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Quattordici ↭ 7 minutes in Heaven (Atavan Halen)

[Calum]


«Quand'è che la smetterai di fissare il vuoto? Sei inquietante».

Sospirai, scostando il mio sguardo dal muro alla figura minuta di Nia, appollaiata sulla poltrona di camera mia come un gufo del malaugurio. Aveva i capelli sfatti e un paio di evidenti occhiaie sul viso dall'aria stanca, segno della notte insonne appena passata con me; eravamo pieni di problemi ultimamente e ciò non faceva altro che toglierci il sonno. Beh, perlomeno avevamo l'uno la compagnia dell'altra, se volevamo vedere il bicchiere mezzo pieno da quella situazione di bicchieri palesemente mezzi vuoti, di parole a metà o di parole che proprio non esistono.

Avevamo lo stesso problema, io e Nia: entrambi innamorati (anche se lei più di me, dovevo ammetterlo), entrambi non ricambiati (e forse da questo punto di vista era peggio per me, visto che Michael era fidanzato e per quanto potessi sapere i ragazzi non gli piacevano. Almeno Nia era al corrente dell'orientamento sessuale della ragazza che le piaceva). Entrambi afflitti dallo stesso problema, comunque, non potevamo far altro che cercare di consolarci a vicenda finendo per peggiorare le cose, ricordandoci soltanto quanto dannatamente sfigati fossimo. Ma avevamo soltanto noi stessi su cui contare, più o meno.

«Cos'altro devo fare? Non dormo da ventiquattro ore, sto cercando di prendere sonno», borbottai, facendo alzare gli occhi al cielo alla mia amica che si allungò verso il comodino per prendere le mie sigarette. Non fumava spesso, Nia, ma quando lo faceva sapevo che la situazione fosse un po' critica. Tuttavia, la lasciai fare senza chiederle niente, sapendo che non voleva parlarne. Mi limitai a sedermi per terra, di fronte a lei, e a prendere io stesso una sigaretta nonostante non ne avessi proprio bisogno.

Dopo qualche istante di silenzio, Nia si decise a parlare. Le sue parole non mi piacquero. «Oggi ho scoperto che Tori ha una ragazza», sbraitò, socchiudendo gli occhi mentre lasciava il fumo uscire dalle sue labbra, «Mi sono sentita come se il mondo mi fosse crollato addosso - e adesso capisco appieno come ti senti, quando quel cretino di Michael trascina la sua fidanzata ovunque ci sia anche tu».

Sospirai. «Dio, non volevo tu scoprissi come ci si sente», borbottai, facendola ridacchiare leggermente, «E comunque, Tori è una stronza. Lasciala perdere».

«Lo dico anche io di Michael. Tu mi ascolti mai?», mi chiese Nia, inquisitrice, sapendo di avere perfettamente ragione. il mio silenzio leggermente offeso confermò soltanto questa cosa.

Spensi la sigaretta nel posacenere che avrei dovuto pulire - ultimamente il mio consumo di sigarette era aumentato esponenzialmente. «La vita fa schifo al cazzo».

«Non posso non darti ragione», concordò Nia proprio nel momento in cui il mio cellulare squillava. Erano le sei del mattino, chi avrebbe potuto chiamarmi a quest'ora? Beh, un nome era passato nella mia testa a quel pensiero, e quel nome era lo stesso che adesso lampeggiava sul display scheggiato del mio cellulare decorato da un cuoricino che non avevo inserito io, quando avevo immesso quel numero in rubrica.

«Che c'è, Tessa? Mi spieghi perché mi chiami alle sei del mattino?», borbottai nel telefono, facendo ridere Nia che mi ammonì perché troppo scontroso.

«Oh, scusa! Disturbo?», mi chiese Tessa, sforzandosi invano di sembrare dispiaciuta, «Okay, non importa. Domani è il compleanno di Michael».

Alzai un sopracciglio. «E allora? Che dovrei farmene?», chiesi scettico, incrociando le gambe sul pavimento. Nia mi guardava attentamente, cercando di decifrare le mie espressioni e di capire di cosa stessimo parlando io e Tessa.

La ragazza all'altro capo del telefono sbuffò. «Non vuoi sapere cosa il mio cervello geniale ha partorito mentre stanotte non riuscivo a dormire?», mi chiese, senza aspettare una risposta per riprendere a parlare, «Stanotte, a mezzanotte, abbiamo pensato di fargli una sorpresa. E tu devi esserci».

Sospirai. «Tessa, spiegami io che dovrei farci con voi a fare una sorpresa a Michael per il suo compleanno. Non siamo amici, insomma, quasi non mi conosce! Siamo due estranei! E poi ci sarà sicuramente Crystal, e non so davvero se vorrei vederla», mi lamentai, facendo sbuffare Tessa.

«Crystal non ci sarà, è una cosa che facciamo solo noi amici», cercò di convincermi la ragazza, inutilmente perché io scossi la testa di nuovo - nonostante lei non potesse vedermi. Dava più enfasi alla conversazione.

