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Capitolo 3

Era da un mese e mezzo circa che io e Camilla avevamo relazioni sessuali, ma io già sentivo che qualcosa non andava:

le faceva male, lo percepivo quando contraeva i muscoli in quel modo intorno a me o quando faceva piccoli gemiti di dolore. A volte dovevamo fermarci perchè le faceva doleva troppo. Inizialmente, pensavo fossi io il problema, ma come potevo trovare una spiegazione logica a questo?

Ero troppo per lei? Non era più abituata alle mie dimensioni?

No, questo sapevo che era impossibile.

L'unica opzione era pensare che fosse lei ad avere un problema.

Certamente non gliene parlai, sono cose da donne, ma non tornai più dal toccarla dal giorno in cui quasi si mise a piangere di dolore.

Era troppo da sopportare.

-Vado a trovare Mia!- Esclamò entusiasta, pausando i miei pensieri.

-Non è a lavoro, oggi?

Frenetica, scosse la testa in una negazione.

-No. E' a casa, a prepararmi la mia cioccolata preferita!

Annuii, seduto sul divano, con un giornale in mano e il sottofondo di un grande televisore acceso.

-Salutami Emanuele- Saltellando, venne da me e si chinò per darmi un bacio sulla guancia, per poi voltarsi e andare via saltellando di nuovo, con quel sorriso che non spariva mai dal suo volto.

Dio, quant'amo quella donna!


Quando uscii di casa, il mio sorriso svanì pian piano. Beh, avevo finto bene. Dopotutto, cinque anni di teatro pomeridiano a scuola erano serviti a qualcosa. Devo ammettere che per un momento era come se mi fossi catapultata indietro nel tempo, a quando feci quello spettacolo intitolato "Le bugie uccidono".

Ricordo che partecipai allo spettacolo come protagonista, e ricordo che ero io la moglie infedele e bugiarda che alla fine uccise il marito per poter scappare con tutti i suoi soldi. E poi mi era toccato sposare un'altro uomo ricco e ucciderlo, scappare con tutti i suoi soldi, e ricominciare tutto da capo.

Non capisco perchè ci fecero fare uno spettacolo tanto sciocco, insomma, io non farei mai una cosa simile nella realtà. E spero veramente che non succeda in quella vera vita. Sarebbe orribile.

Insomma, la verità è che quel giorno ero diretta verso all'ospedale per fare i prelievi del sangue.

Un'altra verità è che odiavo mentire a mio marito. Mi sorprendeva che riuscissi a farlo, dopotutto lui è così bello da farti perdere la testa. Basta guardarlo intensamente in quei suoi occhi così perfettamente azzurri per farti dimenticare tutto.

Cavoli, sembro un'adolescente parlando del suo moroso.

Ricordo che, entrata in ospedale, ero così ansiosa che mi tremavano le gambe. Sorridevo ad ogni donna in dolce attesa che mi si presentava agli occhi.

Quanto avrei voluto anch'io....

Mi misi a sedere su una di quelle scomode sedie in plastica verde, aspettando il mio turno. Incominciai a guardarmi intorno, fino a quando non sentii una voce squittire poco distante da me.

-Camilla, tesoro!

-Ciao, M...

-Vieni, sorellina, tu non hai bisogno di fare la fila!- Avrei voluto dirle di abbassare la voce, ma dopotutto le due avevamo una voce tanto alta e acuta. Povero Fabio, in quel momento avevo capito cosa devono sopportare le sue orecchie.

Mia è più grande di me di due anni, ma a volte sembra la più bambina. E' il suo comportamento a farlo sembrare. Non sembriamo neanche sorelle:

lei ha il fisico elegante di un manichino, capelli biondissimi come spighe di grano e occhi grigio-azzurri come un cielo in nebbia.

E io....

-Nervosa?- Mi chiese mentre fissavo il sangue fluire in quel tubicino di plastica. Incontrai il suo sguardo e, timidamente, sorrisi ad occhi spenti.

-Sì. Dopotutto non è normale. A meno credo.

-Andrà tutto bene, vedrai. Niente e nessuno potrebbe farti fuori.

Sì, ci avevo pensato un attimo. Fin da adolescenti, mi diceva che ero come un carro armato.

Indistruttibile.

-Sì, -Ripetei- potresti aver ragione. Magari è una cosa insignificante. E poi sia io che Fabio siamo sani. Non potrebbe accadermi nulla, giusto?

E fu quel suo piccolo sorriso compassionevole che era riuscito a rendermi più nervosa.

Non ero mai stata una persona negativa, nemmeno quella volta in cui dovetti far conoscere Fabio ai miei genitori.

Nemmeno quando io dovetti conoscere i genitori di Fabio.

Ma quella volta fu diverso, tutto fu diverso. Era come se una nuvola nera mi stesse volando intorno, come se i suoi fulmini si stessero caricando pronti a colpire.

E colpirono - più tardi - cinque giorni dopo....


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