Capitolo 23
CONSIGLIO PER LA LETTURA : “ Let it all go” di Birdy.
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Rimanemmo immobili per qualche istante, ancora stretti nel nostro lungo abbraccio. Non riuscivo a muovermi, le parole di Thranduil mi avevano colpito nel profondo del mio cuore distrutto. Mordor lo aveva condotto quasi alla rovina, ma lui aveva saputo rimanere in piedi per il suo popolo. Era caduto, e si era rialzato.
Aveva amato, ma Earinë gli era stata brutalmente portata via. Era caduto di nuovo, e si era rialzato ancora una volta.
Ad ogni caduta il suo cuore si era indurito, e più la risalita era stata alta, più la nuova caduta lo aveva reso freddo come la nuda pietra. Non avrebbe mai potuto essere in pace, il dolore aveva scavato troppo a fondo nella sua anima. Perdere il proprio Melamin significava morire dentro, e difficilmente si poteva superare quella perdita così grande. Ma Thranduil aveva resistito, nonostante l’immensa sofferenza.
In qualche modo riuscivo a comprenderlo, ma non del tutto: sapevo che Calen era ancora vivo, mentre Earinë era stata uccisa davanti ai suoi occhi, lasciandolo solo con il loro unico figlio. Il loro prezioso legame era stato spezzato per sempre; Earinë aveva lasciato un segno indelebile sul suo cuore, e nessuno avrebbe potuto rimuoverlo.
Finalmente compresi le parole di Galadriel ad Imladris, così come il suo sguardo triste e sofferente: si sentiva in colpa per la morte di Earinë, anche se il vero colpevole era tutt’altra persona.
Davoch. Thranduil non aveva fatto altro che darmi una ragione in più per sconfiggerlo una volta per tutte. Non lo avrei ucciso, qualcun altro aveva il diritto di giustiziarlo, ma lo avrei certamente fatto soffrire se non mi avesse detto dove si trovava Calen. Il mio odio nei confronti dell’oscuro comandante degli Elfi Corrotti non era lontanamente paragonabile a quello che provava Thranduil, ma abbastanza intenso da non essere quasi controllabile.
Ma ancora non conoscevo il motivo per cui gli Elfi di Bosco Atro avevano marciato su Dale, già pronti per una battaglia. Mi distaccai da Thranduil, domandandogli una spiegazione. Il suo volto ritornò ad essere duro, come se la nostra riappacificazione fosse svanita in un solo istante.
-La compagnia di Thorin Scudodiquercia ha riconquistato Erebor- disse- ma in quella montagna i Nani custodiscono qualcosa che mi è stato sottratto ingiustamente, ed io pretendo che mi venga restituito.
-Di cosa si tratta?- chiesi titubante.
-È un antico cimelio del mio popolo: le bianche gemme di Lasgalen. Con esse avevo fatto realizzare alcuni preziosi gioielli che avevo donato ad Earinë il giorno del nostro matrimonio. Non hanno alcun diritto di possederle.- esclamò alzando il tono della voce.
-E credi che ti daranno ascolto sostando con l’intero esercito alle porte della loro Montagna?
-Tu non conosci l’avidità dei Nani …
-Non conoscerò la loro avidità, ma conosco bene il loro popolo. Sono stata ospite dei Nani dei Colli Ferrosi, e da essi ho imparato molto sulla stirpe di Durin: non otterrai nulla con la violenza, soltanto morte e rovina. Ho fatto parte della compagnia per alcuni giorni, lascia che tenti di parlare con Thorin, forse riuscirò ad ottenere un compromesso.
Thranduil rimase per qualche istante perplesso, non riusciva a credere che un’Elfa potesse essere accolta dai Nani, neanche se l’Elfa in questione era la Custode.
-Non accetterò nessun compromesso, devono restituirmi ciò che è mio e rispettare il patto fatto agli Uomini di Esgaroth.- disse infine versando ancora del vino nel bicchiere.
-Thranduil …- tentai di ribattere, ma venni interrotta quasi immediatamente.
-Sarai stremata per il lungo viaggio, e avrai bisogno di abiti puliti … - decise di cambiare discorso, ma sapevo che aveva ragione.
In quel momento sentii il peso della stanchezza divenire sempre più premente sulle mie spalle stanche; desideravo togliermi quegli abiti e pulirmi dal fango e dal sangue rappreso. Non ero di certo nelle mie migliori condizioni.
