Fuoco
La notte scendeva lentamente, mentre alcuni piccoli raggi di sole continuavano ad illuminare le strade delle campagne. I campi lasciati riposare e le colline verdi , che caratterizzavano quel paesaggio, rendevano il tutto sublime. Più o meno , era questo ciò che pensavano i soldati della truppa mentre attraversano le campagne per tornare a Roma,dopo aver soffocato alcuni tumulti sa cui avevano ricavato grandi tesori che si erano divisi equivalmente. Davanti all'esercito c'era il cavalieres Gaio, mentre alla sua destra c'era il capitano del gruppo, non che uno dei suoi amici più cari, Terone. Il silenzio accompagnava la tensione che c'era a causa dei ricordi della battaglia. Gaio si girò verso l'amico che guardava avanti a sè con uno sguardo perso:<< felice di ritornare a Roma, Terone?>> gli chiese per allegerire l'ansia. L'altro, che per tutto il viaggio sembraba immerso nei suoi pensieri, girò lo sguardo verso l'amico: << penso che dopo una battaglia, la malinconia per la patria di fa sentire.>> rispose.
<< Dopo un mese di battaglia ci aspetta una grande gloria in città >> aggiunse l'altro.Gaio riguardò l'amico,che si era riperso nei suoi pensieri. << Cosa farai appena tornerai? Gira vice che hai progetti precisi.>> gli chiese.
Terone si turbò al sentire quella domanda a cui non sapeva se rispondere o no, non sapendi neanche come gli altri lo avessero saputo. Rimase per qualche minuto zitto, poi decise di parlare lo stesso:<<c'è una donna bellissima. Non ho mai visto romane come lei. Ha un animo così dolce che renderebbe dolce anche l'uomo più scorbutico>> rispose Terone.
L'interlocutore lo ascoltò e sorisse con dolcezza << quindi hai intenzione di sposarla? >>. Terone fece un sospiro e si rabbuiò: << ho intenzione di liberla ,in realtà. É una prostituta, n9n una donna patrizia>>
<<oh...>> esclamò l'altro.
<< spero che il bottino basti per il lenone>> aggiuse Terone. Ci furono alcuni momenti di silenzo, spezzati solo dal rumore degli zoccoli dei cavalli e dal vento che danzava fra le foglie.
<<io ti ammiro, sai?>> disse improvisamente Gaio.
<<Come scusa?>> chiese l'altro cascando dalle nuvole << hai combattuto, soportato le ferite e rischiato la vita, con la speranza di vivere con il tuo amore. Non avevi certezza di sopravivere e comunque hai fatto di tutto;questo ti fa onore>>
Terone ascoltava quelle parole con cuore più leggero. L'altro continuò:
<<i lenoni sono brutte carogne. Se avrai bisogno d'aiuto non esitare a chiedere, d'altronde devo pure sempre ripagare tutte le volte in cui mi hai salvato la vita.>> sorisse in modo complice riguardando l'altro. L'amico si rincurò e seppe dire solo:
<<grazie>> .
Il cielo cominciava a tingersi del colore blu della notte mentre la luna emanava la sua luce.
<<commandante Gaio, siamo quasi arrivati>> disse uno dei subordinati mandati avanti per esplorare il territorio. Terone osservava davanti a sé , mentre pensava e ricordava il suo amore. Un sorisso solcò le sue labbra al ricordo del sorisso,al ricordo della voce,al ricordo delle parole che gli chiedevano se ,un giorno, l'avesse portata a vedere il mare. Il cuore si stringeva mentre ripensava a tutte le volte che il suo corpo aveva un livido o un piccolo taglio,e quasi bruciava dalla rabbia per ciò che doveva subire ogni volta mentre lui non riusciva a raccimolare tutti i soldi per riscattarla. Quella vittoria era stata una gran botta di fortuna, considerata la situazione.
