|Parte di me| |Tōru Oikawa|
What's a soulmate?
It's a...
Well, it's like a best friend, but more.
It's the one person in the world who
knows you better than anyone else.
It's someone who makes
you a better person.
Actually they don't make
you a better person,
you do that yourself...
because they inspire you.
A soulmate is someone who you
can carry with you forever.
It's the one person who knew
you and accepted you...
Believed in you before anyone else
did or when no one else would.
And no matter what happens you
will always love them.
Nothing can ever change that.
Quella notte, il silenzio lo avvolgeva teneramente, quasi a volergli dare conforto, consolandolo, sapendo che era tutto ciò di cui aveva bisogno. Si sentiva quasi sordo, gli era sempre parso impossibile esistessero luoghi in cui il chiasso del mondo si annullava, e invece eccolo lì, rannicchiato in quella bolla silenziosa che era il planetario in cima alla collina. Ma nonostante la calma, nonostante nulla sembrasse esistere in quel momento in cui si sentiva l'unico al mondo, ecco che sentiva il suo cuore battere, il respiro che mano a mano diventava irregolare, le sue mani muoversi agitate.
Si guardò la mano sinistra e si concentrò sul mignolo. Attorno al lungo e affusolato dito era legato un sottilissimo filo rosso; brillava di una luce tenue, piacevole, quasi rassicurante. Tōru seguì con lo sguardo il filo, che dopo essersi legato al suo dito proseguiva fino all'uscita del planetario. Vedendolo così, Tōru aveva l'impressione che avrebbe potuto avvolgere l'intero mondo, trasfomandolo in un gomitolo rosso e brillante. Purtroppo però, Tōru sapeva esattamente che quel filo aveva una fine, e sapeva anche sul dito di chi era legato.
Ora, Tōru non desiderava più il silenzio, diventare sordo, ma essere cieco. Quel filo, quella presenza sul suo anulare, più che una benedizione per lui era una condanna. Si era sempre sentito in trappola, sin da prima che si attorcigliasse attorno al suo dito. Per chiunque, sapere che nel mondo esiste qualcuno in grado di capirti alla perfezione, di amarti incondizionatamente e che è nato per stare con te, è di sicuro qualcosa di rassicurante.
Ma non per lui, non per Tōru.
Non aveva mai pensato fosse una cosa bella, mai. Quando, da piccolo, i suoi genitori gli dissero che in quel momento c'era qualcuno nel mondo che lo stava aspettando, che stava vivendo la sua vita solo nella speranza di poterlo incontrare, lui chiese loro il motivo.
"Perchè è la tua anima gemella, Tōru. Tutti noi ne abbiamo una, ed è destino che, una volta incontrate, due anime gemelle stiano insieme per sempre. Non importa se ora non vi conoscete, perchè siete fatti per stare insieme."
Per sua madre quella doveva essere una delle meraviglie del mondo, partorita solo per donare gioia ai suoi abitanti, lo vedeva dalla luce che brillava nei suoi occhi mentre parlava.
Ma per lui era l'opposto.
Sua madre gli disse che quando avrebbe incontrato la sua anima gemella, un lungo e splendente filo rosso avrebbe legato entrambi. Era così, che due anime gemelle si riconoscevano. Una volta incontrate, il velo che impediva loro di vedere ciò che li legava veniva sollevato, e loro si ricongiungevano per rimanere insieme per sempre. Era così che i suoi genitori si erano trovati, così che il loro amore infinito era iniziato.
Però, se per i suoi genitori questo filo rappresentava la felicità, la speranza, l'amore che lega due persone, per Tōru era una trappola. Si era sentito sin da subito preso e lanciato su un percorso con milioni di bivi, ma tutti chiusi, così che fosse costreto a proseguire dritto, senza avere la possibilità di scegliere da sè, senza averne il diritto.
