➥ [046]
«Detective Jung, Kim Sanghun è stato rapito!»
Un silenzio attonito scese nella stanza e, per un attimo, sembrò a tutti di aver capito male.
«Beh, sono stati veloci.»
La voce profonda di Taehyung squarciò quella quiete densa rimettendo in moto gli occupanti della stanza. Uno scomodo sentimento di sospetto albergava nei loro occhi, dopo le recenti rivelazioni era difficile credere che lui non c'entrasse nulla.
«Taehyung...» Jimin non pronunciò le seguenti parole, ma il significato implicito era chiaro a tutti, ciononostante, l'hacker non fece una piega.
«No, non sono stato, se è questo che vi state chiedendo» affermò tranquillo, «ma sicuramente non me ne dispiaccio.»
«I mercenari... hanno fatto in fretta» rimuginò Hoseok mentre il poliziotto gli dava i video di sorveglianza su cui era stato ripreso il rapimento.
«Troppo» disse Yoongi. «Sono arrivati in Corea solo ieri, no? Agire così in fretta...»
«Invece ha senso» lo contraddisse Namjoon. «Pensateci, i colpevoli non sono stupidi, avranno fatto due più due e capito che c'era il rischio che mettessimo il padre di Taehyung sotto protezione, quindi hanno cercando di batterci sul tempo, e ci sono riusciti.»
«Com'è possibile?» chiese Yoongi dubbioso. «A meno che qualcuno non fa il doppio gioco...»
«Hanno riconosciuto Taehyung» disse Hoseok. «Vero?» domandò al diretto interessato.
«In effetti, sì» confermò l'hacker prendendo dalle mani del detective la pendrive con il video. «Ho parlato con X, sapeva il mio nome, quello vero.»
«Taehyung!» esclamò Jimin guardandolo tra il sorpreso e l'indignato. «Avresti dovuto dircelo!»
«Sì, beh, non mi fidavo di voi.»
«E adesso?» gli chiese Hoseok.
«Vi sto dicendo la verità adesso, no?»
Yoongi appariva comunque confuso. «Non capisco comunque che centra...»
«Quelli che l'hanno riconosciuto devono aver dato per scontato che Taehyung ci avrebbe detto tutto, non mi sorprenderei se sapessero anche della sua relazione con Hoseok...»
«Per adesso troviamoli, poi ci faremo dire da loro come sono andare le cose. Taehyung, fai partire il video.»
Hoseok si avvicinò al monitor del computer dove Taehyung aveva avviato il video di sorveglianza. La scena mostrava Kim Sanghun, scortato da due guardie del corpo, nel parcheggio sotterraneo degli uffici della casa farmaceutica. Prima ancora che l'azione avesse luogo sullo schermo, gli occhi del detective si concentrarono su un furgoncino che aveva impresso l'insegna di una nota catena che si occupava di rifornire i distributori automatici. Non si soprese di vederne uscire un commando di cinque uomini con i volti coperti che, dopo aver disarmato facilmente i due bodyguard, caricarono senza sforzo sul furgoncino il loro recalcitrante obbiettivo, per poi sgommare via dalla porta principale.
«Okay, Taehyung cerca di seguire il furgone in giro per la città, se siamo fortunati qualche video camera di sorveglianza lo avrà ripreso. Yoongi, tu occupati di trovare il segretario di Kim Sanghun, dubito che avrai fortuna ma cerca di scoprire quello che puoi. Jimin, non c'è bisogno che ti dica che devi stringere il nostro raggio d'azione e capire dove si nascondono. Namjoon, sei il migliore di noi a controllare la stampa, cerca di arginare la notizia, meno si sa di questa storia e meglio è. E qualcuno trovi Jungkook, diamine!» Hoseok impartì velocemente gli ordini e fece per prendere il cellulare, il capo della polizia doveva essere informato, e in fretta, ma Taehyung gli afferrò il braccio bloccandolo.
«Aspetta» disse. «Le mie informazioni non sono finite.»
Hoseok non sembrò per nulla felice di quella notizia. «Che altro c'è?!»
Stavolta Taehyung non sorrise. «Non ti piacerà.»
1 ora e 47 minuti dalla scomparsa di Kim Sanghun.
«Ripeti.»
Taehyung sospirò guardando il cipiglio serio di Hoseok. «Devo starti incollato al culo. Non devo prendere iniziative e non devo mai espormi alla linea di tiro. Se vedo qualcuno puntarmi una pistola contro devo nascondermi ed evitare assolutamente di mettermi in situazioni pericolose.»