Ricordò quelle dolci labbra che amava baciare e quel corpo che ogni notte stringeva in modo tenero poiché temeva si potesse spezzare poichè troppo fragile. E poi fantasticò su tutte quelle notti che avrebbero passato insieme , una volta libera. Notti dove le loro anime diventavano una sola cosa e che facevano impazzire il cuore le membra.
Terone non si sarebbe dato per vinto pur di mantenere la sua promessa , sancita il giorno prima di partire con Gaio: in una di quelle notti, dove il sonno non era la principale cosa a cui pensare, le disse, mentre era avoltò dal buio:
<<Petunia, domani partirò per un pò di giorni. >>
<<dove vai?>> gli chiese.
<<ti ricordi Gaio? Devo partire con lui per fermare alcuni tumulti nelle sue terre a sud>>
I due amanti rimasero in silenzio per un pò. Petunia appogiava la testa sul petto del ragazzo, mentre lui le accarezzava dolcemente i capelli finché la ragazza non si alzò appogiandosi di lato sul gomito.
<<Promettimi che non ti farai del male>> gli chiese. Disse così perché non voleva pensare all'eventualità di una possibile morte.
Terone accarezzo il volto di ella e le rispose: << e tu promettimi che,una volta tornato, sarai mia finché il fato vorrà>>.
Avvicinò la sua fronte su quella dell'uomo:<<prometto>> disse.
<<prometto>> rispose Terone.
Dopo di che il sonno li prese del tutto.
I pensieri di Terone si dissolsero appena si accorse che la sera era scesa ,ma di Roma ancora nessuna traccia.
<< Commandante, non manca molto>> urlò il subordinato all'avanscoperta.
<< hai detto la stessa cosa anche prima Miccio; sei sicuro di saper dove stiamo andando?>> chiese Gaio in tono sospettoso. L'amico sorisse appena ma quella curvatura sparì quando un odore aspro e dolce allo stesso tempo raggiunse le sue narici.
<<Gaio,senti anche tu?>>
<< Fuoco>> disse guardandosi intorno. Il cielo cominciò a diventare più scuro e l'orrizonte era sparito.
<<Miccio vedi qualcosa? >> chiese Terone.
Miccio si guardò intorno. Vide una piccola altura e salì sopra, per avere una visuale migliore. Le parole gli di bloccarono nella gola.
Il commandante si rivolse a Miccio<< Miccio,cosa vedi da lì?>>. L'altro non rispose, sul volto aveva solo uno sguardo di terrore. Terone fermò l'esercito e insieme a Gaio raggiunse Miccio.
<< Commandante....Roma sta...>>
Quando i due arrivarono sulla cima e videro ciò che aveva terrorizzato il terzo uomo, sentirono il cuore stringersi.
Dove prima c'era Roma adesso c'era una distesa di fiamme che aveva preso metà della città. I due soldati rimasero paralizzati per un pò. Poi Gaio urlò:<<soldati, Roma è in fiamme e dobbiamo ritornare per aiutare i cittadini. Rendete onore alla vostra stirpe>>. Tiro le redini del cavallo e partì, seguito a ruota da Terone e dai soldati. Il fumo nero, sporcava i volti degli uomini che correvano come non mai. Il più veloce della truppa era Terone preso dal brutto presentimento che la sua amata non fosse sfuggita alle fiamme. Non si accorse di distansiarsi troppo dal suo gruppo .
<<Terone aspetta!>> gli urlò Gaio ma l'uomo , già lontano di suo, non sentì e corse più veloce verso il suo obiettivo Una delle porte della muraglia intorno a Roma affacciava proprio sul quartiere dove si trovava Petunia. La nebbia nera lo avvolse nel suo abbraccio e per un pò Terone non vide nulla, finché non si trovo davanti alla porta est della città. Li davanti erano radunati alcuni cittadini scampati per miracolo all'incedio. La disperazione di quel momento era insostenibile: c'era chi ringraziava gli dei per la salvezza, chi invece piangeva per una persona cara, chi soffriva poiché, per scappare dal fuoco, aveva perso un arto o si era procurato una ferita profonda. Neanche loro sarebbero vissuti a lungo con tutto il sangue che perdevano e le infezioni contagiose. Terone arrivò nei pressi del popolo, attirando l'attenzione degli altri. Guardò i loro volti turbati ma di Petunia non c'era traccia. In preda al panico , Terone caricò il cavallo ed entrò nella città, dove l'inferno si stava propagandando. Non sentì nemmeno Gaio che gli intimò di non entrare un minuto prima che lui sparisse tra le fiamme.
