Capitolo Quindici
«Capisci cosa hai fatto?!» Digrignò i denti, sincerandosi che non vi fossero altre orecchie nei paraggi.
«Pensi che io lo volessi?» Lauren ricambiò lo sguardo cagnesco di Shawn con altrettanta determinazione.
«Potevi evitarlo, tu..» Si passò una mano sulla bocca, sradicando parole troppo incaute. «Ti avevo detto di non farlo, ma tu non mi hai ascoltato.» La sua ira si nutriva della sua impotenza. Non aveva potuto impedire ciò che stava per succedere, e tantomeno poteva farlo adesso.
Dopo svariati secondi di silenzio, Lauren soppesò un numero spropositato di parole per placare i nervi del ragazzo, ma tutte risultavano vacue in confronto alle uniche che enunciavano la verità. «Non sei l'unico che tiene a Camila.»
Shawn fece scattare la testa verso di lei. I muscoli taurini del collo e quelli contratti delle spalle incorniciavano la mascella serrata in quella che sapeva riconoscere come l'allegoria della disapprovazione pura. «Se ci tieni davvero, dopo questo, stalle lontana.» Le dedicò un ultimo sguardo infiammato, prima di incamminarsi svelto verso la pista.
Lauren inspirò a fondo, appoggiando le spalle stanche contro la parete. Se c'era una cosa che odiava più di perdere, era dover dar ragione a qualcun altro. Aveva sopravvalutato la sua giurisdizione, e ciò aveva portato solamente gravi conseguenze per Camila. Non avrebbe commesso lo stesso errore due volte.
Camila vide, ma più che altro udì, Shawn arrivare in officina. La sua espresione disinibita non ingannava il volto scuro sotto cui campeggiava, ma Camila incolpò i postumi della sera prima. «Qualcuno deve ancora riprendersi,» ridacchiò mentre l'amico si avvicinava alleggerendo la robustezza dei passi.
Shawn impiegò qualche secondo per ricordarsi come sorridere. Ottenne un risultato sghembo che avvalorò l'ipotesi di Camila. «Non sono più abituato alle bollicine, o alle feste.» Adagiò i gomiti sulla superficie metallica. Sembrava estremamente stanco anche dopo il quarto caffè. Camila aggrottò le sopracciglia. Possibile che un bicchiere di vino in più prosciugasse così tanto la vitalità di una persona?
«Dovresti. Ci sono state tante novità da festeggiare.» Camila gli carezzò il bicipite. Sapeva che ultimamente si allenava con dei pesi più sostanziosi durante il weekend, ma il muscolo era troppo teso per ritenere possibile fosse opera di miglioramenti ginnici. Il cipiglio della donna si infoltì.
Prima che potesse domandare qualsiasi cosa, i passi di Lauren risuonarono stentorei nell'officina. La donna teneva il mento issato come sempre, ma lo sguardo vitreo non rispecchiava la sua audacia. Lo sguardo di Shawn guizzò lontano da lei, ma Lauren si approssimò comunque a loro. «Ehi.» Il saluto fu indirizzato solo verso Camila, la quale si sforzò di fare mente locale. Forse le bollicine le avevano annebbiato i ricordi, ma se non andava errata era stata una bella serata per tutti, almeno questo era ciò che la sua mente rimembrava.
A giudicare dalla fredda tensione che galleggiava fra i loro sguardi distanti, ricordava male.
«Buone notizie,» comunicò la corvina, dandole da sperare fossero davvero buone, ma dalle loro espressioni non c'era molto in cui sperare. «Mi hanno chiamato gli sponsor, stamani. Vogliono vederti per una cena. Vorrebbero congratularsi per la gara di domenica.» Abbozzò un sorriso stirato, credendo che bastasse così poco per dissimulare l'agitazione dei loro respiri.
«Beh.. Bene, no?» Camila fece spola fra l'uno e l'altro, inarcando un sopracciglio confusa. Le loro reazioni compassate non andavano di pari passo con l'annuncio.
