|Let me love you| |Tetsurō Kuroo|
I see those tears in your eyes
I feel so helpless inside
Oh love, there's no need to hide
Just let me love you when your heart is tired.
-Alan Walker.
Oscurità.
Era tutto quello che riusciva a vedere.
Solo ed unicamente oscurità, da quasi una settimana.
Era avvolta nelle sue lenzuola da così tanto tempo che pensava avrebbero potuto prendere parte del suo corpo. Per non parlare del materasso, che ormai aveva la sua sagoma infossata.
Ma non le importava, come poteva?
Gli occhi le bruciavano, si sentiva senza voce da quanto poco l'aveva usata in quei giorni, gli arti le formicolavano sempre un po', bramosi di poter tornare a muoversi.
Ma lei non voleva.
Tutto quello che riusciva a sentire era la sua voce, che le rimbombava in continuazione in testa, e vedeva soltanto tutti i bei momenti che avevano passato insieme, il suo sorriso, i suoi occhi, le sue mani, i suoi capelli.
Vedeva e sentiva solo lui.
Riusciva ancora a sentire le sue carezze su di sé, le loro labbra che si univano e gli abbracci che si scambiavano.
Ma non avrebbe mai più avuto quei momenti.
E lo sapeva.
Lo sapeva anche fin troppo bene.
Così bene, che le faceva male.
Per i primi giorni, le domande l'avevano tormentata.
Cosa ho fatto di sbagliato?
È colpa mia?
È colpa tua?
Posso rimediare?
Ma poi, si era arresa.
Non cercò più delle risposte a quelle domande, perché sapeva che era tutto finito.
Lui non la amava più, e lei lo aveva finalmente capito.
Nonostante questo, si sentiva vuota.
Privata di qualcosa che sapeva non sarebbe più tornato.
Gli aveva donato tre anni della sua vita.
E lui li aveva buttati nella spazzatura, lasciandosi tutto alle spalle, e non guardandosi più indietro.
Lei, invece, aveva cercato tra quei rifiuti, guardandosi continuamente alle spalle.
Ma era ora di finirla.
Così, quando quella mattina lesse il messaggio che le era stato inviato, e che l'aveva svegliata, decise di asciugarsi le lacrime ed alzarsi.
Ken Ken👾
Io e Kuroo oggi ti aspettiamo al bar dell'università, speriamo tu venga.
Si mise a sedere sul letto, strofinandosi poi le mani sul viso, e sbuffò quando cercò a tentoni il pulsante della lampada, appoggiata al comodino.
Si portò le mani a coprire gli occhi quando la luce invase l'ambiente, e una volta che li riaprì, si rese conto delle condizioni pietose nelle quali stava vivendo.
Vari sacchetti e contenitori vuoti erano gettati a terra, così come lo erano bottiglie e posate.
Vide chiaramente dei vetri rotti sul suo parquet, e si ricordò del suo scatto d'ira, durante il quale aveva distrutto tutte le loro foto.
Si alzò in piedi, barcollando un poco, e si avvicinò alla cornice ormai irrecuperabile.
Sfilò la foto da sotto i vetri e rimase a guardare i loro sorrisi, allora così sinceri, mentre reprimeva il dolore che la attanagliava ancora.
Guardò così tanto quel viso delicato che, lentamente, le venne un disgusto tale che fu costretta ad accartocciare la foto, buttandola il più lontano possibile.
Si sedette a terra, reprimendo un conato di vomito.
Continuava a tornarle in mente, non poteva farci niente.
Ma doveva pensare a qualcos'altro, e l'unico modo era uscire e parlare a qualcuno.
Si alzò con difficoltà, avvicinandosi alla finestra del suo grande balcone, ed iniziò a tirare su le tapparelle.
La luce del sole illuminò l'intera stanza, anche i pertugi più nascosti.
Aprì le finestre e lasciò entrare un po' di aria mentre lei usciva velocemente dalla stanza, sentendo un estremo bisogno di farsi una doccia, dopo una settimana che non se ne faceva una.
Una volta in bagno, entrò nell'ampia cabina della doccia, aprendo il getto d'acqua e spostandolo verso la parte più calda.
Iniziò a spogliarsi del pigiama, che avrebbe buttato a lavare istantaneamente da quanto puzzava.
