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Capitolo 1


I catch you every time
In your lies, your lies
Every time you close your eyes
I hear the secrets that you keep
When you're talking in your sleep
I hear the secrets that you keep, keep, keep.

————

Inseguire i tuoi sogni è bello finché non è la stessa strada che conduce all'inferno. Io ero finita al collage di Harvard, che più o meno era la stessa cosa. Rispettare le aspettative a diciannove anni è più difficile di soddisfarle. Studiare non era mai stato il problema, bensì adattarsi ai parametri prestabiliti dalla mia famiglia. Riuscivo a volergli bene solo stando lontano, il che mi rendeva una perfetta adolescente ma una pessima figlia. Fu proprio per questo che strinsi amicizia con metà del campus; scoprii che il risentimento verso i propri genitori era il comun denominatore della maggior parte degli studenti di giurisprudenza. Gran parte di loro avrebbe volentieri spedito in galera i propri padri e per l'altra parte il college era una vacanza pagata con alcol scontato e feste incluse nel prezzo. Io non facevo parte né dei primi né dei secondi, ma nemmeno mi escludevo dalla massa. La volontà di studiare era mia, il dovere di riuscirci era loro, e fu proprio durante una delle nostre chiamate settimanali che decisi di deluderli. Vivere all'altezza delle aspettative non è mai soddisfacente come infrangerle tutte, soprattutto se sono state dettate da una voce paterna. Sasha mi invitò all'ennesima festa con il tono cantilenante di chi non si aspettava una risposta diversa dalla precedente. Invece la ottenne. Il tempismo, il caso, il destino... Non so quale sia la forza motrice delle coincidenze, ma quella sera non fece sconti. L'ambiente era la tipica nicchia da collegiali senza regole o coprifuoco. Gli schiamazzi sfidavano la calma della notte. Sasha mi chiese se volessi qualcosa da bere e si inoltrò verso la cucina ignorando la mia risposta; a questo genere di serata non esistevano alternative.

«Camila?»

«Mh?»

La sorpresa nel volto della ragazza non aiutava la mia confusione; il caos annebbiava maggiormente i vaghi indizi ripescati sotto il fango della memoria.

«Rachel, Rachel Parker.» Sorrideva incredula, ma ancora io non avevo niente in cui credere. «Frequentavamo lo stesso corso di biologia!»

«Mi sa che ti sbagli... Non frequento biologia dai tempi del...» Una botta in testa, un pugno nello stomaco, una buca sulla strada. Non so spiegare la sensazione del tempo sospeso, delle immagini diradate; cadere in un incubo per sospirare al risveglio. Solo che io continuai a cadere.

«Si! Anche io vivevo a Miami. Andavamo allo stesso liceo!»

Il passato sta alle tue spalle, si, ma come la tua ombra. Scappata non è il termine giusto, ma trasferirsi dall'altra parte del Continente per dimenticare come mi avevano vista da quella opposta, assomigliava molto ad una fuga. Pensavo che ricominciare fosse un atto destinato alle lontananze, e io l'avevo preso alla lettera. La parte più crudele era esserci riuscita. Per diversi anni persino la mia stessa immagine sfuggiva al mio ricordo, ma d'improvviso non ero altro che il ricordo stesso. Crudele. Crudele l'illusione di scappare a se stessa, solo per renderti conto che il Mondo non ti ha dimenticato. O ancora peggio: i tuoi vecchi compagni.

<Sono così felice di vederti!> Biascicava fra un sorso e l'altro, mentre io speravo l'alcol cancellasse dai suoi occhi lo smarrimento sul mio volto.

«Quanti anni sono passati? Cazzo!»

Tanti, troppi. O perlomeno speravo fossero abbastanza per dimenticarsi di me, dimenticarsi di quella faccenda.

«Già.»

Aspettavo Sasha tornasse, non solo per svignarmela, ma perché necessitavo di una prova tangibile della mia nuova vita; anche se mi fossi inventata tutto, avrei preferito tornare all'illusione che vivere questa realtà. Nell'adolescenza, in un giorno nascono più esistenze di quanto ne muoiono in una vita intera, ma raramente sono quelle che vorrai vivere per sempre. Soprattutto se qualcun altro le ha seminate per te. Io ero il fiore nato da un seme spinto nel terreno con la punta della scarpa. Nemmeno io ero consapevole della mia crescita finché non è finita la primavera.

