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Prologo (pt.1) : Bran.

Bran aprì gli occhi, ma un intenso bagliore, seguito da una fitta alla tempia, glieli fece richiudere subito.Sembrava che il cervello gli stesse scoppiando. Maledisse Heironeus per quel dolore così acuto.

Inspirò dal naso e sentì un profumo insolito per le sue narici abituate ormai all'odore di stoffa bagnata e al puzzo di corpo non lavato, ma d'altronde che cosa si sarebbe potuto pretendere dalla vita di un pirata? A volte lo stereotipo della vita piratesca non era così dissimile rispetto a ciò che crede la gente comune: i pirati brutti, sporchi e cattivi esistevano. Eccome, se esistevano. E lui purtroppo era in mezzo a questa marmaglia in attesa di una nave tutta sua.
Alla fine si era abituato alla vita di mare, anzi, non riusciva a pensare a una vita diversa. Ne aveva viste di cose da quando si era unito al suo equipaggio... talmente tante che comprendeva bene il "mito" sulla figura piratesca. Ma, si disse,lui ci rientrava per metà o per nulla. Sapeva bene di non essere brutto. E questa era una gran fortuna. Non doveva spendere soldi tra le gambe di qualche puttana piena di malattie come facevano quasi tutti gli altri membri dell'equipaggio. Non potendo sopperire alle altre due definizioni per via del suo stile di vita che gli imponeva di essere cattivo, ma soprattutto sporco, cercava di colmare la sua..negligenza,curando al massimo i suoi capelli neri, neri e lucidi come le ali di un corvo. Oggetto d'invidia da parte delle donne e di canzonamenti da parte degli uomini. I suoi compagni in passato avevano tentato più e più volte a deriderlo pensando che fosse un sodomita o comunque permetterlo in cattiva luce, ma dopo che alcuni di loro erano passati incidentalmente a miglior vita, avevano smesso. Anzi, adesso era proprio il contrario.Era temuto e rispettato. Bran aveva sempre pensato che era meglio infondere paura che suscitare amore. Il terrore era meno pericoloso e ti faceva fare meno pazzie.

A proposito...

Sempre tenendo gli occhi chiusi, cercava di raccapezzarsi sugli ultimi eventi, ma non gli veniva in mente nient'altro che litri e litri di liquore forte, tanto che ne sentiva ancora il sapore nella bocca impastata.

Ma dove cazzo era stato ieri sera?

All'improvviso sentì qualcosa muoversi accanto a sé. Istintivamente cercò dimettere la mano sulla fondina, ma si accorse con grande rammarico chenon era al suo posto perché era nudo. Nudo e completamente disarmato. "Che coglione" pensò"un errore da principianti".Come aveva potuto essere così sprovveduto?

Soffocando una bestemmia tra i denti, si accorse che il profumo era sempre più intenso; sapeva di fiori e di pulito, un odore che sentiva raramente.Alle mie orecchie soggiunse un sospiro di donna. Gli ricordò la brezza marina che anticipava l'alba. Si rilassò un poco. Finalmente, aprì gli occhi e ne incrociò altri due, verdi come quelli di un gatto, i quali lo stanno guardando intensamente, carichi di aspettativa e decisamente maliziosi.

<<Ben svegliato... >> sussurrò la bella biondina. Increspò le labbra in un sorriso impertinente. Lui sentì un movimento al bassoventre. La questione stava prendendo una piega decisamente interessante.

La sua voce era famigliare. Gli suggeriva un corpo voluttuoso e morbido sempre a compiacere tutte le sue voglie. Probabilmente se l'era già chiavata altre volte in passato. O forse no. Le donne erano sostanzialmente tutte uguali.

<<Ieri sera sei stato..molto focoso.>> sorrideva sorniona << Vedo che la tua abilità non è di certo peggiorata! Anzi, col tempo... >> rise brevemente lasciando volutamente la frase a metà. Dunque, aveva ragione.

