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25 - Simon


Ero in piedi, i miei sensi erano in allerta. Lo sconosciuto di fronte a me continuava a fissarmi. Non potevo vedere la sua espressione, né se fosse uomo o donna, poiché era ben coperto dalla fitta vegetazione sopra la sua testa. Se solo avesse fatto un passo avanti...

Ringhiai non appena percepii un suo lievissimo movimento, ma questo non si lasciò intimidire. Gettò un altro passo verso di me restando sempre protetto dall'oscurità.

"Chi sei?", gli chiesi diffidente.

Lo sconosciuto non rispose. Continuò a fissarmi, immobile, nell'ombra.

"Sei sordo forse? Che cosa vuoi da me?". I miei muscoli erano tesi fino allo spasmo, le gambe appena piegate erano pronte a scattare nel caso ce ne fosse stato bisogno.

Poi finalmente la figura nel buio parlò, e udii una voce che non gli avrei mai associato.

"Perché ti interessa tanto sapere chi sono?".

Rimasi interdetto. Rilassai le ginocchia e tornai a fissare la figura al buio con più curiosità. Quella voce... la voce che avevo udito era di una donna. Una voce giovane. Si trattava di una ragazza sulla ventina forse.

Vidi la sagoma scura avanzare lentamente. Affondava i piedi nella sabbia e il suo passo appariva sinuoso.

Attesi che colmasse la distanza che la separava dalla luce della luna e quando vi giunse, pian piano i raggi di essa accarezzarono i suoi lineamenti. Potei scorgerla tutta per intero solo quando si ritrovò a soli pochi metri da me.

I suoi passi erano strascicati e sensuali, pareva quasi che strisciasse. E il suo sguardo poteva essere paragonato a quello di un cobra. Bello, quanto letale.

"Ciao, straniero!", disse sottolineando la s iniziale dell'ultima parola. La sua pronuncia era sibilante.

La scrutai sospettoso e ripresi la posizione di guardia. Per quanto potevo saperne avrebbe potuto farmi fuori da un secondo all'altro.

"Ciao", replicai cauto.

La vidi girarmi attorno come se mi stesse studiando. Anche a chilometri di distanza avrei potuto comprendere che quella donnetta era una mia superiore. Lo percepivo da tutto: da come si muoveva, da come mi parlava, dall'aura che emanava la sua giovane figura incorporea.

Era un demone piuttosto singolare. Un perfetto animale da preda. La sua arma letale, inutile dirlo, era la sua bellezza. I suoi capelli castani e ondulati cadevano morbidi sulle spalle e il suo viso sembrava quasi innocente se non fosse stato per la malizia che lasciavano trasparire i suoi occhi scuri. Sorrise divertita, poi allargò le narici come per respirare a fondo il mio odore.

"Sento odore di... Alessi...", sghignazzò divertita, "Odore di imbrogli... sarà il turno di un tradimento?".

La mia prima reazione fu quella di stupirmi delle sue parole, ma poi, tornando a rifletterci capii di chi si trattasse grazie alle sue parole.

"Sei una cacciatrice", constatai. Tutto me lo faceva pensare. Potevo ricollegare tutto ciò che vedevo e che avevo visto in lei in quei pochi minuti, alla figura di una bellissima seduttrice di uomini. La voce, la bellezza, la scaltrezza, la rapidità che si celava sotto quei lineamenti morbidi, i suoi occhi da falco, il movimento sinuoso e agile delle sue gambe... tutto mi faceva pensare a una punitrice.

"Bravo tesoro. Vedo che sei sveglio!".

"Chi ti ha mandata?", sputai indignato, "Se ti hanno mandata a farmi fuori sappi che dovrai riuscirci prima di cantare vittoria".

Vidi la ragazza alzare le sopracciglia dubbiosa, sembrava divertita da quello che le stavo dicendo. Poi, come se nulla fosse si fermò di fronte a me e mi porse la mano.

"Piacere, Brenda!".

Rimasi nella mia posizione guardinga. "Non mi incanti dolcezza", la apostrofai cauto. "Le arpie non esercitano alcun fascino su di me".

La vidi spalancare le labbra in una fragorosa risata. "Le arpie forse no... ma le alucce piumate, a quanto pare, esercitano un grande fascino sui tuoi sensi...".

