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"Operazione su due fronti"

Il silenzio riempiva la stanza mentre la notizia veniva assorbita dai suoi occupanti. Tutta la squadra era lì e tutti stentavano a credere all'immagini che si riproducevano sullo schermo.

Hoseok interruppe quel momento di stallo e prese in mano la situazione, la prima cosa da fare era capire cosa stava veramente succedendo.

«Namjoon, Jimin ci ha inviato delle informazioni, guardale velocemente e facci un quadro della situazione. V, trova Jimin. Noi tre» disse rivolgendosi a Yoongi e Jungkook «ci dirigeremo vers-»

«Hoseok c'è un altro problema» lo interruppe V «sto cercando di entrare nel loro sistema informatico, ma l'hacker che lo ha attaccato è riuscito ad isolarlo completamente, non riesco a sbloccare le porte. I dipendenti non sono semplicemente bloccati dentro, sono stati rinchiusi in una stanza a chiusura ermetica dove vengono tenute le sostanze più pericolose e, da quello che vedo, l'intenzione è di rilasciare il gas nervino in quella stanza. Per farli uscire, per aprire quelle porte, devo essere dentro il loro centro di controllo, devo farlo di persona. Inoltre non c'è molto tempo e io non posso occuparmi sia dei dipendenti sia di Jimin. Devi scegliere, devi dirmi a chi devo dare la priorità».

«Che stai cercando di dire? Che dovremmo abbandonare Jimin?!» gli urlò contro Yoongi trattenendo l'impulso di mettergli le mani addosso.

Jungkook si mise tra i due, temendo che avrebbero potuto iniziare a litigare e poggiò una mano sul braccio del poliziotto cercando di calmarlo. «Hyung come puoi dirlo?! Sono certo che V non intendesse questo»

«Ragazzi» li interruppe Namjoon «sono a telefono con il capo, tutta la centrale è stata mobilitata, ha detto di muovere il culo e andare sul posto, a fornirci supporto ci sarà anche la squadra di Jaebum».

«E che ne sarà di Jimin?» gli chiese frastornato Yoongi.

Namjoon non ebbe il coraggio di rispondergli ma al posto suo lo fece Hoseok, che nonostante non avesse parlato con il capo, sapeva quel che andava fatto.

«Di Jimin se ne occuperanno alla centrale».

«Noi siamo la squadra migliore?!»

«Esatto Yoongi, ed è per questo che ci vogliono impegnati a salvare la vita di quelle persone».

«CHE CAZZO STAI DICENDO?!»

«PIANTALA DI COMPORTARTI DA COGLIONE! Siamo poliziotti, facciamo il nostro dovere anche quando fa schifo! Sai perfettamente che questa è la scelta giusta da fare. La squadra che si occuperà di Jimin è specializzata nei rapimenti, NOI NO! Noi siamo addestrati a contenere minacce, non a trovare persone!» Si fermò e guardò tutti i presenti nella stanza, ad uno ad uno e disse con voce quieta «anche a me importa più di Jimin che di un branco di persone che non conosco, ma farò il mio dovere e lo farete anche voi».

Tutti, chi prima e chi dopo, annuirono. Anche Yoongi, con un peso enorme sul cuore lo fece, sapendo che gli altri provavano esattamente la stessa e ringraziando ancora una volta la sorte che gli aveva risparmiato di essere al posto di Hoseok e di dover prendere decisioni simili.

«Preparatevi tutti, Namjoon tu resti qui, puoi darci le informazioni a distanza e, appena avrai tempo, aiutare con Jimin. V, tu vieni con noi» si avvicinò all'hacker guardandolo dritto negli occhi «e voglio che tu rimanga incollato al mio culo per tutto il tempo. Qualsiasi cosa ti dico di fare, tu la fai. Senza fiatare, ci siamo intesi?»

«Sì» annuì in fretta, comunque non aveva intenzione di andarsene a spasso con un commando armato in giro.

