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Capitolo sedici



«Adesso potrò vantarmi con tutta la scuola che la mia amica è un genio. Avete sentito, voialtri? È un genio!» Dinah stava festeggiando a modo suo, attirando l'attenzione ed enfatizzando il contesto.

«Shh! Abbassa la voce, Dinah. Dai, mi vergogno.» Ally tentò di nascondersi dietro la frangetta spettinata, ma niente poteva sul tripudio esaltato della polinesiana.

Camila si godeva la scena con un sorrisetto sotto i baffi, restando abbastanza in disparte da non essere inclusa nella comica scenetta. Ally talvolta scagliava lo sguardo nella sua direzione, in cerca d'aiuto, ma Camila, indolente, si teneva alla larga, sapendo bene che Dinah avrebbe abbracciato anche lei nella sua sperticata esultanza.

«Affiggete i manifesti, questa ragazza vincerà il prossimo nobel per la scienza!» Gridò ai quattro venti, guadagnando occhiate incuriosite e stranite dagli studenti che transitavano.

«Eddai, vuoi piantarla?» Sibilò Ally, rimpicciolendosi sempre di più nella sua capigliatura scompigliata e lo zaino di una misura più grande.

«Camila, Camila?! Ma dove.. Ah, eccoti! Dai, strapazzala anche tu.» L'istigò bonariamente la polinesiana, spupazzando Ally per le spalle come fosse una bambola.

Quello fu il momento in cui la cubana intervenne, non tanto per unirsi alle danze come richiesto da Dinah, ma per evitare che la timidezza della bionda e l'irruenza dell'altra non entrassero in comunione e combinassero un pasticcio ai danni della sventurata Ally.

«Okay, direi che per oggi abbiamo celebrato abbastanza.» Sentenziò la cubana, intromettendosi fra le due per dividerle.

La bionda alle sue spalle si aggiustò il ciuffo, riassestò lo zaino sulle spalle e borbottò qualcosa sottovoce di incomprensibile. Dinah, invece, continuava a saltellare irrefrenabile. Sembrava dopata, o comunque sotto l'effetto di una potente bevanda energetica. L'entusiasmo e la vittoria sovraccaricavano il suo sistema nervoso, trasformandola in una trottola instancabile.

«Che ne diresti di dare spazio ad Ally, almeno per cinque minuti?» Azzardò Camila, stipulando un compromesso che Dinah accettò sbuffando.

La cubana si voltò per sincerarsi che Ally fosse tutta integra. Indossava un gilet rosa a pallini fucsia, aveva abbinato un jeans slavato e delle all-star basse di un rosina sbiadito. Sembrava un confetto. Camila sorrise, poi tornò a fronteggiare la macchina da guerra che stava ancora molleggiando sul posto.

«Camila, ma ti rendi conto? La nostra amica ha vinto le regionali di chimica! Tutti devono saperlo.» Si guardò macchinosamente attorno, scandagliando il corridoio in cerca di qualche target da assordare. Poi fu come se una lampadina le si accendesse in testa, così si sporse oltre la spalla della cubana per additare Ally «Pretendo una festa, sia chiaro!» Dichiarò inflessibile, un po' minatoria.

«Festa? No, no, non voglio nessuna festa. Camila, per favore dille che non voglio nessuna festa.» Ally si appellò al buonsenso dell'amica.

Non solo i festeggiamenti condotti da Dinah erano decisamente sopra le righe per i suoi standard, ma non erano neanche il suo ambiente. Ally preferiva tornare a casa, ficcare il naso fra le pagine di un buon libro, addormentarsi con la luce ancora accesa e la copertina riversa in grembo. Non era il genere di persona che amava le mondanità e ciò che comprendeva gli animali da festa. Niente in contrario, solo non era nelle sue corde.

«Dinah, forse dovremmo lasciar decidere ad Ally come festeggiare la sua vittoria.» Puntualizzò Camila, inarcando le sopracciglia per sottolineare il messaggio.

La polinesiana non si mostrò subitamente incline ad accondiscendere, ma comunque alla fine annuì fra un sospiro e l'altro.

La campanella pose fine al diverbio, richiamando tutte e tre ai propri doveri. Mentre si recavano in classe Dinah accostò Ally e le disse che con lei non aveva finito, la bionda alzò gli occhi al cielo mentre Camila rise.

Presero posto ai soliti banchi, dopodiché, prima che cominciassero le normali lezioni, il professore di chimica passò in rassegna ogni classe, congratulandosi personalmente con i suoi alunni. Quando arrivò il turno di Ally e Desmond, i due ragazzi che facevano parte della squadra di chimica di quarta ginnasio e che "risiedevano" nella stessa classe, Dinah aizzò più volte cori che l'anziana profesoressa di ruolo non riuscì a spegnere.

