XXI
j a m e s
Da quando frequento questi semidei mi sono accadute parecchie cose strane. Mi sono ritrovato a guidare un'auto come se fossi in Fast&Furios, scappando da un terribile mostro-drago, oppure a pedalare nel cielo tra spiriti della tempesta che ci volevano morti, o ancora a raccogliere delle mele d'oro cercando di non essere cotto a puntino da un terribile mostro.
Infatti non mi sorprendo più di tanto quando mi ritrovo completamente solo in un antro oscuro, circondato da centinaia di serpenti, e con i piedi incastrati nelle sabbie mobili. Probabilmente sto sognando. Come si fa a riconoscere un sogno?
Ma certo, le dita! Nei sogni le persone hanno sempre delle dita in più. Sto per controllarmi le mani, quando sento una strana presenza, come un sussurro che proviene dalla terra sotto ai miei piedi.
"Progenie di Apollo, custode dell'Arco..." sento una voce, ma non vedo nessuno. Nel voltarmi, sprofondo ancora di più nella terra fangosa.
"Hey, chiunque tu sia, potresti tirarmi fuori da queste sabbie mobili?" chiedo, gentilmente.
"Taci!" tuona la voce, ed io alzo le mani.
"Okay, okay." mormoro "Che sbruffone..."
Il tizio si schiarisce la voce. "Stavo dicendo, progenie di Apollo, custode dell'Arco..."
"Sì, lo hai già detto. Sono io, suppongo." gli dico "Dove mi trovo?"
"Presto lo scoprirai." mi risponde, piuttosto irritato "Se rivuoi ciò che hai perso, se rivuoi i tuoi ricordi, dovrai arrivare qui, ma non pensare che sarà un'impresa facile!" esclama, e i serpenti che mi accerchiano sibilano, spruzzando veleno dalle lingue biforcute.
"Dov'è qui, precisamente?" gli chiedo.
"Lo saprai." mi risponde, e alzo gli occhi al soffitto fatto di stalagmiti.
"Perché sono tutti così enigmatici?" do voce ai miei pensieri, poi una strana nebbiolina grigia scatta verso di me, attraversandomi il petto, ed io affondo nelle sabbie mobili.
Apro gli occhi di colpo, e la prima cosa che vedo è, per fortuna, un soffitto senza stalagmiti. Ci metto qualche minuto per abituarmi alla luce bianca che filtra dalla finestra, il risveglio per me è sempre traumatico, soprattutto quando vengo inghiottito dalla terra in un incubo.
Mi siedo sul comodo materasso, passando alla fase due della mia routine mattutina, ovvero sbadigliare rumorosamente per poi rituffarmi con la testa sul cuscino. Ma la voce di Talìa che urla mi fa scattare in piedi, e come un fulmine esco dalla stanza, spuntando su un corridoio.
La porta davanti a me si apre nello stesso momento, rivelando Abel in canottiera e pantaloncini del pigiama, e mi rendo conto che anch'io sono vestito come lui, solo che c'è un piccolo particolare... non ricordo di essermelo mai messo.
«Cos'è stato?» mi chiede Abel, e sentiamo altre urla provenire dalla stanza a fianco alla mia. Senza dire nulla, io e il Corvonero ci fiondiamo sulla porta, buttandola quasi giù, ritrovandoci davanti ad una scena parecchio inaspettata, e alquanto spaventosa.
Talìa continua ad urlare e dimenarsi nel sonno, urlando il nome di Leo, mentre calde lacrime scendono come cascate dalle sue guance. Poi dice un nome, che sembra smuovermi qualcosa dentro.
«Lily...» singhiozza Talìa «No!» urla ancora, e il ciondolo che porta al collo si solleva, cominciando a vibrare, emettendo un forte bagliore, i cui riflessi vanno a formare una sorta di aurora boreale all'interno della stanza.
«Talìa, svegliati!» Abel le si avvicina, mentre io sono ancora scosso per i battiti che il mio cuore ha perso quando ho sentito quel nome. Chi è... Lily? Perché ho questa strana sensazione, che mi attanaglia da sette mesi a questa parte, di aver perso un pezzo di me?
Non appena Abel allunga una mano verso Talìa, il corpo di lei si solleva dal letto, fluttuando in aria, esplodendo in una vampata e scaraventando Abel contro il muro vicino alla porta, sul quale si forma una profonda crepa.
Diamine, adesso dobbiamo anche pagare i danni, e Fustacchius ci ha fregato tutte le dracme!
Guardo Talìa, leggermente in panico, perché vorrei aiutarla ma allo stesso tempo non voglio fare la stessa fine di Abel, cioè quella di un'omelette finita male. Così mi affretto a raggiungere il Corvonero, che ha una mano premuta sulla nuca, ma non appena lo tocco, lui mi allontana immediatamente, alzando lo sguardo verso Talìa. Ma quelli non sono gli occhioni blu di Abel.
Le sue iridi sono decisamente più chiare, quasi vitree, e i suoi capelli sono scossi da un forte vento. Ma la finestra della stanza è chiusa. Anche il suo viso sembra diverso, più duro, i lineamenti più affilati e uno sguardo da pluriomicida sulla faccia. Vorrei dire qualcosa per smorzare la tensione, ma sono senza parole.
«Basta...» dice Abel, la voce tagliente come il vento in una giornata gelida «Ho detto basta!» esclama, spingendo le braccia davanti a sé, come se stesse scaraventando qualcosa, e con il suo movimento, il vento che lo avvolgeva investe Talìa. Le fiamme si spengono, e lei cade inerme sul letto sotto di lei.