Hoseok annuì rigido. Non era contento di portarselo dietro ma, come gli aveva fatto notare Taehyung, la sua presenza sarebbe stata necessaria. Afferrò la stringa del giubbotto antiproiettile di Taehyung e diede uno strattone per stringerlo meglio. Usò troppa forza. L'hacker si ritrovò strattonato in avanti e finì per sbattergli addosso senza fiato.
«Dannazione, Hoseok!» esclamò a pochi centimetri dal viso del detective. «Sei ancora incazzato, vero?»
L'espressione di Hoseok non mutò. «Tu credi?»
«Diamine, odio quando fai così.»
«Così come?» gli chiese Hoseok apparentemente disinteressato ma con una luce sinistra negli occhi.
«Così... così!» disse Taehyung staccandosi da lui e agitando confuso le mani verso la sua faccia.
Qualcosa scattò nell'espressione di Hoseok, lo riafferrò e se lo strinse contro poi con voce bassa e rabbiosa disse: «ti va di culo solo perché abbiamo una missione da portare a termine, ma quando questa storia sarà finita stai certo che farò in modo che tu non possa camminare per un'intera settimana.»
«E questa dovrebbe essere una minaccia?» indagò Taehyung ammiccante.
Hoseok per reazione all'inusuale comportamento del suo ragazzo gli pizzicò un fianco. «Piantala di flirtare con me. Non è il momento. E poi non sono sicuro che mi piaccia del tutto questo tuo... cambiamento di carattere.»
Taehyung si staccò da lui sghignazzando. «Ti piace eccome.»
«Em.. scusate?» li chiamo Jimin. «Avete finito di pomiciare o ne avete ancora per molto?»
Hoseok fece una smorfia. Taehyung si stava liberando di tutte le sue inibizioni alla stessa velocità con cui Jin divorava un piatto di ramen, e lui semplicemente non gli riusciva a resistergli. Non era affatto semplice rimanere concentrato e professionale quando si ritrovava quel moccioso ad ammiccargli davanti.
Si trovavano tutti accanto al furgone blindato per gli assalti, tutti armati e con indosso i giubbini antiproiettile. Jimin, sorprendendo chiunque, aveva fatto un'altra delle sue magie: era riuscito ad individuare il luogo in cui tenevano Kim Sanghun, Hoseok sperava che non si sbagliasse, stavano puntando tutto sulle sue parole. L'analista, grazie alla sua memoria infallibile, si era ricordato di aver letto il nome di Chong Kan Dong Pharmaceutical tra i proprietari dei capannoni che rientravano nella zona individuata come cove dei colpevoli. Taehyung ci aveva messo poi poco a scoprire che nei registri ufficiali non ve ne fosse menzione e che la transazione era stata portava avanti da Choi Seojun. Quella era la migliore pista che avevano, e quella che aveva più senso.
Hoseok si schiarì la voce e spinse Taehyung dietro di sé per non vedere la sua espressione compiaciuta.
«Riepilogo veloce prima di metterci in moto. Jungkook?»
Il poliziotto lo guardo sorpreso, poi annuì. «S-sì... ehm... arriviamo sul posto, liberiamo la vittima e arrestiamo i colpevoli.»
Yoongi alzò lo sguardo al cielo esasperato. Hoseok si limitò a socchiudere gli occhi e quello bastò a far capire a Jungkook che avrebbe fatto meglio ad aggiungere qualcosa. Si concentrò e scelse con attenzione le parole da usare. «Arriviamo al luogo designato da Jimin dopo ventiquattro minuti dalla partenza. Si tratta di un capannone marrone dall'aspetto anonimo, l'entrata principale è off-limits ma sarà comunque sorvegliata da una squadra di poliziotti in borghese per non destare sospetti, noi invece ci divideremo. Io, Namjoon e Yoongi prenderemo l'entrata secondaria sul lato sinistro, mentre tu, Taehyung e Jimin quella sul lato destro. Cercheremo di entrare senza destare sospetti dopo che Taehyung avrà disattivato i sistemi di sicurezza dell'altro hacker, ma è improbabile che nessuno si accorga di noi, quindi dovranno essere eliminati tutti i potenziali nemici. Gli obiettivi principali sono Kim Sanghun, l'archivio dei documenti che provano la sua colpevolezza e prendere vive più persone possibili.»
