XII
«Non è possibile!»
«È il luogo più sicuro del mondo magico!»
«E ora cosa succederà?»
I ragazzi si guardarono intorno spaesati e terrorizzati, correndo da una parte all'altra del treno. Lucy invece era seria. La osservai: «Tu ne sai qualcosa?»
«Niente che possa aiutare qualcuno» sospirò con una punta di amarezza.
«Cosa intendi...» prima che potessi finire la frase, un boato scosse il vagone e il treno si bloccò di colpo. Alzai una mano sanguinante e la scrutai, prima di prendere con l'altra mano il pezzo di vetro del finestrino rotto conficcatosi sul palmo e poi avvicinarla al viso. Mi toccai una tempia e guardai le dita rese rosse e appiccicose dal sangue. Non avevo altri pezzi di vetro, ma il mio viso e le mie braccia erano segnati da tagli vermigli.
Alzai la testa per guardare com'era messa Lucy, che però si era protetta col mantello. Non la vedevo in faccia, ma le dita della mano stavano sanguinando.
La porta dello scompartimento si aprì facendo e entrare Isaac, che si precipitò dalla sorella guardandomi con un'occhiata indagatrice. Sperai non stesse pensando sul serio che quella era colpa mia. Disse qualche parola sottovoce alla sorella cercando di calmarla, lei annuì e si alzò. Guardai fuori il combattimento dei maghi incappucciati contro i miei compagni. Erano estremamente vicini, un incantesimo evitato e ci avrebbero colpiti tranquillamente.
«Dobbiamo andare ad aiutarli» affermai senza troppa convinzione.
«Se vuoi vacci tu, noi non ti seguiremo» disse Isaac, atono.
«Ma... tutti i nostri compagni potrebbero morire se non li aiutiamo!»
«Nemmeno io voglio morire, se è per questo»
Lo osservai per un po' e poi sussurrai un «Va bene» e uscii dallo scompartimento.
Fuori c'era il caos ed eravamo in netta minoranza. Mi guardai intorno mentre il panico si impossessava di me. "Devo reagire" mi ripetevo nella mia mente, ma le mie gambe evidentemente non erano d'accordo. Stavo tremando e dentro di me stavo combattendo un'altra guerra. Una parte di me voleva andare lì e cercare di aiutare i miei compagni, ma l'altra parte voleva solo scappare il più lontano possibile da lì. Mi sentii una stupida, non ero in grado nemmeno di fare un passo avanti. Una lacrima cadde al suolo. Mi toccai la guancia con una mano, e quando la tirai via per guardarla oltre al sangue c'era dell'acqua. Non mi ero resa conto che stavo piangendo.
Strinsi i pugni più forte che potevo e il dolore mi fece un po' rinsavire. Feci un respiro profondo e alzai gli occhi sulla battaglia che avevo di fronte. A quel punto un lampo colorato mi raggiunse e un dolore mi attraversò il corpo. Le ossa sembravano spezzarsi mentre cadevo in ginocchio, la pelle tirarsi fino a spaccarsi. Il sangue mi bruciava nelle vene come fuoco. Lanciai un urlo, gli occhi lucidi dalle lacrime. "Quindi è questo che si prova quando si è colpiti dalla maledizione cruciatus?" Non sapevo neanch'io da dove veniva la tranquillità che sentivo nella mia testa mentre il mio corpo sembrava spezzarsi. Pian piano il dolore scemò. Respirai affannosamente cercando di assorbire tutto l'ossigeno possibile.