Mi affretto a raggiungerla, per assicurarmi che sia viva, e per fortuna respira. Afferro la tela di Penelope ripiegata accuratamente sul comodino, accanto al suo letto, e glie la avvolgo attorno al collo, facendole fare anche un giro sul capo, e il suo respiro inizia a regolarizzarsi.
Poi mi volto a guardare Abel, con un'espressione sconvolta in viso, mentre il suo volto torna pian piano normale, gli occhi di nuovo di un blu profondo.
«Cos'è successo?» mi chiede, ed io alzo un sopracciglio. Mi prende per il culo?
«Dovrei chiederlo io a te!» quasi gli urlo contro e lui aggrotta la fronte.
«Non so di cosa stai parlando!» mi risponde, raggiungendomi e osservando Talìa. Io sono più che scioccato.
«Tu hai... sei letteralmente... l'hai spenta!» indico ad intermittenza lui e la mia amica semi svenuta nel letto, che lentamente inizia ad acquisire conoscenza.
«Cosa...» mugugna Talìa, cercando forse di chiedere che cosa è accaduto. Ora, io ho uno spiccato senso dell'umorismo, un ego molto alto ed un pungente sarcasmo. Ma di sicuro non ho fantasia, e non ho potuto nel modo più lontano immaginare ciò che ho appena visto.
Scatto in piedi, allontanandomi di qualche passo da Talìa e da Abel seduto accanto a lei, scrutandoli attentamente. «Tu sei andata a fuoco.» indico Talìa.
«E non è una novità.» mi risponde lei.
«Ma quando lo hai scaraventato contro quel muro, lui è riuscito a spegnerti!» esclamo, indicando la crepa «E questa sì che è una novità!»
«Ti ho scaraventato contro un muro?» domanda Talìa ad Abel, dispiaciuta.
«Sì, ma non importa.» gli sorride lui, gentile come sempre.
«Ma... ma lui ha evocato una raffica di vento, e...» decido di rinunciarci «Merlino, lasciamo perdere, forse mi hanno drogato.» rilasso le spalle, tirando un sospiro.
«Perché stavi urlando?» le chiede Abel «Ti abbiamo sentito.»
«Sì, hai detto dei nomi.» mi avvicino anche io «Leo, e... Lily.» la guardo attentamente, e lo spettro di un ricordo attraversa le sue iridi cambia colore. Talìa sembra come terrorizzata dalle mie parole.
«Io... io non s-so di cosa tu stia parlando.» deglutisce a fondo, e distolgo lo sguardo da lei, cercando di non urlarle contro. Conosco Talìa, lei non mentirebbe mai se non ce ne fosse davvero bisogno. Ma per quale motivo mentire a me, che sono come suo fratello?
«Non importa.» sbuffo, lasciandomi sprofondare nella poltrona accanto al suo letto, incrociando le braccia al petto e osservando il muro color arancio. Appeso noto un grande quadro raffigurante un uomo forzuto e abbronzato che allaga delle stalle colme di... cacca. Che strani gusti i collezionisti di oggi.
«Ho una brutta notizia.» annuncia Talìa, e smetto di fissare l'inondazione di cacca dipinta nel quadro, portando la mia attenzione sulla Grifondoro, che si siede sul materasso, le coperte calde ancora adagiate sulle gambe.
«Dovremmo avere paura?» chiede Abel, alzando un sopracciglio.
«Beh, sì, visto che teoricamente stiamo andando verso la nostra morte.» dice Talìa.
«Pensavo lo sapessimo già.» esprimo la mia opinione, constatando che abbiamo rischiato di morire una decina di volte in meno di quarantotto ore.
«Spiegati meglio.» la incita Abel.
«Nico ha manipolato i miei sogni per avvertirmi. Secondo Annabeth mancano altri tre semidei, due ragazzi e una ragazza, per far sì che Clori possa compiere il sacrificio. Considerando che Harley e le tue sorelle, Abel, sono andati a cercare gli altri, probabilmente Clori ha catturato anche loro tre.» dice Talìa, Abel cerca di restare calmo, ma continua a rigirarsi l'anello che porta al dito. Spero che non lo faccia trasformare nella sua spada, perché potrebbe infilzare Talìa.
«Nico mi ha detto che se riuscissimo a trovare Clori, se andassimo a salvare Leo e gli altri... Clori potrebbe imprigionare anche noi e gettarci nell'Ade, facendo risorgere la sua famiglia.» conclude Talìa, con un tono piuttosto macabro.
Abel annuisce, alzandosi dal letto e avvicinandosi alla finestra, cominciando ad osservare fuori, con dipinta in volto un'espressione concentrata. Dà la sensazione che se solo provassimo a fiatare, distraendolo, ci incenerirebbe. Decido di rischiare.
«Quindi squadra, che si fa?» smorzo il silenzio, e Talìa alterna lo sguardo tra me e Abel, ancora intento a fissare l'orizzonte.
«Andiamo, ovviamente!» esclama lei.
«Andiamo a farci ammazzare.» pronuncio solennemente «Mi piace.»
«Potete pensare per almeno un secondo?!» esclama Abel, regalandoci un'occhiataccia.
«Allora dicci cosa vorresti fare tu!» gli dice Talìa, e Abel inizia a camminare avanti e indietro per la stanza.
«Ci sto pensando.» mormora, e smetto di seguirlo con lo sguardo quando comincia a farmi male la testa. Merlino, è peggio di una trottola.
