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Capitolo 10

Michael's pov


Quando quella mattina mi risvegliai la mia testa era piena di rimorsi e sensi di colpa. Nonostante avessi amato la notte passata con Luke non riuscivo a sentirmi completamente felice per essa, per chissà quale motivo assurdo. Certo, io stavo ancora con Esmeralda ufficialmente, ma non la amavo più da tempo e comunque lei mi tradiva, andando a letto con Luke non solo avevo fatto qualcosa che mi aveva reso felice come non lo ero da tempo, ma - per quanto cattivo fosse pensarlo - avevo reso pan per focaccia ad Esmeralda. Quindi, perché sentirsi in colpa per aver fatto qualcosa che il mio cuore mi aveva suggerito di fare? Non riuscivo a capirlo. Era probabilmente soltanto la mia natura, una caratteristica che avevo sviluppato negli anni che mi portava a sentirmi in colpa per tutto ciò che succedeva nella mia vita, bella o brutta che fosse stata. E poi, in fondo, mi dispiaceva per Esmeralda e non volevo trattarla in quel modo, tradendola con una delle persone che odiava di più al mondo. Non potevo essere cattivo con lei, la vita già le aveva dato abbastanza gatte da pelare - ed anche io, se proprio vogliamo dirla tutta.

Cercai di non pensarci mentre mi alzavo dal letto, storcendo il labbro inferiore alla leggera fitta di dolore che scosse il mio sedere mentre infilavo i boxer che avevo addosso la sera precedente. Mi diressi lentamente nel corridoio dell'appartamento di Luke, sentendo il pavimento freddo contro i miei piedi; durante la notte aveva smesso di piovere e il sole splendeva nel cielo, infiltrandosi nell'appartamento dai grandi finestroni che affacciavano sulla strada disseminati un po' per tutto l'appartamento. Mi piaceva che Luke avesse scelto un posto così arioso e pieno di luce, sembrava un po' un contrasto con i tempi bui che aveva passato in questa città.

Trovai Luke in cucina, seduto davanti al bancone e girato di spalle. Il profumo della colazione era leggermente coperto dall'odore acre della sigaretta che Luke stava fumando. Mi brontolò lo stomaco e mi tremò il cuore, mentre mi avvicinavo a Luke e, sorprendendo lui e me stesso, avvolgevo le mie braccia attorno ai suoi fianchi, stampandogli un timido bacio sulla guancia. Mi sentivo a disagio dopo aver passato la notte con lui e credevo si notasse dai leggeri tremori del mio corpo. Il mio cervello era tagliato in due, la parte che si sentiva in colpa e la parte che bramava ulteriore contatto con Luke, ed io non sapevo come comportarmi.

Luke rise. «Hey, stavo per venire a chiamarti io per la colazione», mi salutò, voltandosi per far sì che i nostri sguardi si incontrassero.

Mi morsi il labbro inferiore, sciogliendo la presa dal corpo di Luke e sedendomi accanto a lui, rubando una sigaretta dal suo pacchetto. Luke sembrò non farci neanche caso. «Avresti potuto svegliarmi quando ti sei svegliato tu», gli dissi, sbuffando una nuvola di fumo mentre parlavo. Fumare stava attenuando minimamente quella strana sensazione di disagio che sentivo nel petto, o almeno mi stava dando l'illusione che si stesse attenuando.

Luke si morse il labbro inferiore. «Dormivi come un angelo, non volevo svegliarti», spiegò, allungandosi verso di me, «E poi... se ti avessi svegliato adesso nessuno di noi due sarebbe qui. Poi chi la preparava la colazione?», aggiunse sensuale, stampandomi un bacio sulla mascella.

Sorrisi malizioso mentre inclinavo la testa di lato, lasciando che Luke riempisse il mio collo di attenzioni; stavo cedendo agli impulsi del mio corpo e se da un lato mi piaceva, dall'altro mi sentivo sempre più in colpa. «Già, in effetti ho una fame che mangerei pure il tavolo», ridacchiai tra gli ansiti, socchiudendo gli occhi quando sentii Luke mordere la mia pelle. A quel punto lo allontanai, conscio che non sarei potuto tornare a casa con un succhiotto sul collo. Esmeralda sarebbe praticamente impazzita e stavolta non sarebbe bastato soltanto andarmene di casa.

Luke mi guardò leggermente ferito, ma fece finta di niente mentre si alzava per preparare i due piatti con la colazione. Tenni lo sguardo fisso sul tavolo, parlando soltanto per ringraziare Luke quando mi parò il piatto con le uova strapazzate e il bacon davanti. Per un po' mangiammo in silenzio, avvolti da mille pensieri e con gli occhi puntati altrove per non dover guardarci in faccia. Non volevo che andasse a finire così, ma tenevo abbastanza ad Esmeralda da voler evitare che subisse un tracollo nervoso e cercasse di uccidermi - o di far del male a sé stessa - solo per un misero succhiotto. Luke avrebbe dovuto capirlo.

«Michael».

Alzai lo sguardo, inghiottendo un pezzo di bacon prima di rispondere. «Sì?».

Luke mi sembrò un po' a disagio. «Ehm... io volevo chiederti una cosa».

