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Conversazioni

-"Come l'ha presa?"

Erwin si passò le mani fra i capelli e si stropicciò gli occhi stanchi, tutti quei caffè non stavano facendo il loro lavoro e avrebbe volentieri piantato in asso la sua ragazza se non avesse avuto paura delle conseguenze.

-''Meglio di come mi aspettassi, sono in camera di Levi adesso, è bene che si conoscano.''

-''COOOSA?!''

Hanji si alzò dalla sedia e, poggiando entrambe le mani sulla scrivania, si sporse verso il biondo: conoscendo il nanetto bisbetico, gli sembrava impossibile che qualcuno che non appartenesse alla sua ristretta cerchia di ''persone tollerabili'' avesse avuto l'onore di entrare in camera sua, persino lei era a malapena arrivata all'atrio.

-''Hai capito bene, è una storia lunga.''

La bruna sbuffò e fece il giro della scrivania per poter fissare i suoi occhi in quelli cielo di Erwin, odiava i mezzi discorsi soprattutto quando essi non le permettevano di comprendere la situazione, da fuori i rumori e le urla dell'allenamento l'accompagnarono mentre le sue labbra si posavano su quelle dell'amato, per una volta avrebbe domato la curiosità sperando di ricevere altro in cambio.

-''Hanji. Ti ho chiamata perché anche se Levi è il mio vice conto su di te per gli aspetti burocratici di questa vicenda, ho bisogno di aiuto per riorganizzare le squadre.''

Erwin sorrise e fece segno ad Hanji di sedersi sopra le sue gambe, anche se mantenere il controllo era importante oramai sentiva il bisogno di sentire la sua ragazza vicina e più quella voglia aumentava più diventava maggiore la paura che la bruna stesse diventando un'ossessione. 

La ragazza, comunque, non se lo fece ripetere due volte e si mise comoda prendendo fra le mani uno dei tanti fogli che si trovavano disordinatamente sparpagliati sulla scrivania.

-''Va bene lo stesso, in fondo volevo chiederti perchè mi hai negato l'aiuto di Arlert e Ral.''

Gli occhi castani di Hanji vagavano per quella lunga lista di nomi: programmatori, scienziati e ricercatori riassegnati; e poi il suo gruppo, gli Hell dimezzati e riorganizzati in maniera folle e quasi senza senso, con squadre formate da troppe persone, sia vecchie che nuove, ed altre solo da coppie, spesso incerte come quella della squadra alpha.

-''Vedrai in seguito, comunque Ral è una ragazza promettente, ha una tecnica ed una precisione che solo chi ha un occhio allenato come il mio può cogliere e mi serviva qualcuno con il suo carisma, non sono stupido e non lascio Levi privo di copertura: la mia squadra alpha sono Ackerman e Jaeger ma Bossaid, Shuiz, Ral e Gin saranno i miei assi nella manica.''

Hanji posò il foglio e decise di lasciar perdere, riconosceva quel tono di voce e chiedere ad Erwin di spiegare in maniera più chiara i suoi pensieri sarebbe stata solo una perdita di tempo, ogni volta che si perdeva fra piani e congetture il capo risoluto e con i piedi per terra si trasformava in un sognatore logorroico che certe volte era meglio stroncare sul nascere.

-''Ok, ok, lasciamo stare, di cosa hai bisogno?''

Il biondo si liberò del groviglio di pensieri che lo aveva imprigionato e si allungò sul tavolo per prendere un foglio, ben distinto dagli altri dato l'inchiostro rosso, e poi darlo alla bruna.

-''Devi dirmi chi vuoi in laboratorio con te, chi devo mandare sopra ai controlli e chi farà parte delle squadre che manderò in missione, buon lavoro.''

La bruna prese una penna e cominciò il suo lavoro sbuffando mentre Erwin, oramai perso in quelli che erano i suoi folli piani, avvicinò a se il computer e cominciò ad organizzare la prima di tante uscite, forse troppo azzardata e complessa ma sicuramente possibile data la sua squadra.

******

Levi chiuse l'acqua e poggiò la fronte sulla superficie fredda della doccia; il suo corpo caldo a causa dell'acqua non accusava ancora il gelo della stanza e si beò di quel meraviglioso momento di pace, quasi in contraddizione con il casino della sua mente.

Erano quasi le quattro del pomeriggio, dopo che Mikasa aveva lasciato il suo appartamento aveva salito in fretta le scale, raccomandando ad Eren di fare come se fosse a casa sua, e come preso da un istinto primitivo e incontrollabile si era chiuso in bagno.

