Prima parte - Prologo
«No! No! No! E ancora dannatamente no!»
«Non puoi dire di no.»
«Oh, sì che posso e lo sto facendo!»
«Riddick! È il figlio del capo e sta per subentrare al suo posto nella presidenza: non puoi rifiutarti!»
«Posso eccome, cazzo! Il fatto che io sia stipendiato da loro non significa che abbiano la facoltà di poter disporre della mia vita come meglio gli aggrada!»
«Stiamo parlando di una cena, non di tutta la tua vita, e fanno più che pagarti: ti hanno reso ricco, popolare e idolatrato!»
«Quello l'ho fatto da solo, grazie alle mie abilità al volante! E se gli sponsor piovono dal cielo come un fottuto temporale è grazie alle mie vittorie!»
«D'accordo, posso condividere questo pensiero, ma...»
«Niente ma! Non vado a cena con quel moccioso che avrà la puzza sotto al naso e penserà di saperne più di me!»
Riddick sciolse i lunghi capelli biondi e li raccolse di nuovo con l'elastico, bevve un sorso di bibita energetica e guardò il proprio assistente.
«Non vorrà certo parlare di motori, ma delle prossime strategie di marketing, al massimo; anche se mi ha detto che vuole semplicemente conoscerti meglio.»
«Se per conoscersi meglio, intende la stessa cosa che intendo io, quando rimorchio un bel bocconcino, allora posso anche pensarci. È appetibile?» domandò prima di bere un altro sorso di bibita, sedendosi sulla panca dei pesi.
«Giudichi da sé» disse una voce sconosciuta alle sue spalle.
Riddick piantò gli occhi verdi smeraldo in quelli ironici del suo assistente, il quale tratteneva a stento un sorriso. Il pilota non si mosse e pochi secondi dopo, davanti ai suoi occhi, comparve un ragazzo più che appetibile, dai corti capelli scuri e gli occhi color cioccolato, spruzzati di pagliuzze dorate.
«Mi lasci indovinare: il mio futuro capo» osservò ironico, Riddick, senza mostrare alcun segno d'imbarazzo.
«Di sicuro, sono il capo, se sarò il suo, o meno, dipende solo da lei» rispose l'altro accennando un sorriso ironico.
«Da me? Ho un contratto vincolante con la "Kylon Motors" che mi lega a voi per altri cinque anni.»
Darin Kylon infilò entrambe le mani nelle tasche dei semplici jeans che indossava e ampliò il proprio sorriso.
«Questo, intendevo. Lei è vincolato a noi, che invece possiamo anche decidere di sostituirla, se il suo comportamento non ci dovesse piacere.»
Gli occhi di Riddick si chiusero in due fessure e si alzò in piedi, pronto a fronteggiare l'altro.
«Prego?» chiese a denti stretti e con tono minaccioso; il suo assistente si mosse a disagio: conosceva il pilota e, soprattutto, conosceva quell'espressione d'acciaio che ora aveva in volto.
«Ha capito benissimo. Io non sono mio padre e non tollererò le sue intemperanze, come ha sempre fatto lui. Il buon nome della scuderia conta molto di più dei suoi capricci da bambino viziato.» Fece un passo verso di lui e, fissandolo negli occhi, aggiunse. «Mammina è stata fin troppo buona, ma ora, c'è papino, al comando.» Il sorriso non aveva abbandonato per un solo secondo le sue labbra e Riddick rimase a fissarlo fumando d'ira, senza tuttavia riuscire a ribattere.
«La aspetto per le otto, a casa mia. Sia puntuale: il ritardo è una forma di maleducazione che mi infastidisce molto.» E detto ciò se ne andò lasciandolo interdetto e furioso come un toro.
«Riddick» mormorò il suo assistente, temendo il peggio.
Il pilota lo guardò come se si accorgesse della sua presenza solo in quel momento.
«Sbaglio, o mi ha appena dichiarato guerra?»
«Sbagli.»
«No! Non sbaglio!» urlò sbattendo a terra la bottiglietta contenente la bibita.
«Non sbagli» confermò l'altro, per nulla intenzionato a scontrarsi con lui in quel momento.
«Piccolo moccioso del cazzo! Ti faccio vedere io chi è davvero, papino!»
L'altro chiuse gli occhi, pregando tutti i santi del Paradiso che la cena non si concludesse con l'arrivo della polizia e di un'ambulanza!
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