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Capitolo trentatré


Ciao ragazzi.

Anzitutto scusate l'enorme ritardo. Mea maxima culpa. Ho avuto un po' di intoppi, perciò ho dovuto purtroppo trascurare un po' la storia. Comunque... Adesso il capitolo è finito! E non solo quello, ma anche Fight Back.

Non mi dilungo troppo, ma inserirò alla fine del capitolo un commento personale. Come sono avvezza a fare.

Buona lettura.

Tutti noi conserviamo un momento nella vita in cui qualcosa dentro di noi è irrimediabilmente cambiato. Può essersi rotto qualcosa, può essersi avverato un sogno, possiamo aver inaspettatamente scoperto una inumata passione. Qualunque cosa sia accaduta, quello si chiama "il punto di non ritorno." Ed è il baratro in cui cadiamo a braccia aperte, accogliendo noi stessi e la nostra vera natura.

Ora, non so in quali circostanze alcuni di voi abbiano provato questa sensazione, forse alcuni devono ancora sperimentarla, anzi sicuramente... Ma per quanto riguardava Lauren, lei lo aveva capito sul ring.

Non era stata solleticata da quella sensazione la prima volta che aveva sferrato un pugno, ne durante la sua prima vittoria o durante la sua prima intervista. Non era stato il bagno di flash che le aveva suscitato quel cambiamento, ne le lusinghe di un pubblico in visibilio. No. Aveva provato quella intima sensazione la prima volta che il pugno l'aveva ricevuto, era caduta a terra. Era stato proprio mentre assaporava il rivolo di sangue che aveva udito un tonfo dentro, qualcosa di insanabile.  E anche se fisicamente avesse avuto la forza di rialzarsi -cosa che non sarebbe stata possibile-, sarebbe comunque rimasta prona sul pavimento a causa del vuoto che le serrava petto e gola.

Aveva fatto di tutto per evitare quel momento, parafrasando una chiara voce in sillabe dissonanti. Ma ora si era tolta il paraorecchie e si era decisa ad ascoltare, nonostante il caos che le rimbombava da dentro.

E per Lauren ascoltare era sinonimo di allenarsi. Trascorreva ore ed ore in palestra, con la testa china e lo sguardo accanito. Anche quando i muscoli si indolenzivano, quando lo sforzo eccessivo le grondava sulla fronte e le stremava il respiro. Era un fatto psicologico. Non c'entrava niente la fisicità, non secondo i criteri di Lauren. Se riuscivi a resistere mentalmente, il dolore fisico non poteva niente.

Camila usciva di casa la mattina, andava a lavoro e invece di rincasare si dirigeva direttamente alla palestra dove restava in disparte ad aspettare che Lauren terminasse il suo assiduo allenamento. Infine tornavano a casa insieme, cenavano e dormivano. Era diventata una routine statica, anche un po' taciturna, ma entrambe ne rispettavano i ritmi, soprattutto Camila che si era adeguata alle condizioni transitorie di Lauren che sapeva aver bisogno di supporto in un momento di possente tensione.

La corvina non spicciava parola riguardo l'imminente incontro, ma in realtà il suo silenzio era più espressivo di qualsiasi forma di comunicazione. E anche se Camila sapeva decodificare i messaggi criptici che la ragazza le scoccava raramente con uno sguardo più timoroso, iniziava a vivere il silenzio irriverente della corvina con angoscia e nervosismo.

Una mattina aveva raggiunto il picco culminante quando entrando in ufficio aveva fatto irruzione nello studio di Dinah con queste accuse a carico:

«Dobbiamo fare causa a dei cerotti per razzismo sottinteso. Ti sei mai accorta che quelli chiari costano tre dollari e quelli scuri soltanto uno?!» Aveva inveito in preda ad un delirio insonne che aveva arrecato alla polinesiana un cipiglio frastagliato.

Dinah ovviamente aveva impedito agli impiegati di assecondare i vaneggiamenti della cubana, e con un escamotage era riuscita a staccare il computer dell'amica e incolpare dei lavoratori dall'altra parte della strada che per motivi di sicurezza avevano staccato la corrente elettrica.

«Ricordami di citare in giudizio anche loro.» Aveva ringhiato a denti stretti, sbattendo poi la porta.

Fortunatamente quelle ingegnose insinuazioni, perché bisognava riconoscerle di aver sviluppato una certa arguzia per trarre certe accuse, caddero pochi giorni dopo, quando Lauren si accucciò contro la sua spalla una sera davanti alla tv.

«Non so se rinunciare alle regionali sia stata la cosa giusta.» Mormorò imbarazzata, sentendosi in colpa anche solo per aver formulato tale pensiero.

«Lauren, grazie a te abbiamo incastrato Sigmund. Tommy ti sarà riconoscente per tutta la vita. Ed io sono fiera di te.» Le afferrò le guance fra le sue e inchiodò i loro sguardi in un unico raggio imprescindibile «Quale vittoria migliore?» Un flebile sorriso le era affiorato sulle labbra, ma quelle della corvina erano rimaste impassibili.