<<Dove siamo? >> le chiese brusco. Odio non capire dove fosse. Ma soprattutto che ora era? Avrebbe dovuto trovarsi sulla nave nel primo mattino. Guardò fuori dalla finestra e imprecò. Era sicuramente giorno fatto.

<<Caspita, Bran. Hai bevuto così tanto che non ti ricordi nemmeno dove sei? >> rispose in modo improvvisamente petulante, offesa. <<Sei a casa mia, a Lamarth, la città del Corallo. Ricordi? >>

Lamarth..corallo...
Ah sì, giusto. L'affare. I soldi. Pian piano gli venne in mente ogni cosa. Doveva assolutamente tornare alla nave. Dopo la rissa di ieri scoppiata in taverna avrebbero potuto credere scioccamente che fosse rimasto ucciso e ripartire senza di lui.

Come se fosse stato possibile...

Fece per alzarsi, ma lei lo fermò. <<...Lascia che ricambi il favore. >>

Non avendo prestato minimamente ascolto alle parole dell'umana che stava blaterando da un tempo che gli parve infinito, ma non fece neanche in tempo a domandare di che favore si trattasse che la sua testa bionda sparì sotto le lenzuola. Le sue intenzioni sembravano piuttosto evidenti. Forse era morto per davvero o forse stava semplicemente sognando. Quante volte gli sarebbe capitato di svegliarsi tra lenzuola pulite e profumate e di ricevere un pompino?La nave poteva aspettare. Se fossero partiti senza di lui, li avrebbe ammazzati come cani uno ad uno. Beh, non tutti forse. Non vedeva l'ora di vantarsene con Daniel, il navigatore, nonché migliore e suo unico amico.

Sentì le sue labbra sfiorargli il sesso e trattenere a stento un'esclamazione. Sorrise compiaciuto.
I capelli non erano mica l'unico suo motivo di orgoglio, dopotutto.

*

Qualche tempo dopo era del tutto sveglio, ma soprattutto lucido.

Ora ricordava tutto: l'altra mattina erano attraccati in questa cittadina di mare a fare la consegna, il Rubino del Diavolo,che era valsa un sacco di monete d'oro a cranio. Molte di più di quello pattuito in precedenza poiché molti dei marinai erano morti nel tentativo di recuperarlo in quel labirinto sotterraneo. Fu abbastanza facile ottenerlo perché il committente, era uno dei loro maggiori clienti e spesso si affidava a loro per incarichi difficili.Amava definirsi un "collezionista", ma tutti sapevano che razza di bastardo fosse. Erano partiti in quindici, ne era tornato solo uno, ma con il bottino. L'ogre, sporco e ferito si era reso conto di essere stato usato come carne da macello e aveva fatto parecchia insistenza affinché venisse pagato profumatamente o che fosse aumentato di rango. Gli altri marinai rimasero con il fiato sospeso in attesa della risposta del Capitano, ma non fecero in tempo a udire una singola parola che il cranio di quel bastardo, scoppiò in mille pezzi. Nel ricordarlo, Bran si complimentò ancora con sé stesso. In quell'occasione aveva fatto un lavoro molto pulito, seppur gli avesse sparato un proiettile in testa. Invece quella mattina aveva la testa che gli scoppiava; era una cosa in solita per uno che amava il liquore tanto quanto le femmine. Stava forse invecchiando? Fece un rapido conto. Non aveva che ventisette miseri anni umani, non era vecchio. Ma avrebbe potuto vivere di rendita senza fare niente per molto, molto tempo. Era sempre stato parsimonioso, ma non del tutto per sua volontà. A lui il denaro faceva ribrezzo. Odiava gli arricchiti e detestava il binomio che chi era ricco era potente. Lo sapeva bene lui dato che era il bastardo di un capo del clan molto potente nella sua terra natia. Ricorda vavagamente sua madre, una giovane elfa dai lunghi capelli neri come i suoi, la quale era stata fatta prigioniera durante uno scontro tra fazioni, ma non dimenticava le botte e la vita misera che aveva patito. Quando quel bastardo era morto durante una scaramuccia, lui era il suo unico erede. Non avrebbe potuto comunque prendere il suo posto dato le sue origini, ma era una presenza scomoda e come tale doveva sparire. Era solo un bambino, ma era già sveglio, aveva già imparato la parola "sopravvivenza". A bordo della sua prima nave, Bran aveva imparato presto le regole del gioco. Era scaltro e, bene o male, scorreva in lui una sottile vena diabolica di eredità paterna.E, pian piano, cominciò a fare fortuna, ma il denaro lo spendeva volentieri solo per suoi i vizi come il bere o il gioco, ma anche nel secondo caso era sempre fortunato, a differenza di quello sfigato di Daniel.