Il calore gli bruciava la pelle olivastra e il fumo rendeva la vista offuscata e il respiro pesante. Da ogni parte c'erano case e palazzi in fiamme che minacciavano di cadere sulle strade. Fu proprio uno di questi,che dopo essere caduto davanti agli zoccoli del cavallo, spaventò quest'ultimo che si alzò sulle zampe anteriori. Il soldato cade e colpì la testa sul suolo mentre l'animale corse per un'altra via alla ricerca di un uscita. Per qualche minuto, Terone guardò solamente il cielo annebiata. La sua testa girava fortissimo. Lentamente si alzò,sentendosi il respiro mancare. Si toccò e dopo guardò la sua mano piena di liquido cremisi. Poi alzò lo sguardo dalla mano e vide cio che lo circondava e per qualche secondo pensò di essere finito negli inferi. Cominciò a camminare,lentamente, stando attento a dove mettesse i piedi. Quando ritrovò l'orientamento aumentò il passo. Superava carboni ardenti e cadaveri carbonizzati che creavano uno spettacolo pietoso e mostruoso.
Quando arrivò al suo obiettivo, sentì il cuore spezzarsi in tanti piccoli pezzettini. La casa ,dove viveva Petunia,era crollata per metà e il tetto era completamente piegato verso giù. Da ogni finestra uscivano fiamme mentre per terra c'era il corpo di qualche ragazza,compagne dell'amata, che si era buttata giù. Tra quelli non però, osservo Terone, non c'era quello di Petunia.
<< Petunia!>> urlò con tutta la forza che aveva. Si avvicinò l'ingresso, non ancora crollato.
<< Petunia!>> urlò di nuovo in attesa di una risposta che,sapeva che non sarebbe arrivata.
Con le lacrime agli occhi, prese tutto il coraggio che aveva e si addentrò fra le fiamme di quel luogo. I pezzi di legno crollavano a man a mano che lui avanzava. La pelle quasi bolliva mentre il respiro si faceva pesante e gli occhi bruciavano. Cerco per tutto il primo piano finche non la trovò in fin di vita. Quando Terone si avvicinò il corpo, questo era per metà carbonizzato e la ragazza faceva fatica a respirare, a causa del troppo fumo che aveva respirato e che le aveva bruciato i polmoni.
Si abbassò e le prese la mano, steingendo le dita.
<<Perunia, sono io Terone>>
<<Tero.... come hai fatto....>> disse in un fil di voce.
<<tieni duro ti porterò in fuori di qui.>>
Prese la ragazza fra le braccia a mò di principessa ed uscì velocemente dall' edificio prima che questo crollasse. Appogiò il corpo a terra, in un luogo lontano. Petunia aveva il respiro,ormai, debole:
<< Ter...>>
<<sono qui>>
<< grazie ......per....tu...tto>>
<< sono io che ti devo ringraziare. Tu mi hai regalato emozioni che non ho mai provato. Ti prego non lasciarmi. Fai un ultimo sforzo >>
<< mi ... dispi...>>. Le lacrime del ragazzo cominciarono a rigare le guance. Avvicinò la mano di Petunia alla sua guancia: non era più morbida ma dura e calda .
<< adesso....sarò.... libera>> disse la donna. Poi esalò l'ultimo sospiro. Terone si aprì in un pianto disperato, mentre stringeva il corpo dell'amata. Intorno a lui fuoco. Solo fuoco che distruggeva tutto. Per Terone,quell'elemento era ,in quel momento, più freddo del ghiaccio per via delle tantissime anime innocenti che portava con se.
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