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27th october
8:46 pm
La donna camminava ansiosamente avanti e indietro per la camera d'albergo, contorcendosi ripetutamente le braccia, mentre il marito, seduto sul bordo del letto, la seguiva con lo sguardo.
— I-io non capisco — continuava a ripetere lei — Cosa abbiamo sbagliato con lui? Noi siamo sempre stati degli ottimi genitori con lui, non riesco a capire cosa gli sia successo — si lamentava, con voce isterica.
— È stato questo posto — affermò convinta — È questo posto che gli fa male. Non sarebbe successo nulla di tutto ciò se fosse rimasto con noi. Dobbiamo riportarlo a casa, dobbiamo farlo per il suo bene. —
— Tesoro, ormai nostro figlio ha ventisette anni, non puoi costringerlo a tornare in Cina — cercò di farla ragionare, inutilmente.
— Ma io sono sua madre! —
— Lo so, — rispose lui — ma ormai lui è un adulto. —
— Non mi interessa! Di certo non ti aspetterai che io resti qui a guardare mentre mio figlio si rovina la vita. —
— No, certo che no, ma- — cercò di terminare la frase, ma la donna lo interruppe nuovamente.
— Ecco, allora andiamo — disse lei, prendendo la giacca e uscendo dalla stanza.
E a lui non restava altro che seguirla, per assicurarsi che non facesse sciocchezze agendo impulsivamente come suo solito.
Sehun e Luhan, intanto, si stavano godendo la loro uscita, inconsapevoli di essere stati visti appena fuori casa.
Gli avevano da poco servito le loro ordinazioni ed entrambi non si erano fatti molti complimenti ma, piuttosto, avevano iniziato a mangiare, essendo tutti e due abbastanza affamati.
Dopo che entrambi avevano finito di cenare, decisero di non prendere il dessert lì al ristorante, ma di uscire e andare in qualche bar a prendere qualcosa di caldo da bere, sotto il suggerimento di Sehun. Quindi si avviarono verso la cassa e Luhan si offrì di pagare e non volle sentire proteste, visto che era stato lui a proporre di uscire.
Fuori, iniziarono a camminare, apparentemente senza meta, tenendo una mano intrecciata a quella dell'altro ragazzo, e l'altra nella tasca del giubbotto, perché faceva abbastanza freddo. Di tanto in tanto si fermavano davanti alle vetrine dei negozi, già tutte addobbate per Halloween con zucche, scheletri e quant'altro.
— Dove stiamo andando? — chiese, finalmente, Luhan.
— Non so, dove vorresti andare? Vuoi tornare a casa? — gli rigirò la domanda.
— No. —
L'altro gli rispose in fretta, praticamente nell'esatto secondo seguente: — Perfetto, allora seguimi — e si girò verso di lui, rivolgendogli un sorriso.
Il maggiore lo seguì senza protestare ulteriormente, d'altronde si fidava ciecamente del moro.
Arrivarono all'Heaven Café, che per fortuna era ancora aperto nonostante fossero le dieci passate.
Appena entrati furono lieti di notare il cambio di temperatura e un lieve tepore li avvolse quando varcarono la soglia del locale.
Si sedettero al loro solito tavolino, su quelle due poltroncine davanti alla vetrata, la quale si affacciava sulla via illuminata e piena di negozi.
Sehun prese entrambe le mani del castano tra le sue, strofinandole per scaldarle. Poi gli sorrise, vedendo come, intanto, le gote dell'altro si erano colorate di un leggero rosso.
Dopo qualche minuto, una cameriera venne da loro con un blocchetto e una penna in mano per prendere le loro ordinazioni: un caffè espresso per il corvino e una cioccolata calda per il maggiore.
Entrambe le bevande gli furono servite quasi immediatamente, visto che nel bar non c'era molta gente a quell'ora e i pochi che c'erano avevano già le loro ordinazioni.