In realtà non sapeva se quello scatto improvviso era dovuto al suo prolungato contatto con lo sporco, con la sorella o con il ragazzo dai capelli castani, ma ricordava che la voglia di purificarsi dalla sporcizia che si sentiva addosso lo aveva portato quasi a togliersi la pelle di dosso tanta era stata la forza con la quale si era strofinato.

Dopo essersi guardato un'ultima volta per assicurarsi, di nuovo, di essere completamente pulito, uscì dal suo rifugio di vetro e vapore e si mise davanti allo specchio, nudo, bagnato e schifato di se stesso.

Le sue iridi tempesta vagavano per la pelle lattea qua e la macchiata ancora di rosso, i suoi polpastrelli andarono a tastare la pelle scura e secca che aveva sotto gli occhi e con i denti continuò a torturare le labbra già martoriate i cui tagli erano stati resi più evidenti dal prolungato contatto con l'acqua, in quel momento non gli sembrava di star guardando il potente combattente che tutti idolatravano ma al contrario quel riflesso sembrava appartenere ad un depresso che più che trasmettere paura stimolava pietismo.

Uno spiffero d'aria fredda si posò sulla sua schiena ancora sgocciolante e i brividi lo aiutarono a distogliere finalmente lo sguardo dallo specchio, si asciugò, si vestì e si ricordò dell'ospite che lo attendeva al piano di sotto, purtroppo aveva dei doveri nei suoi confronti e dato che per colpa sua aveva saltato gli allenamenti, avrebbe dovuto, come minimo, istruirlo un po'.

Legò i capelli ancora bagnati e scese le scale: Eren era davanti al frigo, ancora senza nulla a coprirgli il torso e con la pelle piena di brividi a causa del freddo; stava cercando qualcosa e Levi non ebbe il tempo di rendere nota la sua presenza che lui si abbassò mettendo in bella mostra il fondoschiena.

Il moro si ritrovò a fissare intensamente quei due glutei sodi fasciati da jeans troppo stretti per essere maschili, e a fare pensieri poco casti su di essi, ma nonostante ciò non si sentiva a disagio.

Da quando era entrato negli Hell si era sempre divertito con tutte le ragazze che gli capitavano fra i piedi e prima che ufficializzasse il suo rapporto con Erwin spesso, più per pazzia ed ubriachezza che per voglia, era addirittura andato a letto con Hanji; mai si era creato problemi ed anche se era la prima volta che guardava un uomo con interesse non sentiva di star facendo nulla di strano.

-''Capitano?''

Eren, al contrario, si sentiva molto a disagio, si era arreso nel cercare qualcosa di dolce in quel frigo e quando si era girato per tornare al suo posto aveva trovato le gemme argentee di Levi su di lui, fisse, insistenti e profonde.

-''Cosa vuoi?''

Il castano distolse lo sguardo in fretta, non sapeva quale parte del suo copro quegli occhi taglienti stessero guardando ma quando quelli si erano posati sui suoi un brivido freddo aveva raggiunto le sue ossa.

-''In realtà era lei che mi stav-''

-''Intendevo dal frigo, Eren, cosa cercavi?''

Il più piccolo sentì le guance andare a fuoco e il capitano lo guardò storto trattenendo comunque un sorriso: non capiva come un moccioso timido e infantile potesse essergli d'aiuto nelle sue missioni ma in compenso quel suo atteggiamento lo eccitava parecchio.

-"Qualcosa di dolce..."

Levi storse il naso ma evitó di commentare, avanzò lentamente facendo aumentare la tensione nel più piccolo e poi lo superò raggiungendo il frigo e immergendo la testa al suo interno.

-"Ho latte e cacao, posso farti una cioccolata se vuoi."

-"Si, ma le do una mano."

Eren si avviò pronto a far qualsiasi cosa pur di evitare di stare lì impalato al centro della cucina ma la mano di Levi, girato di spalle dato che era già intento a bollire il latte, bloccò ogni suo movimento.

-"Vestiti e torna qui."

Il moro non si voltò neanche, non perché il rumore dei passi era un segno chiaro dell'ordine eseguito ma perché sapeva già in precedenza che Eren avrebbe obbedito senza obiettare; forse aveva avuto il coraggio di uccidere un uomo, forse Erwin lo aveva notato per abilità che lui ancora non aveva avuto il piacere di conoscere ma su di una cosa era più che certo, Eren aveva capito che a comandare era solo lui e questo per il moro era sinonimo di divertimento.