Aprì la tenda e chiamò a sé un paio di soldati.
-Allestite una tenda per la Custode e portatele degli abiti puliti.- ordinò il sovrano degli Elfi Silvani. - Ho bisogno di rimanere solo … - sussurrò infine abbassando lo sguardo.
Dietro le spalle dei soldati riuscii a scorgere lo sguardo preoccupato di Mithrandir, affiancato da Bard.
Mi avviai lentamente verso l’uscita, ma prima di proseguire oltre mi voltai verso Thranduil. La mano nella quale reggeva il bicchiere aveva iniziato a tremare: stava cercando di trattenere il più possibile le sue emozioni.
-Rifletti bene su ciò che stai per fare, il tuo vero nemico non risiede in quella Montagna.- dissi guardandolo dritto negli occhi, per poi lasciarmelo alle spalle.
Venni subito accerchiata da una decina di guardie elfiche, ma riuscii ad incrociare lo sguardo di Gandalf rassicurandolo. Sapevo che voleva chiedermi cosa fosse accaduto, tuttavia io non ero in grado di parlare in quel momento; Thranduil non era l’unico a voler rimanere solo.
Le guardie mi condussero attraverso l’accampamento, mentre al nostro passaggio Elfi e Uomini facevano un inchino con il capo. Arrivammo di fronte ad una grossa tenda, circondata su ogni lato da una fila di guardie. Due di esse mi aprirono l’entrata, dalla quale pendevano delle lanterne ai lati, per poi chiudere velocemente la tenda dopo il mio passaggio. Finalmente ero sola.
Anche se era una tenda da campo, era stata allestita in modo impeccabile: il pavimento era coperto da un morbido tappeto, mentre al centro vi era un tavolo con del cibo e bevande di qualunque genere; ad un lato vi era una grossa bacinella colma di acqua calda, dove di fianco ad essa vi era una brocca argentata e bianchi teli. Il letto era coperto da una moltitudine di cuscini, e su di esso erano stati stesi alcuni abiti. Ma accanto ad esso, appesa con un molta cura, vi era una splendida armatura. Mi tolsi velocemente di dosso i miei vestiti logori, immergendomi poi nella bacinella; l’acqua rovente non mi infastidì la pelle, anzi fu come un piacevole sollievo. Quando ebbi finito di pulirmi, uscii e mi avvolsi in un lungo telo. Infine mi infilai una semplice camicia da notte verde, dalle maniche lunghe a sbuffo. Non appena la mia testa toccò il cuscino, crollai in un sonno profondo.
Nella mia mente si susseguirono una serie di immagini confuse, eccetto una: un calice d’argento lucente, ricoperto di splendidi zaffiri e diamanti. Vicino ad esso vi era un corvo, dalle piume corvine lucide e dal lungo becco scalfito su un lato. L’animale iniziò a bere dal calice, facendo schizzare fuori alcune gocce del contenuto.
Era sangue.
Il calice cadde, ed il sangue si sparse dappertutto, macchiando anche le piume del corvo. Improvvisamente spalancò le ali e si lanciò nella mia direzione, emettendo un forte acuto. Per un istante vidi la mia immagine riflessa negli occhi del rapace: in mano reggevo il mio arco, ed ero pronta a scagliare una freccia di Fiamma; il mio viso era coperto da profondi tagli e lividi, gli abiti a brandelli, i capelli rosso fuoco di nuovo lunghi che fluttuavano nell’aria.
Poi non vidi più nulla.
Mi svegliai di soprassalto, con il respiro affannoso ed il cuore che martellava nel petto. Pochi secondi dopo sentii una guardia all’esterno discutere con un altro soldato, che domandava di poter entrare per consegnarmi un messaggio da Gandalf.
Scesi velocemente dal letto, mettendomi un lungo mantello blu sulle spalle, per poi uscire a piedi nudi dalla tenda.
-Mia signora sono desolato per averla disturbata, ma Mithrandir richiede subito la vostra presenza. -mi disse il soldato visibilmente allarmato: doveva essere accaduto qualcosa di grave.
Senza perdere altro tempo mi feci condurre dallo Stregone, il quale scoprii che si trovava nella tenda di Thranduil. Affrettai il passo, non avevo un buon presentimento. Le guardie del Re mi fecero passare senza oppure resistenza, già avvisate del mio arrivo.
