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"Chong Kan Dong Pharmaceutical"
Yoongi si schermò gli occhi da sole del primo mattino che si rifletteva sull'enorme palazzo di vetro di fronte a lui, Hoseok, stranamente silenzio al suo fianco, guardava dinanzi a sé con un'espressione pensierosa sul volto.
«Va tutto bene?» gli chiese preoccupato, era insolito vederlo così.
Hoseok mormorò di sì senza voltarsi a guardarlo e si incamminò verso l'entrata dell'edificio.
Si trovavano alla Chong Kan Dong Pharmaceutical, la casa farmaceutica di cui era il direttore Kim Sanghun, colui che nel 1995 aveva fondato l'orfanotrofio, La casa degli angeli.
In realtà, l'uomo in quel momento non era in sede ma si trovava all'estero per un viaggio di lavoro, quindi, quel giorno avrebbero parlato con il suo segretario Choi Seojun che, da quanto aveva detto loro Namjoon, lavorava per Sanghun da molto tempo e gli era stato affianco durante tutta la vicenda dell'incendio.
Varcata la soglia dell'imponente grattacielo di acciaio e vetro vennero accolti da un elegante donna vestita con un tailleur color grigio fumo che li scortò verso l'ufficio di Seojun dicendo di loro che l'uomo avrebbe tardato qualche minuto e offrendo, nell'attesa, bevande e pasticcini.
Il segretario arrivò solo una decina di minuti più tardi e li accolse con gentilezza e cortesia.
Kim Seojun era un uomo di quarantasette anni, da quanto avevamo letto da profilo fornito loro da Namjoon, non era sposato e, prima di divenire il segretario di Sanghun, era già un impiegato dell'azienda farmaceutica. Aveva i capelli brizzolati sulle tempie e il viso, dai tratti gradevoli, iniziava a mostrare qualche ruga d'espressione, che data la serietà e la compostezza dimostrata, difficilmente erano frutto di risa e sorrisi.
Dopo essersi scambiati i soliti convenevoli l'uomo fece segno ai due poliziotti di accomodarsi nuovamente sui divani in pelle marrone mentre lui prese posto su una poltrona dello stesso materiale di fronte a loro.
«Allora ditemi come posso aiutarvi?» Chiese loro.
«Siamo qui per mostrarle due foto» gli rispose Hoseok tirando fuori dalla tasca interna della giacca le foto delle due vittime. «Li riconosce?»
Qualcosa mutò nell'espressione dell'uomo, dando modo ai detective di capire che la loro visita non sarebbe stata infruttuosa.
«Non ricordo i loro nomi, ma i loro visi sì, soprattutto quello della dottoressa. Ma che cosa è successo?»
Yoongi si sporse leggermente verso di lui attirando così la sua attenzione e gli disse: «Sono entrambi stati uccisi e pensiamo che, in qualche modo, la loro morte sia collegata alle vicende della Casa degli angeli e quindi vorremmo che lei ci dicesse se all'epoca dei fatti sia successo qualcosa di significativo».
«È un bene che il direttore non sia qui, riparlare di questa storia gli avrebbe spezzato il cuore». Seojun sorrise tristemente prima di rispondere a parlare. «Onestamente non riesco ad essere dispiaciuto per la loro morte, non erano brave persone sapete?»
«Che intende dire?» indagò Hoseok.
Dopo aver lasciato andare un lungo sospiro l'uomo proseguì. «Vennero cacciati entrambi dal centro. La dottoressa era una volontaria con il compito di visitare mensilmente i bambini, ma, alcuni degli orfani iniziarono ad ammalarsi e, stranamente, i suoi progressi nella ricerca medica coincidevano con quegli episodi. Non sono mai state trovate vere e proprie prove in proposito, ma il direttore l'ha cacciata appena gli sono giunte le voci. Per quanto riguarda l'uomo la situazione fu molto più grave. Lavorava da qualche mese alla struttura quando una delle volontarie lo accusò di aver molestato una ragazza, ovviamente fu subito allontanato e l'intenzione era quella di denunciarlo...»
