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5 - Simon

"Ehi Simon, ci si vede oggi pomeriggio allora?". Il mio terreno mi salutò con una pacca sulla spalla e si allontanò a passo svelto.

"Contaci", gli assicurai.

Ero soddisfatto di me stesso. Già al primo giorno di scuola ero riuscito a fare colpo su quel ragazzo, e non era stato neanche tanto difficile. Gabriele era uno che sapeva il fatto suo in ambito di ragazze e auto e riguardo a quest'ultimo argomento, era molto affascinato dalla mia. La mia sola decappottabile aveva attirato le sue attenzioni, un tocco del mio carisma poi, e già il ragazzo e io avevamo stretto: amicizia.

Non che io avessi in interesse la sua amicizia, non ci si affeziona mai ai propri terreni, se devono essere usati come pedine. Tuttavia un po' per Gabriele mi dispiaceva. Era un ragazzo che mi intendeva alla perfezione.

Eravamo andati in classe, poi lui mi aveva lasciato per portare un libro in biblioteca. Mi decisi a non seguirlo, o sarei parso troppo insistente. E non ce n'era bisogno, dato che già l'avevo affascinato col mio modo di fare.

Tuttavia mi sorpresi quando al suo ritorno, con lui, aveva fatto ingresso un'altra novellina. La nuova arrivata. La classica bambolina miss perfezione.

Cominciai ad avere dei sospetti dal primo momento in cui varcò la soglia. Bionda, occhi chiari, bellissima... praticamente aspetto angelico. Ma non ebbi più alcun dubbio quando sentii il professore chiamarla per nome: Aurora.

Bingo! Aurora... avevo fatto centro, del resto il mio intuito non sbagliava mai. L'Alessi! Ce l'avevo davanti, e proprio in quel momento stava fissando Gabriele.

Lui prese posto al mio fianco e io feci una battutina tagliente: "Inizi a rimorchiare a mattina presto?". Lui rise divertito dalla mia battuta. L'Alessi ci fissava, fissava lui per esattezza.

Decisi di attirare la sua attenzione, ci riuscii con un'espressione ostile che mi venne spontanea. Seppur soppresso, l'istinto di Kelsea mi fece saltare sulla difensiva. Mi era difficile ignorare il fatto che quegli occhi limpidi appartenessero a una mia avversaria. Mi ripresi, dovevo fingere di ignorare chi fosse.

La vidi arrossire e chinare la testa, poi scambiare qualche parola con la ragazza terrena seduta al suo stesso banco.
Rimasi a guardarla, a studiarla per tutto il tempo, lessi le sue labbra e quelle della terrena. Riuscii a capire che il fulcro del discorso eravamo io e Gabriele. Alla grande. L'angioletto stava facendo le interviste di routine.

La fissavo ogni minuto sempre più intensamente. Aveva poca esperienza. Riuscivo a capirlo anche dalla malcelata timidezza. "Vedo che c'è qualcuno che prova un certo interesse nei tuoi confronti...", dissi a Gabriele, "ma tu hai altro per la testa, vero?". Ammiccai complice indicando con gli occhi fuori dalla porta. Il ragazzo mi aveva confidato che stava con una del corso A. Vidi Gabriele voltarsi incuriosito verso Aurora e farle un sorriso che non mi piacque per niente. E se si fosse interessato a lei?

L'Alessi sembrava essere piuttosto turbata, non dal sorriso di Gabriele, ma da me. Aveva intuito chi ero?

L'ora dopo era ancora distratta. Lo vedevo da come si muoveva, da come annuiva vaga ai discorsi della sua compagna di banco. Mi fissò e tenne lo sguardo confuso fermo su di me. Io ricambiai senza battere ciglio, e questa volta reprimendo l'istinto di farla fuori, le sorrisi. Tneske era stato chiaro. Dovevo sviarla dal suo obbiettivo primario e tenere Gabriele a nostra disposizione. L'Alessi mostrava un particolare interesse verso di me che mi avrebbe aiutato, e altro argomento a mio favore: non sembrava aver capito chi fossi.

La noiosa lezione si svolse senza che capii un accidente di quello che i professori stessero spiegando e all'uscita trascinai il mio compagno di banco nell'atrio. Lo distrassi per non fargli notare la nuova arrivata e ci dileguammo tra la folla.

Aurora si era mossa per raggiungerlo, ma ero stato svelto a portarmi verso l'uscita. Gabriele sparì tra i ragazzi pensando di essere seguito. Io mi concessi un attimo per guardare meglio la mia nuova nemica e le feci un occhiolino. Era il mio forte, ogni ragazza cadeva ai miei piedi con un gesto come quello. Beh, devo dire che la spiazzai letteralmente. Lei, e anche la sua compagna.

Molto meglio... un punto a mio favore. Era in trappola.