**********

-''E come ti senti?''

Mikasa aprì il primo cassetto della cassettiera e posò la divisa da missione per prendere quella da allenamento, il telefono, tenuto fra orecchio e spalla, risuonava della voce della sua migliore amica e goccioline d'acqua cadevano dai suoi capelli ancora bagnati.

-''Confusa, non me lo sarei mai aspettata.''

Dall'apparecchio arrivò il rumore di un accendino e la mora seguì il tacito consiglio della sua amica accendendosi anche lei una sigaretta.

Rimase al telefono a lungo, parlò di Eren e delle sue preoccupazioni, si cambiò con la compagnia di quella voce lontana e si addormentò cullata dalla premura di quella ragazza.

Avrebbe dormito per tutto il giorno, scordandosi dell'allenamento e dei pensieri se qualcuno non avesse cominciato a strattonarla facendola ridestare all'improvviso.

Petra Ral era sempre stata una ragazza tranquilla e tutta d'un pezzo, lei e Armin rappresentavano quella parte della squadra che ,guidata da Hanji, muoveva i fili da dietro le quinte, premendo i tasti di mille computer o facendo esperimenti sui nuovi veleni trovati.

Proprio per questo Mikasa era stupita di vederla lì con lei, soprattutto con il fiatone, i capelli scombinati e una divisa da allenamento che non avrebbe dovuto avere.

-''Come sei entrata?''

La mora si mise seduta e la ragazzina prese posto sul letto, aveva corso e dato che non era fisicamente portata per gli sport si sentiva già stanca e spossata.

-''Hai lasciato la porta aperta...Dovresti metterti la divisa.''

Mikasa non fece domande e seguì le parole di Petra, era sicura fosse successo qualcosa e le strane condizioni di quella ragazza sembravano confermare i suoi dubbi.

-''Erwin ha convocato una riunione generale, ha riformato le squadre, da quello che ho capito non agirai più da sola.''

-''Mi sembra impossibile.''

  -''Non lo è, dal poco che so ci saranno squadre molto più dinamiche, e tutti siamo in ricognizione, me compresa.''  

Mikasa si tolse la canottiera che usava per dormire e cominciò ad indossare la divisa che aveva precedentemente preparato mentre Petra guardava ovunque tranne che nella sua direzione: la ragazzina infatti era solita ad imbarazzarsi per tutto e più la mora la osservava più sperava di non capitare con lei per nessuna ragione al mondo, non sopportava le persone fragili dato che in qualche modo si sentiva costretta ad aiutarle ed una simile distrazione in combattimento le sarebbe potuta costare la vita.

-''Allora spero di non essere mai in squadra con te.''

Petra annuì e la mora sorrise fra se e se, il suo obbiettivo era infatti che il messaggio arrivasse chiaro e tondo.

Se lei aveva qualcuno da proteggere quello era Eren, la sua solitudine era sempre stata una carta vincente, non era responsabile di nessuno e poteva agire come meglio credeva, non voleva una bambina fra i piedi e anche se dipendeva da Erwin nel momento in cui all'interno di una squadra ci fossero state troppe incomprensioni anche lui avrebbe dovuto ricredersi delle proprie decisioni.

-''Se la tu speranza dovesse rivelarsi vana, cercherò di non esserti d'intralcio.''

La mora si avviò verso la porta ignorando la rossa e lei, come se non fosse successo niente, la seguì in silenzio: infondo Mikasa non aveva tutti a torti a non voler stare in sua compagnia, col tempo aveva imparato ad analizzare i veleni ma non a combattere e probabilmente in campo sarebbe stata la prima a morire; per questo non di era offesa, si sarebbe insultata da sola se avesse potuto.

-''Erwin vi aspetta al palchetto, riprenderete l'allenamento dopo riunione.''

Le due ragazze guardarono confuse l'uomo che gli si era presentato davanti e poi si scambiarono uno sguardo complice, non si erano accorte di essere arrivate in cortile e solo in quel momento avevano cominciato a sentire i rumori che i cadetti provocavano durante l'allenamento.

I loro pensieri le avevano distratte ed anche adesso, mentre si dirigevano dove Erwin le stava aspettando, le loro menti non gli permettevano di ragionare lucidamente, distratte e tartassate dalla tensione.

**********

Eren ingoiò a fatica e cercò di non sputare quella sostanza calda e amara che gli impregnava la bocca, non voleva essere picchiato una seconda volta da Levi ma soprattutto non voleva offenderlo.

