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"Offerte di volontariato sospette"
Quella panchina verde era esattamente come la ricordava.
Taehyung la guardava dal suo solito posto nel vicoletto buio, dondolandosi sui piedi, indeciso se andare a sedersi ed aspettare il detective lì, oppure attendere che si facesse vedere e poi raggiungerlo. La sua mente continuava ad analizzare i pro e contro di una decisione così facile nel tentativo di distrarsi da quello che veramente lo preoccupava.
Avrebbe collaborato con la polizia.
Fino alla risoluzione del caso.
E lo avrebbe fatto essendo fisicamente sul posto.
Non ci pensare.
Smise di rimuginare e disciplinò il suo corpo in modo da nascondere qualsiasi segno di nervosismo. Infine si decise ad attraversare la strada ed a sedersi sulla panchina.
Con il viso nascosto dal cappuccio della felpa nera e la mascherina dello stesso colore a coprirgli metà volto, osservava la gente passargli accanto, i bambini giocare sul prato, una coppia litigare a tre metri da lui.
Taehyung era stato allenato a riconoscere i vari sentimenti e i comportamenti che li accompagnavano, pur non comprendendo la gran parte di essi.
Sua madre si era impegnata molto affinché apparisse al mondo come un bambino normale.
La donna guardò suo figlio dare, per l'ennesima volta, la risposta sbagliata alla domanda che lo psicologo gli aveva fatto.
«No Taehyung, quando vedi un film triste non puoi comportarti in modo indifferente» cercava di spiegargli l'uomo.
«Ma a me non interessa se la mamma di Bambi è morta». La voce di suo figli piatta e senza emozioni.
«Ma certo che sì, pensaci, Bambi è un cucciolo che non ha più una mamma, anche tu saresti triste se tua madre non ci fosse più».
«No invece, non sarei triste».
«Taehyung!»
«Non lo sarei» Affermò il bambino guardando il medico senza alcuna emozione negli occhi.
«Riflettici Taehyung, che cosa succederebbe se tua madre non ci fosse più?»
«Non dovrei più venire a queste visite e potrei continuare a leggere i miei libri».
«Ma no piccolo, intendo quando siete insieme a casa».
«Noi non siam-»
«Basta così dottore, per oggi è inutile continuare, lo riporto a casa».
La donna afferrò saldamente il braccio del figlio e lo trascinò fuori prima che il medico avesse il tempo di reagire. Quando arrivò nel parcheggio, dove li attendeva l'autista, strinse la presa sul braccio del bambino sapendo che probabilmente gli sarebbero rimasti dei segni rossi sulla pelle delicata e lo costrinse a guardarla.
«Non sai proprio come comportarti, sei così strano... e stupido, ma se pensi che mi arrenderò con te ti sbagli. Diventerai normale, come tutti gli altri bambini. Non perderò tuo padre per colpa tua!»
Il bambino sentiva dolore al braccio, ma a dolergli ancora di più era il suo piccolo cuoricino. Alzò lo sguardo e si focalizzò sulla spilla Chanel che sua madre aveva appuntata sulla giacca, rifiutando di guardarla negli occhi, dove sapeva avrebbe trovato disprezzo e delusione. Soffocò un singhiozzo e si rifugiò in quel luogo della sua mente dove le parole cattive della donna non facevano male, dove poteva ignorare il dolore al braccio, dove nessuno gli chiedeva di comportarsi in modo normale.
Scacciò quei pensieri dalla mente e si concentrò su una piccola margherita bianca che, solitaria, sfidava l'asfalto grigio e la grande città.
Nome scientifico Leucanthemum vulgare.
Si perse nel contare quei petali bianchi che componevano il fiore e non si accorse che accanto a lui si era seduto qualcuno che lo osservava da un po'.
Si voltò di scatto, coprendosi ancora di più con il cappuccio, e si allontanò il più possibile dalla figura di fianco a lui, per poi rilassarsi un po' quando si rese conto che si trattava del suo detective.
«Non volevo spaventarti» gli disse con voce carezzevole l'uomo mente lo guardava con occhi attenti.
Taehyung indurì l'espressione. «Non lo sono».
Hoseok annuì con il capo assecondandolo, gli sembrava di guardare un cucciolo spaventato timoroso di essere attaccato e non voleva rischiare di spaventarlo e vederlo di nuovo scomparire tra la folla. Decise che spostare il discorso sul lavoro, probabilmente, lo avrebbe rassicurato.
«Sei stato veloce con la pendrive».
Usò consapevolmente un tono di voce basso e rassicurante, inteso a calmare il suo interlocutore.
La sua tattica doveva star funzionando perché l'hacker si rilassò e smise di irrigidire i muscoli.
«Non era così difficile».
Hoseok non poté fare a meno di notare un certo compiacimento nel suo tono e sorrise leggermente al primo segno di buon umore dimostratogli da quel ragazzo misterioso e scontroso.
«Che cosa c'era dentro?» gli chiese non dubitando nemmeno per un secondo che avesse sbirciato il contenuto.