«Abbiamo organizzato una piccola rimpatriata con gli alunni che hanno vinto questo importante riconoscimento quindici lunghi anni fa, e ci terremmo che tutta la scuola sia presente, quindi vi aspettiamo stasera al bar di Joe, che ci ha gentilmente offerto di affittare tutto il locale.» Comunicò il professore di chimica ricevendo lodi fa parte degli alunni che già si sentivano giustificati per le verifiche dell'indomani.

«Non posso credere che un professore abbia più verve di Ally.» Mormorò Dinah, ottenendo una gomitata da parte di Camila che trattenne a stento una risatina.

Ovviamente il topic della giornata gravitò attorno a quella festa. A quanto pare la scuola non aveva più vinto le regionali, non solo di chimica ma in qualsiasi altro contest, da quindici anni, quando Nelson Holmes, il genio dell'istituto, portò al trionfo la squadra di matematica alle regionali del paese. La commissione era in visibilio, era tangibile l'emozione e l'eccitazione che veleggiavano nell'aria.

«Ehi.» Una vice alquanto familiare la sorprese alle spalle mentre stava compattando i libri dentro l'armadietto.

Camila si voltò di scatto riconoscendo due grandi occhi castani e il ciuffo a spazzola che svettava sulla fronte alta.

«Alan, come stai?» Lo salutò con dei rapidi baci sulla guancia, un po' impacciati e imbarazzati.

La loro uscita si era conclusa quel giorno quando Camila aveva chiuso la portiera e aperto l'uscio di casa. Non si erano più sentiti ne tantomeno visti, dato che da entrambe le parti era chiaro che non potesse essere un rapporto più profondo di un'amicizia. Alan le aveva spedito qualche messaggio, si erano scambiati dei meri convenevoli e finita lì.

«Sto gareggiando per una borsa di studio.» Incrociò le dita e Camila lo emulò, augurandogli gestualmente buona fortuna.

«E tu come te la passi?» Si appoggiò contro lo sportello dell'armadietto, sguainò un sorriso abbastanza lascivio, ma non era indirizzato specificamente a Camila, era solo il suo modo di essere.

«Discretamente bene, sotto assedio di esami.» Alzò gli occhi, per poi incurvare le labbra.

«Non dirlo a me. Penso che strozzerò qualcuno prima della fine del primo quadrimestre.» Storpiò l'espressione in una smorfia simpatica che fece ridacchiare la cubana.

Qualche amico lo richiamò a gran voce, un po' seccati per il ritardo a cui gli stava costringendo. Alan rispose burbero, poi sospirò e mormorò qualcosa a fior di labbra che mise di buon umore la cubana.

«Adesso devo scappare, ma ci vediamo stasera. Tienimi il posto accanto a te.» Ammiccò amichevolmente, poi si sbrigò a riconciliarsi con la sua combriccola.

Camila ultimò la sua ordinata ricomposizione dell'armadietto, dopodiché chiuse l'anta e... trasalì. Due intendi smeraldi la stavano penetrando dal fondo del corridoio. Camila ebbe l'impressione che la corvina la tenesse d'occhio già da un po', ma fu solo un presentimento che si vanificò all'istante quando Lauren agitò la mano per attirare l'attenzione del preside alle spalle della cubana. Era stato solo accidentale che lei finisse nel suo rader. Inspiegabilmente si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo.

Il sogno della notte antecedente l'aveva scombussolata molto. Si sentiva squinternata e spaesata, non sapeva cosa pensare o a quali congetture dare credito. Era tutto così ingarbugliato, a volte era perfino arduo distinguere sogno da realtà, tanto il suo corpo si distaccava dal mondo terreno. O almeno, questo era quello che percepiva lei.

Sapeva che era ridicolo arrossire davanti a Lauren dal momento che i suoi sogni erano soltanto sogni, ma la corvina aveva quello sguardo impenetrabile che a volte ti faceva dubitare di qualsiasi cosa.

Scosse la testa e si alleggerì di quei pensieri. La sua mente era impegnata già abbastanza ore quotidiane su quelle osservazioni, adesso voleva omologarsi al resto della scuola e focalizzarsi solo su quali calze abbinare al vestito per la festa.

E quello fece, si dannò assemblando un outfit che rispecchiasse i suoi connotati senza però apparire scoordinato o pacchiano. Optò per un abito semplice, nero, che fasciava la parte superiore in un corpetto a cuore e lasciava scoperte le gambe sotto una gonna pomposa.
Ai piedi delle semplice all-stars nere che erano sempre la scelta azzeccata.

Arricciò i boccoli già di per se voluminosi, donandogli un tocco più fresco e genuino. Spolverò un po' di cipria sul viso e aggiunse addirittura una passata di mascara sulle ciglia, niente di più. Solo quando Ally passò a prenderla decise di ingentilire il viso con una mano di lucida labbra nude.

La bionda aveva ricevuto il consenso dal padre per usare l'auto di famiglia, il che aveva attizzato maggiormente la smania di Dinah che era già elettrizzata per quella serata, soprannominata da lei stessa "la festa del manzo", sostenendo che tutti i manzi appunto si sarebbero riuniti nel bar.