Nonostante non lo conoscesse, nonostante il carattere e nonostante le botte ricevute aveva sviluppato verso il capitano una sottospecie di ossessione, che partiva dalle viscere e raggiungeva il cervello facendogli compiere azioni senza senso pur di sembrare devoto, come quella di buttare giù quello schifo.

-''C'è qualche problema?

Il moro corrugò le sopracciglia e si sporse in avanti per osservare meglio l'espressione strana di Eren, non capiva se i lividi avessero ricominciato a fare male o se la nausea dimostrata fosse dovuta ad altro, per quasi un minuto aveva tenuto gli occhi serrati per poi riaprirli mostrando senza vergogna un espressione di puro disgusto.

-''La cioccolata è solo un po' amara, ma va bene.''

Levi tornò al suo posto e ingurgitò il suo caffé mentre i suoi occhi erano ancora fissi sul ragazzo, Eren infatti stava osservando la tazza ancora mezza piena e, con non poca fatica, provò a svuotarla nonostante il gusto del cacao amaro non gli piacesse per nulla, intento che però fu' bloccato da un conato di vomito che lo costrinse a risputare il tutto nella tazza, sotto lo sguardo scioccato e schifato di Levi.

Il castano infatti aveva paura persino ad alzare lo sguardo, aveva fatto la figura dello scemo ma purtroppo l'odio delle cose amare era primitivo e potente quasi come la sua abitudine di idolatrare le persone, non sapeva perché entrambe le cose fossero tratti salienti del sue carattere ma era sicuro di non poterne fare a meno, se da un lato non poteva evitare di crearsi un maestro da seguire per poter andare avanti dall'altro non riusciva neanche a sentire l'odore di qualcosa che non contenesse almeno l'80% di zucchero, figurarsi mangiarla.

-''Ma che cazzo...''

Levi lasciò la frase a metà e decise di alzarsi e levare lui stesso la tazza sperando che Eren non avesse intenzione di finire la sua bevanda.

Si prese un minuto e si poggiò al lavandino; non riusciva davvero a capire quel ragazzo, aveva lo sguardo risoluto e temprato di un uomo e allo stesso tempo la stupidità e l'ingenuità di un moccioso stupido e più il tempo passava più sembrava fosse inutile per la squadra.

Eppure qualcosa non gli quadrava, sapeva quanto Erwin fosse selettivo e il semplice fatto di averlo posto al suo fianco significava qualcosa, avrebbe solo dovuto capire cosa e forse per cominciare sarebbe potuto partire da Mikasa e dal rapporto che lei aveva col ragazzo.

Guardò l'orologio e appurò di avere abbastanza tempo sia per appagare la sua curiosità che per spiegare a Eren quello che avrebbe dovuto fare, così si diresse di nuovo dal moro, facendo prima un giro veloce di mobili e cassetti per ritrovare i suoi occhiali da riposo, da tanto non li indossava e il mal di testa e gli occhi pesanti non erano di certo adatti per affrontare un discorso lungo e complicato con un moccioso.

Eren, nel frattempo, era impegnato ad arrossire, per la seconda volta in pochi minuti; voleva con tutto se stesso ritornare l'Eren di sempre, forte e distaccato e non quello stupido che per paura di offendere quello che era un nanetto mestruato faceva anche cose che mai nella vita avrebbe provato.

-''Dobbiamo parlare.''

Il castano saltò in aria mentre il moro spostava rumorosamente la sedia, era così sovrappensiero che non lo aveva nemmeno sentito arrivare e di certo non era pronto a quello sguardo tagliente amplificato da un paio di occhiali dalla montatura fine e rossa.

-"Certo. "

-"Chi è Mikasa per te?"

Levi assottigliò gli occhi, o sguardo di Eren era cambiato improvvisamente, gli occhi si erano fatti scuri, quasi vitrei e il ragazzo aveva preso a mordersi il labbro inferiore con una forza tale da sembrare avesse intenzione di staccarselo.

-''M-mia sorella.''

-''Impossibile.''

Il moro si fece più vicino allungandosi sul tavolo, osservando ogni movimento nervoso del più piccolo, ogni goccia di sudore che piano piano si andava formando sia sulla fronte che sul collo, ogni tremolio incontrollato e tutte le sfumature di quegli occhi, smeraldo, bosco, muschio e poi nero, un'oscurità che non riusciva a spiegarsi e che non donava affatto al viso angelico e bambinesco del castano.

-''Si dia il caso che Mikasa Ackerman sia mia sorella.''