Bran non aveva niente da perdere. Non aveva legami né un tetto sopra la testa. La sua casa era il mare e l'unica femmina della mia vita si chiama Libertà.Era libero ed era ben felice di questo. Ma ultimamente qualcosa non andava. Sentiva che gli mancava qualcosa, ma non sapeva cosa.

L'umana si lamentò sotto le coperte. Lui si rese conto che si stava piuttosto annoiando e la sua erezione ne stava risentendo. Stava pensando di dirle di fermarsi quando lei tirò fuori la testa da sotto le coperte e lo fissò.

"Oh no!"disse lui tra le labbra. Conosceva quegli occhi: erano due occhi che parlavano d'amore.

L'amore...quella fottuta balla inventata da qualche bardo del cazzo che tanto faceva sospirare le femmine. E a quanto pare anche questa lurida sgualdrina. Sapeva chi era lei. Era la moglie del suo maggior cliente, quello che aveva commissionato alla Vortha, la sua nave, il Rubino del Diavolo. L'amore ti fotteva e basta. Anche il sesso a quanto pare. Bran era comunque un gentiluomo, aveva una sola regola:mai andare a letto due volte con la stessa persona. E ieri sera,ubriaco, l'aveva infranta e ora ne stava pagando le conseguenze. Capì che si era infilato in un bel casino.

<<Portami con te. >> gli disse senza preamboli e con una certa esitazione nella voce << Ti prego.>> Lui vide nell'angolo dei suoi bellissimi occhi verdi far capolino delle lacrime argentee. Decisamente una situazione spiacevole, specie con ancora il pene semi-eretto nelle sue mani. <<O..>>s'interruppe, arrossendo <<fuggiamo. Insieme. >> mi supplicò.

Cosa poteva fare? Ucciderla? Portarla davvero con sé e darla in pasto all'equipaggio?

Lei chinò il capo sulla sua pancia e iniziò a piangere. <<Io.. ti amo!>>gridò tra i singhiozzi.

Bran soffocò moto di stizza, non aveva mai sopportato queste scene patetiche. Era colpa sua, o meglio del suo stupido cazzo, se si era infilato in quella situazione, ma ora lei stava decisamente passando il segno. La scostò da sé senza alcuna finezza, ma si alzò cautamente dal letto. Gli sembrò che nella sua testa il liquore venisse scosso con violenza più e più volte.

Dannazione.

La lasciò lì, nuda tra il groviglio di lenzuola a piangere disperatamente. "Dove cazzo ho messo la mia roba?"Per quanto si sforzasse, non se ne ricordava proprio.Le donne erano delle grandissime stronze. Cercavano di farti passare come il bastardo di turno che le seduceva e le abbandonava. Lui non aveva mai fatto promesse, mai di nessun tipo, figuriamoci a delle femmine. Non aveva mai parlato d'amore o non si era mai premurato di essere gentile con loro. "Forse è questo il problema "pensò seccatamene mentre s'infilava i calzoni che erano finiti sotto il letto. "Mi vedono come un cinico cuore di pietra e sono convinte di potermi cambiare. E poi piangono. S'innamorano. S'innamorano delle loro fantasie, che roba ridicola.. se solo mi conoscessero davvero - come sta per accadere a sta cagna qua - mi eviterebbero sin dal principio."

