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Speciale: Guardian II


Capitolo3

...

La grande stanza era immersa nella luce e al suo interno, seduto nella sua solita poltrona, Albian vide Agàte entrare di gran fretta. La donna sembrava essere turbata e troppo su di giri per mantenere i suoi occhi fissi sul volto di lui.

"Albian... devo parlarti con urgenza!".

Albian la fissò senza mutare di una virgola la sua espressione. "Dimmi tutto, mia cara... non ti ho mai vista così turbata".

"Infatti!", asserì la giovane donna coi suoi grandi occhi verdi spalancati.

"Di che si tratta?", chiese Albian indicando una poltrona di fronte al suo tavolo.

"Simon e Aurora", annunciò lei sedendosi.

Albian irruppe in una risata. "Simon e Aurora?", continuò a ridere. "Incredibile...", disse, "quei ragazzi non smetteranno mai di crearci problemi...", si fece più serio: "non mi dire... è come penso?".

Agàte annuì con espressione grave. "Esatto... si sono ritrovati".

Il capo di Alexan rimase per un attimo in silenzio e si diede una grattatina alla testa mentre rifletteva. "E suppongo anche... che si siano innamorati...".

"Proprio così", annuì la donna agitata. "Sono degli umani ma se... se ricordassero come già hanno cominciato a fare...".

Albian si sfregò le palpebre pensieroso. "Già, lo so... tutto tornerebbe a essere come prima".

Agàte lo interruppe. "No invece... non sappiamo nulla di preciso su cosa potrebbe accadere, Albian... l'ultima volta che avevamo fatto una concessione del genere a due immortali i due non si erano più rivisti".

Albian rise divertito. "Simon e Aurora hanno un talento naturale per attirare guai!! Avremmo dovuto tenerne conto quel giorno di diciotto anni fa!".

Agàte accavallò le gambe. "Cosa dici di fare adesso?".

"Teniamo la situazione sotto controllo. Ma non ostacoliamoli... non servirebbe", terminò Albian lisciandosi il pizzetto sul mento.

"Albian, io proporrei di mandare da Aurora uno di noi. C'è un ragazzo tra i miei... Achille... potrebbe fare al caso nostro!".

Albian corrugò la fronte. "Achille? Ma è un guardiano, non un semplice Alessi!".

"Appunto!", lo rimbeccò Agàte. "Ricorda che un ireneo non è riuscito a distogliere Aurora dall'ossessione per Simon... Dio solo sa quanto volevo bene al povero Andrea...".

Albian annuì, "E va bene, facciamo a modo tuo... ma prima, a proposito... c'è qualcuno che vorrei farti incontrare

"Vieni con me", aggiunse l'uomo prendendo Agàte per mano.

Uscirono dal grande studio e celermente si diressero verso la stanza del grande specchio. "Va a chiamare il tuo giovane Guardiano e raggiungimi nella stanza della terza dimensione...", ordinò Albian, "manderò a chiamare qualcuno che non ti lascerà decisamente indifferente... ne sono sicuro", concluse allegramente.

I due si separarono, Agàte si diresse verso le sue aule per poi tornare dal suo capo in compagnia di un ragazzo.

I capelli biondi di Achille, di media lunghezza, rilucettero quando questo raggiunse la luminosa stanza dello specchio. Il guardiano aveva due occhi talmente azzurri e chiari da rendere il suo sguardo luminoso e quasi evanescente. Le sue labbra erano sottili e ben disegnate, il suo viso piacevole ma fanciullesco. Quando sorrideva ai lati delle labbra di disegnavano due curiose fossette. Portava addosso un semplice giubbotto rosso e dei jeans, già pronto per mescolarsi al mondo umano.

"Benvenuto Achille!", lo accolse Albian quando lo vide arrivare.

"Albian", sorrise lui sinceramente contento di vederlo.

Agàte sopraggiunse accanto a quest'ultimo. "Allora capo, chi volevi farmi incontrare?".

Albian si illuminò ancora una volta mentre indicava un uomo sul fondo della stanza. Era una figura che dava loro le spalle e che Agàte non aveva nemmeno notato al suo ingresso. Le labbra di Albian si schiusero nel suono di un nome e Agàte trasalì.

"Andrea, avvicinati".

Fu in quel momento che il tizio dalla tunica scura si voltò e lanciò un'occhiata nella loro direzione. Sul suo viso si allargò un'enorme sorriso mentre a passo celere si dirigeva verso Agàte per stringerla in un caloroso abbraccio.

"Oh, Andrea...", lo accolse stupita la donna. "Sei... sei vivo? Credevo che fossi rimasto ucciso!". Agàte lo guardò di nuovo, dopo aver vissuto per diciotto anni con la convinzione che lui non ci fosse più si era quasi abituata alla sua tragica assenza. Soffermò i suoi occhi verde smeraldo sul viso del giovane, era del tutto identico a come se lo ricordava: i capelli neri, corvini, stavolta non perfettamente curati ma corti e scompigliati, occhi color cioccolato dal taglio morbido e sinuoso e il labbro inferiore leggermente più sporgente del superiore adornato da un piccolo neo. Ma soprattutto, le saltò all'occhio l'inconfondibile piercing al sopracciglio di Andrea.

Già, come avrebbe potuto dimenticarsi di un giovanotto così buono ed educato, ma soprattutto così estroso?

Andrea le rivolse un sorriso rassicurante mentre due piccole gocce brillanti percorrevano le guance della donna.

"Sono ancora qui, Agàte, non sono scomparso... si vede che non era ancora arrivato il mio momento...", i suoi occhi luccicarono mentre con un dito sfiorava il piercing al sopracciglio. "Gli Angeli mi hanno chiamato all'empireo prima che esalassi l'ultimo respiro... mi hanno salvato... devo ringraziare loro se esisto ancora".