Hoseok annuì soddisfatto. «Non deve essere fatto il minimo errore e ricordatevi: ci servono vivi. Più testimoni abbiamo, più la condanna di Kim Sanghun si allunga. Ora montate sul furgone!»
Hoseok fu l'ultimo ad arrampicarsi sul blindato, una volta dentro si sedette accanto a Taehyung e per l'ennesima volta controllò che il suo giubbotto antiproiettile fosse ben chiuso.
«Guarda che so difendermi» gli sussurrò Taehyung, pur non facendo nulla per fermare le sue mani.
«Non mi interessa. Sei un civile.»
L'hacker si limitò ad alzare un sopracciglio.
«Taehyung, tu non dovresti proprio essere qui. Starò a preoccuparmi per la gran parte del tempo per te, e non è qualcosa che dovrei fare durante una missione del genere.»
«Allora non farlo» gli disse Taehyung alzando le spalle.
«Come se potessi evitarlo» borbottò Hoseok guardando di fronte a sé.
Hoseok era completamente vestito di nero, aveva i capelli buttati all'indietro e un'espressione truce dipinta sul viso. Taehyung gli strinse una mano coperta dai guanti a mezze dita, quella con cui impugnava la pistola. «Andrà tutto secondo i piani, rilassati.»
«Lo spero per te.»
«Hoseok?»
«Che c'è?» gli chiese brusco.
Taehyung non si lasciò impressionare dal suo umore, sapeva che era solo una conseguenza del suo essere preoccupato.
«Sei sicuro che Jelo sia al sicuro con quel Jaebum?»
«Fidati», lo interruppe Hoseok. «Non c'è posto più sicuro per lei, Jaebum è molto più pericoloso della gran parte dei criminali che ci sono in circolazione.»
«Infatti era a lui che mi riferivo.»
Hoseok ghignò divertito. «Non preoccuparti, è un poliziotto.»
«Ma prima non era con te nella legione straniera?» gli chiese Taehyung.
Hoseok lo guardò sorpreso. «Come lo hai scoperto?»
«È facile trovare quello che cerchi se sai dove guardare. E non era per nulla rassicurante quello che ho letto.»
Il detective si perse con lo sguardo nel vuoto, forse alla ricerca di ricordi lontani. «Abbiamo fatto delle... cose, cose che pensavamo fossero giuste. A quell'età ci importava solo di comportarci come spietati soldati di frontiera, ma non lo eravamo, né io né lui, e abbiamo fatto degli errori, e per certi errori non c'è perdono, Taehyung.»
«Ho letto quel rapporto.»
«Lo immaginavo, curioso come sei non avresti mai potuto lasciar perdere. E dimmi, che ne pensi?» gli chiese Hoseok riportando lo sguardo su di lui, nei suoi occhi oscuri segreti lottavano per venire a galla.
«Non avreste potuto fare altrimenti, nessuno vi ha incolpato, anzi!»
«Oh, sì che avremmo potuto, ma abbiamo scelto quella strada e ne porteremo le conseguenze per sempre, che ci incolpino o no.»
«Siamo arrivati.» La voce di Yoongi li distolse da quella conversazione e si prepararono insieme agli altri a scendere.
«Attenetevi al piano» ricordò Hoseok alla squadra. «Niente errori. Jungkook?»
«Niente errori» ripeté il giovane poliziotto.
«Andate alle vostre posizioni, al mio comando entrare in azione.»
Tutti annuirono agli ordini di Hoseok e fecero quanto detto loro.
Pochi minuti dopo erano ai loro posti mentre Taehyung armeggiava con il suo computer per tirare giù il sistema di sicurezza di X.
«Quanto ti ci vuole?» gli chiese Hoseok impaziente.
«Non è facile, a X piace usare algoritmi complicati» rispose Taehyung mentre digitava velocemente sulla tastiera.
«Si accorgerà che stai provando ad entrare?» domandò Jimin.
«Probabilmente.»
Hoseok afferrò la ricetrasmittente e comunicò agli altri: «state attenti, potrebbero aprire il fuoco appena entriamo, non possiamo sapere cosa ci aspetta dall'altra parte. Il fatto che non abbiano guardie all'esterno non vuol dire che non si aspettino visite, e ricordate di restare fuori dal raggio d'azione delle telecamere di sorveglianza, X ci ha tappezzato l'intero quartiere, dannazione.»
