Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 18

Due settimane.

Erano passate due settimane dall'incontro che avevo avuto con James, quel giovedì. Due settimane dalla prima seduta della chemio. Due settimane dalla confessione di Siria.

Non credevo che James l'avesse presa così male, la nostra separazione. A pensarci ora, eravamo adolescenti, l'età in cui tutto è importante e ci segna, ma sono passati tanti anni ormai. Insomma, io ero andata avanti, avevo conosciuto altri ragazzi -tra cui Fabio-, mi ero innamorata, avevo costruito il mio futuro, avevo un lavoro ed ero sposata. Ero bella, uno stipendio ottimo da portare a casa e vivevo con un marito bello da far paura e ricco come la povertà. Abitavamo in una casa enorme in mezzo al nulla, i gioielli riempivano i miei cassetti ed ornavano la mia pelle rosea quando uscivo con Fabio alla meta di cene importanti ed eleganti; i tessuti -il cotone, il pizzo, la seta, il raso- di indumenti e biancheria riempivano armadi e cassetti; le creme, i profumi, le lozioni, i cosmetici prendevano posto sul grande lavabo del bagno di camera nostra. A volte mi sembra ancora di sentire il profumo del rossetto rosso -così dolce-, uguale al sapore, che riesci a sentire nel momento in cui ti scappa di passarti la lingua sulle labbra. Il profumo della cipria, quando la poni delicatamente sul viso e compare la nuvoletta che pian piano scompare.

Questo, ed i profumi più dolci e profumati delle lozioni da barba e dell'eau de toilette, è il profumo della ricchezza

James, invece, era scappato. Ancor prima di finire il liceo era tornato in America per finire gli studi nel suo paese natale. Aveva fallito nella sua carriera ed era rimasto solo. Immerso nel sesso e nell'alcool, non era più riuscito ad amare perchè era rimasto nel passato. Colui che gli impediva di guardare verso un futuro sereno.

Poi, quando a sua madre venne diagnosticato il tumore, tornò per poter prendersene cura.

-Fabio, sto per vomitare- Gli dissi.

Incominciavo a diventare più debole del solito, conseguenza delle prime fasi della chemio, ed i capogiri e i conati di vomito non mancavano di certo.

-Scusami, amore -Si scusò. Ci fermammo di fronte all'ingresso dell'ospedale. Stavamo andando di corsa ed io ero appena capace di mantenermi in piedi- Tesoro mio, ti dispiace se ti lascio qui? -Mi chiese disperato, quasi ammattendo- Sto facendo tardissimo alla riunione e devo assolutamente andare, a meno che tu voglia rimanere senza più la nostra bellissima casa, ed i nostri bellissimi vestiti, ed i tuoi bellissimi gioielli....

-Ho capito, ho capito -Lo interruppi sorridendo. Quest'uomo è sempre in ansia, Dio!- Non mi offendo, è colpa mia in fondo, quindi va' pure.

In un gesto veloce, mi circondò la vita mi sollevò da terra e mi diede un forte e rumoroso bacio sulle labbra. Gemetti quando il suo tocco forte si avventò sulla mia pelle delicata e le mie ossa deboli. Quando mi rimise giù, scappò di corsa gridandomi un "ti amo" che ricambiai, ovviamente. Sistemai la gonna svolazzante del mio vestito bianco a fiori e guardai l'orario sul mio orologio d'argento, incamminandomi lentamente verso il quarto piano.

Siria leggeva "L'abbraccio della notte" -uno dei suoi romanzi rosa preferiti- seduta accanto alla finestra, Kitty non abbandonava il suo letto, sulla quale stava disegnando, ed io giocavo a carte con Marco.

-Come sta Elena?- Gli chiesi con un sospiro, appoggiando i gomiti sul tavolo.

-I dottori temono non ce la faccia ad affrontare l'operazione -Sospirò anche lui- Questa settimana la depressione l'ha indebolita molto e ho sentito che i dottori dicevano cose del tipo che probabilmente le dovranno fare una trasfusione di sangue.

-Perchè?

-Temono che ne perderà un sacco, essendo qui- Disse, facendo dei gesti con la mano sulla sua pancia.

La visione del sangue nella mia mente incominciò a farmi salire la bile. Il fiato mi si fece pesante ed incominciai a sudare freddo. Marco mi passò in un secondo la mia "bacinella" ed io la presi allungando un braccio; tremavo come una foglia. L'appoggiai sulle mie gambe, mi chinai e posai la fronte sudata sul bordo di plastica. E lo schifo uscì dal mio corpo, passando dalla gola che andava in fiamme, mentre improvvisamente sentii una mano accarezzarmi la schiena.

-Dai, che sei forte -Mi consolava Marco ed io, tra una tosse e l'altra, lo mandavo a quel paese- Come siamo simpatici- Ridacchiava lui.

Prendendo respiri profondi, pian piano mi calmai. Poi, le lacrime presero il possesso dei miei occhi. Volevo Fabio, volevo mio marito accanto, volevo che mi stringesse a sé, che mi accarezzasse e mi dicesse di stare tranquilla. Volevo che mi difendesse da tutti i mali, anche da quelli da cui non poteva difendermi. Volevo semplicemente non trovarmi in quel fottuto ospedale.