Quando rimase completamente senza vestiti, si lanciò uno sguardo allo specchio, e poté notare quanto lui l'avesse ridotta male in una semplice settimana.
Il suo viso era più pallido che mai, così come tutta la pelle del suo corpo, spenta.
Sotto ai suoi occhi [c/o] troneggiavano delle profonde occhiaie nere, che non facevano altro se non peggiorare il suo stato.
Le sue labbra erano di un rosso acceso, quasi sul punto di sanguinare come le notti precedenti, da quanto le aveva strette tra i denti.
Le gote erano ancora un po' umide e rosate, segnate dalle numerose lacrime che si erano fatte strada lungo di esse.
I suoi [l/c] capelli [c/c] erano crespi e pieni di nodi, sporchi.
Di gola le uscì una risata amara.
"Fanculo."
Si girò, notando che le pareti di vetro della doccia erano finalmente diventate opache, per via del vapore dell'acqua, ed entrò senza esitazione.
Appena la sua pelle venne a contatto con l'acqua calda, sentì una sensazione di leggerezza che non provava da un po'.
Regolò il getto prima di potersi godere la sua meritata doccia.
Iniziò a sciacquarsi i capelli, districando con le dita tutti i nodi prima di passarci sopra lo shampoo.
Dopodiché passò al corpo, iniziando a pulirsi lentamente.
Si sentiva finalmente libera, come se l'acqua l'avesse purificata un po', trasportando con se tutta la sua tristezza, purtroppo solo momentaneamente.
Dedicò a se stessa tutto il tempo di cui necessitava, e sarebbe rimasta sotto la doccia ancora un bel po' se non fosse stato per l'appuntamento che aveva con Kenma e Kuroo al bar.
Spense il getto ed uscì dalla doccia infilandosi un accappatoio bianco, si guardò nuovamente allo specchio, trovando già un miglioramento, anche se minimo.
Uscì dal bagno per tornare a prendere il nuovo intimo ed i vestiti con i quali si sarebbe vestita quel giorno, per poi tornarsene nell'ambiente caldo.
Appoggiò il tutto sopra il porta asciugamani prima di spogliarsi dell'accappatoio, ormai asciutta.
Si avvolse i capelli in un turbante mentre si infilava gli indumenti.
Nonostante avesse deciso di andare avanti, ancora non se la sentiva di vestirsi decentemente, anzi.
E per sua fortuna, il suo ormai ex non andava nella sua stessa università, così avrebbe potuto evitare la fatica giornaliera per scegliere i vestiti che le sarebbero stati meglio.
Indossò quindi una delle sue felpe leggere e larghe e dei jeans neri.
Si asciugò in velocità i capelli con il phon una volta che si rese conto dell'ora.
Doveva uscire in fretta di casa se voleva arrivare per tempo al bar, o le lezioni sarebbero iniziate senza di lei, ancora una volta.
Si affrettò verso la sua camera, ridotta così male che sembrava fosse passato un uragano.
Stava per prendere le chiavi di casa quando sulla scrivania vide il suo pacchetto di tabacco, con lì vicino il suo borsellino, dove tutto il necessario era riposto.
Allungò d'istinto la mano, raggiungendo il pacchetto, ma a metà strada si fermò.
Era solo una brutta abitudine, la sua, che da tempo voleva fermare, ma non era sicura ci sarebbe riuscita così facilmente con un cuore a pezzi come il suo.
Per questo, con l'immagine del fumo che avvolgeva tutti i suoi frantumi, riunendoli piano piano, afferrò il pacco di tabacco, mettendolo poi dentro il borsellino e successivamente dentro lo zaino.
Prese le chiavi di casa, ed uscì.
Arrivò all'università del tutto trafelata.
Aveva corso l'ultimo tratto di strada che la separava dall'istituto, dato che l'autobus si era fermato troppo prima.
Con il fiato corto entrò nell'enorme giardino, pullulante di studenti, a partire dalle matricole fino a finire ai futuri laureati.
L'atmosfera sembrava alquanto allegra, ma lei non sembrava esserne affetta.
Continuava a torturarsi le dita dentro la tasca dell'enorme felpa, che la copriva fino a metà coscia.
Non riusciva a guardare direttamente le coppiette che girovagavano per il prato.
Le sembravano loro due.
Prima che tutto accadesse.
Non si spiegava perché continuasse a pensarci.
Aveva deciso di andare avanti, no?
