Introduzione
Gli arrivò alle spalle senza che lui se ne accorgesse minimamente. Se solo l'avesse voluto, avrebbe potuto ucciderlo seduta stante, ma era lì per negoziare, non per spargere altro sangue. Ne aveva fin troppo sulla coscienza.
Il Re, una volta avvertita la sua presenza, si voltò spaventato,ma trasse un profondo sospiro di sollievo non appena lo riconobbe.
<< Ah, sei tu.>> disse. Non si sentì in obbligo di utilizzare nessuna formalità sebbene sapesse che l'altro avrebbe potuto incenerirlo anche solo con lo sguardo. << Cosa posso fare per te? >> domandò non senza una punta di curiosità mista a timore. Sola di una cosa era certo: prevedeva guai.
L'altro rise di gusto. Era una risata macabra e stridula, come se avesse avuto della sabbia rovente in gola. Il Re non poté impedirsi di rabbrividire.
<< Giusta decisione >> La sua voce gracchiò un po', era da molto che non parlava quella lingua. << Un Re non dovrebbe mai inchinarsi, elfo >> lo apostrofò. << Tanto meno a uno come me. >> Il suo sguardo segnato dal tempo si fece improvvisamente triste. << Ho bisogno del tuo aiuto. >> .
<<Una divinità che chiede aiuto a un misero sovrano? >> chiese sbalordito il suo interlocutore, non senza una punta di ironia.
<<Non sono propriamente una divinità, né lo voglio essere. Non più, almeno. >> rispose brusco.
<< Sono qui per negoziare con te.>>
Fu come ricevere un pugno nello stomaco. Aveva previsto giusto.
<<Dimmi tutto. >> Gli costò molto fare quella domanda. Tutto ciò che voleva era che lui se ne andasse e subito.
Il suo interlocutore si accorse che c'era del panico nascosto nella sua voce e se ne dispiacque. Aveva rovinato così tante vite a causa del suo egoismo! Ma se n'era accorto troppo tardi, ormai non poteva più rimediare ai suoi sbagli se non compiere quell'azione. <<Voglio che tu mi liberi. >> disse.
Un ordine.
<< Da cosa, mio buon amico? >> Si appoggiò al bracciolo del trono contraendo il suo pugno sinistro. Anche se le nocche non sbiadirono a causa del biancore della sua pelle, la tensione era evidente dalla rigidità e dal tremore della sua mano.
<< Dalla maledizione che io stesso ho forgiato. >>Dietro al suo tono serio vi era celata una supplica.
Perdonami.
Il Re fece finta di non udirla.
<<Per molti uomini sarebbe un sogno, non una maledizione. >>osservò caustico, desideroso di porre fine a quella conversazione.
L'Altro non rispose; semplicemente, aspettava. Se ne stava in piedi dinnanzi al lui, immobile come una statua, ma con uno sguardo acuto e penetrante. Non poteva di certo biasimare i dubbi ed i timori del giovane anche se sapeva che alla fine avrebbe accettato perché non avrebbe avuto altre alternative.
Una vita per una vita.
Il Re si prese del tempo per riflettere e mettere a tacere la voce dell'angoscia in favore della razionalità. Aveva paura, non lo negava. Sapeva benissimo che cosa comportasse quella scelta.
Si avvicinò alla grande finestra del salone affacciata sui maestosi giardini reali,osservando le siepi e le sue amatissime rose bianche, piantate in occasione della nascita di sua figlia. Accettare quella negoziazione avrebbe messo in pericolo tutto, persino lei, la sua adorata bambina e il suo fratello gemello. Non c'erano rose per lui nel giardino:erano seccate tutte non appena si erano formate le prime gemme. Represse un brivido. Chissà perché gli era venuto in mente quel pensiero proprio in quel momento.
È una follia.
<< è una grossa responsabilità quella che mi chiedi. >> mormorò affranto sempre guardando dalla finestra. << e non c'è nulla a favore mio. >> Chiuse gli occhi.
Vattene e non insistere.
Vattene.
<< Potresti sfruttare i suoi poteri. >> Non era una frase a caso: lo stava mettendo alla prova.
<<Non m'interessa il potere che la tua creazione può offrirmi, ne m'interesserà mai. Ho vissuto sulla mia pelle la conseguenza di ciò che tu hai creato anche se ero solo un bambino e porto ancor oggi le sue cicatrici. Certe cose non le posso dimenticare. >> Fece una pausa e li riaprì, ma non ebbe il coraggio di guardarlo in viso. << Perché non la puoi distruggere insieme a te, visto che brami la morte così tanto? >> Il suo tono era seccato. Per quanto ci provasse, l'incubo di ciò che aveva vissuto lo tormentava ancora ogni notte.
<< Lo so che mi ritieni responsabile per l'accaduto e non a torto. Per quel vale, a mia discolpa, non volevo causare tutto questo male. Io volevo solo... >> strinse il pugno.
Perché mai doveva giustificarsi di fronte a lui?