Non era il padrone della propria vita, non aveva il privilegio di scegliere, non aveva la libertà di amare chi voleva, e questo tutto per colpa di quel filo attorno al suo dito. Aveva provato ad uscirne, a scappare da quella strada infinita e ad amare qualcuno che non fosse la sua anima gemella, ma nessuno lo aveva mai accettato, ovviamente.
Chi mai vorrebbe amare qualcuno non legato a loro dal filo? Significava essere masochisti, ferirsi consapevolmente.
Quelli attorno a lui lo guardavano confusi, senza cattiveria alcuna, ma semplice e naturale confusione. Il loro scopo nella vita era trovare la loro persona il più in fretta possibile, allora perchè per lui era diverso? Perchè voleva così tanto sottrarsi al suo destino? Questo era quello che pensavano le persone attorno a lui, persone che, come lui, nella vita non avrebbero avuto scelta alcuna ma che, a differenza sua, non se ne erano rese conto, e continuavano imperterrite con la loro vita, immerse in una piacevole e appagante ignoranza.
Ogni tanto Tōru li invidiava. Avrebbe tanto voluto anche lui vivere una vita normale, alla ricerca dell'altra estremità del filo, essere felice e spensierato, ma non poteva.
Sempre, in ogni momento della giornata, Tōru si sentiva tirare, muovere dai centinaia di fili rossi che erano avvolti attorno al suo corpo e che lo guidavano come fosse una marionetta priva di ragione, di forza. Era crudele, e non poteva evitare di sentirsi privo di qualunque scelta e diritto, per questo sentiva la necessità di fare qualcosa, di togliersi quei fili di dosso e vivere la propria vita come voleva lui, senza essere comandato.
Rivoleva sentire le redini della propria vita in mano sua, voleva essere lui ad averne il comando, e il primo obbiettivo per ottenere ciò che desiderava era non incontrare mai la sua anima gemella, evitarla per sempre. Per quanto lo riguardava, gli sarebbe andato benissimo anche vivere e morire da solo se ciò significava aver vissuto la propria vita al massimo, libero da quei fili che lo imprigionavano, strozzandolo.
Poi, incontrò lei.
Durante il secondo anno delle superiori, si innamorò.
Perdutamente, dolcemente.
Crudelmente.
Non erano anime gemelle, lo sapevano entrambi, ma non pareva importargli.
Finalmente aveva trovato qualcuno come lui, costantemente intrappolato in quel groviglio rosso, perso in quella strada con un un'unica via, e si sentì rassicurato, non più solo.
Lentamente, col passare del tempo, i fili allentarono la loro presa, fino a scomparire piano piano, con la mano di lei sempre nella sua.
Si sentivano entrambi liberi, finalmente padroni di loro stessi e dei loro sentimenti.
Si amavano, si amavano così follemente, e non era stato un filo a deciderlo, non era stato nessuno.
Era successo e basta, come dovrebbe essere.
Ma nonostante si sentissero liberi, leggeri e felici, c'era ancora un filo attaccato a loro, ed era quello sul loro mignolo. E anche se lo sapevano perfettamente, fingevano di non vederlo.
Presto o tardi però, erano entrambi stati costretti a vederlo splendere sulle loro dita.
Quella sera, Tōru avrebbe desiderato essere cieco.
In quel modo, tutto sarebe stato più semplice, e non sarebbe stato costretto a vedere il rosso splendere giorno e notte, tormentandolo crudelmente, ricordandogli che la persona accanto a lui non era quella destinata a stargli accanto per sempre.
Si sentì gli occhi bruciare e distolse in fretta lo sguardo dalle sue mani, rivolgendolo al soffitto sferico del planetario, illuminando i suoi occhi di stelle.
Le infinite stelle del cielo notturno danzavano nell'oscurità del planetario, riflettendosi sul suo viso stanco e pallido, rilassandolo.
Si lasciò andare sulla poltrona con il volto rivolto verso l'alto, guardando assorto e meravigliato il cielo, ora più calmo.
Se fosse stato cieco, non sarebbe mai riuscito a vedere una cosa simile, e sicuramente sarebbe stato il più grande rimpianto della sua vita.
