Capitolo 11
You've got no place to hide
And I'm feeling like a villain, got a hunger inside
One look in my eyes
And you're running 'cause I'm coming
Gonna eat you alive
Your heart hits like a drum
The chase has just begun
Monsters stuck in your head
————
«Ehi.» Ally si affacciò alla porta della camera, smagliante. «Grande giorno oggi, eh.»
Mi stirai nel letto, ri-assemblando quello che la notte aveva smontato. Ally si era addormentata sul divano dopo una lunga chiacchierata notturna, ma non pareva subirne gli effetti collaterali.
«É solo un gioco, niente di più.» Constatai, e non c'erano parole migliori per descriverlo.
«Si, ma il premio é più alto della partita.» Reclinò la testa rimirandomi maliziosa; voleva dirmi "ti conosco."
«Non so quanti soldi in realtà...»
«Ahh!» Sospirò platealmente. «Lo sai cosa intendo dire.» Disse incisiva, tagliando ogni via di fuga.
Inspirai a fondo, osservandola. Se non potevo scappare, preferivo guardare negli occhi il pericolo. Mi sciolsi in un cenno d'assenso. «So cosa vuoi dire.»
«Come ti senti? Sei pronta?» Il sorriso sul suo volto galvanizzava la mia impazienza.
«Non sai quanto.» Mormorai fra me e me, ma Ally lo colse.
«D'accordo, noi ti aspettiamo giù. Facciamo il tifo per te. Io più di tutti.» Mi strizzò l'occhio, poi udii la porta della stanza richiudersi.
Sprofondai sul cuscino, prendendomi qualche secondo per le mie idee. Ally aveva fatto non poche pressioni sul gruppo per concedermi il via libera. Ovviamente tutti desideravano stare in prima linea, ma per me era una rivincita e non una scommessa. Questo dettaglio venne omesso. Ally fu convincente senza l'ausilio della compassione, il che mi rendeva sua debitrice. Lauren avrebbe preso il comando dell'altra squadra, ponendosi come avvocato della difesa. Ero sicura sapesse io avrei fatto lo stesso. E io lo avevo fatto. In realtà, non era solo una competizione, era un'analisi preliminare per quello che ci avrebbe aspettato in un futuro non troppo lontano.
Dopo una doccia rigenerante, indossai l'abito e raccolsi le carte. Mi diressi verso l'ascensore, più emozionata che tesa. Cliccai il piano terra, ma una mano interruppe la chiusura delle porte.
I nostri occhi si fulminarono superbi. Lauren fece un passo avanti, immettendosi nell'abitacolo. Il silenzio la fece da padrone. Nemmeno la provocazione scalfì quel muro. La sua presenza cagionava ancora brividi alla mia schiena, ma rimasi dritta come un fuso. Non era tanto importante cosa provassi, se riuscivo a non soccombere. Il trillo acustico ci divise.
Camminando oltre la soglia, la corvina si voltò solo per un breve attimo verso di me: «Camila.»
«Lauren.»
E le porte si richiusero. Almeno stava seguendo le regole che le avevo imposto, attenendosi all'educazione senza scomodare la cordialità. Era un buon compromesso per tutti, anche perché, in meno di un'ora, avremo dovuto smettere di fingere; quella freddezza ci permetteva di non aver mai iniziato.
Ally e gli altri vollero fare colazione assieme per accertarsi avessi imparato tutte le linee guida stilate nel corso dei giorni, ma soprattutto volevano capire se le avrei seguite. Li rassicurai. Tutti insieme ci muovemmo verso la sala conferenze, dove una ressa in giacca e cravatta assisteva attentamente agli scontri giornalieri.
«Ora so come ci si sentiva in un'Arena.» Sussurrò Ally al mio orecchio, mentre camminavamo verso il centro della stanza.
«Si ma, qui siamo tutti leoni.» Ammiccai, strappandole un sorriso fiero che le allentò i nervi.
Ci sedemmo in prima fila, dove, giorni prima, vi erano seduti gli altri partecipanti. Lauren si era già accomodata assieme al suo team. Ci scambiammo una rapida occhiata prima che Ronald iniziasse a parlare.
«Buongiorno a tutti. Come ogni giorno, anche anche quest'oggi abbiamo un carosello di sfide. Stamani iniziamo con un caso di frode risalente al 2013. In questo caso, il cliente venne dichiarato colpevole. Quello che cercheremo di fare qui é provarlo innocente.» I suoi occhi fecero spola fra me e Lauren, assicurandosi avessimo compreso le regole. Annuimmo. «Sono state messe a disposizione tutte le prove ufficiali del caso e ci siamo affidati anche all'audacia dei partecipanti per aumentare la possibilità di vittoria.» Tirò un sospiro che di sollievo non ne aveva. Sapevo fosse dispiaciuto per doversi dire giudice fra amicizia e stima. «Bene, senza ulteriori indugi sancisco ufficialmente l'inizio del processo. Avvocati.»
