42.
《Papà, questi puoi spedirli insieme alle altre cose?》mi sistemo i capelli con una passata rapida delle dita, alzo il viso puntando gli occhi nei suoi e così lo vedo annuire in accordo.
Stiamo sistemando gli ultimi pacchi, diciamo che sto portando con me solo le cose più essenziali come mutande, calzini, vestiti e qualche pacco di pasta che ho messo in valigia. È essenziale anche quella, appena arrivo mi faccio una bella pasta al pomodoro.
Ma comunque, tornando a noi, ormai manca poco alla mia partenza, più precisamente domani alle dodici, dopodiché la mia vita prenderà una piega completamente diversa e spero andrà tutto per il verso giusto.
Sono passate due settimane da quando ho detto ai miei genitori che sarei andata a vivere in Grecia, ma non solo, che ho anche intenzione di aprire un ristorante lì insieme a Iris, Andreas e Carter.
Bisognerà trovare anche un nome carino che dia la sensazione di estate, cibo fresco, salutare e buono, dove i bimbi possano giocare ma nel momento in cui vedono il loro piatto arrivare inizino a mangiare, dove le coppie possano gustare un dolce al cioccolato con il mare all'orizzonte che faccia loro da sfondo.
Voglio che sia magico. Bello. Memorabile.
In realtà un nome, io, ce l'ho già.
~
Fisso il soffitto della mia stanza, le braccia incrociate all'altezza dello stomaco, la testa mi sprofonda sul cuscino ormai vecchio e logoro, e penso al fatto che questa sarà l'ultima notte che dormirò sul mio caro e anziano letto.
Quante cose ha dovuto sopportare questo cuscino. I pianti silenziosi, le risate soffocate, i miei capelli umidi dopo una doccia in piena estate, il calore che emanava anche la mia testa dopo una febbre da cavallo, le cuscinate con mia mamma e le carezze di mio padre sui capelli.
Sobbalzo《Mio dio!! Che spavento Mamma!》esclamo con voce stridula.
Ero così immersa nei miei pensieri da non aver minimamente sentito la sua voce e percepito la sua presenza.
《Ti ho chiamata due volte, alla terza grido!》risponde con un'alzata di spalle, un sorriso furbo che lascia intendere che il suo obiettivo era proprio quello di spaventarmi.
《Simpatica! Dimmi, di cosa avevi bisogno?》mi metto seduta in attesa di ricevere risposta, ma quelle parole mi fanno rimanere di stucco, mi fanno bloccare sul posto e mancare il respiro. Non può essere.
《Hai capito amore? Dylan è qui, ti aspetta al piano di sotto. Giuro che ho usato la scusa che non eri in casa, ma ha detto di averti vista alla finestra dieci minuti fa!》mormora quasi dispiaciuta; sa quanto non sopporto doverlo vedere.
Ormai è da tanto che non ci vediamo e sentiamo, ho addirittura perso il conto dei giorni. E perché mai è venuto proprio oggi? Possibile che qualcuno si sia fatto scappare il mio trasferimento in Grecia? Che sia venuto per distruggere la mia ennesima possibilità di essere felice senza di lui?
Non posso permettergli una cosa del genere. Lo ha già fatto in passato e in diverse occasioni, non riuscirà a rovinare tutto ad un giorno dalla mia partenza.
《Okay, digli che tra cinque minuti scendo.》La mia voce è robotica, distaccata scocciata e mia madre se ne accorge subito, penso abbia capito le mie intenzioni.
La vedo andare via mentre mi alzo dal letto e mi faccio una coda alta, infilo una tuta comoda e metto le scarpe. Inizio a scendere le scale con estrema calma e senza fare troppo chiasso, quando arrivo al pianerottolo giro leggermente a destra ed entro in cucina. I miei occhi fissi sulla parete al mio fianco, senza troppi indugi o senza farmi mille domande esco piano dalla porta sul retro e prendo un gran bel respiro, aria pulita dopo attimi di fiato trattenuto.
Sto ferma per qualche secondo in attesa di non so cosa, come in trance, ma poi infilo le cuffie nelle orecchie, la musica parte ed io con lei, inizio a correre piano allontanandomi da casa.
Non gli darò la soddisfazione di dirmi "tanto non ce la farai", non gli permetterò di dirmi "senza me non ci puoi stare", non gli darò la possibilità di vedermi sorridere pensando a domani, al fatto che sarò in Grecia e che inizierò una nuova vita, semplicemente perché non lo merita; non adesso.