Allora... Perché era così difficile?
Perché non poteva dimenticarsi di lui e basta?
Prese un grande respiro e continuò per la sua strada a testa bassa, evitando chiunque cercasse di parlarle, sorprendendo la maggior parte dei suoi conoscenti.
Tutta la sua allegria era scomparsa come per magia.
Ma una magia oscura e malvagia, che invece di donare gioia, portava tristezza e rabbia.
Camminò ancora per un po' prima di ritrovarsi davanti la gigantesca caffetteria.
Molti tavoli, ed altrettante sedie, erano sparsi per l'intero ambiente, ben illuminato.
Era tutto quasi pieno, dopotutto era la mezz'ora prima che iniziassero le lezioni, quindi non si sarebbe dovuta sorprendere.
Si avvicinò al loro solito tavolo, ma non trovò le due figure che era solita trovare.
Si guardò attorno, ma non sembrava esserci traccia dei due gatti.
Sospirò, sedendosi in malo modo su una sedia.
Se i suoi amici non c'erano, poco male, avrebbe speso un po' di tempo da sola, magari sarebbero arrivati.
Prese il borsellino dallo zaino e tirò fuori tutto il suo kit fai da te.
Preparò il filtro e la cartina, prendendo poi un po' di tabacco ed iniziò a girare la sua sigaretta.
Se la sarebbe tenuta per dopo, non aveva fretta.
Continuò quel processo delicato, fino a che sentì dei pesanti passi infrangersi sul pavimento.
"[T-T/n]! S-sei qui! Visto Kenma.. te..te lo avevo detto che sarebbe venuta!"
Davanti a lei un'alta e muscolosa figura era piegata sulle proprie ginocchia, nel tentativo di riprendere fiato.
I folti capelli neri erano ancora più disordinati del solito, le guance erano rosse per la corsa ed i vestiti si erano tutti smossi.
Al suo fianco, un'altra figura, questa volta più piccola e gracile, gli dava svariati colpi sulla schiena, facendo tossire il moro.
I suoi lunghi capelli biondi gli coprivano parte del viso, ma la ragazza poté notare il classico viso serio dell'amico.
"Yo."
Li salutò con tranquillità, quasi come se non fosse successo niente, come se fosse tutto normale.
Ma non lo era.
E questo lo sapevano tutti e tre.
"[T/n], che fine hai fatto in questa settimana? Non ci hai praticamente quasi mai risposto."
Il biondo le si avvicinò, incrociando il suo sguardo preoccupato con il suo mentre si sedeva davanti a lei, ignorando l'amico morente.
Gli sorrise tranquilla, scuotendo flebilmente la mano, che ancora stringeva tra le dita la sigaretta.
"Niente Ken, semplicemente ero malata e non avevo le forze per rispondere."
Perché stava mentendo?
Non era uscita per sfogarsi?
Per parlarne?
Allora, perché mentire?
Kenma la guardò sospettoso prima di lanciare un'occhiata a Kuroo, finalmente in piedi.
La scrutò con quelle sue due pozze d'ambra, tanto da metterla sotto pressione.
Sembrava la stesse analizzando, scrutando ogni parte di lei, pronto a cogliere ogni segno di menzogna, una qualunque bugia.
Arricciò il naso, facendo una smorfia con la bocca.
"Ne sei certa?"
La ragazza sentì il cuore accelerare e le mani sudare da quanta paura aveva di essere scoperta, ma mantenne la compostezza.
"Certo Kuroo, sto bene."
Si rigirò la sigaretta tra le mani mentre lo sguardo tagliente del moro era ancora puntato su di lei.
Lasciò andare un sospiro, arrendendosi.
Sapeva che c'era qualcosa che non andava, e sapeva anche che [T/n], piuttosto che farli preoccupare, si sarebbe tenuta tutto dentro, distruggendosi.
Decise però di lasciar correre, ma non avrebbe esitato ad intervenire, una volta che si sarebbe presentata l'occasione.
"Se lo dici tu.. Hai mangiato qualcosa? Sembri dimagrita."
"Nah, è la felpa che è troppo grande."
Rimise tutto l'occorrente nel borsellino, compresa la sigaretta, posta accuratamente dentro una tasca interna, insieme al suo clipper, amico di vecchia data.
Si alzò, mettendosi lo zaino sulle spalle, e si voltò a guardare i suoi due più cari amici.