Lei,per tutto il tempo, aveva seguito i suoi movimenti con gli occhi gonfi di pianto, continuando a supplicarlo.

Si sentì in dovere di dire qualcosa. << Emh.. ascoltami mia cara...mia cara..>> s'interruppe.

Lei lo guardò come se l'avesse schiaffeggiata. <<Leyla!! Mi chiamo Leyla!! Non ti ricordi nemmeno il nome della persona che ti sei scopato parecchie volte?>> Detto questo, si alzò minacciosa verso di lui, il pudore di essere nuda ormai dimenticato in quel letto di lacrime e piacere.

<<Che esagerazione! >> esclamò lui con una nota divertita nella voce che la fece ancora di più arrabbiare. << Ascolta. Hai ragione, non avrei dovuto concederti il mio cazzo una seconda volta>> Soffocò un risolino. Pensò che l'espressione "concederti il mio cazzo" sarebbe piaciuta molto a Daniel. Fece finta di tornare serio. << Scusa. Stavo dicendo che se vuoi diventare la puttana dell'intera nave accomodati pure, penso che in questo caso faranno un'eccezione ad ammettere una donna a bordo. >> La squadrò << Con quelle tette, poi.. >> aggiunse a mo' di beneficio nei suoi confronti. << E sei anche una bravissima pompinara, davvero. Ma nel dopo sbronza non vengo neanche a pagarmi.>>

<<Non voglio essere la puttana di quei topi da fogna! >> esclamò scandalizzata. Il suo colorito pallido s'infiammò di un rosso scarlatto e i suoi occhi verdi assunsero una sfumatura intensa, quasi nera. A Bran venne voglia di sodomizzarla. Al solo pensiero sentì il cazzo rizzarsi. Ancora. Forse avrebbe dovuto davvero portarla con sé.

<<Io voglio te ! Te !! >>

La sua voce si era fatta più squillante e per il suo mal di testa post-sbornia fu un supplizio. Doveva farla tacere e fanculo una volta per tutte l'erezione. Tirò fuori il pugnale, lentamente. Molto lentamente. 

<< Si dia il caso >> disse giocando con la lama e fingendosi sovrappensiero << che quei " topi da fogna " come li chiami tu, siano i miei compagni di bordo. >> Alzò lo sguardo ed incatenò il suo sguardo di fuoco al suo, il quale perse immediatamente tutta la spavalderia << Quindi, o il tuo candido collo sarà presto tagliato dal mio pugnale o ti chiudi quel cesso di bocca all'istante. E per la cronaca, visto che ci speri,io non ti ho mai amato, né mai ti ho dato modo di farti innamorare di me. Però ammetto che fai dei fantastici pompini, anche se stamattina non mi hai fatto venire. Tuo marito sarà un uomo fortunato >> aggiunse. Questo doveva rendergliene atto.

<<Mio marito!>> esclamò furibonda. << MIO MARITO! >> continuò a gridare come una pazza isterica. << Mio marito ti ucciderà!!>> 

Tentò di colpirlo, ma le sue braccia erano troppo esili nonostante la sua corporatura elfica e quando si accorse della sua impotenza, esplose nuovamente a piangere. 

<< Ci ucciderà. Entrambi! >> sentenziò disperata. 

Decisamente questa situazione lo stava sta stancando e desiderò andarmene al più presto.Non voleva ficcarsi in ulteriori casini, ne aveva già abbastanza.  Sospirò. << Dì a tuo a tuo marito che se vuole uccidermi, lo aspetto molto volentieri >> fece una pausa << E dopo aver ucciso lui, verrò a cercare te. >>

Infilò la porta e la lasciò così, nuda e disperata, ma si pentì amaramente di essere stato troppo gentile.



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