«Lo so, ma era un piccolo passo per riprendere la strada verso un trofeo più grande. Sono grata per la possibilità di affrontare Polanka, ma mi ha già battuta una volta, perché non anche la seconda? Forse con le regionali avevo più probabilità di successo. Tutto qui.» Incassò le spalle, tentando di smorzare con un'attitudine Angelica il tono superficiale che temeva avesse intonato la conversazione.

«Sei bravissima. Indipendentemente da come andrà a finire, per me hai già vinto tu.» Sussurrò la cubana, annuendo flebilmente ma convinta, senza mai distogliere le pupille da quelle di Lauren.

A quel punto la corvina aveva sorriso e sembrava che la sua paura si fosse davvero stemperata, poi l'aveva baciata castamente, ma per via degli allenamenti serrati le due non si concedevano un momento intimo da quasi una settimana, per questo Camila non resistette alla tentazione di approfondire il bacio e trascinare Lauren per le spalle sopra di se.

«Ho gli allenamenti presto domani mattina...» Aveva tentato di dissuaderla la corvina, ma blandamente.

«Si, si... ok..» Aveva palesemente ignorato l'avvertimento la cubana, spegnendo la peretta della lampada che era l'unica fonte di luce nella stanza.

*****

Lauren aveva indossato i suoi guantoni portafortuna, un talismano da cui non si separava mai. Era stato Tommy a battezzarlo tale, conferendogli un prestigio che Lauren aveva sempre sbeffeggiato, ma che nel profondo rispettava ligiamente. Era un po' superstiziosa, soprattutto per quanto riguardava il ring.

E specialmente per incontri importanti. E quale incontro più insigne della finale di pugilato dei mondiali?

«Alzati, Lauren, cazzo!» Camilla la frustò con un cuscino in piena faccia. La corvina emise appena un gemito, prima di riceverne un altro sulla pancia.

Era ancora immersa nel dormiveglia mentre i ricordi le solleticavano le ciglia, alternandosi con il taglio di luce che filtrava dalla tapparella.

Era arrivato il gran giorno. Lauren sapeva prima di poggiare le punte dei piedi a terra che quella giornata poteva concludersi solo in due modi: in una gloriosa rivalsa, o in una penosa e duplice sconfitta.

Da una parte avrebbe preferito restare a crogiolarsi nel letto, così non avrebbe dovuto fronteggiare l'eventualità di un flop, ma dall'altra sapeva che se non si fosse alzata avrebbe rimpianto quel momento nei giorni a venire.

Si scrollò di dosso la brina del sonno e camminò, arditamente, scalza, sul gelido parquet. In bagno si sciacquò via gli ultimi residui del sonno e passò bruscamente alla veglia. A volte avrebbe voluto appartenere alla comunità dei Masai, abili africani che passavano dal sonno profondo alla veglia lucida in pochi attimi. Controllando le occhiaie allo specchio intuì che il suo sarebbe rimasto un sogno nel cassetto.

Si sciacquò nuovamente le gote arrossate dalla fodera e quando rialzò lo sguardo vide gli stessi occhi verdi di anni addietro.

«So che puoi farcela, sei la migliore.» La voce fraterna di Tommy le rimbombava nelle orecchie, un eco remoto ma nitido.

«So che posso farcela, ma la pressione è alta, Tommy.» Si sentì dire, ricordando il momento esatto in cui il suo sguardo aveva brancolato fuori dal finestrino per evadere l'entusiasmo radicato del suo allenatore.

Troppe aspettative gravavano sulle spalle di una buona a nulla. Continuava a ripetersi, mentre si torturava avidamente il labbro.

«Ehi.» La mano dell'amico si era poggiata sulla sua coscia e la corvina era stata obbligata a voltare lo sguardo anche solo per un secondo «Hai sconfitto avversari peggiori di Polonka.»

«Lauren! Hai deciso di fare tardi proprio stamani!?» La voce preoccupata e innervosita di Camila la strappò dal passato, riconducendola ad una realtà parallela.

«No, scusa. Ho quasi finito.» La rassicurò con voce fioca, osservando il contenuto ruscello che sgorgava dal rubinetto. Stavolta si annacquò il viso solo per detergerlo dalle ombre del ricordo.

Quando uscì dal bagno, approssimativamente dieci minuti dopo, la cubana stava sbuffando a giro per casa, più ansiosa della stessa Lauren. Le porse la borsa già pronta, le elencò i materiali che aveva inserito e le chiese se avesse bisogno di altro. La corvina si ritrovò a scuotere la testa, ma in realtà non aveva colto nemmeno una sola parola.

«Tommy sarà qui fra cinque minuti. Vestiti, io intanto avverto Dinah di chiudere l'ufficio e raggiungerci.» Camila aveva certamente preso le redini della situazione.