Eren fece un respiro profondo, ogni ricordo era tornato a galla con forza rendendo tutto intorno a lui sfocato: rabbia, sensi di colpa, dolore, pentimento, amore e paura lo colpivano contemporaneamente senza lasciargli nessuna via di scampo e tutta la voglia che aveva di parlare gli era passata; era ovvio che non si aspettasse domande del genere.

-''Voglio solo sapere cosa è che vi lega, fai parte della mia squadra, pretendo di sapere con chi ho a che fare.''

Il castano fece un respiro profondo, il capitano non aveva tutti i torti a volerlo conoscere meglio, ma lui non aveva certo voglia di parlare del suo passato ad uno sconosciuto anche se quest'ultimo, nelle poche ore passate insieme, era diventato per Eren qualcuno di importante.

-''E' una cosa abbastanza intima.''

Levi si portò una mano in fronte per stringersi e massaggiarsi le tempie, non si aspettava tanta resistenza e quell'improvvisa chiusura non faceva altro che aumentare la sua curiosità.

-''Fra compagni di squadra non devono esserci segreti.''

-''V-va bene.''

Eren cominciò a giocare con le proprie dita, graffiando leggermente la pelle e muovendo le ossa, si sentiva la bocca impastata e lo sguardo tagliente del più grande gli faceva paura anche perchè, adesso che aveva appreso con sicurezza il legame fra lui e Mikasa, in quelle perle tempesta rivedeva lei.

Ogni rimprovero, ogni volta che voleva proteggerlo, quando insieme avevano fatto fuori quell'uomo, in tutte le situazioni scomode Mikasa assumeva quello sguardo raggelante, che adesso possedeva il fratello.

-''Mio padre era il dottore della famiglia di Mikasa, un giorno l'ho accompagnato da loro ma quando siamo arrivati la porta era socchiusa e all'interno abbiamo trovato soltanto sangue e cadaveri...''

Levi sgranò gli occhi e prestò ancora più attenzione alle parole del moccioso; quello che stava raccontando gli era completamente estraneo.

Dopo che i loro genitori biologici erano morti Mikasa e Levi erano stati separati, il più grande sapeva che la sorella avrebbe vissuto da un'altra famiglia ma una volta che si erano ritrovati negli Hell non sapeva che i parenti adottivi di quest'ultima erano stati uccisi.

-''... lui ha avuto la forza di entrare, diceva che doveva trovare quella bambina che voleva presentarmi e che non era fra i cadaveri, ma io no, tutto quel sangue mi faceva scoppiare la testa così cominciai a correre senza nemmeno sapere dove stavo andando...avevo l'odore di morte nelle narici, quelle immagini davanti agli occhi e...''

Levi si sollevò leggermente e prese Eren per le spalle scuotendolo per farlo riprendere, infatti il ragazzo aveva cominciato a tremare con gli occhi fissi nel vuoto e le sue parole stavano diventando sconnesse e senza senso.

-''Calmati se vuoi parlare con me.''

Il castano annuii e si passò una mano fra i capelli sudati, in un momento del genere si chiedeva cosa stava facendo in quella stanza, dentro quella squadra a cui forse non sarebbe mai appartenuto veramente: quando Erwin lo aveva chiamato lui si trovava in uno stato di completo disinteressamento verso il mondo, non gli importava di niente e nessuno e il suo unico desiderio era quello di vendicare la sua famiglia dando finalmente pace ai sensi di colpa per essere sopravvissuto, mentre adesso si trovava a tremare su una sedia al solo pensiero del sangue e del suo metallico odore.

-''Sono calmo, è solo che mentre scappavo ho sentito le urla provenienti da quel capannone... non so cosa mi ha spinto ad andarci ma sono entrato lì e ho visto quell'uomo e quella bambina. Lei era piena di lividi, urlava e piangeva e quel bastardo era talmente assorto nel picchiarla che nemmeno si era accorto di me. E'-è stato in quel momento che ho visto il coltello, quasi luccicava alla luce del sole e la schiena di quel tipo era dannatamente invitante...''

Eren chiuse gli occhi cercando di ricordare nei minimi dettagli quella scena, ormai si era perso nel limbo dei ricordi  ed anche se una parte di lui voleva dar fede a ciò che aveva detto al capitano la sua lingua e la sua bocca si muovevano senza che il suo cervello potesse dettar legge.