Shawn si schiarì la voce, sciogliendo la mascella indurita. «Ma certo, siamo tutti contenti, infatti.» Rispose come avrebbe risposto un adolescente interrogato a sorpresa. Impreparato e balbuziente.
Camila scrutò allora l'espressione di Lauren. Non era tanto meglio, ma almeno ci provava. «Siamo contenti davvero, solo che conosciamo queste persone e insomma.. possono essere un po' esigenti, ecco.» Sospirò vigorosamente, togliendosi un peso dal petto.
Adesso capiva quale fosse il problema. Avevano il timore che Camila non fosse pronta ad uscire dalla sua tuta per calzare un vestito più consono per i riflettori. La sua precedente preoccupazione si disgelò in una risata pacifica e rincuorata.
«Ragazzi, tranquilli.» Mise una mano sulla spalla di entrambi, scoccando un'occhiata in qua e una in là. «Ho sopportato cose peggiori di questa. Tipo voi due.» Scherzò, strappando un grugnito contraddittorio dalle labbra dei presenti, che ancora non si sfioravano nemmeno con la coda dell'occhio. «Farò ciò che mi direte di fare, non preoccupatevi.» Li rassicurò con un sorriso spensierato, ma la cupezza non accennava a svanire dai loro volti. Lo avrebbe fatto con un buon bicchiere di champagne durante l'aperitivo.
Paul la chiamò a gran voce. Avevano bisogno di lei per un problema al tubo di scappamento di un'auto. «Si! Lauren, passi a prendermi alle sette?» La corvina annuì, poi Camila si allontanò rapida, lasciandosi alle spalle due sguardi minatori che si promettevano vicendevolmente rancore.
Shawn se ne andò con un sospiro di livore, mentre Lauren inabissò la testa fra le mani. Sperava solo non fosse troppo tardi per rimediare alla sua avventatezza, e se lo fosse stato avrebbe fatto in modo di riportare indietro le lancette.
Intanto si premurò di arrivare puntuale almeno ad un appuntamento: quello con Camila. La donna sfoggiava un vestito attillato che metteva in risalto le sue curve, mentre il colore bianco conferiva un piacevole contrasto con l'incarnato caramellato. Aveva raccolto i capelli ondulati in una crocchia, scoprendo gli zigomi appena colorati dal tocco cesellato della cipria. Lauren si sentì quasi arrossire per aver indossato un semplice abito nero, più succinto del suo, ma anche molto più scialbo.
Camila, invece, parve non notare nemmeno la differenza di dettagli. Il tessuto aderiva perfettamente alle sue forme prosperose, lusingandole. Anche lei era lusingata per potersi sedere accanto a lei. «Scommetto che hai ancora il cartellino attaccato,» commentò ironica Lauren, sfoderando il piccolo segreto che Camila le aveva rivelato durante la cena da Claire.
«Scommetto che hai sbirciato per saperlo,» rispose con aria provocatoria, ma anche affabile. Lauren roteò gli occhi al cielo. Era un caso perso. Le sfide erano nel suo dna. Invece di aprire una diatriba, le aprì lo sportello dell'auto.
Durante il tragitto, Lauren zittì la radio e ripeté tutte le regole snocciolate precedentemente solo per essere certa che si sarebbero sedute consapevolmente al tavolo. «Mi raccomando, ringrazia e sorridi. Non rifiutare i primi due bicchieri di vino, si sentiranno offesi. Dopodiché non importa assecondarli, saranno già mezzi brili. Qualsiasi cosa fuori posto accada, rispondo io per te, va bene?»
«È chiaro,» Sospirò Camila, voltando teatralmente la testa verso di lei. «Non ti farò far brutta figura.» Gli occhi già sgranati di Lauren trovarono fortunatamente il sorriso scherzoso di Camila ad aspettarli e si ridimensionarono subito.