«Esatto. E io non sono suo amico - né voglio esserlo. Quindi è tutto inutile. Grazie lo stesso per avermelo detto, però».

Tessa sospirò rumorosamente. «Senti Cal, non puoi passare dal nulla ad essere il suo ragazzo, quindi ti consiglio di muovere il culo e presentarti qui, stasera», borbottò, indispettita, «E sì, lo so che probabilmente è doloroso, che forse non vuoi esserci perché ti fa stare da schifo il fatto che lui abbia una ragazza, ma... è di vitale importanza che tu sia qui con noi stasera. In un modo o nell'altro dobbiamo pur farglielo capire che a lui piaci, e non possiamo di certo farlo se tu non ci sei mai!».

Alzai le spalle. «Ci penserò, okay?».

«Fammi sapere al più presto. E ti prego, pensaci sul serio. Non dirlo soltanto a me per staccarmi il telefono in faccia, okay?», borbottò dispiaciuta, staccando.

Guardai il telefono perplesso, indeciso sul da farsi. Una cosa era certa, io non volevo assistere al melenso spettacolo di Crystal e Michael e a guardare quest'ultimo felice, sapendo che la causa della sua felicità non fossi io - sì, ero impazzito fino a quel punto. E nonostante continuassi a ripetermi che fosse felice, e che dovessi lasciare le cose come stavano, c'era quella parte di me che desiderava strappargli quella felicità dalle mani, perché io dovevo essere l'unica felicità che Michael doveva conoscere. Era un pensiero altamente egoistico, ma non potevo farci nulla.

Nia che mi chiamava mi distrasse dai miei pensieri. Alzai lo sguardo verso di lei, chiedendole cosa volesse, e lei mi chiese, accusatoria: «Cos'è questa storia della sorpresa a Michael e di te che non vuoi andarci?».

***


Alla fine, dopo varie opere di convincimento da parte di Nia, mi presentai all'appartamento di Tessa e Claire dopo cena. Le due ragazze furono felici di accoglierci, entusiaste del fatto che io avessi deciso di andare da loro ad aiutarle per quella sorpresa a Michael; io, forse, ero l'unico a desiderare di non essere lì, ma ormai il danno era fatto. Dovevo ingoiare la pillola e sopportare la situazione.

«Oh, ciao Calum», mi salutò Luke, seduto a tavola. Ricambiai il saluto restandomene in disparte, osservando il biondo guardare un po' troppo intensamente Tessa, impegnata con Claire a mettere dell'impasto nei pirottini - probabilmente stavano cucinando dei cupcakes per Michael. Mi accorsi che ci fosse qualcosa che Tessa non mi aveva detto a proposito di Luke, ma non riuscivo a capire cosa. Avrei chiesto a Claire dopo, se mi fossi ricordato.

«Non stare lì impalato, su!», mi esortò Claire, ridendo di me, «Sciogliti un po'. Potrebbe essere un gran giorno».

Mi appoggiai a braccia conserte contro il muro. «La giornata sta per volgere al termine, e non mi è sembrata proprio grandiosa», mugugnai, facendo sbuffare Nia.

«Ma sta zitto, che non fai niente dalla mattina alla sera», protestò la mora, adesso seduta sul tavolo accanto ad Ashley, «E comunque, tu sai che a Michael piaci. Per come la vedo io sei su una nuvola di zucchero filato».

Sbuffai una risatina amara. «Una nuvola di zucchero filato andato a male», ribattei, facendo sospirare Nia.

«Dobbiamo soltanto riuscire a far ammettere a Michael che tu gli piaci. E ci riusciremo, ormai siamo convinte di questo», mi rassicurò Claire, regalandomi un sorriso dolce e rassicurante. Non riuscii a fare a meno di notare come gli occhi di Ashley si illuminarono a vedere la bionda sorridere; insomma, doveva essere proprio cotta. Il che era un problema, a dirla tutta, visto e considerato che Ashley fosse fidanzata - nonostante la ragazza fosse una stronza voltagabbana o giù di lì (almeno, così me la descriveva Claire quando ci capitava di parlarne).

«Se lo dici tu», chiusi il discorso, alzando le spalle.

Mentre aspettavamo che i cupcakes cuocessero e che scoccasse la mezzanotte, chiacchierammo del più e del meno finendo per ridere di stronzate nella piccola cucina di quell'appartamento. C'erano anche gli altri amici di Michael, quelli di solito sempre fatti, che da sobri erano proprio diversi; uno di loro, Ross, stava molto vicino a Tessa mentre parlavamo e la cosa sembrava aver insospettito Luke, che guardava i due come se avesse voluto ucciderli. E sì, era di sicuro successo qualcosa fra i due. E adesso volevo saperlo più che mai, ma prima che avessi potuto chiederlo a Claire, Matty ci fece notare che fosse mezzanotte. Così, armati di ben ventidue cupcake con tanto di candeline, bussammo alla porta dell'appartamento di Michael; non appena il ragazzo aprì cominciammo a cantare la canzoncina dei tanti auguri, facendolo arrossire e scoppiare a ridere.