Ci alzammo contemporaneamente, ma dirigendoci verso i lati opposti. Era sempre così fra noi: all'unisono ma mai insieme.
Lauren sistemò la sua valigetta e io mi occupai della mia. Una volta terminati i preparativi, Ronald aprì le mani verso di noi consegnandoci al pubblico.
«Signor giudice, il mio cliente é stato citato in giudizio con prove proditorie per non dire fallaci.» Commentò Lauren, istigando subito la mia pazienza.
«Vostro onore, non dovrebbe essere un avvocato a decretare cosa sia proditorio o meno.»
«Non lo decreto io, infatti, ma le prove stesse.» Lauren si armò di documenti. «Come si può evincere da questo bilancio, non c'è la firma del mio cliente e tantomeno segni riconducibili a lui. Additarlo come criminale solo perché a capo dell'azienda, mi sembra scorretto e impreciso.»
«Non é impreciso se a ricontrollare ogni bilancio é proprio il suo cliente in persona. Come si può notare dai dati del suo computer, riceve puntualmente email di bilancio. Adesso, se non é così scrupoloso da ricontrollare i propri dati, sarebbe punibile solo di ingenuità, ma a quale scopo uno dei suoi lavoratori avrebbe dovuto commettere un reato senza trarne vantaggi bensì enormi svantaggi?»
«Tutti ci troviamo nella posizione in cui, pur di vincere, siamo a disposti a enormi svantaggi.»
Brutta stronza, mi voltai di scatto verso di lei. Non stava parlando del processo o meglio: non solo di quello. Tra tutti i casi irrisolti, ve ne era uno più grande di ogni altro ed era proprio alla mercé dell'altra adesso.
Presi aria e non assecondai il mio istinto. Mi attenti alla strategia ideata assieme ai miei colleghi, ignorando la frecciatina di Lauren.
Aprii la valigetta, estraendo un documento di vitale importanza. «In questa pliche si evince che il suo cliente ha cancellato diverse email indirizzate proprio all'ufficio contabilità. Leggo testuali parole: "Cerchiamo di smaltire il più possibile il grumo in tempi brevi." Ora, almeno che il suo cliente non diriga un'azienda di donatori del sangue, ritengo che questo sia un chiaro messaggio in codice.» Una risatina collettiva si propagò insieme al chiacchiericcio. Ognuno si stava facendo la propria idea, ma noi avevamo appena iniziato.
«Questo non dimostra niente. Un errore di battitura, quanto é comune in ognuno di noi? Quanto sono comuni gli errori per tutti noi?» Mi rivolse un'occhiata sagace, velata di un sorriso impudico.
Mantenni il contegno, evitando l'ennesima frecciatina. Non le avrei dato quello che cercava, altrimenti avremo spostato la sfida su un terreno impari e avrei dimezzato le possibilità di vincere.
«Gli errori sono comuni, ma sono un po' sospetti su conti bancari milionari, o sbaglio?» La guardai direttamente negli occhi, trattenendo il lampo che mi lanciarono i suoi smeraldi. «Il suo cliente ha sottratto migliaia di tasse allo Stato, facendola franca per troppo tempo. É il momento che la legge sia uguale per tutti.»
«Se la legge trovasse il vero colpevole, certo. Ma siccome in questo caso il dito viene puntato verso qualcuno senza detenere prove reali, non si parla di giustizia ma di insoddisfazione personale.»
«Brutta stron...» Cavalcai a grande falcate lo spazio che ci divideva, trovandomi di fronte a lei. Nessuna delle due abbassò il mento o lo sguardo. Entrambe avevamo qualcosa da dirci occhi negli occhi, ma non davanti a tutti.
«Va bene, va bene.» Ronald si alzò in piedi per placare gli animi. «Avete svolto entrambe un ottimo lavoro, ma siccome non riusciamo a raggiungere un punto comune, ritengo sia meglio chiudere il caso così...» Io e Lauren non avevamo smesso di rimirarci e nemmeno avevamo fatto un passo indietro. «Ma dobbiamo per forza decretare un vincitore, dunque, la nostra proposta, é che invece di scontrarvi voi vi uniate.»
«Che cosa?!» Gridammo all'unisono.
«O lavorate insieme o perdete entrambe. La scelta é vostra.» Si strinse nelle spalle Ronald, rimettendo il destino nelle nostre mani.
Virai lo sguardo verso la corvina, vicina a me solo come nel disprezzo lo era stata. C'era una sola cosa che io e Lauren odiavamo più dell'altra: la sconfitta. Eravamo disposte a tutto pur di non arrenderci. Conoscevamo il prezzo della perdita, adesso avremmo scoperto quanto ci sarebbe costato vincere insieme. Solo che molto spesso la domanda giusta non é quanto, ma cosa?
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro