Capitolo Nove
Se l'umore poteva essere un clima, tutti avrebbero dovuto indossare giubbotti e cappelli di lana anche se erano solo gli albori estivi. Lauren quella mattina era chiusa ermeticamente nel suo silenzio.
Camila era sorpresa di trovarsi ancora lì. Sarebbe già stata contenta di ricevere l'ultimo stipendio dopo esser stata licenziata, invece nessuno le aveva reperito badge e tuta. Qualche giorno prima era stata incosciente e impulsiva, un atteggiamento che non avrebbe mai assecondato in condizioni normali, ma Lauren riusciva a tirare fuori il peggio di lei e in qualche modo Camila le resituiva pan per focaccia, solo che quella volta aveva superato tutti i limiti. Lauren aveva lavorato tutta la vita per crearsi una carriera, un nome e una reputazione. Chi era lei per screditarlo in cinque minuti? Non sapeva come rimediare, o se ci fosse sopratutto un modo per farlo. Sapeva solo che detestava sentirsi così in colpa nei confronti di qualcuno che nemmeno le rivolgeva la parola.
«Ehi, hai per caso visto Paul?» Shawn intanto sembrava aver dimenticato, come tuti gli altri, la piccola scorribanda fra le due. Nessuno oltre Lauren e Camila aveva compreso che tagliare quel traguardo era stato molto più che un momento.
Camila scosse la testa tornando ad occuparsi delle sue faccende.
«Mhhh.» Mugolò il ragazzo, appoggiandosi al piano di lavoro con lo sguardo di chi doveva riparare qualcosa: in questo caso Camila stessa. «Che succede?»
«Quella stupida competizione è stata un errore.» Sospirò sommessamente, tentando di lottare contro un bullone riottoso.
«Su questo non posso darti torto.» Ammise francamente l'amico, incassando uno sguardo di sbieco.
«Non mi importa nemmeno che mi odi adesso, è solo che questa atmosfera è colpa mia. Mi dispiace.» I ragazzi erano stati tutti gentili con lei, quello non era il miglior ringraziamento che otesse offrire.
«Ah, non preoccuparti!» La rasserenò con un gesto lesto della mano. «Stasera è il compleanno di Lauren. Lucy, Normani e Juan le hanno organizzato una festa a sorpresa. Un po' di champagne cancellerà i dissapori.» Sorrise fiducioso, carezzandole però la spalla con fare consolatorio.
«Ne sono contenta. Me lo auguro, soprattutto.» Annuì rincuorato la ragazza. Confidava più nelle bollicine che altro, ed era convinta che ce ne sarebbero state a fiumi.
«Dovresti venire anche te.» Addusse Shawn.
Camila strabuzzò le orbite. «Sei pazzo?! Pensi che Lauren voglia che faccia un discorso in suo onore? Andiamo, su.» Scosse il capo.
«Penso che voi due dobbiate chiarire, e quale miglior momento se non da ubriache?» Il sorriso dell'amico le diceva che stava scherzando, ma conoscendolo sapeva anche che la proposta non era solo tutto umorismo.
«Shawn, se da sobrie gareggiamo sulla pista, da ubriache faremmo solo a gara a chi si uccide prima. No, grazie.»
«Secondo me è l'opportunità perfetta per riconciliarvi, e anche per stare un po' con i tutti gli altri. Ne hai bisogno, musona. Pensaci, io alle nove passo da te.» Ammiccò, dovendosi poi allontanare per raggiungere Rick.
Camila non doveva pensarci, aveva già deciso... No?
*****
No. Non aveva affatto deciso. Non in quel momento almeno. La risposta definitiva era arrivata solo verso le sette di sera. Aveva speso tutta la sua vita a lottare per scappare dalla sua piccola realtà, non poteva pensare di tornare alla fattoria o, ancora peggio, da Starbucks. Solo per quello aveva deciso di sfoggiare l'abito fresco di negozio. Lo aveva comperato qualche giorno prima nell'eventualità di un programma più formale, e quale miglior occasione del suo funerale? Beh, ok, non voleva essere tanto drastica, ma se le cose si fossero messa male con Lauren perlomeno avrebbe indossato un vestito con i fiocchi.
Di fiocchi ne aveva davvero, ma solo uno, posteriore, ed era l'unico pezzo di stoffa che abbracciasse la schiena. La gonna scendeva morbida fino alle caviglie, dove il cinturino nero del décolleté spezzava il colore pesca del vestito. Sul davanti il corpetto a forma di cuore le rischiarava l'incarnato.
Shawn era determinato a scortare Camila alla festa, ma era anche consapevole di doversi spendere in parole convincenti per smuoverla. Al contrario, non ebbe bisogno nemmeno di bussare. L'amica l'attendeva sulla veranda quando accostò al marciapiede con l'auto. Camila lo raggiunse sostenendo il suo sguardo malizioso: credeva di doverla persuadere, certo, ma era anche sicuro che avrebbe cambiato idea, e ora si stava godendo la sua personale soddisfazione. La conosceva troppo bene.
«Spero ci sia tanto champagne quanto dici a questa festa.» Esordì Camila chiudendo lo sportello alle sue spalle.
«Non solo champagne.» Assicurò con voce squillante.
Camila ignorava e al contempo aborriva quel sorrisetto compiaciuto, ma era anche grata per avere un amico che si limitava ai gesti per esprimere i propri pensieri.
Shawn mise in moto l'auto. Camila tirò un sospiro greve. Aveva il presentimento che sarebbe stato il primo di una lunga serie.
La festa era stata organizzata sul tetto di un famoso hotel di cui Camila ovviamente non conosceva neanche il nome. Shawn la fece sentire sotto pressione quando le confidò che Lady Gaga aveva calpestato lo stesso tappeto su cui camminava -o meglio arrancava- adesso.
Malgrado la cappa di malumore che la sua arroganza aveva prodotto, tutti l'accolsero con un caloroso sorriso. Non parevano denigrarla, più che altro ebbe l'impressione che la commiserassero quasi. Non sapeva quale delle due alternative detestasse maggiormente. Solo Paul la mise a suo agio: le tese il calice prima della mano.
Era strano vedere tante cravatte e papillon sgargianti quando trascorrevano l'intera giornata con la stessa tuta consunta. Immaginava fosse per quello che gli sguardi la vagheggiavano più del previsto. O forse, per una festa colloquiale fra colleghi, aveva azzardato un po' troppo. Come sempre.
Lauren venne condotta inconsapevolmente da Juan nel grande androne addobbato con palloncini, striscioni e soprattutto più bottiglie di liquori di quante ne avessero al bar al piano di sotto. Un coro gaudente e rumorosamente affettuoso l'accolse prima ancora che realizzasse cosa stesse succedendo.
Non la vedeva sorridere spesso, ma quella volta le sue labbra si schiusero limpidamente. Era assuefatta ai riflettori, ma ciò non le impedì di portarsi le mani sul viso quando intonarono "Happy Birthday".
Lauren ringraziò rapidamente tutti, dicendosi onorata di lavorare con ognuno di loro. Il calice che le venne prontamente servito da Lucy venne alzato sopra le teste di tutti i collaboratori, ma quando giunse all'altezza di Camila, Lauren lo portò provvidenzialmente alle labbra, scolandolo in un solo sorso. Lo sguardo adamantino indirizzato verso l'altra era un chiaro segnale: doveva aspettare che arrivasse almeno al terzo bicchiere per poterla avvicinare.
Ok, se devi parlarle ricordati di non farlo in terrazzo. Si annotò mentalmente Camila.
Shawn non aveva mentito sul quantitativo alcolico presente alla festa, ma non era stato del tutto sincero riguardo Lauren. Le bollicine disinibivano solo chi non aveva niente da farsi perdonare, motivo per cui Camila e Lauren erano le uniche ancora sobrie. Rick e Paul avevano ingaggiato un dj -niente di speciale, in realtà era solo il cugino di Juan che cercava di racimolare qualche soldo in più- per movimentare la serata, ma quando le note risuonarono variopinte dalle luci stroboscopiche, la serata era già più che "movimentata". Nessuno sapeva ballare, eppure tutte le sedie vennero abbandonate. C'era abbastanza spazio per invitare anche il doppio degli ospiti, ma tutti si accalcarono al centro della pista, sbracciandosi e saltellando spensieratamente felici.
Tutti tranne Lauren. Approfittò del caos per emarginarsi sul balcone. Camila capì che quello era il momento buono per affrontare di petto la situazione. Letteralmente di petto, udì rammentare il suo subconscio, già pronto a fornirle immagini poco avvenenti di una caduta a capofitto dal sesto piano.
Lauren era seduta vicino alla ringhiera quando la cubana la raggiunse.
La corvina virò solo parzialmente lo sguardo verso di lei, ma roteò completamente gli occhi al cielo mentre li riportava sul panorama.
«Ehm, volevo farti gli auguri.» Più a me stessa che a te, ma va bene.
«Grazie.» Sembrò quasi si fosse sforzata per articolare una sola parola.
Se c'era qualcosa che Camila davvero non sopportava, erano le persone come lei. Camila era lì ad ammettere i suoi errori e fare ammenda, ma Lauren era talmente supponente da non voler nemmeno provare a vedere i suoi sbagli. Gli altri peccavano, lei no. Lei non aveva niente da farsi perdonare. Fu già difficile dover ingoiare l'orgoglio e sedersi di fronte a lei, ma non intendeva imitare il suo atteggiamento infantile.