«Ho disattivato quelle nel quadrante uno, adesso possono muoversi verso l'entrata laterale» gli comunicò Taehyung.
«Sentito?» chiese Hoseok attraverso la ricetrasmittente?
«Sì» rispose Yoongi. «Ci muoviamo.»
«Disattivate anche quelle del quadrante due. Il sistema di sicurezza sarà in pausa per diciassette minuti prima che si accorgano della nostra presenza.»
Hoseok annuì poi continuò a comunicare con l'altra squadra. «Ci muoviamo anche noi. Abbiamo diciassette minuti, quando arriveremo alla porta vi darò il via. Aspettate il mio segnale, e se vi sparano addosso, uccideteli.»
«Ricevuto» rispose Yoongi.
Pochi secondi dopo Hoseok e Jimin erano di fronte una vecchia porta di ferro dipinta con vernice rossa scrostata. Taehyung era rimasto al riparo lì vicino, Hoseok aveva voluto che restasse lì, al sicuro.
«Al mio tre, entriamo» comunicò agli altri Hoseok. Prima di dare l'ordine chiese però a Jimin: «se sicuro che siano solo cinque, sì?»
«Assolutamente.»
Hoseok annuì e diede l'ordine di entrare.
Taehyung sbloccò le porte a distanza e dopo aver udito il lieve clic della serratura computerizzata, Hoseok, puntando la pistola davanti a sé, si fece strada silenziosamente, Jimin lo seguiva poco distante con la semiautomatica puntata di lato a coprire il fianco scoperto di Hoseok.
L'interno dell'edificio era buio e, sembrava, deserto.
Per un attimo il detective temette che avessero sbagliato luogo ma un movimento alla sua sinistra colse la sua attenzione. Fece appiattire Jimin contro il muro e, sfruttando una zona d'ombra, aspettò che il mercenario fosse abbastanza vicino. Fece segno a Jimin di coprirlo e, dopo aver rinfoderato la pistola, afferrò l'uomo per il collo e gli tappò la bocca. Lo tenne stretto mentre si dibatteva contro di lui, il mercenario era forte, ma dopo poco finì per accasciarsi tra le sue braccia a causa della mancanza d'aria. Lo disarmò e lo ammanettò a delle tubature a vista che giudicò abbastanza resistenti. Poi con Jimin proseguì vero il punto da dove era arrivato l'uomo.
Scoprirono ben presto che era venuto fuori da delle scale che scendevano verso il basso.
«Ha senso» disse Jimin a voce bassa. «Guarda, una volta chiusa la botola passerebbero del tutto inosservate» gli mostrò l'analista muovendo il pannello che avrebbe coperto la scalinata in cemento grezzo.
Hoseok disse all'altra squadra di perlustrare l'edificio e di raggiungerli al piano sottostante poi si avviò dietro Jimin che scendeva lentamente quei gradini rozzi.
Si ritrovarono in uno stretto corridoio illuminato da luci gialle che sfarfallavano, nonostante cercassero di non far rumore, il suono dei loro passi era comunque udibile.
Alla fine del corridoio però trovarono altre due guardie ad attenderli, usare le armi fu inevitabile. Il primo sparo mancò Jimin di poco che subito si appiattì dietro l'angolo della parete, gli altri arrivarono in rapida successione.
«Non riusciremo a passare, non siamo in una buona posizione, e non possiamo nemmeno perdere troppo tempo. Con tutto questo baccano avranno già capito che c'è qualcosa che non va!» urlò Jimin per farsi sentire sopra il rumore delle detonazioni.
Hoseok pensò a come risolvere quella situazione di stallo, ed ebbe un'idea. «Spara alle luci.»
«Ma saranno sicuramente equipaggiati per la vista notturna» gli fece notare Jimin.
«Sì» confermò Hoseok. «Ma avremo qualche secondo di vantaggio rispetto a loro.»
Jimin annuì e si tenne pronto al via di Hoseok. Appena questi gli diede il segnale, sparò in rapida successione le lunghe canaline delle luci a led, al buio totale seguirono due colpi di pistola. Hoseok aveva sparato un mercenario alla testa e uno alla gola, quest'ultimo si teneva le mani sulla ferita da dove sgorgava sangue a fiotti. Quel liquido vischioso gli avrebbe presto invaso la cavità orale e l'avrebbe ucciso soffocandolo, per lui non c'era nulla da fare.
