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"Scena del crimine"
Hoseok, Yoongi e Namjoon passarono sotto il nastro giallo posto davanti l'entrata dei bagni. Jungkook era fuori con gli altri poliziotti per tenere a bada la folla di curiosi e di giornalisti e anche perché non era il caso che sul giornale uscisse la notizia dello svenimento di un poliziotto sulla scena del crimine.
Il capo della polizia aveva chiamato Hoseok appena era uscita la notizia sui giornali chiedendogli come mai non avevano ancora nemmeno uno straccio di pista, il detective sperava che con l'aiuto di V sarebbero finalmente riusciti a fare qualche passo avanti.
Sulla vittima 1 non era stata trovata alcuna traccia biologica che potesse ricondurre al responsabile dell'omicidio. Sui suoi vestiti nemmeno, anzi profumavano di disinfettante.
I codici sulle ossa sembravano solo sequenze casali di numeri senza alcun significato e la pennetta usb a momento si trovava nella tanca interna del completo blu di Hoseok in attesa di finire nelle mani di un hacker.
Si avvicinarono tutti e tre all'ultimo bagno e guardarono all'interno trovando il medico legale già sul posto, accovacciato accanto alla vittima.
«Hey, hai fatto in fretta» gli disse Yoongi attirando la sua attenzione.
Jin guardò in alto e sorrise ai nuovi arrivati che prontamente lo salutarono felici di avere lui assegnato al caso che già si era occupato della vittima precedente.
«Sì, ho fatto in fretta, ero nelle vicinanze quando mi è arrivata la chiamata».
«Cosa puoi dirci?» gli chiese Namjoon, che si era chinato accanto al medico per osservare meglio la donna.
«L'ora del decesso risale due giorni fa, ma saprò dirvi meglio poi» rispose Jin osservando le pupille della vittima.
Hoseok si avvicinò a loro per farsi un'idea dell'intera scena. «Quindi il corpo è stato trasportato fin qui?».
«Indubbiamente sì, come puoi osservare il cadavere non si trova in una posa scomposta o che indichi segni di colluttazione, è stato portato qui e sistemato in questo modo con estrema cura».
La vittima infatti era stata lasciata sul pavimento del bagno con la schiena appoggiata alla parete e le mani giunte in grembo.
«Per adesso posso dirvi che gli edemi presenti sul corpo indicano una morte per avvelenamento da arsenico, ma dovrò fare delle analisi per esserne certo. La donna non ha addosso documenti personali che possano identificarne l'identità e anche in questo l'assassinio l'ha marchiata con un codice a barre, come potete vedere qui sotto il piede sinistro. Inoltre, ho dato uno sguardo veloce all'addome, come nel caso precedente è presente una lunga sutura, quindi probabilmente troveremo qualche altro regalino all'interno del corpo».
«A questo punto è scontato che si tratti dello stesso assassino» affermò Yoongi facendosi da parte con gli altri due per fare spazio l'assistente del medico che reggeva un grande sacco nero per riporvi il corpo.
«Ti lasciamo lavorare nel frattempo faremo un giro nelle vicinanze per vedere se qualcuno sa qualcosa». Jin alzò la mano in segno di saluto senza disturbarsi a girarsi verso Hoseok e iniziò a spostare il cadavere.
Uscendo dai bagni i tre uomini si fermarono a parlare tra di loro per organizzare le indagini.
«Yoongi ti occupi tu delle videocamere di sorveglianza? Qualcosa dovrà pur venir fuori, un cadavere non passa inosservato».
«Io mi occupo di fare domande in giro per capire se ci sono testimoni» gli disse Namjoon.
«Portati anche il ragazzino, così impara qualcosa». In verità Hoseok non voleva rischiare di avercelo attaccato al culo tutto il giorno.
A Namjoon invece non dispiaceva portarselo in giro. «Okay, tu dove vai? Ad incontrare quell'hacker?».
Hoseok annuì e controllò l'orologio. «Dovremmo vederci fra poco».
«Hoseok non sono convinto di questa cosa che vuoi fare, passi chiedere l'aiuto di questo tizio, ma andarci a parlare da solo è una cazzata» sbottò Yoongi all'improvviso. Che fosse contrario alla cosa non era un mistero, Hoseok aveva già avuto modo di confrontarsi con lui e sapeva che l'altro riteneva quella strada una completa perdita di tempo.
«Yoongi sarà un povero nerd innocuo, che vuoi che succeda? Che mi minacci con un mouse? Andiamo!»
Yoongi lo guardò con sguardo severo e poco convinto. «A volte non so se tu sia semplicemente un incosciente o proprio un idiota».