Non appena fui dentro cercai subito Thranduil con lo sguardo. Vidi Bard seduto su uno sgabello, mentre Gandalf camminava avanti e indietro pensieroso; infine vidi lui, seduto su una sorta di trono in legno di quercia. Ma il motivo per cui mi avevano chiamata era in piedi al centro della tenda: Bilbo Baggins.
Per un istante sentii di nuovo la stessa strana sensazione che avevo provato nell’attraversare Bosco Atro, ma la gioia nel rivedere lo Hobbit la oscurò. Era cambiato molto dall’ultima volta che lo avevo visto ai confini del Bosco: il suo viso era provato dalle molte fatiche vissute, eppure sembrava aver perso parte della sua timidezza. Infatti si reggeva ritto in piedi difronte a Thranduil, nonostante esso lo guardasse con i suoi occhi freddi come il ghiaccio. Non indossava più i suoi comodi abiti da viaggio, ma vestiti che non erano certamente stati fatti per degli Hobbit: la giacca gli arrivava fin quasi a metà delle cosce e la cintura era stata stretta più volte per cingergli gli esili fianchi.
Non appena Bilbo si voltò nella mia direzione, i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa: non si sarebbe mai aspettato di ritrovarmi lì. Sul suo viso comparve un piccolo sorriso, che però venne fatto scomparire dalle dure parole di Thranduil, e notai una certa irritazione nel suo sguardo.
-Se non vado errato, costui è il mezz’uomo che ha rubato le chiavi delle mie segrete sotto il naso delle mie guardie.
-S-si, mi dispiace.- rispose Bilbo, mentre Bard sembrava quasi divertito nel sapere che uno Hobbit aveva saputo eludere la sicurezza del Reame Boscoso. -Sono venuto a darvi questo.
Sul tavolo appoggiò delicatamente un panno rosso e aprendolo lentamente rivelò una grossa pietra bianca, all’interno della quale vi erano innumerevoli sfumature di colori che facevano brillare il prezioso oggetto di luce propria: l’Arkengemma.
-Il Cuore della Montagna, il Gioiello del Re … -esclamò Thranduil alzandosi in piedi stupefatto, seguito da Bard.
-… e vale il riscatto di un Re. Come mai è tuo diritto donarlo?- chiese l’Uomo.
-È la mia quattordicesima parte del tesoro.- dichiarò Bilbo.
Io e Gandalf ci guardammo perplessi: Thorin non avrebbe mai ceduto quella pietra, per lui valeva più di qualsiasi tesoro.
-Perché questo gesto? Non ci devi alcuna lealtà.- domandò nuovamente Bard.
-Non lo sto facendo per voi. So che i Nani possono essere ostinati, e capoccioni, e difficili; sono sospettosi e riservati, ed hanno le maniere peggiori che si possano immaginare. Ma sono anche coraggiosi, gentili, e leali fin troppo... Mi sono affezionato a loro e vorrei salvarli se posso. Thorin tiene a questa pietra più che ad ogni altra, in cambio della sua restituzione io credo che vi darà quello che vi spetta. Non ci sarà alcun bisogno di guerra.
Nella tenda calò un profondo silenzio, la risposta di Bilbo ci aveva lasciati ammutoliti. Guardai Thranduil, sperando che cambiasse la sua decisione e risparmiasse i Nani. Gli era stato offerto un compromesso favorevole, che difficilmente avrebbe potuto rifiutare. Bard sembrava già propenso ad accettare il dono, mentre l’Elfo sembrava esitare.
Feci un passo in avanti, ma prima che potessi dire qualcosa Thranduil alzò il capo e, guardandomi dritta negli occhi, espose la sua decisione definitiva.
-Accetto il vostro dono signor Baggins. Domani all’alba andremo alla porta di Erebor per effettuare lo scambio, ma se i Nani dovessero rifiutare… non esiterò a concludere la vicenda con il mio esercito.- fece una breve pausa, per poi domandarmi - Sarai al mio fianco?
Tutti si voltarono verso di me, attendendo la mia risposta. Era arrivato il momento di prendere una decisione: schierarmi dalla sua parte, oppure voltargli le spalle. Non era possibile rimanere neutrali, in qualunque caso avrei dovuto scegliere per chi combattere.
Ed io scelsi il cuore.
-Non ti abbandonerò.
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