V tirò fuori dalla cartellina che aveva con sé dei fogli e glieli passò.
«Il profilo della prima vittima» gli disse atono.
«Solo questo?»
Strano.
«Sì, sospetto inoltre che colui che lo ha ucciso abbia cancellato da qualsiasi ufficio pubblico e dai database online qualsiasi informazione circa l'uomo, anche usando il suo nome non sono riuscito a trovare nulla, sembra non esistere per il mondo».
«Quindi anche il killer è un hacker?»
«Direi di sì, o lo è qualcuno che collabora con lui» chiarì.
«E dei codici sulle ossa? Sai qualcosa?»
«Nulla, non sufficienti a ricavarne alcun che per ora, però so cosa significano i codici a barre».
L'hacker ripensò a come sua sorella quella mattina guardando i codici gli aveva detto, senza pensarci troppo, che cosa fossero.
«Cosa sono questi?»
«Prove relative al caso»
«Il killer deve essere un cristiano».
«Cosa te lo fa pensare?»
«Quei codici a barre indicano passi della bibbia».
«La bibbia?»
«Sì».
«Perché conosci la bibbia?»
«Avevo voglia di leggere qualcosa di sanguinario e poi la bibbia è il libro più venduto al mondo, volevo capire che ci trovasse la gente di bello».
«Ah».
A volte semplicemente non sapeva come comportarsi con lei.
Prese i fogli su cui aveva stampato i passi che i codici indicavano e li mostrò al detective.
Primo omicidio, uomo.
"Loab conficcò un pugnale nello stomaco di Amasà, rovesciandone l'intestino per terra. Amasà morì nel bel mezzo della strada rotolandosi nel suo stesso sangue"
Secondo omicidio, donna.
"Con i loro archi abbatteranno i giovani, non avranno pietà dei piccoli appena nati, i loro occhi non avranno pietà dei bambini"
«Non sembra si fermerà tanto presto» disse con voce tesa.
Hoseok guardò il ragazzo che adesso sembrava molto più sicuro di sé e pronto al dialogo. La sensazione che gli stesse nascondendo qualcosa più forte che mai.
«Già, non sembra proprio» confermò. «Giù in centrale è stata ritrovata un'altra pendrive nel corpo della donna ma non posso consegnarti anche quella» lo avvisò.
«Collaborerò con voi, insieme a voi». Hoseok assottigliò lo sguardo alle parole dell'hacker.
«Intendi dire che verrai fisicamente in centrale?» chiese.
«La centrale non è adatta, il vostro sistema informatico è debole e inefficiente e usate attrezzature inadeguate e... patetiche».
«Si beh, questo è il potere dei fondi pubblici».
«È necessario un impianto più potente e più grande, dovrò modificarlo, aggiornarlo, rifare il vostro sistema di sicurezza...»
«Dovrai venire in centrale per farlo e io non ho ancora accettato il tuo aiuto» gli fece notare.
«Certamente, sono un genio, ma nemmeno io sono in grado di fare simili lavori a distanza e poi detective senza di me come aprirete l'altra pendrive?»
Hoseok non poteva negare che l'aiuto di V gli servisse eccome ma non è che si potesse inserire qualcuno in un'indagine solo per questo. Aveva bisogno di permessi, di autorizzazioni... ci sarebbero voluti giorni. A meno che... lui non facesse una delle sue piccole magie. Il detective aveva più potere di quanto sembrava.
«Avrò bisogno di garanzie da parte tua» disse con voce categorica.
«Hai già il mio cellulare».
«Non basta. Due giorni fa eri pronto ad andartene piuttosto che venire in centrale e ora ti offri volontario. Sei poco credibile».
«Due giorni fa non sapevo che il killer fosse un hacker e che il caso fosse così interessante. Ma se non vuoi lascia perdere»
V si alzò per andarsene ma venne, di nuovo, fermato dalla mano di Hoseok. Quest'ultimo ignorò la reazione accigliata dell'hacker e si alzò per fronteggiarlo.
«Sia chiaro ragazzo, ti sia ben chiaro in quella bella testolina che ti ritrovi, attaccami di nuovo il telefono in faccia o prova solo ad andartene aspettandoti che esegua i tuoi ordini come un cagnolino e prenderò a calci quel tuo culo sodo da qui fino al fiume Han dove ti immergerò, ripetutamente, nell'acqua, finché non ti sarai rinfrescato le idee. Domani presentati alla centrale di polizia. Del resto mi occupo io».
L'hacker rimase per un attimo interdetto alle parole del detective e sentì uno strano pizzicore solleticargli la gola. Si schiarì la voce e si portò una mano al capo, imitando il saluto militare.
«Signor sì, signor detective!»
E con un mezzo sorriso sul viso si allontanò con passo leggero e veloce.
Hoseok rimase a guardarlo finché non sparì tra la calca di persone.
Non aveva creduto alla storia dell'hacker/killer nemmeno per un momento.
Dopo l'incontro con l'hacker Hoseok si diresse verso casa di sua madre.