«Entrambe» disse Namjoon sghignazzando.
«Nam non ti ci mettere anche tu» lo riprese. «Okay è tempo che vada, ci vediamo in stazione».
«Chiama se hai bisogno» gli urlò dietro Namjoon mentre afferrava Jungkook per il colletto e lo trascinava con sé. Yoongi alzò gli occhi al cielo esasperato e andò a parlare con le guardie di sicurezza del centro commerciale per farsi consegnare i video delle telecamere di sicurezza.
Taehyung sedeva sulla sua motocicletta parcheggiata in un vicolo buio, da doveva si trovava avrebbe avuto una perfetta visuale quando il detective sarebbe arrivato. L'hacker ovviamente conosceva il suo viso, quindi sapeva cosa cercare mentre guardava i volti dei passanti scorrergli davanti. Aveva dato appuntamento all'uomo per quel giorno, comunicandogli il luogo esatto dell'incontro solo pochi minuti prima dell'ora stabilita e adesso se ne stava ad aspettare nell'ombra che questo si facesse vivo elencando nella sua mente tutti i modi in cui avrebbe ucciso sua sorella una volta tornato a casa.
Mentre valutava i pro e i contro di una morte per soffocamento vide un uomo in completo sedersi sulla panchina designata come luogo di incontro.
Il suo detective era arrivato.
No.
Il detective era arrivato.
Si alzò la mascherina nera sul viso e si avvicinò lentamente a lui, mentre la sua mente gli urlava che era ancora in tempo a voltarsi e tornare indietro.
Jelo era preoccupata mentre guardava fuori dalla finestra verso gli alti grattacieli del centro di Seoul e continuava a tormentarsi chiedendosi se aveva fatto la cosa giusta.
Ripensò a quello che Taehyung le aveva confessato anni addietro. Le sue parole le erano rimaste impresse nella mente e nel corso degli anni non aveva fatto altro che cercare informazioni.
Disturbo schizoide di personalità.
Questo era stata l'espressione usata da suo fratello per spiegarle cosa non andasse in lui. All'inizio, poco più che ragazzina, non aveva capito cosa volessero dire quelle parole l'una in fila all'altra, ma col tempo e dopo tanto leggere e studiare, si era fatta un'idea chiara in proposito.
Taehyung non era sociopatico o asociale, Taehyung aveva paura della gente e di quello che potevano fargli. La sua era una condizione relativamente rara che si caratterizzava per distacco sociale, mancanza o indifferenza alle relazioni interpersonali e ridotta capacità di espressività emotiva.
Taehyung viveva isolandosi e rifuggendo qualsiasi contatto umano.
Taehyung era ... "separato".
Separato dagli altri.
Separato dalla società.
Separato dal mondo.
Si crogiolava nella propria autonomia e nel proprio isolamento e se ne stava ai margini della società, rifiutandosi di prenderne parte.
Jelo sapeva, da quanto aveva letto e da quanto Taehyung stesso le aveva detto, che non era sempre stato così.
Ciò che aveva vissuto nella sua infanzia lo aveva reso incapace di provare emozioni, di reagire a complimenti o critiche, di vivere.
Ma lei semplicemente non poteva accettare che suo fratello vivesse una vita a metà.
I tentativi di trascinarlo da uno psicologo erano falliti tutti. Cosa che doveva sorprendere più di tanto, coloro che sono affetti da questo disturbo non riconoscono di avere un problema e sono soddisfatti dell'andamento della propria vita. Quindi aveva pensato e ripensato a come potesse aiutarlo ad aprirsi un po' di più, a farlo sorridere, ridere e semplicemente essere felice.
E quella pendrive era sembrata un'ottima idea per convincerlo a schiodarsi di casa ma... lei non era un medico e sapeva che i soggetti schizoidi se costretti a incontri ravvicinati, possono diventare molto ansiosi.
Scacciò dalla mente i brutti pensieri e si strofinò le braccia quasi volesse rassicurarsi che sarebbe andato tutto bene, sperava che Taehyung avrebbe tratto beneficio da quell'esperienza. Jelo non gli aveva mai detto che stava cercando di aiutarlo, suo fratello non lo avrebbe mai accettato e non avrebbe nemmeno acconsentito a seguire una qualche terapia. Semplicemente credeva di stare bene così, di non aver bisogno delle persone, di non essere in grado di amare, ma lei sapeva che si sbagliava, sapeva che Taehyung era in grado di provare emozioni intense e durature. Amava lei, avrebbe potuto amare anche altre persone, doveva solo smettere di essere spaventato di provare emozioni differenti dall'affetto fraterno.
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