<< Non ti devo spiegazioni. Posso solo dirti che l'unico modo che ho per morire è quello di privarmene perché ho legato indissolubilmente lamia anima a questo Catalizzatore in cambio della conoscenza dell'Oltre. >>
L'elfo deglutì. << Quindi... >> gli tremava la voce. <<Quindi tu non hai più un anima? >>
L'Altro rise. Di nuovo quella risata macabra. << No. Il mio è un guscio vuoto rinsecchito. Ho giocato troppo con il tempo. Avrei dovuto morire tanto tempo fa. Non sono una divinità, sono solo un.. curioso che ha avuto la possibilità di vivere a lungo. >> Si tirò nervosamente una lunga ciocca bianca, come per auto-punirsi.<< Dunque, la scelta di distruggerlo aspetta a te. Appena te lo passerò, probabilmente, mi ridurrò in polvere. Come giusto che sia.Ho sfidato gli Dei e per lungo tempo ho pensato di aver vinto e mi facevo beffe di loro. Solo ora mi sono accorto che è stata una sconfitta tremenda e una punizione esemplare. >>
Capitava dirado che parlasse così tanto. Alle lunghe orecchie dell'elfo suonò come un'ultima confessione pre-morte. Non ebbe cuore di fermarlo,anche se provò un fugace moto di rabbia. Infondo, tutto quel che aveva passato era stato a causa sua, ma il suo pentimento era sincero ed era stato punito più che abbondantemente. << Ti ho osservato a lungo: sei sempre stato un elfo nobile, sin da bambino.Ora sei un buon sovrano, degno erede dei tuoi genitori. Proprio per questo motivo lo affido a te. Le tue parole mi hanno appena confermato di aver fatto una buona scelta, tu sarai un guardiano giusto. >> Gli porse uno scatolino. << So che non lo userai, nemmeno quando sarà il dolore di una perdita a tentarti. >>
<< Lo custodirò nello Scrigno. Si può aprire solo con il mio tocco. È l'unico posto che mi viene in mente per nascondere un oggetto ditale portata. Se si venisse a sapere che è qui, tutto avrebbe fine.Io, la mia famiglia, il mio regno.. la pace. >> tremò <<Chiamami codardo, ma non voglio più rivivere certi momenti. >>
<< È tutta colpa mia. >> mormorò l'altro. << Mia e della mia stupida curiosità. >>
<<Sei stato il migliore alchimista di tutti i tempi, ma eri e sei un essere umano. Gli umani sono deboli e superbi. Se non avessi vissuto l'Esodo sulla mia pelle, probabilmente avrei usato anch'io il Catalizzatore senza ritegno. Ma preferisco essere un mortale, anche se la Natura mi ha concesso di vivere più a lungo e preferisco restare nel dubbio che avere la conoscenza di tutte le cose. E poi,non giocherei mai col tempo. Nemmeno riportare alla vita coloro che sono morti per volere degli Dei. >>
Prese lo scatolino con mani tremati.
<<Accetto la negoziazione. Questo Catalizzatore sarà sepolto e bruciato con me. >>
Una volta presa la scatola, l'elfo vide con orrore il suo interlocutore mutare improvvisamente d'aspetto: la sua pelle chiara assunse una sfumatura via via sempre più giallognola e floscia, sino a formare solchi sul suo viso. Stava invecchiando di colpo. Il re si chiese distrattamente quanti anni potesse avere realmente per finire in quel modo.A giudicare dal processo d'invecchiamento, qui si poteva parlare di secoli e secoli. I capelli, già canuti di natura, caddero uno ad uno sino a lasciarlo completamente calvo, ma non fecero in tempo a toccare il suolo che si erano già disintegrati. La pelle ormai tutta molle e rugosa iniziò pian piano a staccarsi dalle ossa del viso,delle cosce, delle braccia.
Non c'era più una goccia di sangue nel suo corpo.
Il giovane era inorridito, ma non riuscì a smettere di guardare.
Spalancò i suoi occhi, in una sorta di muta sorpresa; lo fissò brevemente elesse nel suo sguardo la gioia.
"Come può un uomo anelare così tanto alla morte?" si chiese sbigottito mentre lo guardava morire.
Nel frattempo, i suoi bulbi oculari, gli stessi che l'avevano guardato un secondo fa, stavano già svanendo lasciando spazio a due buchi neri, mentre la pelle che rivestiva il cranio e il naso si stava incartapecorendo per poi disintegrarsi e sparire come granelli di sabbia al vento. La stessa sorte toccò allo scheletro; nel giro di pochi istanti non rimase quasi più niente di lui, solo il suo immenso spadone a due mani che cadde al suolo con un rumore fragoroso.
<<Riposa in pace. >> gli sussurrò. Tuttavia, con la coda dell'occhio vide qualcosa luccicare tra la poca cenere rimasta sul pavimento. Trattenendo un moto di repulsione, lo prese in mano e vide un piccolo medaglione dorato con sopra un incisione. Non ci mise molto a capire di cosa si trattasse: quel simbolo apparteneva al dio Olidammara, il dio dei ladri. Soffocò un gemito di sorpresa. Di sicuro non era un semplice medaglione.
Fece per alzarsi, doveva assolutamente nascondere quell'oggetto al più presto, ma non appena alzò lo sguardo, le parole gli morirono in gola: sulla porta, c'era suo figlio, il quale lo stava guardando con un'espressione che non gli piacque per niente.
Fece un cenno nella sua direzione, ma non appena si mosse il bambino scappò via.
" Pazienza,è solo un bambino. Dimenticherà in fretta." Si disse, ma, nel ripensare ai suoi occhi, non poté reprimere un piccolo brivido alla schiena.
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