«Se restiamo qui, è probabile che Clori catturi altri semidei al nostro posto, ma non possiamo permettere che altri mezzosangue rischino la vita. Se andiamo, saremo noi a rischiare di morire, ma almeno conosciamo il pericolo. Abbiamo delle visioni, sappiamo più o meno dove si trova Leo, che sembra alimentare il tutto, Talìa ha già affrontato Clori una volta...» Abel lancia uno sguardo alla Grifondoro.
«Quando l'hai affrontata?» le chiedo, e lei mi guarda per un secondo, poi distoglie i suoi occhi da me.
«Tempo fa...» deglutisce, restando sul vago. Oh, giusto. Avevo quasi dimenticato che sta giocando con Albus a Vince chi dice più bugie a James!
«Allora, si va?» evito di insistere con Talìa, alzandomi dalla comoda poltrona.
«Si.» dice Abel «Siete d'accordo?»
«Certo.» annuisce Talìa, Abel guarda me.
«Non ho niente da perdere.» scrollo le spalle, sorridendo.
Dopo essere tornato nella mia stanza per mettermi qualcosa addosso, visto che indossavo solo una canottiera e dei pantaloncini di pigiama con su decorate delle strane mucche rosse, afferro lo zaino poggiato sul comodino accanto al mio letto, vicino ad una foto incorniciata.
La prendo fra le mani, osservando la stessa immagine che era dipinta nel quadro in camera di Talìa, ovvero delle stalle allagate che trasportano chili e chili di cacca. Perché una cosa talmente disgustosa dovrebbe essere importante?
Qualcuno bussa allo stipite della mia porta, e infilo la foto nel mio zaino, assieme al mio mantello, la bacchetta, e una mela d'oro rubata dal giardino delle Esperidi, alzando poi lo sguardo verso Abel che mi fa cenno di sbrigarmi. Prendo in spalla il mio arco e raggiungo lui e Talìa. Percorriamo i corridoi dell'abitazione, e a giudicare dalle decorazioni sembra un ranch per cowboy.
Diversi cappelli da western sono appesi alle pareti, assieme a fucili e pelli di mucche, con la particolarità che i suddetti manti sono di un bizzarro color ciliegia. Probabilmente avranno scuoiato diverse mucche per poi colorare le loro pellicce. Che cosa terribile.
«Dove siamo?» chiede Talìa, con la sua magnifica spada che ciondola all'altezza della vita, sfiorandole i fianchi, attaccata alla cintura dei suoi jeans. Dovrebbe trovare una fodera, se non vorrà infilzare qualcuno prima o poi. Anche Abel ha una spada, ma lui è piuttosto prudente, e la tiene sempre al dito, trasformata in un anello d'argento con su incise due ali nere.
«Sembra un ranch di campagna.» le risponde Abel, ispezionando l'ambiente circostante, osservando anche fuori dalle numerose finestre che affacciano su praterie sconfinate.
Scendiamo le scale, che ci conducono ad una stanza molto illuminata, le pareti sempre in travi di legno, come quelle dei corridoi, alle quali sono appesi numerose medaglie, cappelli western e diverse teste di animali, quali tori, cervi, aquile. se non fosse così luminoso sarebbe un ambiente parecchio inquietante.
Facciamo qualche passo avanti, osservandoci bene intorno, e quando guardo sulla destra per poco non svengo. Dietro un grande bancone di mogano degli uomini... cioè, un uomo, cioè, un uomo gigantesco che sembra avere tre corpi, i due laterali uniti a quello centrale, ci osserva sorridendo con la sua faccia arrossata e solcata da profonde rughe.
«Benvenuti al ranch Tre G!» esclama, allargando le braccia. Mi prendo qualche minuto in più per osservarlo e cercare di capire l'anatomia del suo corpo, impresa assai ardua, visto che sono più che l'atro distratto dalle tre camicie diverse che indossa su ogni busto.
La camicia del busto destro ha una fantasia hawaiana, quella del busto sinistro leopardata, invece quella del busto al centro, che non riesco a spiegarmi come se la sia infilata, è bianca con su disegnati tanti piccoli fenicotteri rosa. È spaventoso.
«Emh, salve.» azzarda Abel, guardandolo nervoso.
«Belle camicie.» come al solito, do voce ai miei pensieri senza rendermene conto.
«Prego?» fa il gigante, inarcando un sopracciglio covino.
«Voleva dire che ha degli ottimi gusti in fatto di abbigliamento!» Talìa gli sorride nervosamente, pizzicandomi un fianco.
«Ahi! Ma che ho detto?!» sussurro. Abel mi regala un'occhiataccia.
«Signore, grazie mille per l'ospitalità, anche se non sappiamo come abbiamo fatto ad arrivare qui... a proposito, dove ci troviamo?» chiede.
«La principessa Arianna vi ha portati nel luogo più sicura nei paraggi, avevate bisogno di riposo, visto che presto dovrò consegna...» Gerione si interrompe con un colpo di tosse. «Scusate, l'influenza.»
Io, Talìa e Abel ci scambiamo uno sguardo.
«Sigor...» lo incinto con uno sguardo a dirmi il suo nome.
«Gerione.»
«Signor Gerione, lei è stato molto gentile ad offrirci la sua apprezzata ospitalità, ma abbiamo molto da fare, quindi dobbiamo proprio andare...» gli dico, calmo e pacato.
«Ma certo, avete molte cose da fare, la prima è visitare il mio ranch!» esclama Gerione, uscendo da dietro il bancone e avvicinandosi con i suoi grossi piedi a noi tre, facendo tremare le teste di animali appese ai muri.
«In realtà andiamo parecchio di fretta...» insiste Abel, ma deglutisce quando Gerione gli poggia una mano, grande quanto la faccia del Corvonero, sulla spalla, spingendolo in avanti.
