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Capitolo 7

Michael's pov



«Allora, da quanto sei incinta?», chiese Rowin a Danielle, sporgendosi dai sedili posteriori.

Danielle socchiuse gli occhi per qualche secondo. «Non lo so. L'ho scoperto oggi pomeriggio, ma potrei esserlo da una, due settimane», spiegò, fissando la strada avanti a sé.

Danielle stava guidando più veloce che potesse per seminare il prima possibile casa di James. Rowin aveva smesso di piangere da un bel po', aiutata anche da noi che cercavamo di farle pensare ad altro - fino ad ora non avevamo detto niente di che, le avevamo raccontato soltanto che Luke era tornato in città, che Danielle era incinta e io le avevo descritto il posto in cui lavoravo, senza avere il coraggio di raccontarle della mia vita disastrosa. Ero sicuro che Rowin ci avrebbe goduto a scoprire come me la passavo, d'altronde avevo mandato a monte anni di amicizia preferendo Esmeralda a lei. Ah, se solo avessi saputo cosa avrei passato, scegliendo lei...

«Devo fare una bella ramanzina a Calum, allora. Gliel'hai detto?».

Danielle si irrigidì visibilmente. «Non ancora. Non ho avuto tempo...».

«Diglielo stasera, altrimenti la tirerai troppo a lungo e lui se ne accorgerà da solo - il che è peggio», le suggerii, facendola voltare verso di me.

«Cosa ti dice che io non glielo dirò?», borbottò Danielle, fissandomi arcigna.

Alzai le spalle. «Il fatto che appena Rowin l'ha menzionato tu ti sei irrigidita, come se dirglielo fosse una tragedia immane? Mmh, forse questo», borbottai sarcastico, facendo ridere Rowin.

«Michael ha ragione, Dani. Devi dirglielo. È comunque suo figlio, quindi non può reagire tanto male, a meno che non sia stupido».

Danielle sorrise debolmente. «Ci proverò».

«E tu, Michael?».

Mi voltai verso Rowin, fissandola con un sopracciglio alzato. «Io cosa?».

Rowin roteò gli occhi. «Stai evitando l'argomento da quando siete venuti a prendermi», borbottò, facendomi rabbrividire, «Come sta la tua bellissima e simpaticissima fidanzata?».

Il sarcasmo era evidente nella voce di Rowin. Istantaneamente sentii il sangue raggelarsi nelle mie vene, il mio cuore battere più forte. Ero pronto a rivelare la verità alle mie migliori amiche? Ero pronto ad ammettere i miei fallimenti?

Certo che no. Non sarei mai stato pronto. Quindi, come al solito, mentii. «Oh, Esmeralda se la passa bene», borbottai, facendo sbuffare Danielle.

Rowin si voltò verso Danielle. «Dal tuo sbuffo non mi sembra che se la passi proprio benissimo».

«Ha combinato qualcosa che Michael non vuole dirmi», spiegò la mora, facendo alzare un sopracciglio a Rowin.

«Da quando ti tieni le cose per te stesso?», borbottò Rowin sospettosa, «Cosa ti ha fatto quella troia? Seriamente Michael», aggiunse poi, sembrando arrabbiata. Vedevo la solita determinazione alla Rowin nei suoi occhi, quella determinazione che l'avrebbe spinta a cercare la verità con ogni mezzo possibile. Dimenticava però che io ero un degno avversario.

«Niente, non è successo niente. Ci siamo soltanto... uhm, allontanati», spiegai, omettendo gran parte della situazione. Non ero pronto né a riviverla né a raccontare tutto alle mie migliori amiche. Avevano i loro problemi di cui occuparsi, non volevo assillarle con cose successe anni fa.

«Oh, bene. Almeno questo», sospirò sollevata Rowin, «Cioè, non è che sia felice, ma... io non la sopporto, Michael. Mi ha rovinato la vita».

Sospirai. «Fa niente. Ti capisco», l'ha rovinata anche a me, aggiunsi mentalmente.