La parlantina della polinesiana era talmente concitata che pareva più uno scioglilingua. Camila faticava a starle dietro, mentre Ally nemmeno tentava di tenere il passo, anzi teneva il ritmo di una canzone che le era entrata in testa tamburellando l'indice sul volante.

Quando arrivarono sul posto, Dinah nemmeno diede il tempo di trovare posteggio che già si era fiondata fuori. Camila ed Ally non fecero in tempo a condividere un'occhiata allibita che Dinah era già ad ordinare il secondo shot al bancone. La sua filosofia professava che partecipare ad un party senza scolarsi minimo cinque shottini non solo doveva essere considerato illegale, ma lo avrebbe addirittura inglobato nei reati minori. Praticamente una paladina delle leggi contrarie.

«Tu raggiungila, io vedo di trovare parcheggio.» La istruì la bionda che non volle sentire ragioni nemmeno quando Camila obiettò strenuamente.

La cubana di avventurò all'interno della ressa che si accalcava all'ingresso. Riconobbe qualche viso familiare, ma nessuna conoscenza che meritasse un pit stop. Entrò all'interno del bar dove c'era una gran confusione, ma fortunatamente nessuna canzone rimbombante che soggiogasse l'ambiente.

Erano tutti stipati nelle quattro salette che si snodavano simmetricamente, a forma di ragno. Camila si issò sulle punte per individuare Dinah, che ovviamente era al bancone. Si fece spazio a forza di gomitate e spintarelle per raggiungerla, poi prese posto accanto a lei e ordinò una Coca-Cola Zero.

«No! Vietato bere analcolici in mia presenza. Barista! Cambi l'ordine!» Impose la polinesiana, non lasciando scampo non solo al ragazzino apprendista che smanettava dall'altra parte con la cannella della birra, ma anche a Camila che non trovò maniera di opporsi.

In fondo non c'era niente di male a sorseggiare un drink alcolico in compagnia, per una sera almeno. E poi c'erano diversi adulti seminati per il perimetro che si sarebbero accollati la responsabilità, quindi tanto valeva approfittare dell'occasione. Carpe diem.

Alla cubana venne richiesto il documento, ma bastarono gli occhi a cerbiatto della polinesiana per dissuadere il giovane barista dai suoi obblighi.

«Sempre la solita.» Constatò Camila in un sorrisetto divertito.

Bevve a piccoli sorsi il suo intruglio, inorridendosi più volte per l'acidità del sapore.
Ally si aggruppò a loro dopo una decina di minuti quando Dinah era già al suo quarto shottino e Camila ancora a metà del primo bicchiere.

«C'è una fila. Ho dovuto parcheggiare nel posteggio a pagamento.» Recriminò la bionda, sbuffando stizzita. Allungò la mano per recuperare una manciata di arachidi e la ingollò.

«Amica, alcol. Ti ci vuole alcol.» Impartì Dinah, alzando la mano per prenotare il barista, affaccendato fra un ordine e l'altro.

Le tre fecero un brindisi in onore di Ally, poi Camila venne rapita da Alan che sbucato dal nulla la invitò a conoscere alcuni amici nell'altra stanza.

Tre di loro erano parte del team di football, gli altri cinque componevano la squadra da basket. Nessuno di loro le diede l'impressione di essere snob o spocchioso, ma avevano incollata addosso l'alone del denaro. Si intuiva a prima vista che appartenevano ad un élite proibita a molti di loro, ma non per quello si credevano migliori, il che era già abbastanza.

Stava parlando con Brian, un giocatore di football, quando un profumo familiare e soave le titillò le narici. Lo avrebbe riconosciuto in mezzo ad altri mille, tanto era afrodisiaco. Si voltò a perlustrare la stanza, ma il suo sguardo non dovette errare a lungo prima di intercettare Lauren.

Era ferma a soglia, stava osservando la stanza senza cercare nessuno in particolare, questa fu l'impressione che ebbe Camila. A parte ciò, era davvero mozzafiato. Indossava un vestito nero, più attillato del solito, estremamente seducente ma per niente volgare. Aveva un taglio semplice, ma le conferiva un aspetto avvenente che non passava inosservato. I riccioli sbocciavano pieni sulle spalle, gonfiandosi maggiormente all'altezza delle guance, mentre le gambe erano nude e aggraziate da un paio di tacchi modestamente alti.

Camila deglutì, avvertendo la gola seccarsi. Si scusò con Alan e, passando per vie traverse, ricascò sullo sgabello al bar dove Dinah non vi era più seduta, ma Ally si. Ora era il momento di bere, bere fino a non sentire più lingua, esofago e stomaco.

«Ally, qualsiasi cosa accada, non fermarmi per nessun motivo.» Ordinò solennemente Camila, tracannando il liquore azzurrognolo tutto d'un fiato.

Quella notte fu la prima volta che Camila guardò negli occhi gli incubi, ma non quelli che credeva.

Continua...

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