"Te l'ho detto, che cosa vuoi da me?", replicai più irritato. Il suo buonumore mi dava ai nervi.

Lei teneva ancora la mano a mezz'aria in attesa che la stringessi, ma mi guardai bene dal farlo, così quando si stufò la abbassò e mi voltò le spalle contrariata. "Che maleducato. Non ti sei neppure presentato! I giovani d'oggi... dove sono finite le buone maniere? Invadono il tuo territorio e nemmeno ti danno la soddisfazione di sapere come si chiamano". La gettò sullo scherzo e ignorò completamente la mia domanda, poi sospirò in maniera falsamente dispiaciuta e si accoccolò con grazia sulla sabbia. La sua gonnellina corta svolazzò scoprendo un ampia porzione della coscia mentre lo faceva, io a quel movimento improvviso scattai un passo indietro e un ringhio mi salii spontaneo dal profondo dello stomaco.

Non mi fidavo di lei. Era troppo finta, falsa, per essere così disponibile. Mi aspettavo che da un momento all'altro mi avrebbe attaccato. O forse mi avrebbe prima ammaliato e poi dilaniato con le sue arti da cacciatrice.

I cacciatori, o punitori, erano creature delle tenebre che stavano un po' più in alto dei Kelsea nella scala gerarchica. Avevano il compito di cacciare i traditori della nostra specie e di eliminarli seduta stante. Dunque io, che ero un traditore della peggior specie, che avrei potuto aspettarmi da una come lei? Il benvenuto?

Avevo invaso il suo territorio, avevo avuto contatto fisico con un'Alessi nella mia forma incorporea, avevo combattuto contro un mio simile, avevo disubbidito più e più volte al mio superiore... non ero proprio quello che poteva essere definito un santo. Nel senso ironico della parola, intendiamoci.

"Allora? Che c'è, hai perso la lingua?", mi disse lei con espressione tentatrice.

Decisi di giocare il suo gioco. Mi raddrizzai e per tutta risposta mi passai la lingua sulle labbra con un ghigno malizioso. "Vuoi verificare tu stessa?".

Brenda titubò un attimo nella sua espressione. I suoi occhi si accesero di una luce incomprensibile, ma dopo poco tornò quella di sempre. "Non mi dispiacerebbe, ma sono stata raccomandata dalla mamma di non dare confidenza agli estranei".

Feci un segno d'intesa con gli occhi, poi mi avvicinai a lei e cercando di non perdere il controllo rimasi in piedi, a guardarla dall'alto.

Aveva le gambe raccolte su un lato e si reggeva poggiando le mani al fianco opposto. Sembrava quasi rievocare l'immagine di una sirena. Non di certo le sirene buone, quelle delle favole tutte dolcezza e bontà, ma le famose sirene dell'odissea, quelle che avevano portato la ciurma di Ulisse a trovare la morte.

Già... l'odissea. Da dove mi veniva fuori tutto questo sfoggio di cultura?

"Mi chiamo Simon", le dissi come se questo avesse fatto a menda per tutto. "Ora non sono più un estraneo, no?", continuai sarcastico.

Mi chinai e il mio viso fu all'altezza del suo. La guardai negli occhi senza soggezione. Era il mio modo di lanciarle una sfida. Sapevo bene che non avrei dovuto mettermi contro una più forte di me, ma la curiosità e la tentazione erano più forti del mio senso di sottomissione.

A quella strana vicinanza non reagì come mi sarei aspettato. Mi spinse da parte con alterigia e distese le gambe davanti a lei con fare provocatorio.

"Tecnicamente sei un estraneo, non basta il nome", mi sorrise scaltra.

Pur non volendo ammetterlo sentivo il suo effetto su di me, esattamente come lo esercitava su tutti gli uomini della nostra specie. La sua bellezza era da mozzare il fiato, la sua sensualità era un bocconcino troppo prelibato per starsene là a contemplarla e basta.

Mi chiesi quanti traditori avesse baciato la sua bocca, quanti uomini avesse incantato per poi distruggerli.

Scossi il capo cercando di riprendere lucidità. Quando una cacciatrice si avvicinava a un Kelsea lo faceva solo per ucciderlo, non dovevo perdere il controllo.

"Se non basta il nome, cosa ti serve pure?", le chiesi con la migliore voce seducente che potessi ripescare. Quando pronunciai quelle parole lei parve cambiare ancora una volta espressione. Curvò la testa da una parte e mi studiò allegra.

