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Capitolo Ventotto

Tre settimane dopo...

Camila riusciva ad attivarsi solo bevendo caffeina prima di svolgere qualsiasi altra attività, solo che in assenza di Shawn dimenticava più spesso la sua tazza di caffè, sopraggiungendo in officina con le palpebre ancora socchiuse. Dinah, però, aveva dovuto osservare le sue occhiaie solo qualche giorno per presentarsi il lunedì successivo con un bicchiere di caffè in più. Lentamente la cubana aveva integrato gli schemi del suo nuovo impiego e allo stesso modo i suoi nuovi colleghi avevano implementato i suoi.

Si era reso conto di cosa Juan intendesse quando parlava di "competitività". Ve ne era più fra i meccanici che i piloti, in alcuni momenti, ma Camila comprese che era anche giusto si respirasse un po' di sana competizione fra meccanici tanto giovani. Era sinonimo di ambizione. Dinah ed Ally, però, non nutrivano tale valvola, ritenendosi già realizzate e soddisfatte dei loro successi professionali. Dopo aver conosciuto Lauren, poi, si erano convinte che le loro illazioni fossero utopie senza senso, e avevano accantonato le teorie su Mike e Sirius, concentrandosi invece su domande molto più pericolose inerenti matrimoni e convivenze.

Le cose con Lauren andavano meglio adesso che prima. Non vedersi durante tutto il giorno accresceva la voglia di stringersi alla sera, e avevano anche più avventure con cui arricchire il contorno della cena. La corvina le raccontava delle prove, di cosa la sbadataggine di Vince avesse combinato, mentre Camila le descriveva come avevano approntato una nuova auto per una nuova gara, o di quanto Dinah pungolasse il cipiglio di Ally. Erano entrambe molto contente delle loro scelte.

«Dopo che questa storia sarà finita,» le aveva detto fra un boccone e l'altro Lauren, una sera, «potremmo fare un viaggio, andare da qualche parte per un po'. Potresti conoscere mia sorella e mio fratello, qualcosa del genere.» Si era stretta nelle spalle minimizzando l'intenzione di fondo, ma Camila sapeva che teneva gli occhi bassi per prepararsi ad un'eventuale risposta negativa.

«Mi piacerebbe, certo.» Aveva ribattuto con alpomb, assecondandola. «Anche mio padre sarebbe contento di conoscerti. Dice che sei il suo secondo pilota preferito della nazione.» Forse l'imbarazzo seguiva la forza di gravità, ma l'egoncetrismo le fece scattare il capo all'insù, ancoando i suoi occhi strabuzzati ai suoi.

«E il primo chi sarebbe?» Farfugliò. 

Camila arricciò le labbra in un sorriso vanaglorioso, senza abbisognare di altre spiegazioni.

«Ohh, certo,» annuì la corvina occultando un sorriso, «chi se non sua figlia.»

La cubana si alzò dalla sedia e si andò ad accomodare sulle gambe dell'altra, avvolgendo le braccia al suo collo per magnetizzare i suoi smeraldi anche se era già naturalmente calmitati verso di lei. «Sono anche il tuo pilota preferito.» Non suonava affatto come una domanda.

«Ah,» inarcò le sopracciglia l'altra, facendo attenzione a non imitarle con gli angoli della bocca. «Sei sicuramente il mio meccanico preferito.» Aveva rimbeccato, ottenendo un pugno sul braccio.

«Scherzi a parte. Come ti trovi con il nuovo lavoro?» Le aveva domandato mentre Camila era ancora comodamente acciambellata sul suo grembo.

«Bene, devo solo abituarmi, ecco tutto.» Aveva fatto una pausa, sospirando grevemente. «Mi dispiace non poter dir loro la verità riguardo tuo padre, ma è la cosa migliore. Si sono dimenticate di questa storia grazie a te, perciò non voglio creare ulteriori problemi.» Sapeva che i segreti non erano la base per un legame solido, ma non poteva dire loro la verità, anche se l'amicizia con le due ragazze diveniva sempre più forte, come la stretta delle braccia di Lauren attorno al suo bacino in quel momento.

«Un giorno, se vorrai, glielo diremo.» Le promise guardandola negli occhi, iniziando già a fantasticare sulla propria libertà ora che mancavano pochi mesi alla fine del supplizio. «Non ti assicuro che ne saranno felici, e probabilmente dovrai faticare per ottenere di nuovo la loro fiducia. Ma se confessare ti farà stare meglio, lo faremo, quando tutto questo sarà solo un brutto ricordo.» Cercava di essere una persona migliore per lei, una persona che non era mai riuscita ad essere nemmeno per sé stessa.

«Ci penseremo. Grazie per questo, davvero.» Camila le aveva depositato un bacio sulla punta del naso che si era approfondito molto velocemente in qualcosa di più.