Lentamente, i miliardi di astri proiettati sul soffitto scuro si muovevano, ingrandendosi e rimpicciolendosi, ogni tanto si allontanavano talmente tanto che andavano a formare una galassia scintillante e pulsante, viva. Il cielo notturno, lo spazio, lo avvolgevano, e per poco gli parve di star fluttuando senza gravità nel cielo, tra tante stelle.
Chiudendo gli occhi, riusciva a non sentire più alcun legame con il mondo, di essere finalmente libero e di poter fluttuare per sempre in quel mare di astri, facendosi guidare dalle stelle cadenti e danzare in mezzo alle galassie, venendo avvolto dai corpi celesti. Gli piaceva così tanto provare quella sensazione di leggerezza, di distacco assoluto, che ormai lo faceva d'istinto ogni qual volta ne sentisse la necessità. Poteva rimanere rinchiuso là dentro per ore, e non accorgersi mai del tempo che passava. Quel planetario era come una bolla che trascendeva il tempo e lo spazio, il suo posto sicuro in cima alla collina, il suo biglietto per un volo in un mondo in cui le preoccupazioni non esistevano, in cui le stelle brillavano e ridevano per lui.
Un mondo in cui essere felice, senza pressioni.
Un mondo in cui amare.
Non apriva mai gli occhi per guardare verso il basso, si godeva invece le luci delle stelle sulle sue palpebre chiuse, quasi come fossero un balsamo dolce, carezzevole.
Non guardava mai le sue mani, perchè se lo avesse fatto allora il filo rosso lo avrebbe catturato e lo avrebbe trascinato di nuovo sulla Terra, strappandolo dal suo mondo di luci e ombre.
Era l'unico posto in cui potersi dimenticare di tutto, anche di avere un corpo.
Era così assorto nel suo riposo, così cullato dalla danza delle luci che non si accorse del peso che si era posato sulla sedia accanto a lui.
[T/n] lo guardava con un leggero sorriso sulle labbra, illuminata dalle sfumature calde e fredde dello spazio sopra di lei. I suoi occhi scintillavano, ma sembrava tanto esausta quanto lo era Tōru; le borse sotto agli occhi, un pallore malato e le pellicine delle dita torturate.
Non era stato un periodo facile per loro.
In un breve periodo di tempo uno dall'altra, entrambi avevano incontrato la loro anima gemella, e nessuno dei due l'aveva presa bene.
Solitamente, o perlomeno da come lo descrivono, il primo incontro con la propria persona dovrebbe essere un'esperienza ultraterrena, una magia, se si vuole esagerare. Tutte le sue amiche le avevano raccontato come i loro interi corpi in quel momento si fossero improvvisamente alleggeriti e riscaldati lentamente, di come i loro cuori avessero iniziato a battere forte, di come la loro mente si fosse all'improvviso zittita e di come i loro occhi si fossero puntati unicamente sulla loro anima gemella, vedendo lentamente il filo rosso comparire.
Tuttavia, per lei era stata un'esperienza totalmente diversa. Certo, sentì anche lei il proprio cuore battere, il corpo scaldarsi, ma la mente le rimase lucida, e si riempì di tanti pensieri quante sono le stelle in cielo, e invece di sentirsi più leggera, iniziò a sentirsi sprofondare nei meandri più nascosti dell'entroterra. Il calore del corpo l'aveva fatta sudare tanto da farle perdere le forze e la vista del filo le aveva fatto venire le lacrime agli occhi.
Non voleva, non aveva mai voluto e avrebbe continuato a non voler mai quella seta attorcigliata attorno al suo dito. Si era avvicinato alla sua mano con una lentezza crudele e disarmante, come se avesse vita propria e desiderasse imprimerle per sempre quell'immagine in testa, in modo da farle capire che cosa succede quando si va contro al destino.
