11- Rosa
Mi ero trasferita a Londra a settembre per lavorare in una casa editrice della città, ma nonostante i mesi trascorsi non ero ancora riuscita a visitarla completamente a causa del lavoro che mi teneva sempre impegnata.
Dopo aver rotto con il mio ex avevo cercato disperatamente di dimenticare, buttandomi a capofitto nell'unica cosa che amavo veramente al di fuori della mia famiglia: i libri. Quando il mio capo mi aveva proposto il trasferimento, inizialmente ero molto dubbiosa, avrebbe voluto dire cambiare addirittura nazione, ma mi sono resa conto che alla fine sarebbe stata la cosa migliore. Nuova città, nuova vita.
Londra era una città fantastica, sempre in movimento, piena di luce e di rumori, una città capace di far dimenticare. Il lavoro riempiva le mie giornate, mi piaceva, editare libri in inglese era molto diverso dal farlo in italiano, ma dopo le iniziali difficoltà mi ero abituata, ed ero entrata a pieno ritmo nella nuova routine.
I colleghi erano fantastici, ogni sera mi invitavano sempre ad uscire con loro, ma nonostante fossi molto contenta dei loro inviti, declinavo sempre, per trascorrere le mie serate in tranquillità.
Credevo di avere ormai tutto quello che una donna potrebbe mai desiderare, ma mi sbagliavo. E anche tanto. Mi mancava irrimediabilmente l'amore. La sensazione di sentirsi amati e di amare qualcuno, per quanto si possa negare, sono indispensabili nella vita.
Non è una storia tutta rosa e fiori e, forse, non ci sarà neanche un bel finale, nessuno può saperlo. Però, nonostante tutto, una cosa con certezza la so: da quel giorno in cui l'ho incontrato il mio mondo è cambiato, e capisco che veramente senza amore non si può vivere.
Era una grigia mattina di dicembre, quella in cui lo incontrai.
Stavo camminando lungo il marciapiede diretta verso la casa editrice, dove quella mattina avrei dovuto incontrare un nuovo autore. Sapevo di essere in leggero ritardo, perciò cercai di aumentare ulteriormente il passo per non allungare troppo l'attesa.
Aspettavo sul bordo della strada che il semaforo venisse verde quando un auto, passando, finì dentro una pozzanghera, sporcandomi completamente dalla testa ai piedi. Ormai fradicia vidi l'auto fermarsi e da questa scendere un uomo di circa trent'anni, distinto, vestito con giacca e cravatta.
- Mi scusi, signorina. Non era mia intenzione sporcarla passando in quella pozzanghera. -
Lo guardai alquanto scocciata, trattenendomi dall'insultarlo pesantemente. Non appena scattò il verde attraversai velocemente la strada senza avergli risposto, dirigendomi velocemente verso l'ufficio per darmi una ripulita prima dell'incontro.
Poco dopo Gerry, il mio capo, mi avvisò che l'autore era arrivato perciò affrettai a recuperare dal mio ufficio il manoscritto e mi diressi verso la sala riunioni. Non appena entrai e vidi chi era l'autore rimasi letteralmente a bocca aperta. Era lui! Quello che mi aveva sporcato!
- Tania, finalmente! Lui è Daniel Dyrk, l'autore di cui ti occuperai d'ora in poi! Daniel, lei è Tania Feli, la tua editor. -
Cercai di sembrare indifferente a Gerry e feci un sorriso di cortesia al signor Dyrk.
- E' un piacere, signor Dyrk. -
- Piacere mio, signorina Feli. Spero lavoreremo bene insieme. -
- Bene ora vi lascio. Buon lavoro! -
Osservò Gerry uscire dalla stanza poi riconcentro la mia attenzione sull'uomo che ho di fronte.
- Bene signor Dyrk... -
- Daniel, per favore. -
Strinsi i denti cercando di non ribattere che non avevo alcuna intenzione di chiamarlo per nome, ma non potendo fare altrimenti mi rassegnai.
- Iniziamo, Daniel? -
- Certo! -
Mi ero appena seduta e stavo tirando fuori gli appunti che avevo preso dalla cartella quando sentii una presenza alle mie spalle.
- Daniel? - Cosa ci faceva lì?!
- Prima di iniziare, Tania... -
- Non ricordo di averle dato il permesso di chiamarmi per nome. -
- Stavo dicendo, Tania, sono davvero dispiaciuto per l'accaduto. Non era davvero mia intenzione sporcarla stamattina. Vede, di solito sono un uomo abbastanza pacato ed equilibrato, ma non sopporto quando non mi si porta rispetto. -
- Mi scuso per stamattina, ma stavo cercando di non arrivare in ritardo. -
Mi rigirai considerando conclusa la conversazione. Sentii improvvisamente le sue mani a tenere ferme le braccia, e il suo respiro caldo sul collo.
- Te l'ho detto, non mi piace che non mi si porti rispetto. -
Sentii le sue labbra soffici posarsi sul collo, lasciandomi senza fiato. Si staccò poco dopo, lasciandomi lì sulla sedia immobile.
- Vado un attimo in bagno, arrivo subito. -
Lo guardai uscire sospirando, sperando che non fosse sempre così.
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