Dopo quelle parole cadde un silenzio rotto soltanto dal rumore della pioggia che cascava sull'auto. Aveva cominciato a piovere più o meno da quando eravamo usciti da casa di James trascinando Rowin e una piccola valigia in cui eravamo riusciti ad infilare dentro tutte le cose che la mia migliore amica s'era portata a casa di James, a fatica nonostante fossero davvero poche, giusto qualche vestito e due paia di scarpe. Fissai le goccioline di pioggia che scivolavano sul vetro, paragonandole alla mia vita che velocemente scivolava via dalle mie mani senza che io potessi farci qualcosa. Era da tempo che io non avevo più controllo sulla mia vita, ero diventato soltanto uno spettatore passivo che guardava gli eventi scorrergli attorno come un pessimo film, senza intervenire se non con qualche commento dall'esterno che gli attori ovviamente non potevano sentire. Ero intrappolato in questo limbo da cui non avrei trovato via d'uscita a meno che non avessi preso in mano la situazione, ribaltandola. Il problema era che io non trovavo il coraggio per farlo.

Senza quasi accorgermene eravamo davanti al mio palazzo. Stavo per scendere, dopo aver salutato Danielle e Rowin, quando mi venne in mente che forse avrei fatto meglio a portare Rowin con me nonostante sopra ci fosse Esmeralda.

«Ro... mi sa che ti conviene stare da me, almeno per stanotte», dissi, voltandomi verso di lei.

Rowin mi fissò con un sopracciglio alzato. «Sei pazzo? Non posso stare nella stessa casa di Esmeralda», borbottò, scuotendo la testa, «Posso stare benissimo da Danielle, sta tranquillo».

Alzai gli occhi al cielo. «Lo dico per te, cretina. Credi che James non ti cercherà, non appena troverà la casa vuota?», dissi eloquente, «E secondo te, da chi verrà per primo? Da me o da Danielle, sapendo che con me ci hai litigato?».

«In effetti Michael ha ragione, Ro», si intromise Danielle, «Non appena scoprirà che sei scappata via James verrà a cercarti sicuramente da me. E quando si accorgerà che non ci sei da me farà due più due e verrà da Michael, ma tu sarai già lontana. È un piano efficace».

Rowin sospirò. «Avete ragione... ma io non voglio vedere Esmeralda. E se doveste litigare perché mi hai portata qui, Michael?».

«Ah, tanto litighiamo per qualsiasi cosa, non sarà di certo una novità», liquidai il discorso con un cenno della mano, «Allora, vieni da me o no?».

«E va bene».

Scendemmo tutti e tre dall'auto; dopo aver preso la valigia dal portabagagli dell'auto di Danielle la salutammo facendole giurare che avrebbe detto tutto a Calum questa sera stessa. Io e Rowin corremmo all'interno del palazzo per bagnarci il meno possibile; la pioggerella era diventata un vero e proprio temporale. Finché non entrammo in casa restammo in silenzio, entrambi assorti dai propri pensieri, lontani anni luce dalla realtà. Non sapevo come comportarmi con Rowin; non ci vedevamo da una vita, era come se non sapessi più niente di lei.

«Allora... credo che ti toccherà dormire sul divano, mi dispiace, non abbiamo un letto in più per gli ospiti», spiegai, facendo ridere Rowin, «Il bagno è in fondo a destra e la cucina è dietro quella porta e... ehm, fa come se fossi a casa tua, sì».

«Sembri così in imbarazzo. Sciogliti un po', sono comunque la tua migliore amica», borbottò Rowin, pizzicandomi una guancia, «Comunque il divano mi va più che bene. Ah, e dov'è la tua ragazza?».

Scrollai le spalle. «Se posso essere sincero non ne ho la più pallida idea. Di solito Esmeralda esce senza dirmelo e torna il giorno dopo», spiegai, «Ma non è importante. Mi aiuti a preparare il divano?».

Rowin alzò gli occhi al cielo. «Non cambiare discorso Mikey. Lo vedo che questa situazione ti fa stare uno schifo, magari parlarne con me ti farà sentire un po' meglio».

«Fidati, non serve».

«Invece serve sempre», sbottò la bionda, afferrandomi per una mano e trascinandomi in cucina, «Magari mentre mi prepari la cena però, ho una fame che mangerei pure il tavolo».

Ridacchiai. «Rowin, non so se voglio raccontartelo», borbottai, aprendo il frigo per vedere cosa potessi preparare, «È una brutta situazione, preferirei non pensarci».

Rowin mi fissò in disappunto, sedendosi sul bancone mentre mi osservava andare avanti ed indietro per la cucina. «Ne sei sicuro?».

«Sicurissimo».

«Va bene, allora non farlo. Però... se ti venisse il coraggio, mi trovi sul divano. Almeno finché quel bastardo non verrà a cercarmi ed io sarò costretta a scappare via a gambe levate», sbottò sarcastica, l'odio che sprizzava da ogni sillaba pronunciata.