«Oddio, ragazzi, non me l'aspettavo!», disse, facendoci entrare in casa, «Sono in pigiama, se non l'avete notato».

Tessa e Claire scoppiarono a ridere mentre Ashley e Luke saltavano al collo di Michael, abbracciandolo. Era davvero un bel momento, vedere quei tre insieme; si vedeva quanto si volessero bene.

«Okay, se vogliamo smetterla con le smancerie, dovresti soffiare le candeline prima che la cera si posi sulla crema al burro e io voglio mangiare questi cupcake da quando Tessa e Claire hanno iniziato a mescolare le uova con lo zucchero», si intromise Adam, facendoci ridere tutti mentre io, Tessa e Claire posavamo i cupcake sul bancone della cucina. Cantammo di nuovo la canzone mentre Michael soffiava sulle ventidue candeline, applaudendolo. Gli occhi di Michael si posarono su di me, trafiggendomi; io arrossii, ricambiando le occhiate prima di distogliere lo sguardo, incrociandolo con quello furbo e divertito di Nia che sembrava urlarmi di fare la mia mossa.

«Okay, io vado a fumarmi una sigaretta», borbottò Michael, afferrando le sue sigarette e l'accendino dal bancone della cucina, «Intanto voi sistematevi, okay? E Luke, dovrebbe esserci della coca cola in frigo. Se non c'è sentiti libero di prendere la vodka», aggiunse, prima di dirigersi fuori dalla cucina.

Luke ridacchiò. «Certo che passare dalla coca cola alla vodka è paradossale», disse, guardando il punto in cui era sparito il suo amico prima di guardare me, «Che aspetti? Va da lui», mi disse, facendomi arrossire.

«Perché dovrei?», chiesi, alzando le spalle.

Tessa sbuffò, spingendomi verso la porta. «Perché devi e basta. Avanti, va da lui!».

E chissà perché, spinto da un coraggio che non era assolutamente mio, diedi retta alla ragazza che mi stava spingendo tra le braccia della mia cotta impossibile. Finii fuori al balcone, accanto a Michael che, ancora in pigiama, era intento a fumare una sigaretta già consumata per metà. Non appena mi vide mi sorrise calorosamente, come se ci conoscessimo da anni; il suo sorriso riuscì a farmi battere il cuore a mille.

«Hey. Come mai qui fuori?», mi chiese curioso, sbuffando una nuvola di fumo.

Presi il mio pacchetto di sigarette dalla tasca. «Fumo», risposi, facendo spallucce.

Michael annuì, osservandomi accendere la sigaretta. Per un po' fumammo in silenzio, entrambi assorti nei propri pensieri; Michael mi sembrava perplesso, intento a guardarmi, a studiarmi più che altro. I suoi occhi su di me mi mettevano a disagio.

«Che c'è?», chiesi, spezzando il silenzio di quella notte di fine novembre, «Mi sembri strano».

Michael mi sorrise timido. «Niente, è che... lo sai, mi sembra di conoscerti da una vita. Eppure non ci parliamo quasi mai, io e te».

Arrossii, distogliendo lo sguardo. «Hai ragione», risposi, «Ma... è che non so come cominciare una conversazione, con te. Sei misterioso, e nonostante parli tanto mi sembri il tipo che non si apre con gli altri, almeno con quelli che non conosci», spiegai, voltandomi di nuovo verso di lui. Adesso Michael era di nuovo perplesso, si mordicchiava il labbro inferiore mentre lasciava che il vento consumasse la sua sigaretta. Ci guardammo in silenzio per qualche istante.

«Nessuno mi ha mai descritto in questo modo», borbottò Michael, arrossendo, «Non pensavo che qualcuno potesse pensare queste cose di me».

Mi morsi il labbro inferiore improvvisamente a disagio. «Oh, mi dispiace se ti ha offeso o altro», mi scusai, facendo ridere Michael che, dopo aver spento la sigaretta sulla ringhiera, mi posò una pacca sulla spalla.

«No, tranquillo, mi ha fatto piacere essere definito così da te», disse, sorridendomi, «Vedi di tornare dentro in fretta, conoscendo Ross darà fondo a tutti i cupcake nel giro di una decina di minuti».

Ridacchiai. «Finisco di fumare e vengo».

«Ti conserverò un cupcake, allora», disse, prima di rientrare.

Io sorrisi a me stesso, fissando la luna mentre il mio cuore batteva ancora a causa di quei sette minuti di paradiso che avevo appena passato, e che - ma questo non potevo saperlo - sarebbero stati il preludio di qualcosa di magnifico.

***


[A/N] Buonasera! (o notte/giorno, lol). Volevo postare più presto oggi, ma io faccio schifo e niente, eccomi qui con questo capitolo che è nato di getto. Non mi andava di scrivere questo capitolo né dal punto di vista di Tessa né da quello di Claire, e così ho deciso di fare questo extra sui Malum - anche perché avevo bisogno di un po' di angst fluffoso per questo san Valentino appena passato, ahaha

Spero che il capitolo non vi abbia fatto troppo schifo. A giovedì! ♥

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