«Bene, ora prenditi quello che ti serve e raggiungici, noi iniziamo ad andare».

V iniziò velocemente a mettere tutto ciò che gli sarebbe servito in uno zaino, ma il pensiero di Jimin non voleva abbandonare la sua mente. Nonostante quello che aveva detto Hoseok, lui non si sarebbe fidato a lasciare la salvezza del loro compagno nelle mani di altre persone ma, da un punto di vista razionale, quella era stata la scelta più logica da fare.

E Taehyung era una persona estremamente razionale.

Hoseok aveva scelto, Jimin avrebbe aspettato e quelle vite umane sarebbero state salvate. Ma sapevano tutti che ogni minuto che passava le probabilità di ritrovarlo vivo scendevano sempre di più.

Taehyung guardò il cellulare che inconsciamente stava stringendo nella mano.

Stava pensando di fare qualcosa che odiava.

Qualcosa che mai si sarebbe immaginato di fare.

Lui doveva andare lì ad occuparsi di quell'imminente disastro, così come la squadra doveva occuparsi di mettere in salvo le persone e fermare i mercenari.

Ripensò al video, quello che mostrava Jimin svenuto in ascensore.

Era ancora vivo, in quel momento probabilmente stava tremando di terrore sperando che qualcuno lo salvasse.

Chiuse gli occhi, solo per un attimo, solo per essere certo di quello che stava per fare.

Prima di pentirsene sbloccò il cellulare e mandò il video all'unica altra persona che avrebbe potuto trovare Jimin e salvarlo, l'unica a cui non voleva chiedere aiuto.

Trovalo.










Jimin riprese conoscenza lentamente con l'odore di polvere e sporcizia che gli penetrava nelle narici e dolori in tutto il corpo.

Provò a muoversi, ma presto si rese conto di avere mani e piedi legati. Una benda gli copriva gli occhi e un bavaglio gli impediva di parlare. Come se non bastasse era sdraiato sul duro cemento e ogni volta che tentava di spostarsi la sua guancia strusciava sulla superfice ruvida e sporca.

Non potendo vedere non sapeva dove si trovasse, ma dagli odori che gli arrivavano al naso, doveva essere stato portato in un edificio abbandonato, probabilmente un vecchio capannone industriale.
Sapeva di essere in guai seri, ciononostante, piuttosto che agitarsi e mettersi ad urlare, provò a calmarsi e si sforzò di sentire cosa ci fosse intorno a lui.
L'unica cosa che udiva erano delle voci, troppo lontane però per distinguere le parole.
Questo era un brutto segno.
Non sentiva rumori di auto, né altri tipi di suoni tipici della città.

Doveva voler dire che l'avevano portato in un luogo isolato, ma non sapendo quanto tempo era rimasto privo di sensi, non poteva nemmeno farsi una vaga idea delle possibili località.
I suoi pensieri vennero interrotti dal rumore di passi che si avvicinavano.
Si fermarono proprio di fronte a lui e Jimin si sentì osservato attentamente sotto lo scrutinio dello sconosciuto.
Il rumore della suola delle scarpe a contatto del pavimento gli fecero supporre che Sconosciuto si era accovacciato davanti a lui. La sua tesi venne confermata da una mano che, prendendolo per il braccio lo tiro a sedere.
«Park Jimin, mente brillante e intuito infallibile. È questo che si dice di te sai?»
Jimin si concentrò su quella voce sconosciuta.
Era un uomo.
Tono rauco... forse un fumatore?
Scattò spaventato quando sentì qualcosa sfiorargli il volto.
L'uomo gli tolse il bavaglio, ma prima di allontanare la mano gli accarezzò i segni rossi lasciati dal pezzo di stoffa.
«Che cosa volete da me?» chiese Jimin appena ne ebbe occasione, allontanando al contempo il viso da quella mano che gli dava i brividi.
« Mio caro ragazzo, non agitarti non c'è nulla di cui preoccuparsi» cercò di rassicurarlo quella voce.