Ridacchiai. «Certo, se mai mi verrà il coraggio te ne parlerò», borbottai, mettendo le bistecche a cuocere sul fornello, «E comunque... Danielle mi ha raccontato una cosa».

«Cosa?».

Mi voltai verso Rowin, guardandola malizioso. «Tu ed Ashton», risposi, facendola arrossire, «Non pensavo avresti mai avuto il coraggio per farti davvero avanti».

Rowin sbuffò. «Non sono stata io a farmi avanti, è stato lui ad offrirmi un cappuccino gratis in cambio di un'uscita e io in quel momento non avevo uno straccio di soldo in tasca. È stato un puro caso».

«Un puro caso che però stavi aspettando come il Natale», la presi in giro, facendole un occhiolino.

«E va bene, forse lo stavo aspettando come il Natale, lo ammetto», borbottò Rowin, arrossendo di nuovo, «Ma è solo perché Ashton è sempre stato il mio tipo di ragazzo ideale».

«E cioè? Bello, muscoloso e dotato di cazzo?», borbottai alzando un sopracciglio, «Non sapevo che tu avessi un tipo di ragazzo ideale».

La bionda sospirò. «Ce l'ho da quando mi sono innamorata di Ashton», confessò, guardando in basso, «Però non ho potuto portare avanti niente perché quello stronzo di James è tornato e mi ha costretta a stare con lui».

Annuii. «Costretta in che senso, però?».

Rowin scosse la testa e mi guardò malefica. «Hey, tu non mi racconti cos'è successo tra te ed Esmeralda ed io non ti racconto cos'è successo tra me e James», borbottò, facendomi una linguaccia.

Alzai gli occhi al cielo. «Beh... suppongo di meritarmelo».


***


Stavo cercando di dormire, quando sentii dei tonfi provenienti dall'ingresso. Allarmatomi mi alzai dal letto e corsi a controllare, trovando Esmeralda in piedi al centro del salotto. La ragazza dai capelli blu, bagnata fradicia, aveva un'espressione spiritata in volto, gli occhi come al solito arrossati erano sgranati e puntati verso il divano su cui Rowin stava dormendo. Beh, in questo momento però Rowin era sveglia, seduta a gambe incrociate, e ricambiava annoiata le occhiate furenti della mia ragazza.

«Esme... che succede? Dove sei stata?», borbottai nel silenzio, facendo voltare Esmeralda verso di me.

La ragazza mi raggiunse, trascinandomi in cucina. «Come ti sei permesso di portare quella sgualdrina in casa?!», strillò, puntandomi un dito contro.

Sentii subito il sangue ribollire nelle mie vene; tuttavia, cercai di mantenere la calma. Quella notte non mi andava per niente di litigare con Esmeralda. «Rowin è qui perché non ha altro dove stare».

«Poteva stare da Danielle!», ribatté Esmeralda, «L'hai portata qui per farmi un dispetto, ammettilo! Quale sarà la tua prossima mossa, mmh? Ti scoperai Luke davanti a me?!».

«Che c'entra Luke adesso?!», sbottai, sgranando gli occhi, «Dio santo, ci risiamo con questa storia! Luke non vive più qui da dieci anni, Esmeralda! Perché continui a tirarlo in ballo?!».

«Perché so che è tornato!», confessò, con le lacrime agli occhi, «L'ho visto prima, quando sono uscita...».

Deglutii nervoso. Si stava mettendo male. «E allora? È tornato, ciò non vuol dire che io voglia scoparmelo», borbottai, poco convinto.

Esmeralda scosse la testa. «Hai sempre preferito lui a me, ammettilo. Ammettilo e facciamola finita qui!», strillò esasperata, portandosi le mani nei capelli e tirandoli quasi come a strapparli, «Cos'ha lui in più di me, eh? Cos'ha?!».

Cercai di afferrare le mani di Esmeralda prima che lo stato di furia in cui era messa l'avrebbe portata a strapparsi tutti i capelli da testa. «Esme, ti prego, sei soltanto paranoica. Io non vedo niente in Luke, io sto con te, ho scelto te per una ragione, lo sai», cercai di convincerla inutilmente. Era terribile che, dopo giorni di apatia, fossimo tornati punto e daccapo. Di nuovo con le paranoie, le mani nei capelli, le urla e le botte. E tutto perché Esmeralda aveva visto Luke di sfuggita.