«Ci tenevo anche a scusarmi per aver esagerato l'altro giorno.» Si erano punzecchiate così di frequente che forse avrebbe fatto meglio a specificare per quale uscita di testa si stava dispiacendo, ma dalla mascella contratta della corvina arguì che non c'era bisogno di troppe spiegazioni. Si erano capite benissimo. «A volte posso essere impulsiva, mi sono sentita offesa -ferita, Camila, si dice ferita- e non ho riflettuto sulle conseguenze -tipo essere sfrattata di casa-. Questo è quanto.» Ingollò un sorso dal calice, maledicendosi per non averlo riempito prima di incontrarla.
Non riusciva a definire se gli smeraldi dell'altra si fossero rischiarati o incupiti, perché erano ancora orientati verso lo skyline. Almeno era riuscita ad allentare la tensione sulle vene del collo della corvina. Era un buon segno, no?
«Camila, il mio problema con te è che non sei l'unica a perdere il controllo quando siamo insieme.» Lentamente voltò lo sguardo su di lei, inchiodando i suoi occhi. «Lo perdiamo insieme. E io non posso permettermelo.»
«Lauren, l'unica cosa che hai perso è stata una stupida gara, niente di più.» Minimizzò Camila, scuotendo con indulgenza capo e sorriso, ma la corvina rimase impassibile.
«Una gara che non avrei neanche dovuto proporti. Abbiamo rischiato troppo per niente.» Inspirò a pieni polmoni. Era cresciuta con quella concezione di sé stessa: ogni errore se lo faceva pagare il doppio. Solo che, dalle sue parole, aveva intuito che imputasse a Camila l'origine del suo sbagliare. Dopo attimi di silenzio, soggiunse: «Tu sei uguale a me, e questo non ci porterà niente di buono.»
Camila incassò e metabolizzò le sue affermazioni. Si aspettava una discussione concitata o al massimo una conversazione accennata. Non era pronta ad essere investita da quell'ondata di onestà. Balbettò qualcosa di rimando, ma nemmeno lei trovava una bugia abbastanza convincente per smentirla.
«Non so, Lauren. Ma io non credo che il problema sia tu o io. Credo che la reale problematica sia la tua mania di controllo.» Già mentre confessava Lauren sospirava frustrata. «Ma è così!» L'apostrofò Camila.
«Tu non capisci.» Dondolò il capo, annegando la delusione nello champagne. Era tornata a fissare le ombre aranciate dei palazzi.
«Forse è vero, non capisco, va bene. Ma non sei solo un pilota, o un volto noto. Sei anche e soprattutto un essere umano, una donna, una persona.» Rincarò con insistenza Camila, ottenendo un'occhiata di tralice. «Non dico che tu possa condurre una vita anonima, ma nemmeno essere un'automa.» Adesso che gli smeraldi della corvina la rimiravano, Camila abbozzò un sorriso tiepido. «Non tutta l'esistenza deve essere per forza un traguardo. A volte va bene anche solo correre per non arrivare da nessuna parte. Forse è solo così che si capisce dove stiamo andando, o perlomeno dove dovremmo essere.» Si strinse nelle spalle.
Lauren la fissava taciturna. Camila si rese conto di aver detto una marea di fesserie che potevano andar bene per un'intervista, al massimo. Il fischio del vento era l'unico suono udibile sulla terrazza. Dopo qualche secondo di assillante imbarazzo, Lauren si pronunciò.
«E dove dovremmo essere, Camila?» Chiese trafiggendola con sguardo eloquente.
Camila si asciugò le labbra intinte di champagne e le bagnò invece con un sorriso. «In pista.» Decretò già in piedi di fronte a lei e con la mano tesa nella sua direzione.
Lauren fece spola fra il suo palmo flesso e i suoi occhi rilucenti. Non sapeva in quale dei due aveva più voglia di perdersi, ma era sicura che tornare a casa non sarebbe mai stato difficile come dopo quella sera.
Le afferrò la mano e si lasciò guidare verso la ressa. Erano tutti troppo avvinazzati per potersi preoccupare delle proprie mosse sghangerate. Persino Shawn, che raramente arrossiva così tanto, si stava dando alla pazza gioia. Camila le lasciò la mano solo per lanciarla in aria e spinge fuori tutta la sua euforia in un grido scomposto. Lauren sfarfallò le palpebre con un mezzo sorriso stupito sulla bocca. Non sapeva che ci potesse divertire così tanto con così poco.
Camila non era un asso nella danza, anzi, era contenta che fossero tutti abbastanza ebbri da dimenticare il giorno dopo. Lauren, se possibile, era ancora più impacciata di lei. Camila si dimenava senza posa. Sembrava così felice. Lauren provò ad emularla, lasciandosi andare a poco a poco. Prima fece un salto da una parte, poi dall'altra. Alzò le braccia al cielo, ma le mosse solo dopo aver preso il ritmo con le spalle. Poi, alla fine, non ricordava più come, ma stava ballando come tutti gli altri. Solo che lei lo avrebbe ricordato.
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