«Stai tranquilla. Farò la brava, e ti lascerò decidere come procedere. Ne sai più tu di me.» Poggiò la mano sulla sua, inerte sul cambio. Sapeva quanto la lussuosa auto fosse silenziosa, eppure le dita della corvina tremevano. Forse non era colpa della potenza dei cilindri quanto della potenza del suo respiro.
«Certo, bene.» Riprese ossigeno, espirando con abbastanza forza per convalidare la sua teoria. Camila riportò la mano sul suo grembo e lo sguardo fuori dal finestrino.
Conosceva Lauren e malgrado gli sforzi sapeva che ora abbisognava di cinque minuti per restare sola. Purtroppo, però, furono anche meno, i minuti, che ebbe a disposizione, perché se c'era qualcosa più veloce dei suoi pensieri era il suo piede.
Il profilo illuminato della città rivelava quanto di meglio avesse ancora da offrire la notte. I marciapiedi erano gremiti di schiamazzi e brindisi modici con birra in vetro e sogni ancora più fragili. I ragazzi si tenevano per mano e i padri di famiglia tenevano in mano le proprie valigette mentre rincasavano. Le insegne sfavillavano di fronte ad ogni locale, ma tanto ognuno aveva il suo preferito, ed era lì che sarebbe andato a cercare qualche risposta o dove le avrebbe perse tutte, ubriacandosi prima di whisky e poi di felicità. Era uno spettacolo che i riflettori non catturavano mai; sedersi in prima fila ad ammirarlo era l'unico modo per ricordarsi che il sipario era ancora aperto, era sempre aperto.
Anche Lauren lasciò qualche secondo a Camila per immergersi nei suoi pensieri, poi le dispiacque sfiorarle la spalla per ricordarle che sì, era tutto molto affascinante agli occhi di una ragazza che per innumerevoli anni aveva osservato solamente il campo di grano del vicino, ma qualcuno doveva pur ricordarle che adesso non stringeva solo un biglietto, aveva ottenuto un ruolo. E speriamo tu sia brava a recitare, pensò Lauren affibbiando l'angoscia alla leggera metafora.
L'aiutò a scendere dall'auto, additando con un cenno del capo Shawn. Non l'aveva neanche riconosciuto, ingessato com'era bello smoking blu, vellutato. L'ultima volta che aveva indossato una cravatta risaliva a quando avevano partecipato al ballo scolastico, massimo momento epocale e sensazionale per la vecchia cittadina. Camila, in quell'occasione, gli aveva insegnato come annodare la cravatta, ma stavolta le parve che il nodo fosse più un cappio, tanto erano rosse le sue guance.
«Siete bellissime... E in ritardo.» Le apostrofò affettuosamente, ma sempre con sguardo paterno.
«Non so in Antartide che ore siano, ma sei tu in anticipo.» Lo schernì Lauren per il portamento legnoso che sfoggiava. Da pinguino proprio.
Gli occhi di Shawn si fecero più ombrosi, così Camila si intromise fra i due prima che potessero ricominciare. Aveva la pancia troppo vuota per diradare qualsiasi screzio. Afferrò a braccetto entrambi, trainandoli all'interno del ristorante. Ad un certo punto, le baluginò la malsana idea che avessero trovato il coraggio di varcare la soglia proprio perché esortati a farlo, altrimenti nessuno dei due avrebbe avuto tanto ardire. La conferma al suo presentimento le fu accreditata dalla voce titubante di Lauren. La corvina era tutt'altro che esitante quando si accendevano le luci. Quegli sponsor dovevano essere proprio spietati... Forse la fame un po' le era passata.
Il cameriere li condusse ad un tavolo dove altri tre uomini erano già allegramente riuniti. Gli unici con i calici già tintinnanti e le cravatte allentate erano loro. Altro che riflettori, qui avremmo addosso gli avventori. E a breve anche. Sospirò Camila, facendo spola fra le espressioni di Shawn e Lauren, ma la prima non la rassicurò affatto e la seconda la turbò ancora di più.