"Sei avvenente Simon, non c'è dubbio... ma non sei il mio tipo". Mi liquidò lei con superiorità.

"Chi ti ha mandata?". Ricominciai il discorso cercando di riprendere con serietà da dove eravamo rimasti poco prima.

"Non mi ha mandata nessuno", fece lei noncurante.

"Non ci credo, cacciatrice!".

Brenda sorrise. "Mi spiace Simon, hai solo la mia parola. Se vuoi crederci...".

"Ho invaso il tuo territorio, comunque, perché non mi hai eliminato? Perché non mi combatti?".

La ragazza parve riflettere qualche minuto. "Forse... perché sei interessante, Simon".

Sorrisi di gusto. "Sei proprio un'arpia ammaliatrice, cacciatrice. Peccato che con me non attacca".

Lei tornò a sorridere obliqua. "Forse...", concluse alludendo a qualcosa a cui stava pensando.

Rimasi a fissarla con distacco, tentando di non lasciarmi assoggettare dal suo semplice sguardo.

"Tneske ti ha mandata per finirmi! Non è vero? Che vigliacco! Avrebbe potuto farlo lui, se proprio ci teneva tanto!", conclusi con espressione amara.

"Nessuno mi ha mandata. Sono in grado di percepire la presenza di un Kelsea nel mio territorio. Soprattutto se questo è uno con dei grossi sacrilegi addosso... ti dirò, mi suona strano il fatto che nessuno mi abbia chiamata per ucciderti...", allargò nuovamente le narici per inspirare a fondo, "la figura incorporea di un Kelsea che odora di Alessi, mi fa pensare a qualcosa di molto, molto grave...".

Non risposi. Naturalmente aveva fatto centro. Beh, che mi aspettavo? Smascherare i traditori era il suo compito. Mi soffermai a riflettere sulle sue parole. Da come si poneva sembrava pacifica. Chissà, forse il mio fascino esercitava un certo effetto anche su di lei. Ero davvero così irresistibile?

Abbandonai i miei pensieri narcisisti e mi avvicinai a lei con un sorrisino che lasciava intendere la mia disponibilità. Essere qualcosa di più che un conoscente per una superiore in grado mi esilarava.

Mi chinai al suo fianco e scostatole i capelli dalle orecchie le sussurrai dolcemente: "Allora... se la mamma ti proibisce di andare con gli estranei, e se non stavi cercando me, è meglio che vai a dormire... buona notte, diavoletta".

Brenda sorrise lusingata. I suoi tratti morbidi si addolcirono in un sorriso fantastico. Non dimenticai di rimanere vigile neppure quando mi passò una mano sul viso per accarezzarmi la guancia.

"Notte straniero", mi disse lei mordicchiandosi il labbro inferiore. La sua s sibilante mi incantò ancora una volta, i suoi iridi giocosi si spostarono dai miei occhi al mio petto, sul quale teneva poggiata l'altra mano.

A quel tocco sentii le mie ali tremare e capii che stava usando il suo potere incantatore contro di me. I miei sensi si annebbiarono, e fu come perdere il terreno sotto i piedi. Per la prima volta provai una sensazione inspiegabile, ero sicuro che se avesse voluto, Brenda avrebbe potuto annientarmi in un attimo, proprio lì, in quel preciso momento. Ma quando mi tolse le mani di dosso ritrovai la mia lucidità.

"Ho paura che dovresti seguire anche tu i consigli della mamma ogni tanto...", mi disse sicura di sé. "a volte ci sono anche le ragazze cattive in giro... di questi tempi, chi può saperlo?". Si girò e con grazia sinuosa fece qualche passo ancheggiando.

A un certo punto si fermò tutto in una volta e guardando di nuovo dalla mia parte aggiunse: "Piuttosto voglio farti un regalo: ti consiglio di proseguire dritto per la spiaggia fino a quel litorale, troverai qualcosa che potrebbe fare al caso tuo...". E detto questo mi voltò nuovamente le spalle e si incamminò verso la direzione da cui era arrivata, ma prima di varcare la soglia dell'ombra mi mandò un bacio con la mano e mi disse: "Ci rivedremo straniero". Sembrava così sicura di sé che rimasi incantato. La vidi avanzare qualche altro passo, e poi l'oscurità la inghiottì.


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