Appoggiai la bacinella sulla sedia accanto a me e Marco mi pulì la bocca con un fazzoletto, preso probabilmente dalla mia borsa appoggiata sul tavolo.

-Che schifo- Mormorai, chiudendo gli occhi, e due lacrime scivolarono sul mio volto.

Marco tirò un sospiro e mi abbracciò. Io lo strinsi a me, mentre lui mi accarezzava i pochi capelli deboli che mi rimanevano. Poi sentii una manina toccarmi la spalla e ci separammo per vedere Kitty che, con le sue occhiaie di guerra, mi guardava. Gli occhi castani e lucidi, quasi supplichevoli, si abbassarono per guardare il foglio che aveva tra le mani; riprese a guardare me e allungò le braccia.

-Per me?- Chiesi, prendendole il foglio dalle mani. Lei non rispose, semplicemente annuì e mi accarezzò la guancia.

Quel tocco gelido sulla mia pelle bollente mi fece venire un brivido di piacere. La bambina più bella del mondo. La guardai per un momento tornare lentamente, strisciando i passi, al suo letto; poi posai lo sguardo sul disegno, che raffigurava un'edificio con una grande croce rossa da un lato e dall'altro alcuni omini stilizzati con i loro nomi.

-Guarda, ci sono anche io! -Esclamò Marco, indicandosi sul disegno- Ma quello sulla quale sono seduto sembra una macchina schiacciata con le ruote sgonfie, non una sedia a rotelle!- Rise.

-Chi sono Giacomo e Stefano?- Domandai, leggendo i nomi sopra due teste calve accanto a quella di Marco.

-Sono i miei migliori amici! Noi facciamo terapia il martedì, ma veniamo sempre ad importunare gli altri durante la settimana- Mi fece l'occhiolino.

Io alzai gli occhi al cielo.

-Perchè non sono qui, con te?

-A quegli immaturi piace andare a spaventare i bambini nelle sale parto o infastidire quelli più grandicelli nel reparto di pediatria. Fino a quando non li cacciano....- Mormorò infine.

-Ma, qual è esattamente il vostro scopo?- Domandai, alzando un sopracciglio. Lui, come risposta, fece spallucce ed io alzai gli occhi al cielo ancora una volta. Uomini. Adolescenti.

-A volte vengono a fare un salto anche qui e giocano con Kitty.

-Importunano anche la piccola Kitty?- Chiesi, quasi disgustata.

-Non più. La prima volta che ci hanno provato, lei li ha picchiati -Spalancai gli occhi, sbalordita- Sul serio! Stefano era tornato in camera con il tatuaggio di una mano in faccia!- Scoppiò a ridere.

Sentii un piccolo sospiro e mi girai verso Kitty, scoprendo che se la stava ridendo sotto i baffi. Che piccola birbante.

-Ed è così che finì la storia -Tornò a sospirare Marco- Due uomini affondati da una marmocchia di cinque anni.

Amore mio, perdonami. Arrivo il prima possibile, poi ti racconto. Ti amo.

Lessi sul mio cellulare. Un po' dispiaciuta, sbuffai.
"Che faccio, adesso?".

-Allora? -Sentii una voce, ed alzai lo sguardo- Ancora qui? Ti stai affezionando al posto?- Elevò le sopracciglia Marco.

-Mio marito è a lavoro e farà un po' tardi- Sospirai.

-Volevo chiederti una cosa, ora che mi viene in mente -Cambiò argomento- Ma ho bisogno che vieni in camera mia.

-Devo preoccuparmi?- Chiesi, alzando un sopracciglio e lui, con un sorriso beffardo rispose con un "Nah".

Lo seguii lungo il corridoio metà verde, metà bianco dei ricoveri, fino a quando non entrò in una stanza. Era grande, le pareti non perdevano il loro colore verde muschio-bianco e i quattro letti erano stati rifatti con nuove lenzuola bianche.

-Entra pure- Disse, dopo essersi fermato davanti ad un comodino. Mentre entrai, lui aprì il primo cassetto e ne estrasse una scatolina color panna.

-Ho chiesto a mia sorella di comprare questo -Incominciò. Mi sedetti sul letto, che presumevo fosse il suo, e lui aprì la scatola. Un bracciale in argento con alcuni ciondoli che riprendevano coccinelle rosso fiammante era sostenuto dalla spugna nera- Credi che possa piacere ad Elena? Insomma, sono andato sul sito di una gioielleria e mi è sembrato carino questo coso -Pareva così tenero e confuso- A voi donne piace questa roba, no?

Annuii.

-Non so dirti se piacerà o no ad Elena. Io non la conosco, ma sembra carino da regalare ad una ragazza. Sei davvero molto dolce- Gli sorrisi.

Con il viso che diventava rosso, mise il broncio e brontolò, a sguardo basso:

-Non sono dolce. E' solo uno stupido braccialetto comprato dai cinesi.

Risi di fronte al suo imbarazzo, mentre lui riponeva la scatolina nel cassetto con attenzione.

-Sì, certo- Gli diedi retta. I ragazzi sanno essere davvero orgogliosi.

-Bene -Sospirai, mettendomi in piedi- E' meglio che vada, credo che farò una sosta al bar -M'incamminai verso la porta- Vuoi qualcosa?- Mi fermai e mi girai.

-No, grazie- Mormorò, salendo faticosamente sul suo letto.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro