Capitolo 14
Luke's pov
Corsi alla porta, ignorando quanto il pavimento fosse freddo sotto ai miei piedi e il fatto che fossi impresentabile, in mutande e con i capelli in disordine. Dovevo aprire assolutamente alla persona che stava bussando incessantemente alla mia porta, non mi importava il modo in cui apparissi. E poi, magari, poteva essere Michael e farmi trovare in questo modo avrebbe soltanto giovato alla situazione.
Non appena aprii la porta fui gettato all'indietro da un corpo che si fiondò sul mio, stringendomi in un abbraccio fatto di singhiozzi. Riconobbi subito la persona che mi stava abbracciando e piangendo dal suo profumo, quell'acqua di colonia che metteva solo perché piaceva a Danielle.
«Cal, cos'è successo?», chiesi, allarmato.
«Danielle è... incinta e io non so che fare», sbottò lui, tremando contro di me.
«Oh», fu l'unica cosa che riuscii a dire, sorpreso dalla situazione. E soprattutto, sorpreso dalla reazione di Calum. Cioè, a questo punto della loro relazione dovrebbe essere dannatamente felice della notizia di un bambino in arrivo; insomma, stanno insieme da dieci anni, l'amore c'è, i soldi non gli mancano, hanno una casa ed entrambi hanno un lavoro stabile, avere un figlio non sarebbe quindi un problema. Eppure, Calum mi sembrava devastato dalla notizia.
Feci entrare Calum in casa, lasciandolo a piangere sul divano mentre mettevo dell'acqua a bollire sul fornello per fare una camomilla. Sentivo che avesse bisogno di calmarsi, e io avevo bisogno di una bella dormita. Non è che dormissi così bene (o che dormissi), da quando Michael era stato qui. Sentivo la terribile mancanza di lui, diventata più forte di quanto lo fosse stata in dieci anni di assenza da Sydney. Forse era stato il fatto di averlo avuto vicino per una notte intera, per poi vedermelo portato via così all'improvviso. Avere quel piccolo assaggio di Michael mi aveva soltanto portato a volere di più, sempre di più, come se avessi ripreso ad usare droghe ma ad un certo punto qualcuno me l'avesse vietato di nuovo. E io l'avevo già capito da tempo, che Michael fosse la mia droga. Era la cocaina più pura, più dolce che il mio corpo avesse mai assimilato. Michael riusciva a farmi sentire completamente in estasi, ubriaco, con la testa leggera, salvo poi lasciarmi in rovina quando se ne andava, portandosi via tutti quegli effetti benefici, lasciandomi con il mal di testa e la nausea. Ciò però non mi impediva dal desiderare di averne ancora, proprio come con la droga. Più Michael mi devastava, più io volevo sentirlo nel mio corpo, nelle mie vene, attorno a me. Volevo vivere di Michael, mi sarebbe bastato.
«Mmh, ma lo sai che sei davvero divertente quando ti metti a fissare il vuoto quasi dimenticandoti dell'acqua che bolle?».
Sobbalzai, voltandomi verso Calum che ormai s'era calmato quasi del tutto; il moro mi guardava ridendo, indicando qualcosa con il dito indice - qualcosa che poi scoprii fosse il pentolino con l'acqua che avevo messo a bollire prima di perdermi nei miei pensieri su Michael. Mi capitava spesso, di fermarmi a pensare e non accorgermi di cosa mi accadeva attorno.
Dopo aver messo le bustine di camomilla nelle tazze con l'acqua e aver aggiunto lo zucchero mi sedetti di fronte a Calum, passandogli la tazza. Lui la guardò corrucciato, con il labbro inferiore che tremava. «Calum, qualsiasi cosa tu stia pensando adesso ti prego, ti scongiuro, non piangere», lo implorai, congiungendo le mani a mo' di preghiera.
Ovviamente Calum scoppiò a piangere come un bambino, lasciandomi a guardarlo intristito - e, lo ammetto, anche un po' seccato. Tra noi due il piagnone ero io, quindi questo Calum così devastato al punto di piangere era qualcosa che non pensavo avrei mai visto.
«C-come posso n-non piangere Luke?!», sbottò, tremando da capo a piedi, «Sono nel panico da quando Danielle me l'ha detto! Cosa cazzo devo fare adesso?! Io non ho la minima idea di cosa fare!».
Sospirai, alzandomi e prendendo, dal bancone della cucina, l'unica cosa che sapevo avrebbe fatto calmare Calum un po': il mio pacchetto di sigarette e l'accendino. Li passai a Calum che, ovviamente, aprì il pacchetto di fretta, infilandosi una sigaretta in bocca senza neanche ringraziarmi.
«Allora, quando ti sarai calmato mi dirai tutto. Adesso fumati la sigaretta, bevi un sorso di camomilla e ti prego, smettila di piangere come un bambino-», come non detto, alla menzione della parola 'bambino' Calum scoppiò a piangere di nuovo, singhiozzando nuvolette di fumo. Era quasi comico, se non fosse stato il mio migliore amico in una situazione delicata avrei riso fino al giorno dopo. La situazione, però, mi impediva di essere divertito e mi imponeva di trovare una soluzione al problema di Calum.
Calum, dopo aver singhiozzato per minuti interminabili, si calmò e si decise a raccontarmi cos'era successo fino al momento in cui aveva bussato, in lacrime e sconvolto, alla mia porta. A quanto pare stavano litigando, lui e Danielle, e lei s'era fatta scappare che fosse incinta, cosa che aveva spaventato a morte Calum - che adesso, invece di parlarne con la sua ragazza, era qui da me a piangersi addosso come un cretino.