                                           *****

Camila sbadigliò malgrado il bicchiere fumante che Dinah le aveva messo nelle mani. Il ticchettio dell'orologio scandiva l'abbassarsi delle sue palpebre, mentre il brusio circostante le permetteva di non serrarle mai del tutto.

«La tua ragazza ti fa fare le ore piccole, eh.» La gomitata di Dinah, invece, la svegliò del tutto, almeno momentaneamente.

«Le ore piccole di sicuro, ma non sono certa sia "la mia ragazza".» Ammise incespicando. Adesso i suoi occhi pendevano verso il basso non per il sonno.

Quelli delle altre due, invece, erano incollate a lei. «Alcune cose non hanno bisogno di essere definite per essere tali, Camila.» La incoraggiò Dinah, al che la cubana occhieggiò lo scenario sopra il suo naso.

«Tu e Lauren state sempre insieme, vi supportate e proteggete l'un l'altra, non uscite con altre persone... Insomma, mi pare abbastanza evidente che sia una relazione vera e propria.» Addusse Ally, congiungendo le labbra in un sorriso abbozzato e le mani con quelle di Camila.

«Si, ma...» Giocherellava con il bordo del bicchiere, ma non era la carta che voleva sbocconcellare, quanto le labbra che mordeva. «Non ci siamo mai dette... cose importanti.» Fece spola fra le due finché entrambe sollevarono il capo carpendo l'antifona.

«Non state insieme nemmeno da un anno, c'è bisogno di tempo per esternare determinate emozioni in totale sincerità. Così quando verranno dette saprai che sono totalmente sentite.» La rassicurò Ally, che sembrava però trarre insegnamento più da una razionalità materna che da un'esperienza conosciuta.

Gli occhi di Dinah, al contrario, manifestavano la volontà di esprimersi in base al suo vissuto. Fu su questi che Camila indugiò più a lungo. «Certi sentimenti, Mila, non hanno nemmeno bisogno di tante parole. Una persona ti ama molto di più mostrandolo che dicendotelo. E se non dice esattamente con quella frase ma con un'altra, l'amore è reale se mantiene le parole già dette.» Ingoiò più a fatica adesso che non doveva ingollare il caffè bensì qualcosa di molto più denso e cocente.

«L'amore è così inspiegabile. Fa paura. E a volte quella paura ti impedisce di viverlo come vorresti, e mi hai raccontato quanto Lauren tenga al controllo per la sua visibilità eccetera, e quanto tu tenga sotto controllo ciò che provi dopo la perdita di tua madre. Entrambe avete paura di farvi troppo male concretizzando ciò già provate, ma questo non lo rende meno onesto e nemmeno meno forte, per quanto tu voglia raccontarti che è così.» Scrollò le spalle, osservandola ora con sguardo velato. Una delle due mani di Ally si traslò su quella di Dinah, mentre l'altra rimase su quella di Camila.

Il dolore di Dinah, però, aveva la maschera della tranquillità e il volto del rimorso. La riconosceva quell'occhiata, l'aveva intravista più volte allo specchio dopo aver detto addio a sua madre. Adesso comprendeva cosa si occultava nell'elusività dell'amica, e anche le sue dita si intrecciarono allora a quelle di Dinah. «Merda...» Imprecò sforzandosi di sorridere, mentre artigliava un fazzoletto per asciugare le lacrime. «Non ne parlo spesso.» Si giustificò più con sé stessa che con le sue amiche. «Quello che ti ho detto, però, lo penso davvero. Questo non lo condiziona, lo conferma soltanto.» Le garantì, sperando che il suo monologo non venisse confuso per strazio emotivo.

«Dinah, io... Non so che dire. Mi dispiace tanto.» Aveva intuito dalla sua reazione che parlando dell'amore si fosse trafitta da sola, ma ancora non era certa che il suo dispiacere fosse indirizzato verso qualcosa più valido di sole ipotesi.

«No, non preoccuparti.» Scosse vigorosamente la testa, rincuorandola la con un sorriso. «Parlare di te e di Lauren mi ha ricordato di me e di Siope. Anche lui correva come Lauren. Amava le auto. E amava me. Anche se non me l'ha mai detto e io non ho potuto dirlo a lui, io so che ci siamo amati tantissimo. Proprio come te e Lauren. Rivedo noi quando vi guardo.» Annuì appassionata, sinceramente contenta che l'amica stesse vivendo ciò che lei aveva perso troppo presto.

«Dinah, non sai quanto mi dispiaccia.» Camila si sentiva in imbarazzo per non riuscire a trovare parole più consolatorie o pregnanti, ma era sempre stato il suo limite: esprimersi nei limiti per non soffrire. Non come stava soffrendo adesso Dinah, almeno.