E così trascorsa quella noiosa mattinata scolastica ci eravamo messi d'accordo con Gabriele e la sua comitiva per fare un giro nei pub della zona. Avevamo deciso di darci appuntamento davanti ai cancelli della scuola. Vidi l'Alessi passare a passo svelto senza fermarsi a guardare, io con faccia tosta la seguii con gli occhi per tutto il cammino finché lei non fu salita sulla sua auto. Una misera cinquecento.

Il loro capo non era nemmeno in grado di darle qualcosa di meglio? Mi chiesi in che catapecchia vivesse quell'angioletta da strapazzo. Ma di certo mi sarei documentato non appena avessi avuto l'occasione.

Presto davanti al cancello si formò un ingorgo. Aspettando che defluisse il traffico Aurora sulla sua auto gettava occhiatine nervose verso di noi. Ma soprattutto verso Gabriele.

Chissà, forse voleva trovare un modo per tornare ad attaccare bottone con lui. Una fantastica idea mi balenò nella mente. Se volevo distrarla dal suo compito avrei dovuto intervenire personalmente. E se io fossi stato sempre con Gabriele... avrei dovuto usare lui come esca per l'angioletta da strapazzo.

Lo salutai in fretta con una pacca sulle spalle e mi allontanai. Giunto alla mia macchina, che si trovava a portata d'orecchio di Aurora tornai a guardare Gabriele e gli urlai: "A stasera allora! Non dimenticare, alle otto e trenta al Joy pub". Lui annuì. Ma non mi interessava la sua reazione. Piuttosto mi voltai subito verso la Alessi. Questa guardava Gabriele dallo specchietto mentre aspettava che le ultime auto defluissero dal cancello principale.

A giudicare dal suo sguardo attento compresi di aver fatto centro. C'era cascata in pieno.

Rimasi a guardarla fin quando non si allontanò, tuttavia lei stavolta non si accorse di avere puntato addosso il mio sguardo indagatore.

Salii sulla decappottabile e ingranata la marcia approfittai della via libera per sgommare fuori dalla scuola. Dovevo prepararmi per stasera. Prevedevo scintille.

Dopo aver sgranocchiato qualcosa dal frigo di casa mia corsi di sopra a prepararmi per la sera.

La mia forma naturalmente era smagliante. Mi accorsi che quella sera ero addirittura più vanitoso che mai.

Fare il filo ad un'Alessi era una cosa che aspettavo da tanto e che non avevo mai provato. Mi chiedevo se fosse più divertente o più piacevole di corteggiare una Kelsea.

Forse sarebbe anche stato più difficile dati i loro rigorosi principi morali.

Salii in bagno e dopo aver fatto una doccia veloce mi vestii per recarmi all'appuntamento. Raccolsi le chiavi e aprii l'auto col telecomando ma prima di uscire dall'ingresso socchiusi la porta e invocai il nome del mio capo.

"Tneske... mi senti?".

Mi soffermai davanti allo specchio dell'entrata. Vedevo la mia figura riflessa, i miei occhi neri sembravano quasi un abisso. Avevo bisogno di trasformarmi se volevo farmi sentire dal capo. Giusto un attimo per invocarlo.

Gli occhi si scurirono ancora di più, apparvero le ali, sentì il mio corpo e i muscoli tendersi e indurirsi di più, chiamai forte e subito tornai in forma umana. Questa volta Tneske mi udì. La sua figura comparve allo specchio al posto della mia.

"Complimenti Simon...", mi sorrise. "Sono proprio fiero di te".

Gli sorrisi di rimando.

"Bravo ragazzo mio! Due piccioni con una fava, non c'è che dire".

"Ti ho chiamato proprio per questo capo... cosa devo fare con l'Alessi se stasera dovessi incontrarla? Devo ucciderla? O la umilio un po', prima?".

Tneske parve incupirsi. "Non so", disse con il mento tra le dita. "Non so ragazzo...", ripeté, "potrebbe essere rischioso, ma siccome di te mi fido lascio a te la scelta. Puoi toglierti lo sfizio prima di eliminarla, se vuoi. Ma devi stare molto attento. Non vorrei che finisse male".

"Non c'è problema, me la lavoro io...".

"Come vuoi Simon... sappi che dopo dovrai eliminarla".

Ghignai: "Senz'altro".

"Adesso vado... Jeffer mi cerca, chissà che vuole quell'inutile vecchio".

"Faresti meglio a rimpiazzarlo!", gli suggerii divertito.

Lui parve farsi sfuggire una risatina poi senza dire altro sparì e lo specchio tornò a riflettere me stesso.

Mi avviai verso l'auto con ancora le chiavi tra le mani. Salii e misi in moto. Guardai l'orologio sul cruscotto, erano le otto e venticinque. Sarei arrivato in perfetto orario. Diedi in colpo di acceleratore e sgommai fuori dal cancello.

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