Quando mi sentii più stabile mi alzai appoggiandomi al treno e scostai i capelli impiastricciati di sangue che mi erano arrivati sulla faccia. Raccolsi la bacchetta che era caduta per terra e mi protessi da un incantesimo usando protego. Lanciai stupeficium su un uomo incappucciato che aveva appena atterrato una serpeverde del secondo anno. "Anche lei si è unita alla battaglia prima di te." Scacciai quel pensiero dalla mia mente. Mi avvicinai alla ragazzina evitando un incantesimo abbassandomi. Il fulmine colorato colpì un uomo incappucciato che venne sbalzato indietro e finì a terra. Mentre volava il cappuccio si era abbassato facendo vedere una faccia conosciuta. Sentii una stretta al cuore vedendo il volto di uno dei tanti negozianti di Diagon Alley.
Serrai la mascella e mi voltai verso la serpeverde. Mi avvicinai ancora e mi chinai. Scossi la sua spalla e solo allora mi accorsi del lungo taglio sui suoi vestiti. Del sangue che usciva a fiotti da esso. Avevano colpito un'arteria, dedussi. Appoggiati una mano sul suo petto. Nessun rumore. La guardai con gli occhi spalancati. A un tratto fece un respiro rantolante, mi guardò con i suoi occhi grigi e sorrise leggermente. Vidi quando la luce che le illuminava gli occhi li abbandonava, lasciandoli a un grigio senza vita. Singhiozzai e con le mani tremanti le chiusi le palpebre.
Sentii delle mani prendermi da dietro e tirarmi indietro. Non mi opposi. Mi alzai e affondai il volto nel petto di Alex. Lui mi accarezzò i capelli con una mano: «Andrà tutto bene, tranquilla. Ma ora dobbiamo andare in un posto più sicuro.» Sussurrò lui.
Scossi la testa e alzai lo sguardo. Il corvonero mi guardò preoccupato.
«No, dobbiamo lottare, dobbiamo tentare di aiutare gli altri.»
Lui sorrise. In quel mare di sangue il suo sorriso sembrava un raggio di sole che illumina una foresta oscura. Sorrisi anch'io e mi voltai verso la battaglia con la bacchetta sguainata. Sentii la schiena da Alex contro la mia.
«Pronta?»
«Come sempre.» Lo sentii ridacchiare. Guardai verso il cadavere della serpeverde, e decisi che il suo sacrificio, come quello di tutti gli altri, non sarebbe stato vano. E la vera battaglia iniziò.
Lanciai reducto su un incappucciato e usai protego quando uno stupeficium mi arrivò contro. Schivai un altro incantesimo e lanciai stupeficium su un incappucciato che aveva attaccato un grifondoro. Questo mi guardò e alzò un pollice, prima di perdersi tra la folla.
Iniziai a pensare che non ce l'avremmo fatta quando mi dovetti allontanare da Alex. Un uomo mi prese con le spalle al muro e mi disarmò velocemente. Lo guardai negli occhi attraverso i buchi della maschera. Erano scuri, tristi e arrabbiati, e in quel momento mi sentii triste per lui.
«Non devi farlo per forza» sussurrai, con gli occhi lucidi.
Mi guardò con pietà, come se fosse una cosa necessaria, ma non era colpa mia e lo capiva: «Sì, invece». Sospirò e abbassò un attimo la testa. All'iniziò pensai stesse cercando qualcosa, poi mi resi conto che mi stava chiedendo scusa. Lo fissai con le labbra socchiuse, deglutendo faticosamente e con le lacrime che premevano per scendere.
«Puoi ancora redimerti, non hai dei figli? Vorresti che anche loro soffrissero così?» tentai.
«Ma loro hanno già sofferto, è proprio per loro che lo sto facendo.»
«Mi dispiace» sussurrai, una silenziosa lacrima che rigava lentamente la mia guancia.
L'uomo sospirò: «Non è certo colpa tua.»
Lo osservai per qualche secondo: «Pensi che loro sarebbero fieri di quello che stai facendo?»
Mi guardò con occhi duri: «Non pretendere di sapere per cosa sarebbero stati fieri» disse con voce tagliente, avvicinando la bacchetta alla mia gola: «Hai rimandato la tua fine per troppo tempo.»
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