-''...Mi sono sentito forte in quel momento, saltargli addosso è stato facile e il sangue che mi sporcava il corpo non mi impressionava più ormai e poi quella bambina, Mikasa, non mi guardava con odio come mi sarei aspettato, sorrideva e mi aiutava, come se già in quel momento fossimo complici, come se il fatto di uccidere qualcuno non fosse poi così sbagliato.''

Eren spalancò gli occhi e prese a ridacchiare mettendosi le mani davanti la bocca come se si vergognasse mentre Levi si lasciava andare sullo schienale della sedia; quelle informazioni lo avevano colpito come un pugno in pieno viso.

In primo luogo c'era Eren, quel racconto e quella perdita di controllo forse bastavano a spiegare perché Erwin lo avesse chiamato nell'associazione, dato che confermavano la capacità del ragazzo di uccidere, ma non il fatto che lui avesse accettato insinuando in Levi altre domande.

Dall'altro lato c'era Mikasa, suo zio quando lo torturava anche mentalmente gli ricordava di quanto sua sorella fosse stata fortunata al posto suo, di come lo aveva venduto per una vita migliore, di come lui non si meritasse niente mentre lei era tra le braccia di una famiglia che l'amava e che la trattava come una figlia, non come un mostro come lui.

E Levi odiava Mikasa per questo,  dopo che era riuscito a scappare dalle grinfie di Kenny aveva tirato avanti immaginando la sua vendetta finchè l'incontro con Erwin non gli aveva dato un nuovo obbiettivo, ma quando immaginava di aver dato un bel pungo al suo passato eco che sua sorella faceva la sua comparsa all'interno di quella che credeva essere la sua scappatoia dalla realtà, e solo adesso capiva il motivo della sua presenza negli Hell.

A Mikasa non era andata poi così bene come immaginava, e forse, grazie a questa nuova consapevolezza, l'odio nei suoi confronti stava cominciando a scemare.

-''E poi abbiamo vissuto ben per un po', quattro anni forse, ma ovviamente la merda che ci aveva avvolto non poteva mica finire lì.''

Eren sbatté un pungo sul tavolo facendo ridestare Levi e facendogli al contempo sbarrare gli occhi, non per la sorpresa di quel forte rumore ma per le proprie condizioni, infatti il castano sembrava del tutto perso, con gli occhi lucidi e spenti e pugni stretti con così tanta forza da fargli sbiancare le nocche.

-''Ricordo le cose a tratti, eravamo felici e poi ero nell'armadio, poi sentivo le urla di mia mamma, poi i passi, poi lo scalino e poi tante mani che mi toccavano e picchiavano ovunque, poi il freddo del pavimento, poi il caldo del sangue...gli occhi morti di mia madre, l'odore di polvere da sparo... quegli uomini che cercavano Mikasa... il mio corpo che-''

-''Eren basta!''

Il moro si alzò e prese il più piccolo per le spalle, lui stesso sapeva quanto sfiancante potesse essere ricordare ma non avrebbe mai immaginato tante disgrazie nella vita di quel ragazzino, a saperlo prima avrebbe anche evitato di porre quella domanda, non poteva evitare di immaginarsi al posto di Eren e ciò che aveva combinato lo faceva sentire uno schifo.

-''Capitano?''

Il castano sembrò tornare a vedere la realtà e infischiandosi di quello che il moro avrebbe potuto fargli strinse la sua maglietta e poggiò la faccia nel suo stomaco, aspirando quel meraviglioso odore di pulito che emanava.

Gli faceva male la testa, e il cuore, per quanto sembrasse strano dirlo.

-''Si m-mi dispiace.''

Levi si morse l'interno della guancia sbuffando e decise di accettare le conseguenze del suo gesto non allontanando Eren da se, ma al contrario, posando una mano fra i suoi capelli.

La verità era che si sentiva in colpa, ed era triste per la condizione che quel ragazzo stava provando: anche lui ci era passato e nessuno lo aveva mai aiutato, forse avrebbe lenito le sue ferite aiutando qualcun altro? Non lo sapeva, ma ci avrebbe provato.

-''Capitano...''

Eren chiuse gli occhi e decise di riposarsi un po', sapeva che ultimamente non faceva altro che dormire ma nonostante avesse una buona resistenza la stanchezza mentale era sempre stata qualcosa capace di metterlo K.O, senza considerare quel profumo che sembrava accompagnarlo direttamente fra le braccia di Morfeo nonostante avesse paura degli incubi che sapeva sarebbero tornati, nonostante fosse in imbarazzo per il suo comportamento infantile e nonostante si vergognasse di come avesse reagito alla conversazione appena avuta.   

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