«Allora perché non è stato fatto?» chiese Yoongi con la fronte aggrottata.
«La ragazza disse che era consenziente e nonostante le fu affiancato subito uno psicologo... ha continuato a negare di essere stata forzata. Come avremmo potuto denunciarlo con la ragazza che negava?»
«E lei ci ha creduto?»
Hoseok lo guardò scettico, quella storia non quadrava.
«Non ho mai incontrato la ragazza, ma il direttore sì e mi confidò di non credere per nulla alle sue parole... ancora oggi si pente di non aver fatto qualcosa, di non aver cercato di aiutarla... di fermarla».
«Di fermarla da cosa?»
Il segretario guardò gravemente Yoongi negli occhi prima di rispondergli.
«Dall'appiccare l'incendio».
Una mezzoretta dopo i due detective lasciarono l'edificio dopo aver ottenuto la piena collaborazione dell'uomo, il quale aveva assicurato loro che avrebbe provveduto ad inviare tutte le carte relative all'orfanotrofio o quanto meno quelle che erano sopravvissute, dato che la gran parte di trovava nella struttura ed erano andate perse nell'incendio.
Il silenzio regnò durante tutto il viaggio di ritorno, entrambi stavano ancora pensando a quando avevano saputo da Kim Seojun, la morte non era mai una bella cosa, ma quando questa riguardava dei bambini innocenti era particolarmente dura da digerire. Quando arrivarono Yoongi disse ad Hoseok che se ne sarebbe andato da Namjoon per un po' e ne avrebbe approfittato per aggiornarlo su quanto avevano scoperto.
Hoseok, senza nemmeno pensarci, si ritrovò a percorre il corridoio che portava alla sala computer, cercando di capire cosa dicessero le voci che provenivano dalla stanza.
La porta era aperta, così si appoggiò allo stipite e rimase ad osservare in silenzio Jungkook e V che discutevano.
«Devi fare qualcosa!»
«Jungkook non posso, te l'ho già detto, quei dati è ormai impossibile recuperarli». L'hacker sembrava abbastanza esasperato.
«Avresti dovuto fermarla! Pensavo fossimo diventati amici! Fai qualcosa!»
«Ti ho detto che non posso!»
«Ma ... ma ha cancellato tutti i miei record e i miei progressi. Capisci? tutto».
«È inutile, non si può».
«Perché!?»
«Perché se fosse stato possibile avrei già recuperato i miei! Tutto quello per cui ho duramente lavorato, tutti i miei personaggi, le mie classifiche, è andato tutto a puttane. Quindi piantala di fare il rompicoglioni, perché io ci sono finito di mezzo solo per colpa tua e del tuo carattere di merda. Fai un favore a te stesso e a me. Sta zitto e tappati la bocca».
Hoseok iniziò a ridere attirando l'attenzione dei due ragazzi i quali gli rivolsero sguardi che andavano tra l'offeso e il perplesso.
«Credo» disse il detective rivolgendosi a V «che questa sia la frase più lunga che ti abbia mai sentito dire».
L'hacker, a giudicare dall'espressione imbronciata che campeggiava sul suo viso, non sembrò apprezzare per nulla essere l'oggetto dell'ilarità dell'uomo.
Hoseok entrò nella stanza e si accomodò sul comodo divano decidendo che quello era un buon diversivo per distrarsi un po'.
«Mi è parso di capire che Jelo ha colpito ancora» chiese a entrambi.
«Esatto» confermò uno sconsolato Jungkook.
Hoseok spostò pigramente lo sguardo su V che se ne stava a rimuginare e borbottare sottovoce. «E stavolta a quanto pare c'è finito di mezzo anche l'adorato fratellone».
«Detective non sei divertente, quindi levati quel ghigno dalla faccia». V non sembrò apprezzare il suo interessamento.
«Okay, okay. Cos'è successo?» domandò curioso.
«Già voglio saperlo anche io amico» rincarò la dose Jungkook incrociando le braccia sul petto.