Agàte spalancò gli occhi. "Gli Angeli si sono presi la briga di aiutare una sottospecie come la nostra?".

Andrea alzò curiosamente un sopracciglio: "Sono pur sempre un ireneo...", aggiunse ammiccando con un sorriso.

Agàte lo strinse ancora una volta in un abbraccio. "Sapessi quanto mi è dispiaciuto saperti morto! Mi ero troppo affezionata a te".

Albian che aveva fissato tutta la scena con curiosità intervenne, sembrava che avesse sopportato quella noiosa scena per troppo tempo: "Bene, ora basta con i convenevoli, andiamo al sodo...".

Agàte si ricompose.

"Achille...", continuò il capo della comunità, "sei disposto a sorvegliare di persona la situazione, e se possibile, evitare che accada l'inevitabile?".

Achille rise e il suo viso si illuminò. "Ma certo Albian... nulla di più semplice! Simon non sarà un problema...".

Andrea si intromise perplesso. "Scusate... ho capito bene? State parlando di Simon e Aurora?".

Agàte annuì riassumendogli in poche parole gli eventi successivi alla sua scomparsa e lui rimase di stucco.

"Quindi in questo momento Aurora ha esattamente diciotto anni?", chiese Andrea scettico.

"Esatto, ma il suo nome da terrena è Flora e ovviamente non ricorda nulla della sua vita passata".

Andrea socchiuse le labbra stupito. "Sono senza parole...", disse folgorato.

"Anche noi!", confermò Albian ironico.

"E il guardiano adesso? Perché lo avete cercato?", Andrea indicò Achille.

"Dovrà giocare il ruolo che era stato affidato a te diciotto anni fa!", chiarì Agàte.

Andrea rimase in silenzio. Dai suoi occhi scuri e profondi parve balenare una scintilla di vitalità.

Nella stanza scese un silenzio soprannaturale, e in quel momento il giovane ireneo guardò dalla parte dello specchio che gli rimandò il suo sguardo fermo e deciso per mezzo del suo riflesso.

Ricordò i momenti che aveva condiviso con Aurora, il modo in cui l'aveva lasciata. Sarebbe stato bello rivederla da umana e starle accanto sebbene lei in quel momento fosse completamente un'altra persona. Sarebbe stato bello scoprire che tutto quello che aveva vissuto insieme a quella giovane Alessi, allora, non era stato solo un sogno. Anche se lei non avrebbe potuto ricordare di loro, lui aveva ogni attimo, ogni bacio e ogni parola di lei inciso nella mente.

"Voglio andare anch'io...", disse all'improvviso rompendo il silenzio.

"Cosa?", proruppero tutti all'unisono.

"Sì, voglio andare con Achille. Prometto che non sarò d'intralcio".

Albian scosse il capo. "Sei stato troppo coinvolto in questa storia per tornare".

"Per favore Albian, dammi la possibilità di rivederla almeno una volta", Andrea lo guardò serio.

"Mio caro, Aurora non ti ricorda più... ne rimarresti deluso...", intervenne Agàte con tono apprensivo.

"Non mi importa".

Achille che fino a quel momento era rimasto in silenzio prese la parola. "Credo che lui ne sappia sicuramente più di me riguardo a questa ragazza, no? Portarlo con me non mi darà fastidio e almeno saremo in due... mi terrebbe compagnia...".

Il capo di Alexan si fissò i piedi per alcuni minuti. Sembrava essere indeciso e vagamente preoccupato. "Non so che dire, Andrea, sei senza dubbio una persona responsabile. Mi fido di te ma... sei tornato da così poco".

Andrea rivolse uno sguardo risoluto verso Albian.

"Credo anche che sarebbe controproduttivo...".

Il giovane ireneo abbassò gli occhi sconfitto, il suo sguardo tornò a spegnersi.

"Tuttavia penso di volerti dare una possibilità...", aggiunse, "in fondo te la meriti!".

A quel punto Albian sorrise e il viso di Andrea si illuminò come se su di esso splendesse il sole.

"Grazie Albian!", disse stringendogli con vigore la mano.

Agàte strinse di nuovo Andrea in un abbraccio materno. La felicità del ragazzo sembrava averla contagiata. "Allora andate a prepararvi. Presto dovrete iniziare la vostra missione".

"E tu raggiungimi nel mio studio", terminò il capo della comunità di Alexan rivolgendosi ad Andrea.

Lui annuì risoluto poi socchiuse gli occhi pensieroso e si rivolse ad Achille. Gli era venuta in mente una cosa: "Ehi amico, sai suonare la chitarra, per caso?".

Achille annuì: "Certo! Lo adoro!".

A quella risposta Andrea sorrise. "Fantastico ragazzo, era proprio quello che ci voleva... è da un po' che non faccio musica. Tornare a cantare sarà più che eccitante!".

Achille lo fissò senza capire e a quello sguardo Andrea rispose con una fragorosa risata mentre si incamminavano nel corridoio. "Lo so Achille, non guardarmi così... avrò parecchie cose da spiegarti quando saremo arrivati!", e detto questo, accelerò il passo per dirigersi in fretta verso lo studio di Albian.

Dentro di sé era impaziente. Non gli sembrava possibile che Aurora fosse ancora sulla terra, identica a come l'aveva conosciuta diciotto anni prima.

Sarebbe stata lei: coi suoi capelli biondi, coi suoi occhi azzurri. Sarebbe stata senz'altro lei... con il suo sorriso e la sua dolcezza... l'unica cosa che vi avrebbe trovato di diverso? Sarebbe stata solo un po' più umana.


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