«Forza, ragazzi! Non vorrete farmi arrabbiare!» dice, con un tono che non lascia trasparire niente di buono, come se fosse pronto a torturarci da un momento all'altro in modi parecchio brutali. Così ci conduce fuori dalla hall.
Io e i miei amici rimaniamo piuttosto scioccati quando Gerione si ferma davanti ad una specie di trenino, simile a quelli dello zoo, che ti portano a spasso nei recinti delle scimmie. Un trenino piuttosto particolare, visto che è dipinto di rosso con delle macchie bianche, come il manto delle mucche disegnate sul mio pigiama.
Gerione prende il comando, sul vagone principale, mentre noi tre ci accomodiamo a diversi vagoni di distanza. Talìa sembra stia per esplodere, come se volesse dirci qualcosa ma dovesse trattenersi, la tela di Penelope posata sul suo capo a mo' di foulard, come glie l'ho aggiustata questa mattina. Il treno-mucca parte.
«Il mio ranch è una famosa azienda, dove allevo vacche, cavalli, ma anche numerose razze esotiche!» Gerione inizia a descriverci il suo interessantissimo ranch, e Talìa, coperta dalla sua voce, finalmente si libera.
«Io so chi è lui!» dice, forse a voce un po' troppo alta, visto che Gerione si volta verso di noi.
«Avete domande?» ci chiede, con l'espressione tipica di qualcuno che non ammette un no come risposta.
«Emh... quelle!» esclama Abel, indicando una collina vicina, dove pascolano delle mucche.
«Sono le mucche del mio pigiama!» esclamo, guardando Gerione.
«Esatto, stupido mortale. Quelle sono le vacche sacre di Apollo, non immaginate quanto è alta la domanda per i loro hamburger!» dice soddisfatto.
«Ma come, ci fa gli hamburger?!» Abel lo guarda indignato, mentre io osservo le mucche dal manto rosso macchiato di bianco brucare l'erba verde del loro pascolo.
«Certo che sì, hanno un sapore divino!» esclama Gerione.
«Ma sono sacre!» esclama Talìa, con gli occhi fuori dalle orbite «Apollo potrebbe incenerirla se lo venisse a sapere!»
«Apollo è troppo impegnato a lucidare la sua Maserati, Mezzosangue.» risponde Gerione «Da quella parte invece abbiamo...»
Talìa ne approfitta per esporci le due divine conoscenze, afferra me e Abel, avvicinandoci a lei, facendo quasi scontrare le nostre teste.
«Lui è Gerione, e non è un caso che faccia rima con imbroglione!» esclama, e mi chiedo se quello di parlare in rima sia un dono di sua madre Calliope, ricordando il dissing alle Pieridi, giorni fa.
«Anche Percy si è imbattuto in lui, qualche anno fa.» interviene Abel, e uno spettro del passato attraversa i suoi occhi profondi «Fu l'anno in cui i mostri attaccarono il campo, uscendo dal Labirinto, e uccidendo molti semidei.»
«Tu c'eri?» gli chiedo, con il tono più calmo e delicato possibile. Talìa lo guarda con gli occhi colmi di dispiacere, come se anche potesse vedere quello che successe anni fa ai semidei.
Abel resta immobile per qualche secondo, fissando un punto nel vuoto. «Sì, c'ero.» dice semplicemente, ma sembra che voglia aggiungere altro.
«Quel giorno, alla fine della battaglia, sono stato riconosciuto da mia madre.» continua, e posso sentire lo sforzo immane che fa nel parlarne.
«Abel, non c'è bisogno che...» Talìa fa per poggiargli una mano sulla gamba, ma lui la allontana, forse temendo che possa vedere nuovamente i suoi ricordi.
«No, siamo amici, la nostra sopravvivenza dipende da ognuno di noi. Non devono esserci segreti.» lancia uno sguardo a Talìa, che distoglie gli occhi, rattristendosi.
«Le ali della vittoria sono apparse sulla mia testa, proprio qui.» indica il punto in questione «Ero l'unico ancora in piedi in mezzo a feriti, e cadaveri.»
Percepisco la sua angoscia, e mi viene voglia di abbracciarlo e trasportare assieme a lui quel peso, perché è questo che fanno gli amici, no?
«Qualcuno urlò Abbiamo vinto!» continua, e gli occhi blu, prima impassibili, iniziano a farsi lucidi, così abbassa le palpebre «Ma io in quella battaglia ho solo perso tanti amici, e anche la persona più importante della mi vita.» riapre gli occhi, rivolgendo il viso verso il cielo, osservando le nuvole che scorrono veloci sopra di noi. Poi sorride.
«Ma è la vita degli eroi.» guarda prima me, e poi Talìa «Morire per una giusta causa...» le dice, alzando le sopracciglia, e colgo un significato nascosto. Talìa gli sorride, gli occhi color verde bosco che luccicano.
«È bello il modo in cui parli della tua persona.» gli sorrido, dandogli una pacca sulla spalla «Era sicuramente molto fortunata.»
Abel abbassa lo sguardo, arrossendo leggermente.
Le cose terribili accadono a tutti, ma non puoi comprendere gli altri a pieno se non è accaduto qualcosa di terribile anche a te. Ma per qualche strana ragione, riesco a immedesimarmi nel dolore di Abel, come se in un'altra vita anche io avessi perso qualcosa, qualcuno. Ma forse è solo la mia immaginazione, visto che non ho mai vissuto una cosa così. E anche se l'avessi vissuta, non sono sicuro che sarei riuscito a superarla, come Abel.