Aveva scosso la testa più volte, guardando terrorizzata il filo invece che il povero ragazzo che si trovava davanti a lei, ritraendo la mano cercando di allontanarsi, ma le sue gambe tremanti erano ferme, come se le scarpe fossero state incollate al terreno.
Senza ombra di dubbio, era stata l'esperienza più dolorosa della sua vita.
Subito dopo il primo incontro era scappata, ed ora, a un mese da quel giorno, non aveva ancora rivisto quel ragazzo.
Tōru aveva incontrato la ragazza a cui era stato destinato due mesi prima, e non era ancora riuscito a parlare di come si era sentito con [T/n]. Aveva trattenuto dentro il dolore in silenzio, disperandosi nei momenti di solitudine, sperando che la fidanzata non notasse i suoi occhi rossi ogni volta che tornava a casa.
Era difficile spiegare come si sentivano, ora che erano legati ad altre persone, e non più liberi di vivere nell'illusione di poter sfuggire al destino.
Era stato bello correre lontano da quella mano rossa che li inseguiva, cercando di afferrarli. Pensavano di essere bravi a giocare, di essere stati così furbi da riuscire ad ingannarlo; si resero conto solo alla fine di non essere stati scaltri, ma solo stupidi.
Nonostante questo però, non riuscivano ad abbandonarsi, a smettere di voler stare insieme.
Non riuscivano a smettere di amarsi per amare qualcun altro.
Entrambi ora si sentivano ingabbiati, come canarini a cui sono state tagliate le ali. Non sembravano più esserci vie d'uscita, bivi, ma un'unica strada verso la quale entrambi erano stati spinti.
Era difficle trovare una soluzione, se non impossibile; Tōru non riusciva a parlarle e quando lei provava ad aprirsi con lui, vedeva la tristezza colmargli gli occhi e allora si zittiva.
Erano nella stessa gabbia, dentro le stesse sbarre, ma non si guardavano nemmeno.
Ora però era arrivato il momento di affrontare la realtà, di capire cosa fare, che Tōru l'avesse voluto o meno.
Non potevano continuare così.
[T/n] avvicinò lentamente la sua mano destra a quella di Tōru, sul bracciolo della poltrona, e gliela appoggiò delicatamente sopra, vedendolo balzare sul posto, risvegliato dalla realtà.
La guardò con gli occhi spalancati, ma non appena riuscì a mettere a fuoco la sua immagine tirò un sospiro di sollievo.
"Cristo." Sospirò, accasciandosi nuovamente sulla poltrona.
"Non spaventarmi così."
Tōru tornò a guardare verso l'alto, non allontanandosi dalla stretta di [T/n], che sorrise un poco.
"Scusa, ho cercato di fare gentilmente."
Vide Tōru abbozzare un breve sorriso, annuendo.
"Che ci fai qui?"
Sembrava non volerla guardare, gli occhi erano fissi sull'immagine della via lattea che gli si rifletteva sugli occhiali.
"Ti stavo cercando, sapevo saresti stato qui... come sempre."
Sotto la sua mano, [T/n] sentì il corpo di Tōru irrigidirsi. Sapeva di essere in trappola, di non poter più sfuggire a quella conversazione, e si stava agitando.
[T/n] sapeva che avrebbe dovuto farlo lei il primo passo. Per Tōru sarebbe stato troppo difficile.
"Dobbiamo parlarne, Tōru. Lo sai che nemmeno io vorrei, ma ormai è inevitabile."
Sentì il suo corpo tremare sotto il suo tocco e lo vide mordersi l'interno guancia, ostentando indifferenza.
[T/n] soffriva vedendolo così, ma era una cosa che andava fatta.
Sospirò.
"Tōru..."
"Lo so... Lo so."
Il castano si sedette composto sulla poltroncina prima di volgersi verso di lei e fu solo allora che vide i suoi occhi lucidi e le guance pallide, il labbro inferiore sul punto di sanguinare.
Le venne un tonfo al cuore quando lo vide in quelle condizioni, con i capelli castani una volta sempre curati, ora tutti per aria, crespi, mal tenuti, le occhiaie scure sotto agli occhi, sull'orlo del pianto.
