Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Incubo

Feci scorrere le maniche del maglione che indossavo fino a coprirmi le mani, stavano quasi tremando ed io non volevo che lui le vedesse.
Non volevo che avesse ancora una prova di quanto io avessi paura di lui. Avrei voluto mostrarmi il più impassibile possibile ma sapevo benissimo che il mio corpo mi avrebbe tradito, mostrano in ogni attivo il timore che trasudavo dalla pelle trovandomi nella stessa stanza con lui. 

Appoggiò le mani sull'isola della cucina che ci divideva, spostò i cereali e la tazza da un lato così che potessimo essere faccia a faccia. Ringraziai che ci fosse il bancone a dividerci, probabilmente non sarei riuscita a reggere un'eccessiva vicinanza con l'uomo che continuava a tenere i suoi occhi neri fissi sulla mia figura, aspettando solo il momento migliore per attaccarmi. Mi sentivo ancora più debole. 

Incrocia per pochi istanti il suo sguardo, sembrava volesse dire qualcosa. Però, più i secondi passavano e più lui non diceva niente. Sentii salire una rabbia improvvisa dall'interno del mio stomaco, il suo comportamento mi infastidiva, sembrava cercare di fare di tutto per farmi perdere la ragione. In quel caso stava usando il silenzio. 

Vedendolo tranquillo, ancora con le mani appoggiate al banco, trovai il coraggio di fare qualcosa. Mi guardai ancora intorno, i mobili della cucina erano moderni e lo spazio era luminoso, completamente l'opposto della stanza buia in cui mi aveva rinchiuso per ore. Una finestra dava sullo spiazzale di ghiaia, si intravedeva la sua macchina, quella era scusa e datata. Notai che ovviamente la finestra, e probabilmente anche le altre della casa, aveva le inferiate. Dopo cercai di alzarmi dallo sgabello ma ricordai subito di avere le caviglie legate quindi mi risedetti.

-Come hai fatto a trovarmi? E perché sono qui?- la mia voce tremava. Appena finii la frase mi sembrava di aver fatto il peggiore errore della mia vita. Aspettavo impazientemente una sua reazione violenta che però non arrivò. 

Sospirò e rilassò le spalle. Lentamente fece il giro dell'isola, mi strinsi in me stessa e gemetti quando girò lo sgabello da un lato, per poterlo guardare meglio. Era infastidito dalle mie parole ma non troppo da punirmi per essermi permessa di parlare. 

Era davanti a me, mi guardava dall'alto facendomi sentire ancora più sottomessa.

-Una persona che conosco mi ha parlato di te.- sembrò lasciare la frase in sospeso.

Rabbrividii e abbassai lo sguardo quando mi sfiorò il collo, portando il mio ammasso di capelli biondi su una spalla sola.
Erano crespi e ancora leggermente umidi dal bagno della sera prima.

-Perché sono qui?- ripetei a bassa voce. Sembrava un sussurro, quasi a non volerlo disturbare in nessun modo, almeno adesso non stava in silenzio. 

-Perché io ho deciso così.- rispose fermamente, sapendo bene che quella risposta mi avrebbe fatto infuriare. Ovviamente voleva che sapessi meno cose possibili e mi sentii una stupida per aver pensato così ingenuamente di poterlo farlo parlare.

Il mio sguardo era sempre basso, guardavo i suoi piedi la fine della sua tuta. 

-Ti ho osservata per tanto tempo. Sei molto bella.- mormorò.

La sua voce non era più neutra, per un secondo sembrò addolcirsi, come se stesse parlando con una bambina. E io provai ancora più vergogna nel sentire confermare la teoria che ero stata veramente una stupida per non accorgermi della sua presenza velata nella mia vita.

-Comunque sia, adesso rimarrai qui.- terminò.