«Ahh! Siete qui!» L'uomo tarchiato al centro del tavolo invitò sguaiatamente i tre ad unirsi.
Shawn serrò la mascella mentre si sedeva, Lauren i pugni sotto al tavolo. Camila spero che chiudere le labbra e sorridere, come le era stato detto, fosse abbastanza per sopravvivere alla serata... O almeno fino al bicchiere in cui si sarebbero dimenticati della sua presenza.
«Tu sei la star del momento, eh!» Camila impiegò qualche battito di ciglia per comprendere che l'uomo allampanato sulla sua destra stava puntando il dito verso di lei e non verso Lauren. Era abituata a non essere nemmeno vista, come poteva definirla "star"?
«No, io... Ehm, io ho solo sostituito Lauren, ma è lei il pilota, non io.» Alzò le mani umilmente, occhieggiando la corvina seduta accanto a lei. Il suo sguardo era adombrato e fisso sulla montatura solida che detergeva lo sguardo dell'uomo, ma non era certo il suo ego ferito ad appesantirle le palpebre.
Arieggiava una tensione nell'atmosfera che nemmeno prima della gara ufficiale aveva fiutato. Ogni fibra del suo corpo le diceva di restare in guardia, di tenere il sorriso sulle labbra ma anche la mano vicino al manico del coltello. Non aveva idea del perché il suo sesto senso fosse tanto sensibile, forse processava i complimenti come minacce tanto era bassa la sua autostima, o forse carpiva prima di lei segnali inconsci ma eloquenti.
«Sappiamo tutti che Lauren è fenomenale,» l'ultimo degli astanti sollevò un brindisi nella sua direzione, ma il copioso sorso che attinse dal bicchiere fu una commemorazione tutta propria. «Ma ci siamo anche accorti del tuo potenziale, che non vogliamo vada sprecato.»
«Se continuiamo con le chiacchere, l'unica cosa che andrà sprecata sarà l'antipasto.» Cercò di sdrammatizzare Shawn, ma intanto il suo piatto rimaneva vuoto. L'uomo tarchiato, che si era presentato come Arold, abbondò dunque con la porzione. Gli altri due, Micheal e Richard, non si fecero ulteriori scrupoli. Lauren preferì rabboccare il calice, depositando la bottiglia di Chardonney il più vicino possibile alla sua mano.
«Avevi mai corso prima, Camila?» Domandò con la bocca ancora piena Richard, l'uomo dal gomito agile.
«Ah, qualcosa del genere.» Sorrise sotto i baffi, rammentando la sensazione del vento contro la faccia mentre si lanciava a capofitto lungo il pendio della collina mentre Alejandro la seguiva col trattore. Il muggito della vecchia bestia arrugginita era l'ode del suo pubblico.
«Invece di sporcarti le mani sotto le auto, hai mai pensato di spostarti sopra il sedile?» Micheal fu l'unico a digerire il boccone, tutti gli altri rimasero con la forchetta e mezz'aria e la bocca spalancata.
Lauren sbatacchiò la posata nel piatto, manifestando la sua riluttanza. Nessuno dei presenti però si curò della sua reazione. Solo Camila colse il tremore delle sue mani serrate sotto alla tovaglia. Fece scivolare una carezza sul dorso dei suoi pugni, alleviando la pressione esercitata.
«In realtà sarebbe una bella occasione, ma è troppo tardi per me.» Si strinse nelle spalle, poi strinse la mano della corvina, sorridendo.
«Non per noi, però.» Rimbeccò Micheal, masticando a bocca aperta. I polsini dorati sulla camicia firmata erano sciupati su di lui.
«Non ordiniamo tutte le sere le bottiglie più costose.» Ammiccò Arold, versandosi due dita di vino per onorare la sua illazione.
