, in camera.» disse Lauren. «Si siede lì.» indicò la scrivania e Keana rimase ad annuire.
«Capito. Cosa ti insegna?»
«Di tutto.» sorrise Lauren, era davvero tenera quando riusciva a mostrare quei denti perfetti e bianchi.
«Hai una materia preferita?» le chiese Keana con dolcezza e Lauren annuì.
«L'arte.» disse. «L'adoro in ogni aspetto.» sorrise.
«Ti va di fare un disegno insieme?»
«Un disegno? Insieme?» la guardò. «No.»
Keana roteò gli occhi non sopportando il carattere della sua amica. «Perché?»
«No.» ribattè.
«Dimmelo.» disse Keana insistendo.
«Non voglio condividere le mie idee con nessuno.» disse acida. «Il mio insegnante dice che le mie idee sono originali, io invece ho deciso di tenerle per me e di applicarle poi in futuro.»
Keana sorrise capendo. «Va bene allora, se la metti in questo campo, ti capisco.» disse dolcemente e Lauren annuì.
«Sarebbe il minimo capirmi.» disse.
«Nessuno ti capisce?»
«E quando mai?» la guardò con delusione. «Nessuno riesce, nessuno sa perché io sono qui, rinchiusa.» disse. «Ho una vita triste, troppe cose mi vengono imposte e questo mi distrugge.»
«Lo so, ho avuto un periodo buio pure io.»
«Com'è stato?» chiese. «Sempre se posso sapere.»
«Beh, non è stato niente, è successo tutto così in fretta. La sera Francisca venne chiamata dall'ospedale per avvisare dell'incidente stradale.» disse Keana cercando di ricordare. «Caspita, mia madre sarebbe ancora viva se non fosse stato per il ritardo delle ambulanze.»
«Ritardo? Di solito sono sempre puntuali.» disse.
«Francisca mi riferì che l'ambulanza tardò per colpa del forte traffico a Firenze.» disse Keana. «Nessuno ha colpa.»
«È da pazzi.» commentò Lauren con dispiacere. «La gente se ne va sotto i nostri occhi e i soccorritori arrivano pure in ritardo, andiamo! È assurdo.»
Keana si asciugò l'occhio destro sentendo un forte dolore al petto, nell'anima. «Non parliamone.» disse piano e Lauren annuì.
Lauren non ci poteva credere che Keana avesse perso un membro della famiglia così importante. Sapeva benissimo quanto ancora le avrebbe insegnato e aiutata.
Jauregui sapeva che nonostante odiasse la madre, non sarebbe riuscita ad accettare la sua morte. Dopotutto era la donna che la mise al mondo, che le diede la vita.
Per colpa di Clara però, aveva completamente cancellato ogni dettaglio di quella bambina che era la sua presunta amica. Aveva dimenticato tutto.
Sapeva solamente che si trattasse di una lei. Il nome della bambina venne dimentico, il suo aspetto fisico lo stesso. Forse per il carattere riusciva ad avere un ricordo vago.
L'unico problema era uno.
Clara.
Clara Jauregui sarebbe riuscita a farle dimenticare anche questi piccoli dettagli, Clara sarebbe riuscita a resettarle il cervello in un modo o in un altro. E a dirla tutta, in quel momento di stava veramente riuscendo.
Lauren Jauregui teneva un piccolo, ma grande segreto, un segreto che la portava alla tristezza e al rancore. Tutti quei numeri scritti sulle pareti, dicevano pochissime cose, anche se per Lauren dicevano veramente il tutto.
Tutta la famiglia Jauregui sapeva cosa stesse passando Lauren, ad aver iniziato questo giro infernale era stata la stessa Clara.
Lauren sarebbe stata resettata fino al giorno prima che conoscesse quella bambina.
Lauren l'avrebbe dimenticata completamente.
Ciao a tutti!
Eccomi qui, con il quinto capitolo. Questo capitolo ci presenta due nuovi personaggi: Sofia Cabello e Shawn Mendes che lavorerà nella casa di moda Giorgio Armani.
Ebbene sì, Lauren ha un grande segreto dentro, un qualcosa che può sembrare banale ma che alla fine può significare davvero tanto.
Cosa succederà nel prossimo capitolo? Chi sarà il prossimo personaggio? A voi i commenti.
Sono davvero contenta che questa storia vi stia piacendo.
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