Ritornò dall'altra parte dell'isola, quando si allontanò feci un respiro di sollievo. Prese la tazza vuota e mi diede le spalle mettendola nel lavandino, notai in quel momento che in quella casa era tutto estremamente in ordine. 

-Sta per arrivare un mio amico, ti controllerà il taglio sulla caviglia. Farai la brava, vero?-

Neanche mi guardò.

Annuii anche sapendo che non poteva vedermi, in ogni caso sapeva già la mia risposta, non avevo scelta. Dovevo sottostare al suo volere e avrei dovuto farlo chissà per quanto tempo. Non piansi più, lo osservai muoversi davanti ai fornelli aprendo ante, sembrava stesse iniziando a cucinare qualcosa. Vederlo in una scena così "normale" mi fece salire un conato di vomito, come poteva far finta di non avere una ragazza ammanettata nella sua cucina?

Passò un po' di tempo e lui non disse più niente, semplicemente si avvicinò di nuovo a me, non mi caricò sulla spalla, mi fece alzare dallo sgabello e lentamente mi aiutò a dirigermi verso il salotto. Tutti i muscoli mi faceva male da tutta la tensione che stavo accumulando, era come se avessi la febbre altissima, il mio corpo era completamente senza forze. Mi fece sedere sul divano bianco, tolse la manetta dalla caviglia ferita e la agganciò ad uno dei piedi del divano, assicurandosi che sarei rimasta ferma per tutto il tempo. In ogni caso, non avevo idea di come avrei potuto uscire da quella casa. 

Non potevo scappare.

Sobbalzai quando suonarono alla porta, il mio cuore iniziò a battere forte. Da lì a qualche istante sarei stata in minoranza, non avrei potuto difendermi contro due uomini. Pregai rivolgendo il mio sguardo verso il soffitto. L'uomo che mi aveva rapita si allontanò dalla mia figura e andò all'ingresso, subito lo sentii parlare con un altra voce maschile, sembrava giovane anche lui.

-È in soggiorno.- disse frettolosamente.

Guardai il ragazzo che non riconoscevo entrare nella sala e avvicinarsi, appoggiò quella che doveva essere una valigetta sul pavimento e si piegò per vedere meglio la mia ferita. 

Colui che mi aveva rapita non tornò nella stanza. 

Il ragazzo davanti a me aprì la valigetta, cercando qualcosa al suo interno. Per mia sfortuna non era così gracile come l'altro, anzi, sembrava molto muscoloso anche se indossava ancora la giacca spessa. Un po' mi rassicurò il suo odore, aveva portato dentro casa un po' di vento freddo invernale e l'odore dei numerosi alberi che circondavano la casa, chissà quando sarei riuscita di nuovo a vedere l'esterno di quelle mura.

-Sono un dottore.- disse. Aveva i capelli castani e chiari, non aveva un viso spigoloso e duro.

Mi fece un piccolo sorriso che non ricambiai, guardò la manetta intorno alla mia caviglia. Perché non aveva già chiamato la polizia? Perché per quelle persone la mia situazione era così normale?

-Ok, io sono Liam. Adesso ti controllerò la caviglia.-

Si chinò in avanti, prese lentamente il mio piede e lo sollevò, fece strisciare il
pantalone verso l'alto, a metà del mio polpaccio, e mi sfiorò la ferita lunga e leggermente profonda. Trattenni un urlo, faceva male, però aveva smesso di sanguinare.

-Te la sei procurata con la manetta?- mi chiese.

Annuii, aveva un tono dolce e tenue. Mi stava facendo impazzire, ma come riusciva a tenere quel comportamento? Avrei voluto mettergli le mani addosso e scuoterlo, ero finita in un incubo che continuava a prendersi giro di me e della mia sanità mentale. Tenendo sempre la mia caviglia, prese delle bende ed un disinfettante.  Strinsi i denti quando quest'ultimo colpì la mia pelle martoriata.