«Io non sono tuo amico» disse V lanciando uno sguardo omicida alla recluta, alla fine però di decise a parlare. «A Jelo non piace vedermi ferito. E quando le mento».
«Perché che le hai detto?» chiese Hoseok facendogli spazio su divano accanto a lui quando V si avvicinò per sedersi.
«Le ho detto che mi sono fatto male sbattendo contro la porta».
«Beh, quello è vero»
L'hacker annuì verso il detective e reclinò il suo capo all'indietro, fino ad adagiarlo sul braccio di Hoseok poggiato sullo schienale del divano alle sue spalle.
«È quello che le ho risposto io, ma lei non ci ha creduto. Così le ho detto che doveva farsi gli affari suoi e si è incazzata».
V gonfiò le guance ancora indignato per come erano andate le cose finendo per scatenare altre risatine in Hoseok a causa della sua espressione buffa.
«Non ridere! Non è divertente!» gli intimò severo l'hacker dandogli uno schiaffo sulla gamba muscolosa.
Mentre V continuava a lamentarsi con Hoseok, Jungkook, ricevuta una chiamata, dovette allontanarsi per lavoro, lasciando i due da soli.
Poco dopo allontanamento del ragazzo nella stanza di diffuse un silenzio piacevole interrotto ogni tanto tanto dai versi soddisfatti dell'hacker che si stava godendo le grattatine della mano di Hoseok sulla sua nuca.
Il poliziotto lo fissava ormai da un po' con la testa poggiata sull'avambraccio disteso lungo lo schienale del divano.
V sembrava aver abbandonato sorprendentemente in fretta le sue riserve sul contatto umano.
«Ieri non eri così rilassato» gli disse pigro.
L'hacker doveva aver sicuramente dimenticato l'episodio del giorno prima, probabilmente troppo impegnato a aver a che fare prima con Jungkook e poi con sua sorella. Hoseok se ne rese pienamente conto quando il ragazzo spalancò gli occhi e fece per alzarsi dal divano, intenzionato, presumibilmente, a fuggire di nuovo.
Il detective questa volta però non si fece cogliere di sorpresa e afferrandolo per il retro della maglia lo riportò, non molto gentilmente, sul divano, ignorando lo sbuffo indignato emesso dal giovane.
«Lasciami!»
«Sta buono» gli intimò con voce carezzevole e minacciosa allo stesso tempo.
V smise di lottare abbastanza in fretta, davvero non voleva far arrabbiare di nuovo sua sorella per qualche altro livido.
Rassegnato voltò il capo verso il poliziotto, finendo per ritrovarsi con una guancia schiacciata contro il suo braccio ancora strettamente ancorato alla sua felpa.
Si guardano in silenzio.
Il tempo scorreva lento in quella stanza illuminata dal sole e V si rese conto che la distanza tra loro si era significativamente ridotta anche se non era sicuro di chi si fosse avvicinato a chi.
Guardò curioso l'uomo di fronte a lui, aspettando di vedere cosa avrebbe fatto.
«Come stavo dicendo... oggi non sembri così nervoso».
«Non lo sono» gli rispose V, senza accorgersi di aver abbassato automaticamente il tono della voce per adeguarsi a quello del detective.
«Come mai?»
«Così» alzò le spalle indifferente, rifiutandosi di dare una spiegazione più dettagliata.
«Sai, credo mi piaccia vedere il tuo viso arrossato» gli confidò l'uomo allungando una mano per fargli una veloce carezza sulla guancia e fermarsi poi con il palmo e le dita a circondargli un lato del collo.
Sentiva il battito cardiaco dell'hacker aumentare di frequenza.
«Beh dimenticalo. Non succederà più».
«Sicuro?»
«Sicuro».
«Anche se ti do un bacio?»
«Anche se mi da- aspetta ch-»
Prima che V potesse finire la frase un paio di labbra morbide si posarono sulle sue cogliendolo di sorpresa e soffocando qualsiasi sua protesta sul nascere.
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