«Sì, mi hai scelto perché non avevi altre alternative», sbottò lei, cercando di liberarsi dalla mia presa, «E lasciami!», strillò, tirandomi uno schiaffo in pieno volto.

Indietreggiai per un secondo a causa della forza con cui la mano di Esmeralda si era posata sul mio volto, poi tornai in me e la afferrai per le spalle, sbattendola contro il tavolo. Esmeralda sussultò a causa dello spigolo che si conficcò nella sua schiena. «Io ti ho scelto perché ti amavo, Esmeralda. Sì, notizia flash, io ti amavo... ma tu non mi hai mai creduto», borbottai, sentendo le lacrime scorrere sul mio volto.

Esmeralda mi graffiò le guance facendomi male; le sue mani finirono sul mio petto e si chiusero a pugno. «Se mi amavi perché mi hai trattata così male? Perché mi hai picchiata, perché mi hai lasciata mezza morta in una pozza di sangue quella mattina? Non pensare che l'abbia dimenticato, non potrei mai farlo», ansimò, schiudendo le labbra, «Se mi amavi, perché adesso tieni le mani sul mio collo e stringi la p-presa?».

Fu questione di secondi, il tempo di accorgermene. Senza volerlo, avevo stretto il collo di Esmeralda con le mie mani, proprio mentre i suoi pugni battevano sul mio petto. Lasciai andare il collo della mia ragazza, fissando con vergogna i segni delle mie dita sulla sua pelle nivea. Il cuore mi batteva così forte nel petto da sentirlo nelle orecchie, le ginocchia mi tremavano. La stavo per uccidere. La stavo per uccidere e non me n'ero neanche accorto...

Esmeralda scivolò per terra in lacrime, rannicchiandosi su sé stessa. Io mi accovacciai davanti a lei, tentando di accarezzarle una guancia. Lei girò la testa di lato evitando ogni contatto con me. «Esme, io... mi dispiace».

«Vattene», sbottò lei con voce roca, tossendo, «Voglio stare da sola».

Senza neanche ribattere mi alzai, stordito, e uscii dalla cucina; ignorai le domande di Rowin mentre correvo verso la mia stanza, vestendomi e infilando qualche vestito in uno zaino. Avrei dormito persino in auto, se non avessi trovato posto in cui stare. Non sarei tornato a casa per nessun motivo al mondo, non se mi avrebbe portato a tornare il mostro che ero diventato anni fa.

«Michael? Dove vai?».

Mi voltai, sorridendo debolmente a Rowin. «Via. Non posso stare qui».

«Vengo con te», disse la mia migliore amica, raggiungendomi.

Scossi la testa. «È meglio se resti, qualcuno deve tenere d'occhio Esmeralda».

Rowin alzò gli occhi al cielo. «Secondo me può cavarsela benissimo da sola», sbottò sarcastica, «E poi, non so te, ma io credo che non veda l'ora di piantarmi un coltello nell'occhio».

Ridacchiai tra le lacrime. «Se proprio vuoi... ma ti avverto, non ho la più pallida idea di dove stare».


***


[A/N] il capitolo di oggi vi è stato gentilmente offerto dalla mia rabbia nell'ultima settimana. AHAHHA

eh sì, settimana scorsa sono stata davvero uno schifo per colpa di un litigio, così, incazzata nera, sono riuscita a produrre questo obbrobrio. Ora non sono più arrabbiata come prima, ma un po' di collera resta sempre quindi aspettatevi liti in ogni dove. lol.

Bando alle ciance, parliamo del capitolo. A poco a poco il passato di Michael ed Esmeralda si sbroglia sempre di più, difatti in questo capitolo avete scoperto che, più o meno, i due si riempiono di botte a vicenda (how sad). Ci sono ancora delle cose da scoprire, e vi ricordo che siete sempre più vicine alla verità ;) (sto scrivendo dal pc quindi non ho la mia faccina pervy :( )

Spero di non avervi turbato così tanto (o di non avervi fatto schifo così tanto, cosa che probabilmente ho fatto) con la scena della "lotta" tra Michael ed Esmeralda. In origine volevo scrivere qualcosa di molto più cruento, ma sapendo che non ci sarei riuscita l'ho un po' """alleggerito""" (se così si può dire). Ovviamente c'è un motivo che ha spinto Mikey ed Esme a picchiarsi a vicenda, ma ciò non vuol dire che le loro azioni siano giustificate. Scoprirete questo motivo molto presto ahahha

Detto questo, vi lascio. A giovedì prossimo! ♥

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