«Ma diciamo che speriamo ci sia qualcosa da festeggiare stasera.» Richard slargò un sorriso irsuto, fissandola negli occhi. C'era qualcosa nel bagliore dei loro occhi che non aveva niente a che fare con l'alcol. Eppure era il genere di luce che induceva qualsiasi persona assennata a non fidarsi delle loro promesse. Parole che facevano solo un gran rumore.
«Beh, Camila,» Arold incrociò le mani sotto al mento, sguainando il suo sguardo da trattative. Solo perché erano seduti ad un tavolo e non ad una scrivania non significava che non volessero alzarsi senza aver concluso un contratto. «Abbiamo abbastanza fondi per finanziare la tua ascesa. Basta un sì e sarai il primo pilota ufficiale della scuderia che intendiamo inaugurare.» Sorrisero tutti e tre con eccentrica letizia, già pronti a dimenticare il vino per passare allo champagne.
Shawn aveva irrigidito ogni muscolo del suo corpo. Se avesse potuto rovesciare il tavolo, lo avrebbe fatto, ma qualcosa lo costringeva a restare seduto, e quel "qualcosa" doveva esser celato nei sorrisi trionfanti dei tre uomini. Probabilmente era solo preoccupato, come sempre, che un tale cambiamento potesse sconvolgere la vita di Camila negativamente. Aveva visto Lauren isolarsi a causa della fama, rinunciare ad una vita personale per conservare quella pubblica, e avrebbe fatto di tutto per non riservare lo stesso destino a Camila. Ma lei non aveva dubbi! In qualche modo sarebbe riuscita a incastrare tutto, a non trascurare le priorità e sé stessa. Udiva già il rombo del motore in lontananza e vedeva sé stessa cavalcarlo non solamente aggiustarlo.
Il sorriso stupito della donna prometteva tante bollicine. «Voglio dire, wow.. Io...»
«No.» La voce arrochita e risoluta di Lauren si intromise per la prima volta nella conversazione. «Quello che vuole dire è no.» Ribadì con fermezza ora che tutti gli sguardi si erano accaniti su di lei.
Camila la guardò con le sopracciglia aggrottate e le labbra schiuse. «Lauren, non credo che spetti...»
«Ho detto no.» La fulminò con i suoi smeraldi, che adesso ricordavano più il basalto. «Grazie per l'offerta, ma Camila non è interessata.» Rincarò nuovamente, precludendo qualsiasi celebrazione. Sapeva a cosa andava incontro, e lo sapeva anche il sospiro greve di Shawn, ma non si sarebbe tirata indietro finché Camila non si fosse trovata d'accordo con lei.
«Lauren, so che l'invidia è un difetto di famiglia, ma non ti sembra di esagerare?» La punzecchiò Arold, che non ingannò nessuno col suo sorriso benevolo e il tono sprezzante.
«L'unica cosa con cui abbiamo esagerato è il vino.» Il sarcasmo che tanto piaceva a Camila quella sera la ferì. Davvero riteneva che potessero offrirle un lavoro tanto importante solo da ubriachi?
Perché Lauren si permetteva di scegliere così della sua vita?! Era tanto egoista ed egocentrica da non volersi mettere da parte? E dove aveva nascosto quel lato fino ad ora? Camila era talmente attonita che non riusciva a formulare una frase, l'unica cosa che le riuscì possibile fu allontanare la mano dalla sua, guadagnandò così l'attenzione del suo sguardo intomorito.
«Allora non abbiamo più niente da dirci. È stato un piacere Camila. Shawn. Con te Lauren ci risentiamo presto. Molto presto.» Congedò tutti e tre Micheal, restando seduto. Fece intendere che non erano più graditi al loro tavolo, e che erano loro a dover sloggiare.