«No, no.» La rassicurò, spegnendo un singhiozzo in un sospiro. «Lui se ne è andato correndo. Sono contenta che abbia fatto come ultima cosa ciò che amava di più.» Doveva essere trascorso abbastanza tempo per formulare tale tesi, ma non troppo per fargliela anche accettare.

«Era molto bello.» Soggiunse, passando dall'asciugarsi le lacrime al soffocare un sorriso. «Ed era anche molto bravo. Combatteva fino all'ultima curva.» Inalò riempiendosi i polinomi e poi... Poi li svuotò togliendo tutta l'aria a Camila. «Lauren si ricorderà di lui. Gareggiava anche lei quando l'auto di Siope si è schiantata. Anche per questo mi sono fatta mille film mentali su Mike, ingiustamente. Perché sono un po' paranoica, dopo quell'evento... Ma è stato solo un malfunzionamento del cazzo a togliere la vita a Siope.»

Camila si raggelò. Ogni pensiero nella sua mente perse vitalità. Per un secondo non seppe distinguere se fosse ancora viva. Sperava che la sua immobilità di prima non l'avesse tradita, perché il suo cuore aveva avuto un tuffo più profondo del suo respiro.

Per Dinah ed Ally non significava niente, ma per Camila aveva tutt'altro senso. Perché lei sapeva cosa avveniva nella scuderia Jauregui, e non poteva credere che l'incidente di Siope fosse tanto casuale adesso. Malfunzionamento. Mike poteva c'entrare qualcosa. Doveva assolutamente dirlo a Lauren. Non si trattava più di corrompere o truccare una gara, c'era nel mezzo un'eventualità di omicidio! Si stava superando ogni confine, e Lauren era stata trascinata oltre senza saperlo.

Dopo aver terminato la colazione, Camila si inventò una scusa e tornò di corsa a casa. Non poteva aspettare un minuto in più. Lauren doveva saperlo. Doveva tirarla fuori da quella situazione. Scappare? Forse. Avrebbe dovuto rivoluzionare la sua vita, di nuovo, ma  per Lauren lo avrebbe fatto.

La corvina stava inforcando il giubbotto di pelle quando Camila spalancò la porta, ma non per farla uscire. La richiuse con un tonfo che bene si sintonizzò con il suo respiro già trafelato.

«Camz... Ma che succede?»

«Lauren, Lauren... Tu non capisci... Io credo che...»

Le andò incontro, afferrandole le spalle per calmare il sussulto. «Oh, calmati.» La strinse a sé, ma la cubana non accennava ad acquietarsi. «Camila, bio dirmi che succede?»

«Credo che tuo padre abbia ucciso un uomo.» Dichiarò diretta, perché non trovava altro modo per dirlo ad alta voce. Le pupille dell'altra si sgranarono, al che Camila cercò di rimettere insieme i pezzi per fugare i suoi dubbi allibiti. «Il ragazzo di Dinah correva nella tua stessa gara! Lauren non è un caso che sia morto quando correva con te. Insomma..» Improvvisamente si arrestò. Lauren correva in quella gara... Come poteva non saperlo? Come poteva non sospettarlo, almeno?

Sollevò cautamente lo sguardo su quello dell'altra. Era impassibile e distaccato, troppo per poter credere il contrario di ciò che temeva.

«Tu lo sapevi.» Emise in un sussurro, percependo tutta la forza defluire dal suo corpo. Solo per questo rimase fra le sue braccia, dopodiché l'allontanò puntandole il dito contro. «Lo sapevi?!» Il silenzio della corvina fomentò la sua rabbia, che alimentò anche il processo dei suoi pensieri. «La sera di capodanno... Tu non parlavi di ciò che Dinah ed Ally sapevano sulla scuderia. Temevi che conoscessero il responsabile dell'omicidio di Siope. Tuo padre!» Sbraitò, indietreggiando quando la corvina avanzò un passo per colmare il silenzio che le attanagliava le labbra assottigliate.

«No! Lo sapevi e non me l'hai detto! Non hai fatto niente! Non l'hai detto a nessuno! Come hai potuto? Come!? È morta una persona! Morta! Tuo padre ha rovinato la vita di due persone innocenti, e tu non hai fatto niente!» La spinse via con rabbia, ma nemmeno quell'impeto la fece barcollare. «Come hai potuto non fare niente!!?»

«Perché non è stato mio padre!» Gridò con tutta l'aria che aveva in corpo, ma senza scomporsi in lacrime. «Non è stato lui.» Ribadì adesso che i toni si erano ammutoliti.

«Sono stata io ad ucciderlo.»

——

Ciao a tutti!

Capitolo importantissimo perché da qui in poi cambierà tutto. Tutto. Si lo ripeto per apparire più minacciosa.

Vi aspetto domani!

Grazie a tutti.

Sara.

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