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18 - Aurora


Era buio tutto intorno, e io correvo mentre le lacrime scendevano ormai senza alcun freno.

Ora che tutti i miei sogni sembravano essersi realizzati. Ora, che avrei potuto raggiungere il culmine della mia felicità, ecco che tutto mi crollava addosso. Ogni cosa si ritrovava nel posto sbagliato. Perfino io mi sentivo sbagliata... anomala... ero un pericolo per tutti quelli che mi stavano intorno, anche per il mio protetto Gabriele. Soprattutto, per lui.

I problemi e i guai sembravano spuntare come funghi. Ero io che li cercavo o erano loro che trovavano me?

Mi ero davvero innamorata così tanto di Simon da essere tanto cieca? Da non capire che davanti a me ci stesse un assassino pericolosissimo? Un demone capace di tali crudeltà?

Avevo deluso tutti. Avevo avuto un contatto con lui nella mia forma incorporea. L'avevo addirittura baciato!

Ancora lacrime, mentre tutto sfrecciava sfocato e privo di colore ai miei lati.

Simon era rimasto in ginocchio, per terra. Avevo visto i suoi occhi ardere compiaciuto nel dirmi che sì, era un mostro. E che io, ignobile Alessi, mi ero innamorata di lui... che io avevo desiderato che mi baciasse per davvero, soltanto io. Ero io quella sbagliata. Un essere blasfemo e spregevole, che aveva infranto la legge universale.

Gli avevo permesso di toccarmi, di sfiorarmi. Avevo compiuto l'atto più sporco che una come me avrebbe potuto mai compiere.

E adesso, io e lui ora eravamo inevitabilmente una cosa sola, e seppur continuavo a negarmelo, non sarei potuta tornare indietro. Ora lui era una parte di me e io di lui.

Ma la cosa che inoltre mi aveva sconvolta era stata la presenza di un altro Kelsea. Logan.

I suoi occhi... come mi aveva guardata quella sera. Avevo il cuore in gola per lo spavento e lo temevo... oh sì, eccome se lo temevo!

Se non fosse arrivato Simon a salvarmi sarebbe scoppiato un inferno. E credo proprio che io avrei fallito. Logan mi aveva come ipnotizzata. Ero confusa, e avevo avuto paura quando mi fissò in quel modo.

Mi fermai per riprendere fiato solo dopo essere giunta al grande cancello d'ingresso. Mi appoggiai alla ringhiera sfinita e riflettei.

Perché Simon mi aveva salvata da Logan? E perché c'era Logan, soprattutto?

Di regola dovevano esserci un solo Kelsea e un solo Alessi.

Possibile che la presenza di Agàte avrebbe sbilanciato la situazione? Che quell'altro Kelsea fosse arrivato per la presenza di un'altra Alessi, insomma.

Dunque ora anche Agàte sarebbe stata coinvolta. E tutto per colpa mia, per essermi distratta, per non aver capito fin da subito chi era Simon.

Ma come avevo potuto non rendermene conto? Quei sorrisi enigmatici... quella conversazione nella mia auto... Tutti i pezzi ora sembravano incastrarsi al posto giusto...

Le sue parole...

Volevo capire se avevi paura di me...

Fossi in te però, avrei paura...

Ma certo! Come avevo potuto essere così cieca? Aveva cercato di farmelo capire più d'una volta. Lui era un Kelsea, e io, stupida e ingenua non ci ero mai arrivata.

Mi disperai. Ora cosa avrei fatto? Con quale coraggio mi sarei messa contro di lui? Come potevo ucciderlo, io che l'amavo? Amavo il mio nemico, un mostro assetato di sangue... amavo il mio contrario, e lui? Mi ricambiava? O forse aveva programmato tutto per vincolarmi a lui e per umiliarmi? Sapeva che in questo modo mi avrebbe messo fuori gioco, perché così sarei stata più vulnerabile.

Si erano mai visti coesistere due contrari? Fondersi l'uno con l'altra?

La luce e l'oscurità, il freddo e il caldo, il bianco e il nero, lo ying e lo yang. Nessuno dei due può esserci senza l'altro, eppure essi dovrebbero essere destinati a non incontrarsi mai! Come potevano essersi fusi il bianco col nero? La luce con l'oscurità? Io con lui?

Che gran casino!

Tirai fuori il cellulare e feci il numero di Gabriele. Mi rispose all'istante.

"Ehi Aurora, ma che fine hai fatto?".

"Vieni alla tua auto. Devo andare... a casa!".

Non disse altro. Riattaccò.

Attesi qualche minuto poi udii i suoi passi sullo sterrato. Mi asciugai in fretta le lacrime ma lui dovette accorgersi che qualcosa nel mio aspetto non andava.

"Ehi Aurora? Che succede?".

"Ti prego Gabriele, riportami a casa. Non ho voglia di parlare".

Lui annuì e frettoloso si diresse verso la macchina. Lo seguii cercando di nascondere il vestito strappato, per fortuna le bretelle reggevano ancora.

Salii non appena ebbe aperto col telecomandino. Sprofondai nel sedile del passeggero e non proferii parola durante tutto il viaggio. Gabriele non mi chiese nulla. Accettò il mio silenzio paziente.

"Ehi, Aurora, dovresti indicarmi la strada. Non so dove si trovi casa tua". Furono queste le sue uniche parole.