«Lì invece abbiamo le stalle dei miei splendidi cavalli carnivori!» esclama Gerione, e assieme alla sua voce arriva anche una forte ondata di odore di...
«Che puzza!» esclama Talìa con voce nasale, chiudendosi le narici fra l'indice e il pollice.
«Beh, sì, è un po' difficile pulire le stalle.» dice Gerione.
«Perché? Ne avrebbero bisogno.» dico, sventolando una mano davanti al mio povero naso.
«I cavalli non sono miei, ma di Augia, che li ha affidati a me, quindi mi occupo di farli mangiare, bere e pascolare. Ma la pulizia non era inclusa nel contratto.»
«Ma quei poveri animali non possono vivere in queste condizioni!» esclama Abel, indignato. Beh, in effetti i cavalli non sono bravi a nuotare, soprattutto in un mare di cacca.
«Mi stai infastidendo, ragazzino.» brontola Gerione «Io lavoro e per questo mi pagano bene, non m'importa del fetore.»
«Per chi lavora?» gli chiedo, curioso, continuando a sventolarmi la mano davanti, e non smetto nemmeno quando inizio a sentire il polso dolorante.
«Per chiunque mi paghi profumatamente.» sorride Gerione, fermando il treno-mucca. Inizio ad avvertire una strana sensazione.
«E adesso... lei lavora per qualcuno in particole?» gli chiedo, e un sorrisetto da tipico cattivo dei cartoni animati inizia a nascere sul suo viso, increspandogli i baffetti neri.
«Eccome!» esclama, poi preme un pulsante accanto ai comandi del trenino, ed io vengo catapultato fuori dal vagone. Atterro con il sedere sull'erba, lamentandomi sonoramente, e il mio arco scivola giù dalla mia spalla.
Quando alzo lo sguardo per dirne quattro a Gerione, vedo i miei amici intrappolati sul vagoncino da diverse cinture di sicurezza aggrovigliate attorno ai loro corpi, anche le loro bocche sono imbavagliate.
«Hey, lasciali andare!» esclamo, puntandogli la bacchetta contro.
«Non ci provare, marmocchio.» sbuffa Gerione, scendendo dal vagoncino e annusando l'aria all'aroma di Caca Chanel n 5.
«Cosa vuole fargli?!» gli chiedo, facendo diversi passi verso di lui, senza abbassare la bacchetta.
«Ho un affare con una ninfa, ha bisogno di altri tre semidei per non so cosa, ma mi pagherà profumatamente. Mi ha già dato un acconto, quindi devo portare a termine l'affare. Ieri glie ne ho spediti altri tre, due ragazzine e un marmocchio della stessa età. Più sono giovani, meglio è!» dice tutto sorridente.
Qualcosa mi dice che quei ragazzini sono Harley, Holly e Laurel, le sorelline di Abel, che inizia a dimenarsi come un pazzo, cercando di urlare, e vorrei tanto sentire gli insulti che gli sta dicendo.
«Peccato che tu sia solo un mortale, altrimenti avrei potuto concludere l'affare oggi stesso, invece dovrò aspettare un altro Mezzosangue.» sbuffa guardandosi le unghie. «Beh, ti consiglio di andare. Se cercherai di intralciarmi ti farò a pezzettini e i miei cavalli mangeranno spezzatino di umano.»
Forse Gerione non riesce a fiutare il mio odore da semidio perché molto flebile, data la lontanissima discendenza, e anche mascherato dalla mia magia. Per una volta sono fortunato.
Deglutisco, e osservo Talìa e Abel disperati, ma ogni volta che si dimenano, le cinture li stringono ancora di più. Devo liberarli a tutti i costi, ma come?!
Di certo non posso attaccare il gigante, lo farei se non ci fossero i miei amici in ballo, anche a costo di ferirmi. Ma sono sicuro che farebbe a fettine me e manderebbe alla ghigliottina loro. Non posso neanche cercare di prendere tempo, perché non penso proprio che riescano a liberarsi da soli, visto che stanno per soffocare. Poi mi viene un lampo di genio.
«Per quanto denaro ti abbia offerto questa ninfa, io ho qualcosa di più prezioso!» esclamo, aprendo la zip del mio zaino.
«Ma non farmi ridere!» dice, ma rimane a bocca aperta quando gli mostro la mela d'oro.
«Questa è una mela proveniente direttamente dal giardino delle Esperidi.» gli dico, e la mela inizia a brillare nella mia mano, alla luce dei raggi del sole che riflettono sulla sua superficie regale «Vale più di ogni altra cosa.»
«Quella mela... ti da l'immortalità.» dice Gerione, avvicinandosi a me «Mmh, ma non è abbastanza.» distoglie lo sguardo.
Mi mordo l'interno della guancia, pensando a come fregarlo in qualche altro modo, e cercando più a fondo nello zaino trovo la foto che ho preso dalla mia stanza, quella che rappresenta le stalle allagate.
«Pulirò le tue stalle!» esclamo, senza pensarci due volte. Mossa sbagliata, James. Dice la mia coscienza.
Gerione sorride malignamente. «Bene, ma hai tempo fino a Mezzogiorno.» sorride, indicando il Sole con un dito «Appena sarà alto in cielo, io spedirò i tuoi amichetti a Clori, e mi prenderò anche la tua mela. Accetti?»
«Se riuscirò a pulire le stalle entro Mezzogiorno, lascerai andare me e i miei amici. Se queste sono le condizioni, accetto.» mando giù il nodo alla gola, osservando lo sguardo impaurito di Talìa, come se volesse darmi un avvertimento, dirmi qualcosa di estrema importanza...