-Fammi uscire da qui.- sussurrai, stavo per mettermi a piangere. Tutto quello non aveva senso, doveva fare qualcosa per aiutarmi.

Liam mi guardò qualche secondo e scosse la testa.

 -Ti prego.- dissi, mi aggrappai alla sua giacca, le manette ai miei polsi fecero un rumore metallico quando scontrarono la sua zip.

-Non posso Meghan.-

Perché anche lui sapeva il mio nome? Mi lasciai lentamente cadere contro il divano, mollai al presa sulla sua giacca e cercai di cercare un senso a tutto quello. Mi avrebbe lasciato li, senza fare niente, senza liberarmi. Sembrava leale al ragazzo che mi aveva rapita.

Avvolse la mia caviglia intorno alla benda in modo stretto.

-Fatto, tornerò a controllare per evitare che venga un'infezione. Il taglio era profondo.- parlò, non aveva più il tono calmo, sembrava essere a disagio, forse la sua coscienza gli stava dicendo che quella situazione era completamente sbagliata e ingiusta.

Chiuse la valigetta e si alzò in piedi, stava per andarsene, dovevo cercare di fare perno sul suo buon senso, se ancora esisteva.

-Ti prego dimmi almeno dove siamo, questa non è la mia città.- avrei trovato delle informazioni.

Liam passò il peso da una gamba all'altra. Si passò una mano tra i capelli corti sbuffando.

-Siamo a Bradford.- rispose.

Mi irrigidii. Ero davvero molto distante da casa. Il mio rapitore doveva aver guidato per ore per riuscire a portarmi così lontano.

Mi portai una mano sul viso, non piansi, solo pensai a come avrei fatto ad andarmene e a tornare nella mia città.

Liam mi fece un cenno, lentamente uscì dal soggiorno. Almeno ero riuscita a scoprire qualcosa in più su quel posto, pianificai di chiedergli altro appena sarebbe tornato a visitarmi al caviglia.
Lo sentii parlare di nuovo con l'altro ragazzo, scoprii che era rimasto all'ingresso per tutto il tempo, dopo se ne andò.

La casa fu inondata dal silenzio per qualche minuto. Il mio respiro era pesante ma non ci feci più molto caso.

-Come ti chiami?- chiesi -Puoi dirmi almeno il tuo nome?-

Gli chiesi, anche se gli davo le spalle lo avevo sentito entrare nella stanza, volevo dare un nome a quella sensazione pesante che non aveva lasciato il mio corpo da quando mi aveva messa in quel bagagliaio.

Fece dei passi verso di me. Si sedette sul divano a poca distanza dal mio corpo e mi guardò.

-Zayn.- rispose.

Annuii, girai la testa verso di lui.
Non non riuscivo veramente a capire il perché di tutto quello. Più lo fissavo e più pensavo che oggettivamente fosse un bel ragazzo, probabilmente integrato nella società, non avrebbe avuto nessun problema a trovare una compagna e a vivere una vita normale. Perché si era ridotto a farmi questo? 

-Lo sai vero?- chiesi.

-Cosa?- il suo tono basso mi tranquillizzò e continuai a parlare. 

-Che io non ho nessuno, hai rapito me perché sapevi che ci avrebbero messo giorni a notare la mia assenza.- 

Si spostò più vicino a me.

-Non sei stupida Meghan.-

Scrollai le spalle.

Il non sapere cosa mi sarebbe successo continuava ad opprimere il mio umore e il mio corpo. Non capire lo scopo e la motivazione mi metteva confusione, non potevo fare altre che odiare tutto quello che mi circondava in quel momento e mantenere la speranza che, prima o poi, sarei riuscita a scappare. 

-Ora basta con le domande, mi stai infastidendo.- 

Si alzò dal divano bianco, guardò per qualche istante la fascia intorno alla mia caviglia e uscì di nuovo dalla stanza, lasciandomi da sola in quel posto che ricordava tutto tranne casa mia.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro