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I. Sorpresa indesiderata

Il paesaggio scorreva davanti ai loro occhi, non più quelli di un bambino che crede che gli alberi, la strada, i monti fuggano via nella direzione opposta.
Isabel e Farlan, seduti sui sedili anteriori, cantavano a squarciagola una canzone di qualche band che aveva già trovato il suo immenso successo in tutto il mondo. Dovevano essere gli Skyblues, o almeno così credeva Rivaille, comodo sul sedile posteriore e con la fronte contro il vetro fresco dell'automobile -di un azzurro molto sobrio, scelto da Isabel- già pregustando l'idea della loro vacanza in montagna.
Fresco, tranquillità, silenzio, pace, studio, libri.

Rivaille non poteva desiderare di meglio per quelle due settimane: avrebbe potuto finire i numerosi compiti di quegli stronzi insegnanti della London High. Per quanto fossero incredibilmente qualificati nell'adempimento del loro lavoro, Levi aveva sperato- anche solo per un attimo- che non li riempissero in quel modo di esercizi.

Infondo, che cosa doveva aspettarsi?
Grazie ai suoi voti perennemente alti aveva vinto una borsa di studio- anzi l'aveva vinta per cinque anni di fila- così partiva dall'Italia, suo luogo Natale, per studiare e studiare ancora nella capitale dell'Inghilterra.
Tra poco più di quattro mesi sarebbe diventato maggiorenne e gli mancava solo un anno per avere l'ambito titolo di studi.

Sospirò, risvegliandosi dai suoi pensieri, e i suoi occhi si posarono su un cartello posto in alto, sopra l'autostrada che stavano percorrendo a massima velocità: Rimini.
Perché cazzo erano a Rimini? E perché non se n'era accorto prima?
Aveva fatto un sonnellino, certo, ma non credeva di essere tanto rincoglionito da non aver notato l'assenza di una montagna in giro.
Posò gli occhi grigi e taglienti sul navigatore che con quella voce femminile irritante, continuava a dare indicazioni ad un Farlan canterino.

"Dove minchia stiamo andando?" Sbraitò sporgendosi in avanti nonostante l'ostacolo della cintura premesse contro il suo busto.
Isabel ridacchiò stringendo le due piccole codine basse con le mani afferrandole per due ciocche.
Era sempre stata una giovane dall'animo bambinesco, cosa che Levi trovava assolutamente tenera.
"Te ne sei accorto finalmente" voltò la testa verso di lui mostrandogli un enorme sorriso, da guancia a guancia. "Ma ormai è tardi. Non stiamo andando in montagna, ma in un meraviglioso Resort a cinque stelle!" Esclamò con quegli occhioni sempre lucenti e pieni di allegria.

Rivaille ci mise qualche attimo ad elaborare la cosa.
Capì, però, che i suoi programmi di giornate in tranquillità erano andate in fumo.
"STATE SCHERZANDO?!" urlò a pieni polmoni facendo ridere i due fidanzati.
"Vi avevo detto che volevo andare in montagna per stare tranquillo! Voi, invece, mi portate in un luogo rumoroso, pieno di vecchi decrepiti che si lamentano di ogni cosa, di bambini urlanti e di musica alle nove del mattino?!"

"Il risveglio muscolare è alle otto e mezza" lo corresse Farlan beccandosi un sonoro pugno sul braccio dal migliore amico che, dopo averli mandati allegramente a fare in culo, tornò appoggiato al sedile, le braccia incrociate al petto e lo sguardo più arrabbiato che mai.

Li detestava quando facevano cose del genere.
Voleva starsene tranquillamente in pace, lontano dal mondo e dal caos della città.
Ma no! Ci divertiremo, sarà un'esperienza fantastica!
Queste erano le parole che continuavano a ripetere i suoi -forse non più- migliori amici.

Levi afferrò l'elastico al suo polso per poi legare i capelli, ormai lunghi fino alle clavicole, in una coda bassa.
Avrebbe dovuto tagliarli, il periodo punk-emo era praticamente giunto al termine.
Inoltre aveva caldo, terribilmente caldo, nonostante l'aria condizionata fosse accesa dall'inizio del viaggio.
Posò lo sguardo nuovamente fuori dal finestrino appoggiando la guancia al pugno chiuso cercando una soluzione per quell'orribile vacanza che gli si parlava davanti.

Avrebbe potuto passare le giornate in camera a studiare e a leggere, di libri se n'era portati via a bizzeffe.
Sicuramente, però, Isabel e Farlan avrebbero cercato di trascinarlo a fare qualche attività all'aria aperta o addirittura bloccarlo a una sdraio per prendere il sole e abbronzarsi!
L'unica cosa che sapeva fare era ustionarsi e, una volta tolto lo strato di pelle, tornava candido come un lenzuolo.

"Grazie, arrivederla!" Esclamò allegro Farlan al casello dell'autostrada, indicando subito dopo il grande cartello pubblicitario: Smith Resort.
"Vacanza stiamo arrivando!" Urlò la fidanzata alzando in aria il pugno.
"Ah, a proposito, mentre ti stavi facendo la tua lunga doccia da quaranta minuti ti ho preparato la valigia, Levi. Ne ho comprata una uguale a quella della montagna solo per questo" rise mandandogli un bacio con la mano al suo sguardo sbigottito.

Non ci poteva credere: erano fuori di testa.

Sbuffò sonoramente, imprecando contro di loro quando raggiunsero la meta e scesero lasciando che l'addetto al parcheggio trovasse un posto nel garage poco lontano.

La strada su cui erano fermi conduceva all'immensa struttura, dando poi la vista a nemmeno un sedicesimo di tutto il verde presente al Resort.

In lontananza poteva udire le classiche canzoni per i balli di gruppo, le grida dei bambini, la voce amplificata dai microfoni degli animatori che incitavano tutti a muoversi e saltare.

Senza nemmeno rendersene conto, era finito all'interno trascinando la sua nuova valigia fino al bancone nero tirato a lucido della reception, senza prima ovviamente aver camminato sul tappeto rosso.

La sala era lussuosa come aveva immaginato, erano presenti diversi divani e poltrone, dei tavoli con vari giochi tutti in perfetto ordine, qualche giovane coppia o qualche famiglia stava tornando in camera, probabilmente per prepararsi per il pranzo.

Sbuffò scocciato quando un bambino cominciò a piangere a squarciagola, ma venne distratto dal receptionist: un uomo alto, biondo, occhi azzurri e con due enormi sopracciglia rendergli il volto ancora più serioso.
"Buongiorno e benvenuti, voi dovete essere la signorina Magnolia, il signor Church e il signor Ackerman" disse con la voce profonda ma uno sguardo professionalmente cordiale.
"Sì, siamo noi" rispose la giovane rossa porgendogli la mano.
"Vi do il benvenuto, io sono Erwin Smith, il proprietario del Resort" afferrò la mano della ragazza sfiorandole il dorso con le labbra.
"Un piacere fare la vostra conoscenza".
Strinse le mani degli altri due per poi agguantare un paio di chiavi che porse loro.
"Le stanze da voi richieste: due matrimoniali" aprì un quaderno ad anelli prendendo da una busta tre cartoncini plastificati.
"Questi sono i pass per accedere alle strutture, sul retro è presente tutta la lista a seconda del denaro che avete versato".

Levi inarcò un sopracciglio afferrando il suddetto; questo voleva dire che non potevano andare ovunque ma solo in alcuni luoghi a seconda di quanto avevano speso.

Immensa stronzata e fregatura.

Lanciò un'occhiataccia al direttore che rispose con un sorriso per poi consegnare loro il menu della giornata, la lista delle varie attività in programma e la cosa migliore: la password del Wi-fi.

Il signor Smith si portò il dito indice all'orecchio sull'auricolare con microfono:
"Jean alla reception" disse semplicemente.
Pochi secondi dopo un giovane alto, i capelli...biondo cenere? Castani? -Levi non sapeva dirlo con certezza- si presentò davanti a loro. Il viso era allungato e indossava la divisa dell'hotel: giacca rossa, pantaloni neri così come le scarpe, mentre la camicia era la classica bianca.

"Lui è Jean Kirschtein" lo presentò Erwin voltandosi poi verso il suddetto ragazzo.
"Accompagna i signori alle loro stanze"
"Sì, signore" si avvicinò trascinando il carrello portabagagli con sé. "Se permettete" disse anche fin troppo gentilmente afferrando poi le valige per posarle ordinatamente alla base.
Prese le chiavi per poi fare un cenno verso l'ascensore.
"Se volete seguirmi. Signor Smith" disse a mo' di saluto per poi precedere i clienti che lo seguirono curiosi ed emozionati, o almeno due di loro.

Come aveva immaginato e temuto Levi, dato il lavoro, il giovane Jin o Jean iniziò una conversazione durante la loro salita, come se la musica in sottofondo nell'ascensore non fosse già abbastanza snervante per la sua immensa pazienza.

Lasciarono i due fidanzati alla stanza <<455>>, Levi la ricordava perchè ci sarebbe stato il più lontano possibile.
Dopo aver svoltato per un altro corridoio si fermarono davanti all'ennesima porta bianca dove il cameriere? L'addetto? Dove <<capelli indescrivibili>> infilò la chiave facendo scattare la serratura. Si spostò leggermente per farlo passare per primo e si ritrovò in una stanza pulita, per la fortuna di tutti.

Ringraziò con un cenno il giovane che, dopo aver posato la sua valigia e avergli augurato una buona permanenza, lasciò la stanza.

Rivaille si guardò attorno, i colori dominanti erano il rosso e il bianco, che rendevano il luogo più allegro e solare, caratteristiche che facevano a pugni in quel momento con il suo umore.

Si lasciò cadere sulle lenzuola bianche con decorazioni dorate del suo letto matrimoniale.
Portò il braccio a coprire gli occhi mentre dalle sue labbra fuoriusciva l'ennesimo sospiro della giornata.

Fuori dalla finestra sentiva la voce di una ragazza, certamente animatrice:
"Dobbiamo fermarci qui, tra quindici minuti il pranzo sarà servito, ma vi aspettiamo alle sedici in punto per divertirci ancora tutti insieme a ballare e a giocare!"

Rivaille Ackerman quel giorno premette il cuscino sulla faccia in un vano tentativo di suicidio: sarebbe stata una vacanza di merda.

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