«Buona fortuna!» Gerione ride malvagiamente, rimettendo in moto il treno-mucca, e lasciandomi lì, davanti quelle stalle puzzolenti abitate da cavalli carnivori.
Per un secondo mi passa per la mente l'idea di tornare indietro, non tanto per il tanfo che aumenta man mano che mi avvicino ai cavalli, ma per la vista dei loro denti. Poi mi ricordo che i miei amici potrebbero morire.
Entro nel recinto dei cavalli con la maglietta premuta sul naso, per non rischiare un'asfissia, e un cavallo mi mostra i denti.
«Wow, emh... coniglio?» gli chiedo, ricevendo come risposta un nitrito arrabbiato.
«Hey bello, voglio solo pulire le vostre stalle. Non toccherò il vostro cibo. Voi non mangiate gli umani, vero?» un altro cavallo mi si avvicina, nitrendo ancora più arrabbiato.
«Guardate che noi umani abbiamo un pessimo sapore!» esclamo, alzando entrambe le mani, e i cavalli inclinano la testa «Dico davvero, per non parlare di quando non ci laviamo. Sapete, non mi faccio una doccia da diversi giorni.» continuo.
Poi mi rendo conto che loro vivono praticamente nella cacca, quindi forse mi trovano ancora più appetitoso da puzzolente. «Le verdure sono meglio, eh!» esclamo, facendo un salto indietro quando un cavallo cerca di mordermi, e pesto un po' di cacca.
«La frutta ancora di più, volete una mela?» gli mostro la Mela d'oro, e i cavalli mi guardano come a dire Ci prendi per gli equini fondelli?!Trasfiguro la mela d'oro in una bella bistecca, e gli occhi dei cavalli iniziano a luccicare.
«Forza belli, vediamo chi la prende prima!» esclamo, e lancio la bistecca a mo' di frisbee fuori dalla stalla. Tutti i cavalli la rincorrono, ammassandosi gli uni agli altri. Incocco subito dopo una freccia, prendendo bene la mira, e poi la scocco, infilzando la bistecca contro il tronco di un albero poco lontano. Spero che non riescano a prenderla, quella mela è preziosa.
Osservo la foto che ho preso dalla stanza del ranch, e noto come l'acqua sembri letteralmente inondare le stalle, trasportando fuori tutto lo sterco. Non basta un semplice Aguamenti, ci vuole l'incantesimo potenziato, che purtroppo non mi è mai riuscito bene.
«Aqua Eructo!» pronuncio la formula, ma esce fuori uno zampillo un po' più potente di un semplice Aguamenti, ma non abbastanza per spazzare via tutto quel letame. Mi demoralizzo, e il getto smette di sgorgare dall'estremità della mia bacchetta.
«Maledizione!» esclamo, pensando ad una soluzione. Cerco di ricordare bene la lezione che il professore mi fece al quarto anno su questo particolare incantesimo. C'era uno specifico movimento della mano, come se la bacchetta dovesse disegnare un'onda.
Ricordo che solo una volta riuscii a lanciare questo incantesimo perfettamente. Ero a casa e ricordo che c'era qualcuno con me, ma non riesco a focalizzare la sua figura. Mamma e papà avevano accompagnato Albus al San Mungo dopo che aveva avuto la varicella, contagiato da un bambino babbano, e mi avevano chiesto di badare a qualcuno.
È successo tre anni fa, avevo quindici anni, e quel giorno qualcosa andò storto in cucina. In poche parole, ho incendiato la casa.
Ricordo perfettamente che è successo, ma non ricordo come è perché. E ho questa scena in testa, come un flash, di una bambina dai capelli rossi stretta fra le mie braccia, rannicchiati insieme in un angolo, le sue manine che stringono il tessuto della mia maglia, terrorizzata, le lacrime che scendono giù dal suo viso.
«Ho paura James...» i suoi singhiozzi risuonano nella mia mente.
«Non devi avere paura, ti proteggerò!» e poi ho lanciato l'incantesimo.
«Aqua Eructo!» esclamo, compiendo il giusto movimento con la bacchetta, e un getto di acqua ad alta pressione inonda le stalle, spazzando via tutto quel letame. Sorrido soddisfatto, e cerco di scavare più a fondo nei miei ricordi, ma niente da fare. Sembra che tutto sia avvolto da una fitta nube grigia.
Corro fuori dalle stalle, facendomi largo tra i cavalli imbizzarriti, spaventati dall'inondazione, e dopo aver lanciato un Evanesco sulla freccia, questa scompare, lasciando che la bistecca cada flaccida sulle mie mani.
I cavalli si calmano non appena sentono quel suono di carne fresca, e mi guardano famelici. Trasfiguro nuovamente la bistecca nell'originale mela d'oro. I cavalli iniziano a nitrire minacciosamente.
«Scusate cavallini!» esclamo, poi scompaio dalla loro vista coprendomi con il mio Mantello dell'invisibilità. Scavalco il recinto, mentre il sole batte sul prato, alto nel cielo, ed io corro a più non posso verso lo chalet di Gerione.
Quando arrivo, spalancando la porta, noto che Gerione sta impacchettando i miei amici. Impacchettando nel senso che li sta letteralmente chiudendo in un pacco, con tanto di imballaggio e francobolli.
«Hey, gigante! Ho lavato le tue stalle, adesso annulla l'ordine!» esclamo con il fiatone, indicando i miei amici.
«Uh, e come ci sei riuscito?» mi chiede, alzando le sopracciglia.