"Allora? Ci muoviamo? La lezione inizia tra poco, e io non ci tengo a farmi fregare i posti dietro!"
I due ragazzi si lanciarono uno sguardo veloce prima di afferrare le loro cartelle ed affiancarla.
La loro amicizia era un qualcosa difficile da spezzare.
Erano sempre stati insieme, sin dalle medie, ed il loro rapporto non aveva fatto altro che incrementare con il passare del tempo.
Non si separavano mai, ogni giorno lo passavano insieme, se non a casa di uno, in quella dell'altro.
Giocavano, studiavano, si divertivano facendo gli stupidi, anche se quelli erano soprattutto Tetsurō e [T/n].
Insomma, si vivevano.
Erano cresciuti insieme, ed erano diventati una piccola famiglia.
Purtroppo, però, col tempo, i sentimenti di Kuroo nei riguardi della ragazza, avevano iniziato a diventare mano a mano più profondi.
All'inizio, Tetsurō non voleva crederci.
Era la sua migliore amica, non poteva essere.
Ma più la guardava scherzare con gli altri ragazzi, rivolgere i suoi sorrisi a persone che non erano lui, farsi sfiorare da delle mani che non erano le sue, più il peso sul suo cuore si aggravava.
Finì per essere geloso anche di Kenma, che sapeva poco o niente della sua cotta.
Ma presto o tardi, anche lui se ne accorse, anche se non disse niente all'amico.
Glielo fece intendere con il suo modo pacato di fare, riducendo così le discussione che avrebbero potuto sprecare il suo prezioso tempo.
Quando capì di essersi preso una bella cotta per la sua amica, Tetsurō decise di non dire niente, troppo spaventato dalle conseguenze che avrebbero potuto portare le sue azioni.
E se lei lo avesse rifiutato?
Che ne sarebbe stata della loro amicizia?
Non voleva nemmeno pensarci.
La sola idea di non averla più accanto, con tutte le sue battute squallide, le sue risate, i suoi bronci, lo faceva morire.
Non riusciva ad immaginarsi una vita senza di lei.
Così, rimase in silenzio.
Gli anni passarono, le medie finirono e lui fu costretto a passare il suo primo anno alle superiori senza i suoi due amici, entrambi un anno più piccoli.
Quando anche loro entrarono alle superiori, ovviamente scegliendo la stessa scuola di Testurō, non volendo venir separati, la concorrenza per il moro aumentò a dismisura.
Se alle medie c'erano dei ragazzi pronti a farle la corte, alla Nekoma ce ne erano il triplo.
[T/n] rifiutava però ogni dichiarazione le venisse fatta, alimentando così le speranze di Kuroo, che un giorno decise che era arrivato il momento.
Si era svegliato con il coraggio in corpo, deciso a renderla sua.
Si era diretto fieramente da lei, con un sorriso smagliante in viso, che si ruppe in mille pezzi, proprio come il suo cuore, quando lei, tutta emozionata, gli comunicò del suo fidanzamento con il ragazzo che le piaceva da mesi, a sua insaputa.
Nascose dentro di sé la tristezza prorompente e le sorrise, congratulandosi.
Distrutto, era così che poteva essere definito.
Si era reso conto troppo tardi di quanto la amasse, di come non potesse passare giorno senza che i suoi sentimenti crescessero, senza che la voglia di tenerla stretta a sé aumentasse.
Ma era troppo tardi.
Sembrerà vile e sbagliato, ma nei giorni seguenti, Tetsurō visse nella speranza che la relazione tra i due cessasse di esistere.
E fece così per i mesi successivi, per un intero anno, fino a che non si rese conto di quanto miserabile sembrasse.
Non poteva solo essere felice per lei?
Finalmente aveva trovato quello che cercava, e lui sperava che finisse tutto tra loro?
Ma che razza di amico era?
Così, smise di combattere.
La lasciò andare, sciolse le loro mani, lasciando che qualcun altro ne custodisse il calore.
La amava, e la voleva felice, anche se non era con lui.
Nascose il sentimento nel suo cuore, chiudendolo a chiave.
Non provò mai niente di così forte da poter essere uguagliato a quello che provava per lei.
Ci aveva provato, ad andare avanti, ma nessuna ragazza sembrava andargli a genio.
Nessuna di loro era lei.