Tanto lo conosco, starà lì dieci minuti pensando che io mi stia preparando e poi appena realizzerà che sono uscita dal retro andrà a casa come se nulla fosse. Perche è così che fa lui.
Dopo dieci minuti di corsa mi rendo conto di essermi allontanata abbastanza da casa mia, quindi opto per una camminata molto tranquilla e un po' ansimante a causa della corsa intensa di poco prima.
La musica risuona forte dentro la mia testa e mi ritrovo a canticchiare da sola nelle vicinanze di un parco in cui mi accingo ad entrare.
Mi avvicino ad una panchina per fare un po' di stretching e sciogliere un po' i muscoli tesi, forse per l'intensità eccessiva con la quale ho corso, oppure a causa sua e all'improvvisa sorpresa di saperlo a pochi passi da me, prima.
Allungo una gamba sulla seduta e mi chino in avanti per riuscire a toccare la punta del piede con la mano.
Mi ritrovo a pensare a quel ristorante che stiamo per aprire, se riusciremo a farcela con le sole nostre forze.
Iris mi ha detto che stanno già stilando un menù per accontentare tutti i tipi di palati, dal più sofisticato a quello che si accontenta, basta che mangia insomma. Mi ha anche informata del fatto che sono andati in un negozio all'ingrosso per scegliere piatti bicchieri e posate. Mi ha mandato delle foto e ho approvato all'istante la loro scelta di optare per la semplicità, esattamente come siamo noi, ragazzi semplici che cercano di realizzare un sogno che hanno in comune.
《Per l'amore del cielo... Ma che diavolo...》sussurro lasciando cadere la testa all'indietro. Ha iniziato a piovere, perché ovviamente la sfiga non mi molla neanche per un secondo, è tipo una persecuzione o una maledizione. Ogni volta che esco a correre il cielo decide che devo lavarmi prima del previsto. Quindi i segnali sono due; o puzzo come un caprone oppure il cielo mi sta dicendo di lasciar perdere lo sport e rassegnarmi al divano.
Sbuffo rumorosamente mentre mi incammino per tornare a casa. Decido di togliere le cuffiette dalle orecchie per poter sentire eventuali rumori visto che il cielo si è incupito e la luce sta piano piano sparendo.
Mani in tasca e testa bassa, come sempre. Ho notato questa cosa... non cammino quasi mai a testa alta, non ci riesco proprio, e non perché io abbia paura di pestare qualche cacca di cane, ma per il semplice fatto che anche provandoci e impegnandomi mi rendo conto quasi subito di abbassare lo sguardo e di conseguenza la testa.
Non so darmi una risposta, forse sarà per la mia poca autostima.
Non mi amo esattamente come dovrei, non mi piaccio perché sono consapevole di essere molto magra, non ho forme, i miei vestiti sono anonimi e i capelli sempre uguali... ma sono io, però. Come mi aveva detto Carter tempo fa. Sorrido ripensando a quella conversazione, mi aveva aiutato davvero moltissimo ed era riuscito anche a farmi sorridere in un momento di vera tristezza.
《Ehi bellezza!》
Alzo gli occhi al cielo stringendo i pugni dentro le tasche della felpa.
Ripugnante. Ecco cosa penso dei ragazzi idioti che fischiano dietro alle donne e le chiamano con questi nomignoli del cazzo.
《Ehi parlo con te, ragazzina!》
Sospiro rumorosamente dal naso, i denti stretti e le mani che iniziano a sudare. La pioggia non accenna a smettere e tanto meno pare voler limitare quel cavernicolo che mi segue dall altro capo del marciapiede.
《Ehi ma guarda un po'... non me ne frega un cazzo!》esalo con esasperazione lasciandogli addosso un'occhiata irritata. La cosa evidentemente lo diverte perché inizia a sorridere, schiocca la lingua contro il palato
《Come siamo impertinenti...》
《Come siamo scassa palle...》replico aumentando il passo.
Mi scosco una ciocca di capelli dal viso e passo la lingua sulle labbra umide di pioggia. Un lampo illumina il cielo scuro, poi un tuono che mi fa tremare come una foglia e quasi mi fa inciampare sui miei stessi passi.
《Hai paura bellezza? Vieni qua, ci penso io a te》
Deglutisco quando noto con la coda dell'occhio che quel ragazzo ha deciso di attraversare la strada per raggiungere il mio stesso marciapiede.