Gli strinse la mano più forte che potè, sentendosi gli occhi brciare e la gola rinsecchirsi.
Tōru si sollevò gli occhiali per strizzarsi gli occhi e asciugarsi le lacrime pronte a scendere, non lasciando andare la stretta calda delle fredde mani di [T/n], che nel frattempo si era lasciata andare ad un piant silenzioso.
Quando si riguardarono dopo secondi agonizzanti, Tōru, con ancora le lacrime che gli scendevano lungo le guance ora rosse, allungò la mano sinistra verso il viso di [T/n], facendo del suo meglio per ignorare il filo splendente che non legava la ragazza davanti a lui, e provò ad asciugare il fiume che sgorgava dai suoi occhi [c/o], inutilmente, fino a quando la voce tremante e strozzata di [T/n] non ruppe il silenzio tra i due.
"Io... Io n-non voglio lasciarti... Tōru, non voglio!"
Tōru scoppiò, lasciando che le sue lacrime scorressero senza freni, e si buttò sul corpo di [T/n], tremante e scosso dai singhiozzi tanto quanto il suo, aggrappandosi a lei come se stesse sprofondando nel terreno, stringendola forte contro il suo petto, inconsciamente pensando che, così facendo, lei sarebbe diventata parte di lui, e non si sarebbero mai dovuti lasciare.
Sentì le mani di lei aggrapparsi al retro del suo maglione, tirando disperata mentre il suo pianto colmo di dolore le usciva dalle labbra, uccidendo entrambi.
Tōru non riusciva, non poteva accettare che quella sarebbe stata la loro fine. Dopo tutto quello che avavno passato, dopo tutto quello che avevano condiviso, perchè dovevano separarli?
Saranno anche stati due stupidi a sentirsi tanto potenti da riuscire a raggirare il destino, ma il loro amore non era finto, non era un'illusione. Era vero.
Il loro stare insieme non era stato solo un capriccio, un atto di ribellione.
Tōru era convinto che fosse lei la persona a cui era destinato, che fosse [T/n] la sola e unica per lui.
E allora, perchè?
Perchè i loro fili erano diversi, e non lo stesso?
"Perchè..?" Continuava a bisbigliare tra i singhiozzi, tenendo la ragazza sempre più stretta a sè, come se potesse scivolare via da un momento all'altro.
[T/n] lo stringeva forte a sè, non voleva lasciarlo andare. Non riusciva ad immaginarsi con qualcun altro che non fosse lui, con quel ragazzo di cui ormai non si ricordava nemmeno più il viso.
Era lui che voleva, ma glielo stavano strappando via, così come avveno fatto con le loro ali, con la loro libertà.
[T/n] affondò il viso sul petto di Tōru, respirando il suo odore, cercando di calmare il fluire delle sue emozioni distruttive e, piano, lentamente, riuscì a prendere dei respiri più regolari, prendendo ad accarezzare la schiena di Tōru prima di alzare lo sguardo verso di lui.
Mai lo aveva visto così disperato, così invaso dai sentimenti. Era come se tutti i sentimenti imbottigliati e trattenuti fino a quel momenti fossero diventati talmente tanti da far esplodere la bottiglia, e tutto quello al suo interno si fosse riversatao con una violenza estrema all'interno di Tōru, sconvolgendolo.
Cercò di asciugargli le lacrime, sentendo il suo viso bollente sulle sue mani ghiacciate, percependo le sue lacrime bagnarle le dita e scenderle giù dentro le maniche del cardigan.
Gli avvolse il collo con le braccia, sentendo la sua forte presa sorreggerla mentre lei, in ginocchio sulla poltrona, si sporgeva oltre il bracciolo, verso di lui.
"Tōru, io... io voglio continuare a stare con te." Glielo sussurrò all'orecchio, come fosse un segreto, con ancora la voce tremante come un giunco colpito dal vento ed incrinata dal lungo pianto.