«Ah sì certo, vengo rapito e non mi devo preoccupare» non poté impedirsi di dire l'analista.

«Tu fai il bravo e vedi che non ti succederà niente. Non è difficile».

«Se non è difficile, mi sleghi e parliamone davanti un caffè. Il mio con panna e cioccolato grazie».


Sconosciuto scoppiò a ridere e gli scompigliò i capelli. «Dovresti stare attento a quello che dici...», improvvisamente gli strattonò il capo facendo presa sui ciuffi scuri, «... non mi piacciono gli spiritosi».
Ignorando il dolore alla testa Jimin sorrise, sicuro di avere il viso dell'altro di fronte e gli disse sfrontato «allora la tua deve essere proprio una vita di merda».
L'uomo lo colpì in pieno viso e l'analista sentì il sapore di sangue in bocca. Lo sputò ai suoi piedi e sollevò il capo caparbio. »
«Non la faccia grazie. È il mio biglietto da visita» e aggiunse sogghignando «suppongo mi tieni bendato perché non puoi dire lo stesso della tua».


Stavolta il colpo arrivò allo stomaco facendolo piegare in due dal dolore.
Poi un altro sul fianco.


La benda nell'impatto si spostò.


Jimin vide arrivare il calcio successivo, ma non lo evitò. Grazie a ciò, nonostante il dolore, fu in grado di scorgere un altro paio di piedi accanto quelli di Sconosciuto.


Uno spettatore silenzioso stava osservando tutto, senza emettere il minimo rumore.


Spettatore si piegò per pulirsi la punta della scarpa impolverata.


Il pantalone si alzò leggermente scoprendo la caviglia.


E Jimin lo vide.


Il tatuaggio di un codice a barre rovinato della cicatrice di una bruciatura.
Fu tutto ciò che notò prima di perdere nuovamente conoscenza.









Jelo era sdraiata sul divano, le mani sollevate a tenere il cellulare con cui si stava scattando delle foto idiote con snapchat. Non che potesse pubblicarle, Taehyung era stato categorico a proposito, ma era comunque divertente.

Mentre stava scegliendo tra orecchie da gatto o orecchie da cane il cellulare vibrò sfuggendole di mano e atterrandole proprio sul naso.

«Cazzo!»

Massaggiandosi il naso dolorante ripescò il cellulare da terra pronta a insultare chiunque l'avesse contattata, ma la vista del messaggio e del video allegato la fece tornare subito seria.

Trovalo.

Trovalo SOLTANTO.

TIENI INCOLLATO IL CULO ALLA SEDIA E LIMITATI A MANDARE LA POSIZIONE ALLA SQUADRA DI RICERCA CAPITO???????

Capito.

Si diresse velocemente al computer e in pochi minuti, grazie alle telecamere di sicurezza di un negozio di pegni locato di fronte allo stabile, riuscì ad individuare il furgoncino su cui era stato portato via Jimin. Seguì il veicolo attraversò le varie telecamere disseminate per la città fino ad individuare il luogo approssimativo in cui tenevano rinchiuso il poliziotto.

La polizia ci avrebbe messo tempo.

Aveva bisogno di permessi, mandati e tutta quella serie di carte inutili che servivano di solito.

Jelo aveva semplicemente hackerato ogni sistema che si era trovata di fronte. D'altronde, suo fratello l'aveva addestrata bene.

Mandò comunque la posizione alla centrale di polizia spacciandosi per V ma sapeva che ci avrebbero messo tempo, erano distanti dall'obbiettivo.

Jelo invece era vicina.

Salì velocemente le scale che portavano nella stanza di suo fratello e aprì lo scomparto segreto in cui tenevano le armi. Prese una pistola leggera ed un silenziatore.

Solo per precauzione.

Sarebbe andata lì e avrebbe dato un'occhiata in attesa dell'arrivo della polizia.

Niente di più, niente di meno.