L'ansia inizia ad invadermi il petto e la gola diventa secca come il deserto del Sahara, il cuore da inizio a un concerto stonato di battiti, irregolari come il mio respiro caldo che si infrange nell'aria fredda e ventosa.
Tiro fuori il telefono dalla tasca e cerco di sbloccarlo senza dare nell'occhio, compongo il numero di mio padre ma non faccio in tempo a premere sul tasto verde di chiamata che sbatto contro qualcosa e mi immobilizzo.
Il telefono cade per terra rovinosamente, sbattendo nello stesso e identico modo con la quale la mia testa sbatte contro la facciata di un palazzo. Strizzo gli occhi a causa del dolore e quando li riapro mi ritrovo faccia a faccia con quel ragazzo di poco prima,《lasciami subito!》esclamo piatta iniziando ad agitarmi.
La puzza di alcool che fuoriesce dalla sua bocca mi porta a pensare che si sia scolato più di quello che poteva permettersi di reggere. Schivo la sua faccia quando prova ad avvicinarsi
《Sei tutta fradicia...》blatera con un sorriso sinistro, incupito.
《Mollami. Subito.》ringhio cercando di dimenarmi sotto la presa delle sue mani sulle mie braccia. Provo a tirargli un calcio ma deve aver inteso i miei gesti prima ancora che alzassi una gamba, riesce a schivare il colpo con estrema tranquillità pur essendo ubriaco.
Riesce a schivare il mio... forse, ma non quello di una mano chiusa a pugno che gli arriva dritto in faccia e lo fa urlare di dolore.
Mi appiattisco al muro della palazzina con l'affanno nei polmoni e la gola che brucia per il respiro troppo veloce. Mi porto le mani al viso per togliere le ciocche che si erano incollate a quest'ultimo.
Il fiatone esce fuori dalla mia bocca con urgenza e in modo rumoroso e violento, tanto quanto il secondo pugno che arriva sullo zigomo a quel ragazzo disteso per terra in una pozzanghera di acqua a fango.
《Non-dovevi-toccarla》sento dire dal ragazzo che sta a cavalcioni su quello ubriaco, ad ogni parola gli sferra un pugno in pieno viso ed io non riesco a far finta di non sentire il rumore delle nocche che si scontrano ad ogni colpo sferrato. Se continua così finisce male, e forse non dovrebbe importarmi visto quello che mi poteva succedere, ma io non sono fatta così...
《Basta smettila!!》mi avvicino di due passi a quella sagoma che respira in modo affannato, il buio e la pioggia battente mi impediscono di mettere a fuoco per vedere il ragazzo.
《Così lo uccidi!!! Ferma-》gli occhi si sgranano all'inverosimile quando il ragazzo che mi ha aiutata si gira verso di me.
Gli occhi sembrano spiritati all'ombra di un lampione poco distante da lì, la luce fioca si posa sul suo viso e i miei occhi finiscono per scendere sulle sue mani sporche di sangue, non saprei dire se sia il suo o quello del ragazzo che rantola disteso a terra.
《Dylan...》mi ritrovo a sussurrare guardandolo negli occhi.
I nostri petti si muovono all'unisono colmi di ansia e paura, ma il mio forse si muove in quel modo per altri motivi. Era da tanto che non lo vedevo e vederlo in questo stato mi destabilizza parecchio, una ferocia simile non l'avevo mai vista addosso a lui.
I capelli ricci e bagnati gli ricadono sulla fronte imperlata di acqua. Le labbra schiuse e carnose nell'intento di prendere aria tremano leggermente, mi sembra di poter sentire il suo respiro infrangersi sul mio viso. Ma poi mi rendo conto di essermi avvicinata parecchio nello stesso momento in cui lui si alza dal corpo disteso del ragazzo e si posiziona davanti a me.
《Andiamo via da qui...》mormoro in un sussurro flebile sentendo dei colpi di tosse provenire a poca distanza.
La mascella serrata è ricoperta da mille goccioline gelide mentre lui mi fissa senza dire una parola. Lancio un'occhiata al ragazzo per capire lo stato in cui versa, e mi rendo conto dai suoi movimenti e dagli sputi che abbandona sul marciapiede che domani avrà solo qualche livido o un taglio sul labbro.
Afferro Dylan dalla manica della maglietta e inizio a trascinarlo dentro la vietta che costeggia il palazzo.