Shawn fu che più contento di potersi sbottonare la giacca e togliersi la cravatta mentre abbandonavano il ristorante. Lauren lo seguiva celere. L'unica ancora tramortita e sconvolta era Camila. Il refolo fresco non l'aiutò a raffreddare i propri dubbi, anzi. Shawn e Lauren scambiarono giusto due parole sottovoce mentre Camila li raggiungeva.
Il ragazzo colse subito la sua espressione affranta e confusa, ma non le parlò come suo solito. «Vi lascio da sole, credo dobbiate parlare. Ci vediamo domani mattina.» Nonostante fosse Camila quella che abbisognava di conforto, l'occhiata colma di compassione venne rivolta a Lauren prima di girare i tacchi e inoltrarsi verso la sua macchina.
Camila sfarfallò le ciglia sul volto impassibile della corvina. Non aveva ancora capito quale dei suoi sentimenti prevalesse, non comprendeva quale fosse la prima parola che voleva proferire, ma improvvisamente si sentì dire: «Non posso crederci.» Poi la oltrepassò infuriata, avviandosi verso la vettura.
«Camila.» Sospirò la corvina con la testa gettata all'indietro, ma l'altra era già oltre la sua spalla. «Merda.» Imprecò a denti stretti, ma mentre guardava i suoi passi di piombo allontanarsi sapeva di aver fatto la cosa giusta. Solo che non poteva dirle perché.
«Vuoi fermarti?!» Le gridò mentre le andava dietro. Non aveva bisogno di un motore per essere la più veloce.
Lauren allungò il passo, ammezzando con grandi falcate il divario interposto dall'altra. L'afferrò proprio mentre si trovava ad un palmo dalla macchina. La voltò verso di sé prima che riuscisse a divincolarsi dalla sua morsa.
«Non credevo fossi come tutti gli altri presuntuosi del tuo ambiente.» Le sputò velenosa ad un centimetro dalle sue labbra, ma lontanissima da un bacio.
«Non lo sono, Camila.» Ripose pacata la corvina, respirando per non alterarsi. Aveva fatto una scelta, ora doveva conviverci. Era sempre quello il problema nella sua vita: vivere con le responsabilità di scelte obbligate. «Se pensi che lo abbia fatto per me, ti sbagli di grosso.» Scosse flebilmente il capo, sostenendo con dolcezza lo sguardo arido dell'altra.
«Lo hai fatto per me? Ma che gentile! Negarmi la chance di una vita migliore. Generoso da parte tua!» Sorrise sardonica in faccia al falso altruismo della corvina. Non solo si era arrogata il diritto di scegliere per lei, ma possedeva anche l'ipocrisia di chi voleva essere ringraziato per ciò.
«Una vita migliore?» Inarcò un sopracciglio basita e chiaramente in disaccardo. «Vivere in pista tutti i giorni della tua vita, senza amici, senza affetti vicino se non quelli appositamente scelti per te, dimenticarsi di compleanni e ricorrenze pensi sia una vita migliore solo perché più lussuosa?» Adesso chi era l'ipocrita?
«Ma non sta a te deciderlo!» Alzò il volume Camila, che detestava doverle spiegare perché fosse davvero imbestialita con lei. «Non sai cosa voglio o cosa posso sopportare. Sei stata egoista, Lauren. Egoista e superficiale, cazzo.» La sua potenza di fuoco aveva ancora in canna qualche cannonata micidiale. La prima era stata appena sganciata.
Lauren increspò la bocca in un sorriso amaro. Credeva che si sarebbero urlate addosso ancora una volta o due prima di sprofondare nel silenzio, almeno questo presaigva dai loro respiri grossi, ma aveva smesso così tanto tempo addietro di piangere che non si ricordava come fosse dover sedere i singhiozzi di un pianto. Le prime lacrime velarono gli occhi di Lauren, ma nessuna rovinò sulle sue guance illese.