Infilò la chiave nella toppa della porta di legno scuro ed entrò. Nonostante ormai vivesse da solo da quasi dieci anni ormai, conservava la sua copia delle chiavi e andava e veniva senza bisogno di avvisare. Inoltre, come ogni altra volta che smontava da un turno di notte, cenava da lei che cucinava la zuppa di alghe e manzo (Miyeokguk – 미역국).
Quella era ormai una tradizione consolidata della sua famiglia. Hoseok ricordava che ogni volta che suo padre, poliziotto come lui, tornava dal turno di notte, sua madre preparava quella zuppa calda mentre il suo papà riposava e lui tornava da scuola sapendo che ad accoraglielo ci sarebbe stato il caldo sorriso di sua madre, il profumo della carne cotta e l'abbraccio caloroso di suo padre.
Quando era diventato anche lui un poliziotto, seguendo le orme del genitore, la tradizione era continuata con lui, solo che ora ad attenderlo dietro quella porta, c'era solo sua madre.
Suo padre, le sue braccia forti e il suo odore di dopobarba non c'erano più ormai da tre anni, da quando una mattina sua moglie lo aveva trovato immobile sulla sua poltrona preferita con un sorriso sul volto. Il poliziotto, ormai in pensione da tempo, padre orgoglioso e marito amorevole, se n'era andato nel sonno, senza soffrire e senza clamore, lasciando dietro di sé dolore ma anche tanto amore.
Hoseok, nonostante fosse ormai trentenne e indipendente, ogni volta che varcava la soglia della casa in cui era cresciuto si aspettava di vederlo lì, con le braccia spalancate, la sua vecchia tuta grigia e un sorriso enorme sul viso.
Puntualmente, quando nell'ingresso non trovava nessuno, sentiva una piccola stretta al cuore, ma poi scuoteva la testa, sorrideva e andava ad abbracciare sua madre in piedi vicino ai fornelli.
Anche quella volta la trovò lì, con il grembiule rosa e il suo profumo che sapeva di buono e di casa.
«Ciao ma'» le disse abbracciandola e poggiandole la testa sulla spalla.
«Ciao Hoseokie, com'è andata al lavoro?» gli chiese la donna dandogli delle piccole pacche sul braccio con cui il figlio le aveva circondato la vita.
«Bene, finalmente stiamo facendo progressi. E la tua riunione con le signore del vicinato? Sei riuscita a far cambiare loro idea?»
«Certo che sì ragazzino, non conosci tua madre? Nei giardinetti del quartiere verranno piantate delle violette e altri fiori di campo e non quelle pretenziose rose piene di spine pericolose per i bambini che vanno lì a giocare»
«Certo che ti conosco! Non avevo dubbi che saresti riuscita a piegare tutte quelle megere al tuo volere»
«Smettila di fare lo spiritoso e inizia ad apparecchiare che la zuppa è pronta»
«Eseguo mia signora»
Ridendo la donna portò al tavolo la grande pentola fumante mentre il figlio sistemava i piatti e le posate.
Boksun, questo il nome della madre di Hoseok, era una bella donna, dal viso gentile incorniciato dai capelli castani che iniziavano ad ingrigirsi alla tempie e la figura morbida leggermente appesantita dal passate degli anni, nonostante l'aspetto gentile e solare, la donna nascondeva una volontà d'acciaio e idee molto chiare per il futuro del figlio.
Certo, lui ormai era aduto, ma rimaneva sempre il suo bambino pasticcione.
Puntò i suoi caldi occhi castani su di lui, orgogliosa di quello che era diventato. Mai, nemmeno una volta, l'aveva delusa, sperava solo che si decidesse a farsi una famiglia e a regalarle un nipotino da poter coccolare. In quella casa mancavano risate giovani e voci squillanti da troppo tempo.
Ricetta del Miyeokguk – 미역국, presa del sito Kimchi e basilico
Ingredienti per 2/3 persone
🍥20 grammi di alga essiccata per zuppa (miyeok)
🍥100 grammi manzo
🍥1 spicchio d'aglio tritato
🍥1/2 cucchiaino di pepe nero in polvere
🍥1 cucchiaio olio di sesamo
🍥1 cucchiaio salsa di soia chiara
🍥1.2 litri d'acqua (6 tazze)
Istruzioni
Mettere a mollo l'alga in acqua fredda per circa 30 minuti.
Successivamente scolarle, strizzarle delicatamente per eliminare l'acqua in eccesso e tagliare in strisce di 4 – 5 cm di spessore.
Tagliare il manzo in quadrati di 3 cm di lato e 0,5 cm di spessore. Aggiungere mezzo cucchiaio di salsa di soia, il pepe e l'aglio tritato.
Scaldare l'olio di sesamo in una pentola e soffriggere la carne a fuoco medio.
Aggiungere l'alga e lasciare cuocere per 3 min mescolando di tanto in tanto.
Aggiungere l'acqua e portare ad ebollizione.
Ridure la fiamma a minimo e lasciar cuocere per 20 min.
Aggiungere il resto della salsa di soia e aggiungere sale se necessario.
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