Dopo aver indossato una felpa nera ed essersi legata i capelli prese un documento falso e le chiavi del fuoristrada di Taehyung.

Solo un'occhiata.








Dall'altro lato della città la polizia era appena arrivata alla casa farmaceutica.

Ogni componente della squadra indossava giubbotto antiproiettile e protezioni standard, lo stesso V ne era stato dotato da Hoseok che gliele aveva messe addosso a forza.

Attorno al tavolo improvvisato, nel edificio abbandonato che si trovava di fronte al luogo del loro obbiettivo, i poliziotti discutevano sul quale fosse il modo migliore di procedere.

Alla squadra di Hoseok si erano uniti Jaebum che Hoseok sembrava conoscere da tempo, Mark e Jackson, mentre il loro analista, Jinyoung, era rimasto a dare man forte a Namjoon in centrale.

«Sappiamo quanti uomini ci sono all'interno?» chiese Jaebum a nessuno in particolare.

V, con il portatile dinanzi a sé li informò di tutto quello che era riuscito a ricavare forzando i sistemi di sicurezza della azienda farmaceutica.

«All'interno dell'edificio ci sono sette uomini armati, hanno richiuso tutti i dipendenti che erano nell'edificio nella stanza dove vengono conservati tutti i virus e le sostanze pericolose. A cui va aggiunto anche il Sarin - tipo di gas nervino - che è stato consegnato oggi. La stanza è a chiusura ermetica. Non può essere aperta con la forza, almeno non abbastanza in fretta da salvare quelle persone, inoltre, tramite un programma backdoor, il sistema di controllo globale dell'impianto è controllato a distanza. Non essendo il sistema collegato ad una rete internet non posso prenderne il controllo da qui. Come ho già detto, devo essere dentro per sbloccare quelle porte».

«Non capisco» disse Jackson confuso «se sono in quella stanza non sono già praticamente morti?»

«No» gli rispose l'hacker senza distogliere lo squadro dallo schermo del portatile. «Le porte si sono chiuse perché è stato inviato un falso allarme di dispersione di sostanze tossiche. Il punto è che una volta ricevuto il comando di chiusura forzata, la stanza è programmata per operare una sorta di "sterilizzazione" rilanciando tutte le sostanze che contiene nell'aria e filtrandole. Nonostante ciò il sistema è stato pensato per possibili errori umani e dopo la chiusura delle porte passano esattamente sessanta minuti prima che il processo di bonifica inizi, e se quelle persone non moriranno per gli agenti tossici lo faranno durante il processo di sterilizzazione».

«Quando tempo ci resta?» chiese Mark spiccio.

«Trentasette minuti» affermò grave Hoseok. «Quindi sarà il caso che ci diamo una mossa».

«E prevista la negoziazione?» domandò Jaebum controllando nuovamente tutte le armi.

«No, non è prevista, assicuriamoci solo di tenerne qualcuno vivo da interrogare» detto questo Yoongi mostrò loro quali erano le migliori vie d'accesso al sito.

I poliziotti si organizzarono velocemente.

Si sarebbero divisi in due squadre e sarebbero entrati di forza, senza preoccuparsi di essere scoperti. Come aveva fatto notare loro V, così come i dipendenti non potevano uscire da quella stanza, nessuno poteva entrarvi. Quindi erano al sicuro. La priorità era far arrivare l'hacker alla sala computer e catturare i mercenari.

«Questa cosa mi puzza» disse Jaebum mentre si preparavano ad entrare in azione. «Perché rimanere qui dentro sé non hanno ostaggi?»

L'hacker sorrise, un bellissimo e sadico sorriso, grazie al quale Hoseok perse qualche battito.

«Perché li ho bloccati dentro» e con gli occhi che scintillavano aggiunse «le porte esterne sono controllate da un altro sistema di cui sono riuscito a prendere facilmente il controllo. Quegli idioti staranno correndo in circolo come topi in trappola».

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