«Pensi questo di me?» Con rabbia pulì le tracce della sua delusione, assottigliando le labbra in una linea dura che però non smise di fremere convulsamente. «In questo tempo tutto ciò che hai capito di me è questo?» Allargò le braccia incredula e dispiaciuta. Non poteva farci niente. Tutti avrebbero continuato a vederla per ciò che doveva far vedere, nessuno, nemmeno Camila, riusciva ad andare oltre ciò che era costretta ad essere per proteggere le persone a cui teneva.
Camila riempì i polmoni d'aria. Non si era mai odiata tanto quanto in quel momento. «No, Lauren... Cazzo. Mi dispiace, va bene? Ho detto cose che non penso, mi.. Mi sono lasciata andare, scusami.» Avanzò di un passo, incapace di razionalizzare il suo prossimo movimento. Non aveva idea di come riparare a ciò che aveva fatto, ma intanto mise da parte ciò che provava in quel momento per prendersi cura delle gote rigate della corvina.
«Non penso questo di te,» mormorò mentre nettava due lacrime dal viso comunque imperturbabile della donna. «Ma non è giusto che tu scelga per me senza nemmeno consultarmi, capisci?» Intercettò il suo sguardo, ma era talmente vuoto che non seppe cosa esattamente stesse guardando o meglio: attraverso cosa veniva vista lei.
«Sei tu che non capisci,» rispose con voce rotta, e in quell'istante la luce di un fanale di qualche cliente sazio illuminò il volto della corvina, facendo risplendere una lacrima su una guancia ma anche il livido appena visibile sull'altra. A Camila parve di non averla mai vista così nuda prima d'ora. Le parve che nessuno l'avesse fatto mai prima di lei.
«Cosa non capisco? Spiegamelo, no?» La pregò concitata, mantenendo le mani sul suo viso, ma stavolta schiuse per colmare i palmi freddi.
«Non posso.» Scosse la testa. Aveva già detto e soprattutto fatto troppo per quella sera. Ingoiò sia le prossime lacrime che le prossime parole, inumidendo solo le labbra mentre meditava. «Non posso.» Ripeté nuovamente, stringendo la mascella.
Camila si arrese, dandole le spalle. «Non puoi, certo.» Si portò una mano sulla fronte. «Non capisco cosa ci sia di tanto indicibile che tu non possa dirmi.» Quando virò verso di lei, la sua espressione non era mutata. «Non capisco perché tu non debba, io non... Non so che dire! Non so neanche perché ci provi, perché...» Era troppo confusa per darsi una spiegazione logica che includesse la verità.
«Vorrei soltanto che tu...» Non aveva idea di cosa chiederle, così la frase venne terminata da balbettii sconnessi, fin quando Lauren decise che non aveva più voglia di domande.
Avanzò rapidamente verso di lei, che aveva ancora gli occhi orientati verso il basso, ma ci pensò la corvina ad ottenere la loro attenzione. «Io..» Disse Camila, ma era troppo tardi. Le mani di Lauren avevano già avvolto le sue guance e le labbra si erano schiuse sulla sua bocca.
Camila sgranò gli occhi, tirandosi indietro per la sorpresa, ma la decisione di Lauren la trattenne a sé ancora qualche secondo. Il tempo necessario per far cambiare idea a Camila, che invece di distaccarsi avvinghiò le mani al suo colletto, attirandola più vicina. Credeva che l'avrebbe respinta per la collera che si alimentava dai suoi interrogativi, invece aspettava quel momento da più tempo di quanto pensasse per potersi affidare all'impeto dello stomaco e non alla veemenza del respiro.
La corvina immerse la mano nei suoi capelli, stringendoli sapendoli finalmente suoi. Camila si fece largo fra le sue labbra con la punta della lingua e Lauren non perse tempo per congiungersi a lei in una danza passionale. Camila arretrò fino all'auto, dove si adagiò con il peso di Lauren contro il suo petto, le mani ancora affondate nella carne altrui e il respiro sempre più corto, ma la durata sempre più infinita.
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