Feci spallucce. «Fa pure», gli concessi, sentendo il mio cuore fermarsi per qualche secondo nel petto. Di sicuro mi avrebbe chiesto qualcosa su Esmeralda, magari mi avrebbe chiesto del bambino. Sarei riuscito a sopportarlo?

«Non è... colpa tua, se Esmeralda ha perso il bambino. Vero?», mi chiese, arrossendo, «Lo so che probabilmente non sono affari miei ma... sono curioso, tutto qui».

Scossi la testa. «Non è stata colpa mia, Luke. Non ho mai alzato un dito su di lei mentre era incinta, neanche se lei mi picchiava - cosa che ha fatto per tutti i due mesi della sua gravidanza. Di solito la lasciavo fare perché pensavo che il suo stato emotivo traballante fosse dovuto agli sbalzi d'umore della gravidanza... ma poi ho scoperto che aveva continuato a drogarsi e a fumare anche mentre era incinta», spiegai, deglutendo, «Ho cercato di farle capire che avrebbe dovuto smetterla, almeno durante la gravidanza, per il bene del bambino. Ma lei non ne ha voluto sapere. Ha continuato e continuato finché una sera non l'ho trovata riversa a terra sotto shock in bagno, con il sangue che le colava fra le gambe. Mi spaventai a morte e la portai in ospedale, dove ci dissero che le perdite di sangue erano dovute ad un aborto spontaneo. Le nostre reazioni sono state un po' diverse, ovviamente io ero distrutto ma... Esmeralda è completamente impazzita. Ha iniziato ad incolpare me, poi sé stessa, e alla fine ha cercato di uccidersi con un paio di forbici. Nessuno ha capito niente di quella notte, soprattutto io. Le uniche cose che la mia mente riusciva a processare erano la morte del mio bambino e il tentato suicidio della mia ragazza, in coma perché s'era aperta le vene con un paio di forbici perdendo un sacco di sangue. Cose così ti segnano per sempre».

Luke aveva gli occhi lucidi. «È terribile, Michael... mi dispiace così tanto».

Sospirai. «Dispiace anche a me».

«È per questo che vi siete allontanati, quindi?», continuò a chiedermi Luke, fissandomi cauto.

Sospirai. Tanto valeva raccontargli tutto, ormai il grosso lo sapeva. «Sì. Io avevo paura di farle altro male, quindi ho cominciato a trattarla come si tratta un conoscente, e lei ha cominciato ad ignorarmi. Qualche volta facevamo sesso, ma più che altro sembrava un tentativo disperato e patetico per recuperare quel misero rapporto che avevamo. Il più delle volte nessuno dei due ne aveva voglia e finivamo per farci soltanto del male a vicenda».

«Dovreste lasciarvi».

Alzai lo sguardo, fissando Luke stranito. «Cosa?».

«Non fare finta di non aver capito. Dovreste lasciarvi. Non state bene insieme, è una cosa malata e contorta quella che avete e si vede lontano un miglio. Perché continuare a farvi del male a vicenda? Non avete sofferto abbastanza?», sbottò Luke, piantando la forchetta nel piatto.

Mi morsi il labbro inferiore. «N-non posso. Ho promesso che mi sarei preso cura di lei», borbottai poco convinto. Luke aveva ragione, ma io proprio non ce la facevo a lasciare Esmeralda. Avevo paura che facesse qualcosa di avventato, e poi in parte era colpa mia se si fosse ridotta in quel modo. Dovevo prendermi le mie responsabilità e restare con lei, per il bene di tutti.

«Bel lavoro che stai facendo! Michael, non ti rendi conto che Esmeralda starebbe meglio senza di te? La stai portando alla rovina, stai portando te stesso alla rovina. Finirai soltanto per creare danni peggiori se continui a portare avanti questa relazione tossica».

Strinsi i denti. «Già, chissà come tu mi stai consigliando di lasciarla», sputai, indispettito, «Come al solito agisci secondo il tuo interesse».

Luke sgranò gli occhi. «Sei pazzo?! Io non sto agendo secondo il mio interesse! Ti sto dicendo le cose come stanno, Michael. Anche se non ti amassi ti direi queste cose, perché è la verità. Stando con Esmeralda finirai soltanto per ripetere gli eventi di quella notte, e lo sai. Lo sai meglio di me».

Ignorai le sue parole mentre mi alzavo e correvo verso la sua stanza, infilando dei vestiti a caso e mettendomi lo zaino in spalla, fuggendo dalla verità. Non ero ancora pronto per affrontarla, nonostante tutto il dolore che avevamo patito io ed Esmeralda. Non ero ancora pronto a dire addio.

«Vai dove vuoi, lo sai che ho ragione. Non puoi scappare per sempre dalla verità, Michael», mi disse Luke, prima che lasciassi casa sua.



***

[A/N] Volevo postarlo senza author's note, ma mi sembrava incompleto ahahaha. Buongiorno! Scommetto che ve lo aspettavate che tra Luke e Michael non durasse così tanto... eh che volete farci, io sono cattiva *insert faccina molesta here* Credo che i prossimi capitoli saranno incentrati esclusivamente su Esmeralda, forse potrà esserci anche il suo punto di vista, non lo so :)) è tutto da vedere ahahah. A giovedì (se riesco a finire il capitolo per tempo)! ♥


[-6 al finale]

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