Questa volta fu Sehun a pagare il tutto, come ringraziamento all'altro ragazzo che prima gli aveva offerto la cena.
Usciti, il castano lo seguì ancora, senza fare domande, mentre passeggiavano tranquillamente sul marciapiede, ancora senza una meta ben precisa. Non chiese dove fossero diretti; a lui bastava stare mano nella mano con il ragazzo più alto.
Quest'ultimo, facendolo salire con lui su un pullman di città, lo portò fino alla spiaggia.
Lì, per loro fortuna, il vento non soffiava troppo forte, o avrebbe fatto più freddo di quanto già non facesse, ma era comunque abbastanza per far desiderare al maggiore di avere un paraorecchie.
Subito dopo essere sceso dall'autobus e aver messo piede sulla sabbia, Luhan si sentì una luce puntata alle sue spalle, ed era certo che non fosse quella di un lampione che si era appena acceso o dei fari di un'auto che passava sulla strada dietro alla spiaggia. Quindi si girò, una volta che quella luce si era spenta, per poi trovarsi davanti Sehun con in mano la sua solita polaroid che intanto stava sviluppando una foto dalla grossa fessura sotto all'obiettivo.
— Pensavo avessi superato già da un po' la fase del scattarmi foto di nascosto — lo stuzzicò il castano, avvicinandosi a lui per vedere la fotografia mentre l'altro intanto l'agitava per farle prendere colore.
— Fa vedere. —
Il minore velocemente se la ritirò in tasca — Dopo — rispose.
— Al solito — sospirò rassegnato il più basso, per poi sorridergli.
Si guardò intorno per cercare un posto dove sedersi. Andò così verso dei sassi un po' lontani dal bagnasciuga e si accomodò - per così dire - su uno di essi, alzando e rannicchiando po' le spalle per scaldarsi il collo. Forse portarsi una sciarpa non sarebbe stata una cattiva idea, pensò, mentre rifugiava ambedue le mani nelle tasche.
Da lì, seduto, guardava il suo ragazzo che intanto gli si stava avvicinando, fino a sederglisi accanto su quel sasso. Dietro al corvino, il mare, che si estendeva davanti agli occhi nocciola del più basso fino all'orizzonte. L'acqua era completamente scura, buia, quasi nera, e si riflettevano su di essa le luci dei grattacieli di Busan, alle loro spalle. Oltre a quelle, nel mare, molto lontano dalla costa, brillavano anche le luci segnaletiche intermittenti delle imbarcazioni - per lo più pescherecci, pensava -, tutte di colori diverse. In fine, ogni tanto si aggiungeva anche la luce del faro, alto dall'altra della scogliera.
— Come mai hai deciso di venire qui? — domandò il maggiore, rivolgendosi al ragazzo seduto accanto a lui.
Il moro parve pensarci per qualche secondo, mentre guardava le onde infrangersi sulla riva, poi rispose: — Siamo andati all'Heaven Café come la prima volta in cui ci siamo incontrati, qui sulla spiaggia è dove ti ho portato la seconda volta e se vuoi possiamo andare a casa e finire come alla terza — suggerì, non senza un immancabile mezzo sorriso malizioso dipinto in volto.
— Non ti è bastato prima nella doccia? — lo stuzzicò il castano, rispondendogli a tono.
— Non ne ho mai abbastanza di te — e cercò di avvicinarsi lentamente alle labbra dell'altro ragazzo, ma venne interrotto proprio da quest'ultimo, che aveva cominciato a ridere, spostando la testa dall'altra parte.
— Che c'è? — gli chiese a questo punto, sorridendo, divertito dall'espressione del ragazzo che aveva davanti.
— Niente, solo che questa era davvero troppo sdolcinata — gli rispose, continuando a ridere ma allo stesso tempo cercava di calmarsi.
Il più piccolo sospirò, roteando gli occhi, poi lo baciò dolcemente, sotto il cielo notturno che risplendeva già di un milione di stelle.
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