«Un trucco segreto.» decido di non rivelare la mia identità di mago, temendo che possa catturare anche me, e non credo sarei tanto utile imballato in una scatola di cartone.
«Adesso, libera i miei amici.» gli ordino, assottigliando gli occhi.
«Ah, giusto... in realtà ho cambiato idea, ragazzo. Il fatto è che se li libero, la ninfa non mi pagherà.»
«Avevamo un accordo!» ringhio, puntandogli contro la bacchetta.
«Erano solo futili parole. Adesso, sparisci.» mi lancia un'occhiataccia.
Sento il sangue ribollire nelle vene, ho veramente pochissima tolleranza per gli imbroglioni, soprattutto quando questi vogliono spedire i miei amici incontro a morte certa.
«L'hai voluto tu, Tre Camicie.» mi posiziono per schiantarlo, e lui resta immobile a guardarmi, non conoscendo la mia vera natura è piuttosto tranquillo. Ci vuole qualcosa di potente per metterlo KO, uno Stupeficium non è abbastanza. Userò una Maledizione che ho imparato dalla migliore insegnante che ci sia, ovvero mia madre. È una sua specialità.
«REDUCTO!» urlo, bombardando Gerione in pieno petto. La forza dell'incantesimo lo scaraventa dall'altra parte del muro, che crolla in mille pezzi, e lui viene sepolto sotto le macerie.
Mi affretto a liberare i miei amici, tagliando strati e strati di scotch da imballaggio con la punta di una delle mie frecce, e non appena li tiro fuori da quel pacco Amazon entrambi sfoderano le loro spade, Talìa fende l'aria con la lama d'oro di Tornado, Abel trasforma il suo anello in una spada ricurva di bronzo celeste.
«Cosa hai fatto alle mie sorelle, brutto figlio di...» Abel si ferma appena in tempo, visto che Gerione si rialza, scaraventando macerie contro di noi.
«Stupidi marmocchi!» ulula, rivolgendo le mani strette a pugno verso il soffitto.
«Ragazzi, è l'ora di svignarsela!» propongo.
«Voglio ucciderlo.» ringhia Abel, pronto ad attaccarlo.
«Eh no piccolo angelo della morte, noi ce la svigniamo!» lo prendo dal collo della maglietta, tirandolo verso di me «Talìa!» la chiamo, ma spalanco gli occhi quando vedo che sta evocando delle palle di lava nelle sue mani.
«Noi libereremo tutti quei poveri animali!» dice con una voce profonda, disumana, e i suoi capelli neri iniziano a fluttuare nell'aria, mandando degli strani bagliori rossi.
«La natura soffre a causa di mostri come te!» dice Abel, con lo stesso tono di voce che aveva questa mattina, quando ha spento Talìa. Si libera dalla mia stretta e un forte vento si alza, quasi sollevandomi da terra.
Abel avanza, affiancandosi alla Grifondoro, e rivolge le mani verso l'altro. Talìa si volta verso di me, i suoi occhi sono dello stesso colore del fuoco vivo. «Fuori, mortale.» mi parla con quella voce disumana. Quei due non sono i miei amici, non sono neanche lontanamente Abel e Talìa!
Anche Abel si volta verso di me, gli occhi completamente bianchi, ma accecanti. Spinge una mano nella mia direzione, e vengo scaraventato fuori dalla porta da una raffica di vento, a diversi metri di distanza, atterrando duramente sul prato per la seconda volta nel giro di due ore.
«Questo è il grido della Natura che si ribella!» urla Talìa, e per quel poco che riesco a distinguere, vedo una vampata di fuoco aizzarsi davanti a loro. Abel fa un movimento circolare con le braccia, e la vampata va a fondersi con il vento, formando una spirale che avvolge Gerione, e presto le sue urla vengono soffocate, e lui ridotto in cenere.
Abel e Talìa escono dallo chalet, camminando fianco a fianco con lo stesso andamento pesante, come se fossero delle divinità. Poi Talìa incendia l'abitazione, e Abel manda un vendo distruttore ad eliminare tutte le stalle e i recinti.
«Che cosa. Diavolo. Sta. Succedendo.» scandisco, guardandoli ad intermittenza.
«Un nemico della Natura è stato eliminato.» dice Abel, con la voce che non è per niente di Abel.
«Ma è morto, morto? I mostri non si ricreano, come il Minotauro?» gli chiedo.
«Eliminato. I nemici della Natura vengono eliminati. Niente Tartaro. Niente reincarnazione. Morti, morti.» la voce esce dalle labbra di Talìa bassa e inquietante.
«Okay. Emh, con chi parlo?» chiedo «No, perché somigliate ai miei amici, ma diciamo che... li sento un po' assenti.»
«Non riveliamo la nostra identità ai mortali.» dice la voce, che parla attraverso Talìa.
«Va bene. Ma adesso fate tornare i miei amici?» domando «Per favore.»
«Non interferire con il nostro compito, se ci tieni alla vita.» mi dice Abel, poi si porta una mano alla testa, e lamentandosi si accascia a terra. Talìa cade accanto a lui. Io sono più che scioccato. Non ci capisco più niente.
Decido di prendere un profondo respiro, per fortuna adesso l'aria non puzza più di cacca, anche se i resti del Ranch Tre G continuano a bruciare e c'è un forte odore di fumo. Dopo aver raccolto tutto il mio autocontrollo raggiungo Abel e Talìa, aiutandoli a rialzarsi.
Mi inginocchio accanto a Talìa, prendendola fra le mie braccia visto che è svenuta, e dopo essermi assicurato che Abel è in grado di camminare, gli chiedo di prendere del nettare.