Sentì la stretta di Tōru farsi ancora più ferrea e un brivido la percorse percependo le sue lacrime arrivarle al collo.
"A-anche io... non... non voglio che ci lasciamo!"
Qualche singhiozzo s'intromise nel suo discorso, ma [T/n] continuò a stringerlo, aspettando paziente con il cuore ch le batteva forte contro il petto di Tōru.
"Io amo te, te e soltanto te!" Affondò di più il viso bagnato sul collo di lei.
"Io so che... che sei tu... Sei tu il mio destino, e non quella là che nemmeno consoco! Sei tu.."
Le lacrime ripresero a correre lungo le guance di [T/n], ormai allo stremo delle sue forze, con in mente solo lui.
Strinse forte il maglione di Tōru, asciugandosi con l'altra mano le lacrime meglio che poteva, e cercò di allontanare Tōru da sè, in modo da poterlo guardare in viso.
Sembrava un bambino con il viso rosso, le lacrime splendenti sotto la luce delle stelle e una smorfia di dolore in viso. Gli avvolse le guance con le mani e gli sorrise dolcemente, più sollevata, più innamorata di prima dopo averlo visto così disperato per lei.
Per loro.
"Anche per me. Per me conti solo tu, Tōru. Non riesco ad immaginarmi con qualcun altro, la sola idea mi... mi mette i brividi, ecco. Perchè senza di te, Tōru, non saprei cosa fare. Perchè... p-perchè sei parte di me e... e se dovessi perderti, io... io..."
Tōru si precipitò sulle sue labbra, interrompendo il suo ennesimo pianto. Le sue labbra erano screpolate, tanto quanto le sue, inumidite dalle lacrime e torturate dai denti. Era un bacio disperato, più liberatorio e calmante di una infinità di pianti.
Lentamente, durante il contatto delle loro labbra, entrambi riacquisirono la loro calma e le lacrime smisero di scendere, lasciando i loro visi rossi, umidi, ma non più incrinati in una smorfia.
Si separarono lentamente, guardandosi sotto il mare di stelle che, ora, parevano danzare per loro, illuminando i loro visi provati.
Si sorrisero a vicenda, toccandosi con le fronti.
Erano bastate poche parole per ritrovarsi, riconciliarsi, amarsi più di prima.
Non erano mai stati così sicuri della loro scelta di andare contro al mondo, a discapito di tutto e tutti. Sapevano di essere fatti uno per l'altra, anche se non erano legati da quel filo rosso.
Non avrebbero più dato il potere a quella seta di controllarli, di danneggiarli, ferendoli. Tutto quello che desideravano era davanti a loro, e non sarebbe stato un filo inanimato a decidere cosa era meglio per loro.
Quelli che avevano incontrato saranno anche potuti essere le loro anime gemelle, ma non li avrebbero mai conosciuti come si conoscevano loro, non sarebbe mai stata la stessa cosa.
Loro ormai erano diventati uno parte dell'altra, indivisibili, per sempre uniti, e separarsi avrebbe solo segnato la loro fine.
Loro non erano anime gemelle perchè lo aveva deciso il filo rosso, ma perchè si erano trovati, e si erano innamorati, senza vincoli, senza che qualcuno lo avesse deciso per loro, senza che si fossero sentiti obbligati.
E sotto quel mare di stelle, le luci dello spazio sfiorarono i loro corpi, uniti da un caldo abbraccio, ora indissolubile.
Finalmente padroni dei loro sentimenti e della loro vita, insieme, trovarono il coraggio di guardare i loro anulari legati da due diversi fili, e sorrisero, guardandoli splendere sempre meno di fronte al loro amore.
Angolo Autrice:
Devo essere sincera, ho rischiato di piangere scrivendola, prima volta che mi capita.
Sono comunque molto soddisfatta del risultato, spero che sia piaciuta anche a voi!
Fatemi sapere cosa ne pensate, se trovate degli errori tranquilli, sistemerò non appena avrò un attimo di tempo.
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