Jimin vide Hoseok puntare la pistola alla testa dell'uomo, si voltò prima che il suono dello sparo squarciasse il silenzio tombale di quelle mura. Lui non avrebbe mai avuto lo stomaco di uccidere qualcuno a sangue freddo, ma indubbiamente il capo detective aveva appena evitato a quell'uomo una morte dolorosa.
«Adesso sanno che siamo qui» gli disse evitando di guardare la macchia di sangue che si allargava.
Hoseok annuì e si voltò a guardare la porta a cui facevano la guardia i due mercenari. Era una grossa lastra di acciaio con un tastierino al centro, senza il codice non sarebbero riusciti ad entrare. Si voltò verso Jimin. «Qualche idea su come aprirla?»
L'analista scosse il capo. «Devi far venire Taehyung.»
«Dannazione!»
«Hoseok...»
«Lo so.» Afferrò la ricetrasmittente per dare l'ordine di andare a prendere l'hacker, quando un suono metallico segnalò l'apertura della porta.
Jimin e Hoseok guardarono increduli il lieve spiraglio creatosi.
«È una trappola» disse Jimin puntandoci la pistola contro.
Hoseok era sul punto di rispondergli quando sentirono dei passi alle loro spalle, immediatamente si appiattì contro l'angolo del corridoio e sbriciò oltre il muro per vedere chi fosse, con suo sollievo erano Namjoon e Yoongi che si avvicinavano.
Appena furono vicini chiese loro: «dov'è Jungkook?»
«Con i mercenari catturati, sta aiutando la squadra ausiliaria a caricarli sul furgone per portarli in centrale» gli rispose Namjoon mentre cercava di evitare di calpestare le pozze di sangue che imbrattavano il pavimento di cemento polveroso.
«Che succede qui?» chiese Yoongi guardando Jimin che continuava a puntare la pistola verso la porta.
«Era chiusa fino a poco fa» gli disse l'analista. «Ma all'improvviso si è aperta da sola e sono certo si tratti di una trappola.»
«Beh, non possiamo restare ad aspettare qui tutta la giornata che qualcuno si faccia vivo» affermò Yoongi. «Spostatevi contro le pareti, tu Jimin resta dietro la porta e aprila quando te lo dico io, qualsiasi cosa ci sia dall'altra parte, la crivellerò di colpi.»
«È pericoloso e stupido!» si oppose Namjoon.
«È l'unica soluzione che abbiamo» ribadì Yoongi.
«Non puoi restare lì in mezzo! È se ti sparassero?» gli fece notare Jimin.
«Ti ho dett-»
«Non ce nessuno, muovetevi» disse loro Hoseok. I tre si voltarono e scoprirono che il capo detective aveva spalancato la porta mentre parlavano e li aspettava oltre la soglia. Al di là c'era un altro corridoio deserto.
Nessuno fiatò e, pistole in pugno, si accodarono ad Hoseok.
Arrivarono in un'ampia stanza e con loro sorpresa trovarono ad attenderli Choi Seojun. L'uomo aveva le mani conserte davanti come se li stesse accogliendo per una visita di cortesia, sorrideva e non sembrava per nulla preoccupato.
«Benvenuti» li salutò cordiale. «Vi offrirei qualcosa, ma come potete vedere non ci sono nemmeno le sedie» disse indicando attorno a sé la stanza vuota.
«Poche stronzate» disse Yoongi feroce. «Consegnaci Kim Sanghun prima che ti faccia un buco in fronte.»
Seojun sorrise scoprendo la dentatura regolare e bianca. Sembrava troppo felice per essere uno con quattro pistole puntate contro.
Qualcosa non va, si disse Hoseok mente scandagliava con lo sguardo la stanza in cerca di un qualsiasi indizio. Ma, oltre alla porta da cui erano entrati e quella dietro Seojun, non c'era altro.
Fu proprio la porta dietro di lui che indicò l'uomo.
«Dubito seriamente che mi sparerà caro agente» disse con voce gentile e inquietante.
«E cosa glielo fa credere?» gli chiese Yoongi incredulo.
Seojun sorrise, di nuovo. «Lui.»
Dalla porta alle sue spalle entrò Taehyung.
Aveva una pistola puntata alla tempia e un'aria spaventata negli occhi.
Seojun si voltò verso l'uomo che teneva Taehyung sotto tiro: «ottimo lavoro Jungkook.»
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