«Ti rendi conto che scappare di casa dopo una notizia del genere è un comportamento stupido?», borbottai, tenendo un sopracciglio alzato.
Calum sospirò. «Mi ha preso alla sprovvista, Luke. Un attimo prima stavamo litigando per una stronzata e l'attimo dopo lei mi urla contro che è incinta - mi sono fatto prendere dal panico, ecco!».
Scossi la testa. «Beh, avresti potuto restare con lei e dare di matto in casa tua! Domattina la vecchia Betty mi farà una ramanzina per tutte queste urla», mi lamentai, facendo ridere Calum, «E poi, andandotene hai soltanto peggiorato la situazione secondo me. Chissà adesso cosa starà pensando, la povera Danielle».
«Che sono andato nel panico perché mi ha detto che è incinta così, a caso?», borbottò Calum, facendo spallucce, «Comunque avrebbe potuto dirmelo in mille altri modi».
«Avresti reagito comunque così, scappando via. Te lo si legge negli occhi», sbottai io, facendo arrossire il mio migliore amico.
«Sono così prevedibile?», mi chiese, sembrando molto più piccolo della sua età. Adesso mi sembrava più un ragazzino smarrito più che un uomo di ventotto anni suonati che stava per diventare padre. Un ragazzino che aveva messo incinta la sua prima fidanzatina e non sapeva come dirlo ai suoi.
Gli sorrisi intenerito. «Nah, è che ti conosco», borbottai, «Adesso cosa farai?».
«Che domande. Mi preparerò psicologicamente al ruolo di padre, devo soltanto assimilare la notizia e accettare che farò schifo come genitore», mi rispose Calum, prendendo un sorso di camomilla.
Lo fissai torvo. «Non dire così. Non puoi sapere come sarai come genitore, può darsi anche che sei più che pronto e non lo sai», cercai di rassicurarlo - alquanto invano poiché Calum scosse la testa con veemenza. Dimenticavo sempre che quando Calum si impuntava con qualcosa era la fine.
«Non lo so, Luke. Io... non mi ci vedo, ecco. Un bambino è una gran bella responsabilità e io non sento di essere pronto per farmi carico di un peso così grande - e se dovesse diventare un delinquente drogato, da grande?», borbottò Calum, spaventato.
Ridacchiai. «Hai già avuto a che fare con un drogato, e te la sei cavata piuttosto egregiamente», gli ricordai, facendogli alzare gli occhi al cielo, «Comunque, Cal, secondo me sarai un padre fantastico. Sei sempre stato la persona disposta a prendersi cura degli altri, insomma, ricordi quando io ti chiamavo nel bel mezzo della notte in preda alle crisi e tu restavi in piedi con me fino all'alba? Ci sei sempre stato per me, come un amico dovrebbe ovviamente, ma il tuo modo di prenderti cura di me è sempre stato speciale, come se avessi avuto questa specie di istinto di protezione paterno nei miei confronti - perciò, stando alle mie esperienze passate, il bambino avrà un padre dannatamente fantastico».
Calum si asciugò le guance arrossate; quelle, dedussi, erano lacrime di felicità, quasi come le mie. Forse ormai lo spavento era passato, lasciando il posto alla felicità che solo l'arrivo di un bambino poteva causare. «Beh... devo ammettere che il tuo discorso mi ha aiutato un po' - ma forse è la camomilla che mi sta facendo sentire un po' meglio», borbottò, sorridendo, «Diventerò padre. Ma ci credi, Luke?».
Sorrisi di rimando, contagiato da Calum. «Finché non vedrò quel bambino con i miei occhi non ci crederò».
Calum scosse la testa. «Ci sto. Basta che non vedi proprio mentre esce dalla vagina della mia ragazza».
Alzai gli occhi al cielo proprio nel momento in cui, inaspettatamente, qualcuno bussò alla porta. «Come se mi interessassero le vagine - ma che è che stanotte bussate tutti da me? Mi avete preso per un consultorio?», mi lamentai, alzandomi ed andando ad aprire alla porta, seguito da Calum.
Devo dire che mi aspettavo chiunque, dietro la porta, tranne che lui. Non appena aprii il cuore prese a battermi all'impazzata, la mancanza si fece più forte nonostante le nostre distanze si furono accorciate notevolmente - ormai io e lui eravamo faccia a faccia.
«Michael, che ci fai qui?».
***
[A/N] già, chissà che ci fa Michael a casa tua nel cuore della notte...
( ͡° ͜ʖ ͡°)
Buonasera! Lo so, sono di nuovo in ritardo. Il capitolo non si voleva scrivere - ancora adesso mi sembra abbastanza insipido ed incoerente, però lo trovo caruccio perché c'è Calum che si preoccupa del suo futuro ruolo di padre 😻 chissà se saprà davvero fare da padre come sostiene Luke, ahahah
E poi, c'è Michael di nuovo da Luke. ( ͡° ͜ʖ ͡°) chissà cosa succederà tra i due, mmh. Lo scoprirete settimana prossima con l'ultimo capitolo! (non so se esserne sollevata o triste perché ho finito anche questa) Quindi, ci vediamo giovedì prossimo ♥ (o, most likely, venerdì visto che ormai posto sempre in ritardo...)
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