Così, quando quel giorno [T/n] si assentò, e non andò all'università per la settimana successiva, dentro Kuroo era iniziata a crescere a dismisura la preoccupazione.
Non rispondeva ai messaggi, e nemmeno alle chiamate, né quelle sue né quelle di Kenma.
L'ansia lo stava divorando vivo, e l'amico aveva dovuto trattenerlo più volte dal catapultasti a casa della ragazza.
Quando poi, quella mattina, sullo schermo del biondo arrivò una notifica da parte della [c/c], il cuore di Testurō aveva perso un battito.
Si erano precipitati di fretta e furia all'università, e quando la vide, non gli sembrò lei.
Le borse nere sotto agli occhi erano molto evidenti, ma mai quanto il rossore di essi, un colore innaturale per una persona normale, una che non aveva pianto.
Il suo viso era di un pallore cadaverico e le labbra erano mangiucchiate.
Perse il respiro quando vide tra le sue mani una sigaretta, quel maledetto vizio che il suo fidanzato le aveva involontariamente attaccato.
L'aveva lasciata andare perché fosse felice, non perché si riducesse in quello stato.
Sapeva che qualcosa non andava, e pensava di conoscerne anche il motivo.
Lui.
Non disse niente, proprio perché sapeva non essere il momento adatto.
La osservò per il resto delle lezioni, seduta al suo fianco mentre prendeva qualche appunto con il laptop, vicino a lei Kenma, che alzava ogni tanto lo sguardo sala sua console per guardare la ragazza, preoccupato nel suo.
Notò come ogni tanto la tristezza sul suo volto facesse capolino, facendole spuntare una smorfia di dolore.
Vide anche una lacrima scenderle lungo la guancia, ma lei fu rapida a cacciarla via.
Alla fine delle lezioni, si alzò in fretta, salutò i suoi amici ed uscì dall'aula, lasciando spiazzati i due gatti.
Testurō era deciso come non lo era da tre anni.
Le avrebbe parlato, quella sera.
L'oscurità della notte la avvolgeva, appoggiata alla ringhiera del suo balcone, le braccia a contatto con il freddo metallo mentre le mani erano congiunte tra loro.
Vestita solo con una canottiera e dei pantaloni di una tuta, lunghi, si beava del fresco venticello che le scompigliava i [l/c] capelli [c/c].
Respirò a pieni polmoni quell'aria così pura, e quasi si dimenticò del dolore che le attanagliava il petto.
Si sentiva una codarda.
Era scappata.
Voleva sfogarsi, lasciar andare tutto fuori, ma non ci era riuscita.
Non era mai stato il suo forte esprimersi, e se la cosa implicava far star male qualcuno a cui lei teneva, allora preferiva soffrire da sola.
Aveva deciso così, voleva affrontare la cosa da sola.
Magari l'avrebbe resa più forte, e le ferite avrebbero fatto più fatica a riaprirsi.
Si voltò verso il tavolino posto alla sua sinistra, circondato da tre sedie di legno, sopra la quale superficie il suo borsellino fucsia troneggiava.
Gli si avvicinò e ne tirò fuori la sigaretta e l'accendino, tornando poi ad appoggiarsi alla ringhiera.
Si tirò indietro i capelli prima di accendersi la sigaretta, che infettò l'aria circostante con il suo fumo.
Prese qualche tiro, e sentì subito i muscoli rilassarsi.
Osservò il fumo danzare insieme al vento, creando forme che l'avevano sempre affascinata.
Ne rimase ipnotizzata, così tanto che non sentì la portafinestra aprirsi e dei passi che le si avvicinavano.
"Ancora con quelle maledette sigarette, [T/n]?"
Fece un salto sul posto, quasi facendosi cadere la cenere addosso.
Stupita, portò lo sguardo alla figura davanti a sé, trovandosi davanti il moro, che la guardava con sguardo severo, le braccia incrociate al petto.
"Tetsurō! Mi hai spaventata, non farlo mai più!"
Si portò una mano tra i capelli prima di prendere un altro tiro, e riportare lo sguardo al suo amico.
"Che ci fai qui?"
Sul viso di Kuroo comparve un piccolo sorriso, ma non era uno di quelli sinceri, uno dei suoi.
"So che c'è qualcosa che non va, [T/n]. Ti prego, non mentirmi."