«Bevine un po'.» gli dico, e lui mi ascolta, mandandone giù qualche goccia. Me lo passa, e lascio caderne qualche goccia sulle labbra rosse di Talìa, che lentamente riprende conoscenza.
«Cos'è successo?» chiede Abel, il vero Abel, osservando il caos che ci circonda. Il Ranch completamente distrutto, cavalli con la testa di galline che corrono per i pascoli, vacche rosse che pascolano allegramente finalmente libere, e cavalli carnivori che sono indecisi tra cosa mangiare prima, se pollame o bovini.
«Niente di che, una cosa da tutti i giorni.» scherzo, spostando un ciuffo di capelli dalla fronte abbronzata di Talìa, che ha ormai aperto gli occhi, di nuovo verdi per la gioia della poca sanità mentale che mi rimane.
«James, perché è tutto distrutto?» mi chiede Talìa «Sei stato tu?» E qui i miei nervi cedono.
«No, ragazzi, per la barba di Silente!» esclamo, facendo sedere Talìa sull'erba e alzandomi in piedi, cominciando a camminare avanti e indietro «Voi due, da quando siete insieme, fate cose strane, davvero spaventose!»li indico, e loro si scambiano uno sguardo confuso.
«Ma quando è iniziato!? Ma certo! Quando tu hai toccato lui, e avete iniziato a brillare!» comincio a realizzare «Qualcosa deve essersi impossessato di voi, parlate con voci orripilanti sulla vendetta della natura, avete creato una specie di... tornado infuocato, e avete fatto Gerione allo spiedo! Tu!» indico Abel «Mi hai scaraventato fuori con una raffica di vento!»
«Con un... incantesimo?» mi chiede, inclinando la testa, visibilmente confuso.
«Dei dell'Olimpo, no! Non era magia quella!» lo guardo con gli occhi spalancati «E i vostri occhi, Merlino, i vostri occhi brillavano di una luce... malvagia! Spaventosa! Siete posseduti ragazzi, non so da cosa ma lo siete, dovete farvi controllare assolutamente, io sto perdendo tutta la sanità mentale, io...»
«James, calmati.» Talìa si alza, prendendomi le guance fra le mani, osservandomi negli occhi «Né Abel, né tantomeno io potremo mai farti del male.» mi dice, con la sua vera voce, dolce e tranquilla.
Poggio le mie mani sulle sue, chiudendo gli occhi, cercando di alleviare il caos che c'è nella mia mente, provando a togliermi dalla testa quella bambina dai capelli rossi che continua a tormentarmi da quando siamo partiti.
«E James, è proprio perché non voglio farti male che non ti sto dicendo la verità.» a quelle parole alzo le palpebre, e le mie iridi scure si riflettono nelle sue cambia colore. Una strana aura le illumina, ed è come se quel verde fosse percorso da una fiamma che brucia.
«Cosa...» cerco di parlare, ma i suoi occhi iniziano a riempirsi di lacrime, e poggia la sua fronte contro la mia clavicola.
«Io non voglio che tu provi quello che ho provato io. Neanche Albus. Io ti conosco, non lo sopporteresti.» inizia a singhiozzare, e la stringo fra le mie braccia, accarezzandole i capelli.
Provo una sensazione molto simile a quella provata con la bambina dai capelli rossi stretta fra le mie braccia, attorno alle fiamme, nel mio lontano ricordo.
«Tu puoi dirmi tutto...» le sussurro all'orecchio, ma lei scuote la testa, staccandosi da me e strofinandosi gli occhi con le mani «Tu sei come...» mi mordo le labbra, non riuscendo a pronunciare le ultime parole. Come la sorella che non ho mai avuto.
Talìa si allontana da me, e la guardo mentre scuote la testa e si strofina gli occhi come una bambina, con i dorsi delle mani stretti a pugno. Mi sorride dolcemente. «Tu avresti fatto lo stesso, Jamie. Forse mi odi, ma spero che quando arriverà il momento, capirai.»
«Io, odiarti?» le sorrido, alzando entrambe le sopracciglia «Che idiozia hanno appena udito le mie orecchie!» apro le braccia, rivolgendomi poi ad Abel.
«L'ho immaginato o l'ha detto davvero?» chiedo a lui, facendo finta di essere sconvolto, e Abel ride, alzando le spalle.
«Spero che tu lo abbia solo immaginato, perché è davvero una scemenza!» Abel regge il mio gioco, e mi volto di nuovo verso Talìa, vedendo che il suo viso sta tornando allegro, come sempre.
«Smettetela!» esclama, cominciando a ridere, e le circondo le spalle con un braccio, prendendo Abel sotto l'altro braccio, e insieme ci incamminiamo lontani dal Ranch Tre G, mentre gli racconto di come ho spazzato via tutta quella cacca di cavallo.
Metto da parte i fantasmi che si aggirano nella mia testa, perché quello che conta davvero è vedere una delle persone per me più importanti sorridere, ma soprattutto sapere che sono riuscito a salvare i miei amici.
Anche se, ribadisco, questi semidei mi faranno impazzire.
—Coso autrice.—
Forse mi sono fatta un po' desiderare, perdonatemi ma ho dato un esame di Matematica... e ho detto tutto.
Le cose iniziano a farsi interessanti, eh!
Chissà perché Abel e Talìa si comportano così...
Io lo so.
MUAHAHAHA.
Nel prossimo capitolo torneranno i nostri due Serpeverde preferiti, Al e Scorpius.💚
Spero che la storia vi stia piacendo, noi ci vediamo al più presto!🥰
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