Lo guidai e quando giungemmo davanti la porta di casa mia lo salutai frettolosa fiondandomi dentro al cancello. Lo vidi andare via sconsolato.

Mentalmente mi preparai ad affrontare Agàte. Che le avrei raccontato ora?

Ci pensai su e decisi di dire tutta la verità. Fosse stata anche l'ultima cosa che avrei fatto. Aveva bisogno di spiegazioni, se le meritava dopo avermi dato tutta quella fiducia di cui io di certo non ero stata degna.

Mi feci coraggio ed entrai.

"Buonasera signorina...", fece lei allegra, "di ritorno così presto?". Si bloccò non appena vide il mio viso scempiato dalle lacrime e il mio abito strappato sulla schiena.

"Allora è vero... avevo percepito la tua trasformazione, ma è stata così veloce che pensavo fosse stato un errore".

Tirai su col naso continuando a piangere. "Ehi piccola che è successo? Raccontami tutto. Non c'era nessun Kelsea immagino".

Alzai lo sguardo verso di lei dubbiosa. "C... come, non hai...?", singhiozzai sconvolta, "non hai percepito la sua... presenza? Il Kel... Kelsea era con... me", tornai a piangere in preda ai singulti.

"Ehi Aurora stai calma. Cosa vuol dire: non hai percepito il Kelsea? Sarò anche settecentenne ma sono ancora in grado di percepire la presenza di un nemico!", mi portò con lei sul divanetto e mi si sedette accanto.

Un angoscia mi attanagliò il petto. Era proprio come sospettavo. Agàte non aveva percepito la sua presenza. Io... ero solo io... che col mio gesto sacrilego lo stavo proteggendo!

"Aurora, per favore. Ora mi sto preoccupando seriamente! Vuoi spiegarmi? Gabriele sta bene? E il Kelsea, chi è?".

"Simon è il Kelsea!", urlai in preda al delirio.

Agàte rimase pietrificata dalle mie parole. La faccia più terrorizzata della mia.

"Cosa... com'è possibile?" farfugliò confusa.

"Simon è il Kelsea, e non me ne sono mai accorta. Sono una buona a nulla!".

"Oddio Aurora... che avete fatto? Non vi siete toccati, non è vero? Non da figure incorporee spero. È di vitale importanza, devo saperlo tesoro. Dimmi che non è vero...". Il modo in cui lo disse sembrava piuttosto una supplica.

"L'ho baciato", le dissi senza guardarla negli occhi.

Agàte ammutolì sconvolta.

"E durante il bacio ci siamo trasformati. Tutti e due. Ho fallito, mi spiace, sono pronta a pagarne le conseguenze...".

Agàte rimase zitta come in trance. Alle ultime mie parole parve risvegliarsi. "È per questo che non l'ho percepito. Era con te. Ti stava toccando. Tu lo stai proteggendo, col tuo contatto adesso è immune ai nostri poteri", concluse con logica evidente.

Annuii disperata. "Agàte, non volevo...".

"Gabriele", disse lei quasi immediatamente.

"Sta bene, ma c'è un altro Kelsea. Simon non è l'unico. Pensavo che fosse Logan il mio nemico. L'altro... l'altro ragazzo, non Simon!". Scoppiai a piangere nuovamente come una fontana.

"Oh, mamma che confusione! Un altro Kelsea? Com'è possibile?", disse la mia insegnante mettendosi le mani tra i capelli.

"Non ne ho idea. È per questo che io e Simon ci siamo baciati. Pensavo di aver riconosciuto il Kelsea. Ero più che sicura...".

Mi bloccò con una mano: "Dobbiamo chiamare Albian. Subito, immediatamente, e verrà lui qui da noi. Non ti lascerò da sola, non più. Sta tranquilla tesoro. Risolveremo tutto, te lo prometto". Mi abbracciò comprensiva.

Mi strinsi forte in quell'abbraccio materno. "Agàte ho paura! So che può sembrare assurdo... ma io... lo amo!", conclusi tra le lacrime.

"Zitta!", fece lei quasi avesse udito una bestemmia, "Per l'amor del cielo zitta, non dirlo nemmeno per scherzo!", rabbrividì sotto i miei occhi. "Tu non puoi amarlo, Aurora, non potresti, è la legge universale a vietarlo".

"Agàte", la implorai.

Si sciolse dall'abbraccio. "La situazione è più grave di quanto pensassi". Si trasformò all'istante e chiamò forte il nome di Albian. Poi tornò normale e venne a sedersi accanto a me.

"Dobbiamo tenere sotto controllo Gabriele, è in pericolo fino al collo. Se i Kelsea lo agganciano siamo spacciati".

"Ma Simon non...".

"Zitta Aurora!", la mia tutrice alzò la voce nel sentir pronunciare quel nome. "Non nominarlo più davanti a me. E da domani ti proibisco di vederlo!". La sua espressione si era fatta severa e intransigente.

"Ma io...".

"Discorso chiuso!", mi zittì Agàte.
Quando rialzai gli occhi Albian si trovava già davanti a noi e ci osservava con espressione curiosa.

"Posso sapere cos'è successo, Agàte?".

Tremai dalla testa ai piedi terrorizzata, sentii gli occhi insistenti del mio capo fissi su di me.


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