La ragazza si sentì il cuore in una morsa.
L'aveva scoperta?
Come?
Non voleva che stesse male per lei, no, non voleva.
"E-eh? T-Tetsu, ve l'ho già detto, non c'è niente che non vada! Sono solo stata ma-"
"Si tratta di lui, non è vero?"
Le mani le si bloccarono per aria, intente a gesticolare, e il cuore le si fermò.
Si rimise composta, prese l'ultimo tiro e buttò giù dal balcone la sigaretta, pronta a rientrare in casa.
Stava per oltre passare la porta quando due braccia la fermarono, tenendola stretta per le spalle.
"Smettila di scappare! Io e Kenma lo sappiamo che stai male, non capisci che così non solo tu ci soffri, ma anche noi?! Perché.. Perché non puoi dirci le cose come stanno?! Chiare e tonde!"
Le scosse leggermente le spalle, cercando di ottenere una qualche reazione mentre Tetsurō si sentiva le lacrime agli occhi.
[T/n] aveva la testa bassa, i capelli le coprivano il viso, impedendone la vista, ma Kuroo riusciva a sentire il suo tremolio.
"[T/n].. Ti prego, dimmelo..."
Le uscì un singhiozzo di bocca che la fece sussultare, e le lacrime cominciarono a scenderle lungo le guance, toccando poi il pavimento.
"M-mi ha m-mollata Tetsu.."
Alzò il viso, permettendo a Tetsurō la vista dei suoi meravigliosi occhi [c/o] ricolmi di lacrime e tristezza.
La bocca era contorta in una smorfia di dolore e i singhiozzi continuavano a scuoterla.
Kuroo non ce la fece più, anche lui con le lacrime agli occhi e la voce incrinata.
La abbracciò con tutte le sue forze, aggrappandosi a lei, così come lei fece con lui, quasi ne dipendesse la sua vita.
Pianse tutte le lacrime che si era ripromessa di non far più uscire, le fece scendere, e al contrario di quelle della settimana passata, queste la liberarono da un peso.
I loro singhiozzi erano udibili per tutto il vicinato, ma a loro non importava.
Si stavano liberando a vicenda di tutto il loro dolore, tutta la loro sofferenza, lasciandola volare via con un solo abbraccio.
Lentamente, entrambi si calmarono, e rimasero l'uni tra le braccia dell'altro, cullati dal calore reciproco.
"Perché non ce lo hai detto?"
La voce di Tetsurō, ancora spezzata, interruppe la calma che si era andata a creare.
[T/n], con gli occhi chiusi ed il viso affondato nella spalla del ragazzo, quasi sorrise alla domanda.
"Non volevo farvi stare male."
Kuroo scosse la testa, esasperato da tanta testardaggine.
"Sei sempre la solita."
Appoggiò la fronte sulla minuta spalla di lei, sfregando il viso ancora umido su essa.
"Non sei stanca?"
"Stanca, di cosa?"
"Di soffrire.. Il tuo cuore, non ne ha abbastanza?"
Alzò il viso, facendo scontrare il loro occhi, ancora umidi.
Kuroo, in cuor suo, ancora ci sperava, e la chiave che per tanto tempo aveva lasciato accantonata, finalmente stava riaprendo il sentimento, lasciandolo uscire lentamente, quasi avesse paura si disperdesse.
"Il mio cuore?"
La ragazza si portò la mano al petto, all'altezza del cuore, sentendolo pulsare.
Ora, faceva meno male, ma non se ne sarebbe andato così facilmente.
"Si, forse... È stanco."
Abbassò il capo, che le venne però rialzato dalle delicate mani di Testurō, il quale avvicinò il suo capo a quello di [T/n], rimanendo a soli pochi centimetri di distanza.
"Allora perché non puoi lasciarti amare da me?"
Lentamente, avendo paura di venir respinte, le labbra di Testurō si unirono a quelle di [T/n] in un bacio dolce e casto, che trasmise alla ragazza tutto l'amore che il moro provava per lei da anni.
Con esitazione, ricambiò il bacio, accarezzando la guancia liscia di lui.
E quando il bacio finì ed i loro occhi si incontrarono, facendo sbocciare sui loro visi due sorrisi, [T/n] pensò che forse non le serviva il fumo per riaggiustare tutti i pezzi del suo cuore.
Dedicata a Magiiiii-chan .
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