«Cavolo, ti ricordi che tempi? Che ti è successo poi? Sei evaporata nel nulla dopo quella storia.» Ammicca nella mia direzione, ma io vorrei chiuderli entrambi gli occhi e fare quello che ho fatto cinque anni fa: scomparire. E così faccio. Farfuglio una scusa, nemmeno metà di essa a dire il vero, e mi dileguo nella ressa. Mentre la musica si ovatta sempre di più nella mia testa, un altro suono si fa sempre più vicino. Credevo i ricordi svanissero se non ascoltati, ma a quanto pare vale solo per quelli che non hanno la voce di Lauren:

"Lo hai voluto tu, Camila."

Sette anni prima...

Non so dire come tutto sia iniziato, ma so per certo raccontarne la fine. Molto spesso non ci rendiamo conto dell'esistenza di un inizio, finché non sopraggiunge la fine. A quel punto è già troppo tardi per rimediare alle proprie scelte, ci si può solo fare i conti... Ma come si tirano le somme con scelte che qualcun altro ha preso per te? E se quella persona fosse proprio l'unica che ti rende spregevole anche ai tuoi stessi occhi, quelle scelte varrebbero più o meno delle tue? Per me contarono quanto una vita intera. Non è drammaticità la mia, ho dovuto letteralmente rinunciare a tutto ciò che conoscevo per dimenticare tutto ciò che mi avevano portato via. Il mio errore era stato pensare di giocare pulito. Ero stata la prima a truccare le carte, come potevo aspettarmi una partita onesta? Ogni giocatore che ti stringe la mano, strizza l'occhio al tuo avversario appena abbassi la testa. Io e Lauren iniziammo a giocare fin da subito.

I suoi voti erano i miei voti. I suoi extra corsi erano i miei. Non lo facevamo di proposito; tra di noi si era instaurata un'aria di sfida senza volerlo. Nemmeno noi ne eravamo totalmente coscienti, non finché non ci trovammo faccia a faccia con l'unica cosa che non potevamo condividere: Halsey.

Io e Lauren avevamo proprio tutto in comune, ma se alcune cose non si potevano dividere, per tutte si poteva competere. E a tutte e due piaceva vincere.

La festa per lo Spring Break fu l'occasione perfetta per lanciare i dadi...

«Camila! So che hai il culo grosso, ma muovilo più velocemente!»

«Sto arrivando, maledizione!» Allacciai i tacchi più velocemente possibile, mentre mi precipitavo verso il piano inferiore. La  pazienza di Dinah non mi avrebbe concesso un secondo richiamo.

«Alleluia. La festa non é di matrimonio, e soprattuto non del tuo.» Mi pungolò maliziosamente.

«Vuoi ottenere una reazione, ma sono troppo carina per arrabbiarmi.» Infilai il cappotto e rispondi al suo ghigno con un sorrisetto.

«Su una cosa siamo d'accordo. Volevo una reazione.»

«Sei ogni giorno più simpatica.»

«Merito tuo.» Mi strizzò l'occhio mentre mi apriva la porta di casa. Scossò la testa senza compiacerla di alcuna risposta.

«Finalmente.» Sospirò Ally mentre entravamo in auto. «Pensavo di invecchiare al volante.»

«E io di fossilizzarmi sul divano.» Rispose Dinah, lasciando cadere l'onta della colpa lontana da lei.

«Non vedo l'ora di sapervi ubriache.» Il sorriso  sornione fu tutto ciò che mi servì per lasciarmi intendere.

«So che le tue vane speranze di dormire fuori casa sono ancora alle stelle, ma qualcuno dovrà pur riportarti all'ovile quando verrano infrante.»