Alle spalle della struttura mollo la presa e resto in silenzio religioso, e lo stesso fa lui. Mi cammina al fianco a testa alta e so che là dentro ha mille pensieri e forse domande.
Osservo le sue mani con la coda dell'occhio e quasi rabbrividisco vedendo i tagli sulle sue nocche grondanti di sangue.
《Devi disinfettare quei tagli》
《Cosa fai adesso? Ti preoccupi?》
Nel sentire quelle parole uscire dalla sua bocca mi ritrovo a pregare ogni divinità di donarmi almeno un briciolo di calma.
Così tagliente e spavaldo da farmi sbuffare rumorosamente e stringere i pugni. Ma ho deciso che starò al suo gioco.
《Hai ragione, effettivamente è da un po' che non mi preoccupo per te, e guarda un po'?! Sono stata una meraviglia... o almeno era così fino a 10 minuti fa!》butto lì cercando di apparire indifferente e sincera.
La sua testa scatta all'istante verso di me, ma io continuo a guardare per terra facendo finta di non averlo visto.
《Dieci minuti fa eri nella merda fino al collo!》
《Ma poi sei arrivato tu, no?! Oh mio eroe... come posso sdebitarmi?》cantileno con menefreghismo. Scuoto la testa esasperata e nervosa, e chissà per quante cose sono nervosa.
《Vaffanculo Cherie!》
《No!! Vaffanculo tu Dylan!!》sbotto con una rabbia inaspettata.
Ci fermiamo di colpo nello stesso momento, ci guardiamo ci osserviamo, e se gli occhi potessero parlare non saprei dire esattamente quali insulti potrebbero pronunciare, perché probabilmente sarebbero una raffica in tutte le lingue e dette senza prendere nemmeno un minimo di fiato.
《Sei sparito, no?! Perché non torni all'istante a farlo di nuovo?》i pugni stretti dentro le tasche della felpa ormai fradicia.
《Perché tu cos'hai fatto?! Non fare la santa della situazione, non ti si addice!》sputa velenoso guardandomi negli occhi. Le sue spalle si muovono in modo irregolare, come il suo petto coperto solo da una maglietta a maniche corte, così tanto bagnata che potrei strizzarla come vorrei fare con la sua testa.
Vorrei afferrarlo e dargliele di santa ragione, perché è stato lui a respingermi quando ho aperto il mio cuore e gli ho confessato i miei sentimenti più veri.
È solo colpa sua se adesso siamo arrivati a questo punto, se tutto quello che abbiamo passato è andato a farsi fottere. E posso anche superare il fatto che lui non provi nulla per me, che non corrisponda i miei sentimenti, ma non accetto il modo in cui mi ha trattata e ovviamente mi riferisco a molte cose accadute tra di noi.
Non può pensare davvero di avere ragione, non può pensare e credere veramente di poter dare la colpa a me. Ha affrontato tutto questo come se fosse un ragazzino, avrebbe potuto comportarsi da uomo e invece ha scelto la strada più ridicola e... e ho solo voglia di tirargli uno schiaffo in questo momento.
《Fatti la tua vita e non intralciare più la mia.》indietreggio sotto una pioggia battente mentre le parole mi scivolano fuori dalla bocca senza controllo.
Lui resta completamente fermo mentre mi guarda andare via, occhi negli occhi, cuori divisi e uno sicuramente fatto a pezzi.
E credo proprio sia il suo.
《Quindi? Finisce così? È questo che vuoi?》
《Buona vita, Dylan.》
Stupido idiota che non sei altro, non era così che avevo immaginato il nostro finale. Il finale che avevo sognato e che portavo dentro al cuore era quello che ti avevo sussurrato su quel molo, mentre sdraiati sotto un temporale abbiamo parlato di come ci immaginavamo tra qualche anno.
Ma anche lì, in quell'occasione, ero solo l'amica che aiutava il migliore amico che potesse avere a superare un momento triste della sua vita.
Adesso tra di noi c'è uno spazio incredibilmente enorme a dividerci, e lo sarà ancora di più quando domani sarò in Grecia per iniziare qualcosa di nuovo senza di lui, per la prima volta farò qualcosa senza avere lui al mio fianco.
Questo momento lo ricorderò per tutta la vita come una fotografia stampata in mente, perche purtroppo quando perdi il tuo migliore amico è un qualcosa che non si può dimenticare, mai.
Ma adesso è il momento di voltare pagina.
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