Ally faticò a non ridere, ma io avevo deciso di non dargliela vinta. Potevano scherzare quanto volevano, perché quella sera niente poteva andare storto: era già tutto calcolato. Il destino mi invidiava e il caso mi odiava. Avevo ideato nei minimi dettagli la serata, sommando gli imprevisti agli eventi. Non mi sarei fatta trovare impreparata, come sempre del resto. Non avevo scelto l'abito migliore del mio armadio per fallire. Quella sera avevo un solo obiettivo e cento modi per raggiungerlo: parlare con Halsey.

«Lo sai che questa festa é letteralmente in casa di Lauren.»

Alzai gli occhi al cielo al sentire pronunciare il suo nome.

«Meglio, sarà impegnata a destreggiarsi fra gli ospiti e non baderà a me...»

«...o alla sua ragazza.» Soggiunge Ally.

«Non stanno insieme.» Sottolineai aggrottando le sopracciglia.

«Solo per chi é cieco, forse.» Ridacchiò Dinah, ma non le diedi ascolto. So che avrebbe preferito divertirsi alle feste insieme a me piuttosto che sorbirsi le recriminazioni di Ally in merito alle dosi alcoliche suggerite dall'ONS. Ma purtroppo io avevo deciso di innamorarmi, il che rendeva tutto più difficile.

«Allora stasera camminerò con le mani sugli occhi.» Ribattei a testa alta.

«Tesoro, con quei tacchi sarà già un'impresa camminare e basta.»

«Perché per una volta non puoi provare a incoraggiarmi?» Le domandai mentre stavamo posteggiando di fronte al vialetto, già pullulante di ragazzi e ormoni.

«Perché solitamente non spingo le mie amiche verso una delusione, ma siccome tu sei masochista per natura... Sarà una grande serata, Camila!» Dinah scende dall'auto e ci deliziò con l'ultimo commento sarcastico della nottata, prima di dirigersi impettita verso l'ingresso e scomparire.

La mano accogliente di Ally trovò la mia: «Lasciala perdere. Lo sai che non certe cose non le capisce.» Si strinse nelle spalle; a lei stava bene così.

«Vorrei capisse me però.»

«Ehi, questo abito non merita neppure commiserazione. Va' là dentro e compi il tuo dovere.» Mi salutò militarmente. La ringraziai con un bacio e mi affrettai a raggiungere l'entrata.

Metà dei partecipanti sono volti sconosciuti. Il college era troppo grande per essere amici, ma molti di loro li riconoscevo grazie all'album annuale. Prima di perdermi nei miei pensieri, cercai Halsey nella folla, ma il mio sguardo si posò disgraziatamente sull'ultima persona che vorrei vedere: Lauren.

Dalla balconata ispezionava svogliatamente la ressa e ancora più svogliatamente sorseggiava un intruglio alcolico. Il vestito rosso, in tinta con le sue labbra, lasciava scoperte le spalle che sobbalzarono quando mi vide. I nostri occhi non si allontanarono per una sequenza imprecisata di minuti e fu in quella frazione di tempo che seppi per certo: io e lei non saremo mai state amiche.

Il ragazzo accanto a me rovesciò il bicchiere, fortunatamente a terra, ma fu abbastanza per interrompere il contatto. Quando tornai alla sfida, Lauren aveva abbandonato il campo. Codarda, pensai. Ma forse ero troppo vigliacca io per ammettere che mi dispiacesse. Amavo la competizione e soprattutto amavo dimostrare di essere imbattibile. Se vuoi provare a vincere, ritieniti pronto a perdere anche la tua stessa vita prima che mi arrenda.

Dimenticato l'attimo di distrazione, mi divincolai per sfuggire alla pressa della calca. Sapevo che Halsey era lì per servire da bere, quindi fu lì che mi diressi. La cucina era gremita, ma i suoi capelli blu erano inconfondibili. Mi accodai agli altri. Gli odori di dopobarba, deodorante e rum si confondevano fra loro. Lo scompiglio trasandato mi rendeva già un po' ubriaca.

«Per te invece?» Non alzò lo sguardo su di me, ma appena lo fece le si allargò un sorriso irripetibile. «Camila!»

«Sorpresa.»

«Ma dai! Sono contenta tu ce l'abbia fatta.»

«Solo per poterti rinfacciare la peggior sbornia della mia vita domani.» Sfilai un bicchiere dalla pila e glielo porsi. I miei intenti erano chiari, adesso toccava alla sua ispirazione.

«Mi stai sfidando?» L'angolo della sua bocca si piegò flessuoso come un lenzuolo al vento.

Incassai le spalle: «Lasciamo sia il verdetto a deciderlo.»

«Ah!» Rise sardonica. «Non fare la modesta. Sei una delle poche persone del college che non sa come perdere.»

«Una delle poche?» Increspai un cipiglio sperando di risultare intrigante.

«Beh, non ti dimenticare che frequento la tua nemesi.» Ammiccò amichevolmente, ma se solo avesse saputo quanta verità custodivano le sue parole...

«Per avere nemesi dovrei avere rivali...» Lasciai cadere il sasso nell'acqua. Quando l'immagine tornò nitida, era il riflesso di due smeraldi ad osservarmi dal basso.

«Lauren! Stavamo giusto parlando di te.» Scattò sorridente Halsey, porgendomi il mio drink. Non so nemmeno cosa ci avesse messo dentro, ma appena la ragazza al suo fianco alzò il suo nella mia direzione io la imitai e ingollai tutto d'un sorso.

Lauren sussurrò qualcosa nell'orecchio della ragazza che annuì. Mi lanciò un'ultima occhiata torva prima di sparire nel nulla da cui si era materializzata.

«Scusa Camila, devo occuparmi di una cosa. Spero di rivederti dopo.»

«Certo.» Stirai un sorriso e annacquai l'amaro in bocca con qualcosa di ancora più amaro. Non so cosa ci fosse nel bicchiere vero, ma funziona.

Cercai inutilmente Dinah ed Ally nella bolgia, ma la frenesia occludeva molti passaggi. Sgusciai faticosamente fra i corpi accaldati e finalmente raggiunsi la porta più vicina che condusse su una veranda esterna. Respirai a pieni polmoni l'aria serotina, inalando l'odore dell'estate immersa in una luna nuova. Li mi piaceva di più. Non c'era nessuno, ed era quello che lo rendeva migliore. In una stanza piena di gente, il mio cuore mi trascinava sempre dalla parte opposta.

Sorseggiai lentamente il drink perdendomi  con lo sguardo nel buio. Notai delle figure frastagliare la penombra con i loro corpi. Scavai la densità nera con le ciglia come un minatore a mani nude. La luce del viale posteriore mi permise di riconoscere Lauren quasi subito, ma impiegai qualche minuto in più per mettere a fuoco l'altra figura. La professoressa McCarty? Non era certo questo il luogo dove pensavo di trovarla.

Mi guardai alle spalle prima di avvicinarmi cautamente. Non sentivo cosa si dicono e a malapena riuscivo a vederle. Mi affidai alla tecnologia. Tirai fuori il telefono dalla tasca e ingrandì. L'obiettivo sgranò il buio, cogliendo abbastanza nitidamente le due figure.

La Profesoressa si avvicinò pericolosamente a Lauren, con un così poco pudore da aumentarmi i battiti. Non so cosa stesse per succedere, ma quando si ha una sola occasione, in un istante la parte peggiore di noi non sembra così terribile. Ed é per questo che schiacciai play senza nemmeno rendermene conto. Un rumore alle mie spalle mi fece trasalire. Mi voltai ad osservare la veranda, ma era vuota. Quando tornai ad osservare lo schermo, le labbra della donna erano incollate a quelle di Lauren. Portai una mano sulla bocca per non tradire la mia presenza. La ragazza la spinse via, sbraitando qualcosa d'indistinto che la rete della notte trascinò via da me, ma la tela vespertina dipinse indelebilmente il necessario.

Trattenni il respiro mentre disattivavo il video. La freccia bianca sullo schermo mi permise di rivedere la scena. E adesso era ufficiale: 

Avevo in pugno Lauren Jauregui.

Continua...

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NB: Gli aggiornamenti verrano anticipati anche al venerdì alle 15. Martedì alle 21, venerdì alle 15 e domenica alle 21.

Grazie,
Sara.

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