Da una parte Lauren era grata e sollevata, ma dall'altra si sentiva stordita dalla risolutezza quasi lavorativa che stava esercitando Camila. Forse non era esattamente di quello che aveva bisogno.

Comunque seguì alla lettera le istruzioni date e indossò i quattro e quattr'otto i pantaloncini, la maglietta del team, le scarpe apposite e... No, niente guantoni portafortuna. Stavolta non ne aveva bisogno, perché il suo talismano avrebbe occupato un posto in prima fila.

Dopo qualche minuto Tommy andò a prelevarle con il furgoncino e qualche ragazzo dello staff. Tutti si complimentarono con Lauren ed esternarono il loro supporto e la loro fiducia, ma la corvina rivolse pochi cenni e qualche tiepido sorriso a tutti, poi niente. Si rifugiò nel silenzio come aveva attuato prevalentemente per tutte le settimane.

Camila e Tommy si scambiarono un'occhiata apprensiva attraverso lo specchietto retrovisore, e la cubana mimò a fior di labbra un "Ci penso io."

Durante il tragitto non disturbò Lauren, sapendo bene quanto importante fosse per lei restare da sola con i suoi pensieri. L'aiutava a concentrarsi, a scartare idee fasulle ed escogitare soluzioni a papabili problemi, perciò rimase defilata. Solo quando entrarono allo stadio, Tommy proseguì verso il ring dove un giornalista lo attendeva per un intervista lampo, mentre Lauren raggiunse la porta in fondo al corridoio, ovvero gli spogliatoi, Camila pedinò le sue orme.

La trovò seduta con la testa fra le mani e una gamba instabile. Poggiò una mano proprio sul ginocchio di essa, placando il fremito esagitato. Lauren alzò di scatto la testa, ignara dell'identità del suo interlocutore, finché non riconobbe i lineamenti suadenti della cubana.

Camila le sorrise soltanto e si sedette accanto a lei. Intrecciò la mano alla sua e non disse una parola. Tutti avevano accreditato a Lauren un gran talento e un'irreprensibile tecnica, ma lei non necessitava di essere lodata per qualità che lei stessa si attribuiva. Aveva solo bisogno che qualcuno le restasse vicino, vicino in quell'intimità che solo chi ti ama può comprendere.

Dopo quella lacuna di silenzio che le distanziò dal resto per minuti infiniti, Lauren annuì soltanto e prese a cambiarsi, indossando le ultime cose di cui abbisognava per calcare la scena. Camila la lasciò terminare in pace, voltandosi solo un attimo mentre varcava la soglia.

«Va tutto bene?» Domandò Tommy, che aveva concluso l'intervista e si era appostato fuori dagli spogliatoi.

Camila notò il chiaro nervosismo che gli rabbuiava lo sguardo e gli screpolava le labbra, così lo rincuorò con una pacca sulla spalla e un assenso deciso.

«Sta bene.»

«Adesso Lauren Jauregui di sta avvicinando al ring. Ricordiamo che ha collezionato una striscia di vittorie e che arriva invitta sulla scena. Ci sono tutti i pronostici per una sua probabile vittoria.» Applausi, fischi, ancora applausi «Dall'altra parte Alexandra Polanka, la tigre del ring. Ha subito solo due sconfitte e il suo curriculum fa invidia ai pesi massimi. Mi aspetto una bella finale. A te la linea, Mike.»

Lauren ricordava bene la sua presentazione. Rammentava di aver commesso l'insulso errore di sottovalutare la sua avversaria. Per lei avevano riservato un'introduzione encomiastica, mentre per Polanka uno scarno par condicio. Niente di cui preoccuparsi.

Quando valicò lo spiovente che oscurava l'entrata nel dietro le quinte, il pubblico esplose in un'ovazione che le risuonò nei timpani come un tamburo. Abitualmente avrebbe alzato le braccia in aria, un po' arrogante e strafottente, ma stavolta le tenne basse e non accennò a nessun gesto se non un cenno cordiale di saluto. La sua antagonista azzardò certamente di più facendo un'entrata teatrale e pomposa che non fece né caldo né freddo a Lauren.

«Okay, Lauren, stavolta le facciamo il culo.» L'aveva galvanizzata Tommy, ma la corvina aveva asserito solo una frase.

«Chiama Camila.» E il suo sguardo, cupo e intimorito al contempo, non aveva ammesso repliche.

Tommy aveva vacillato qualche istante, preoccupato per lei, poi si era avvicinato alla folla e aveva fatto segno alla cubana di raggiungerlo. Camila aveva prima osservato il ring, poi era scattata verso di lui.

«Vuole te.» Le aveva semplicemente sussurrato Tommy, dandole una leggera spinta verso il ring.

La cubana si era arrampicata malamente sulle corde e Lauren, anche se non l'aveva guardata fino ad allora, si girò di scatto come se al contrario l'avesse tenuta d'occhio per tutto il tempo.

Camila l'aveva guardata negli e aveva scosso appena la testa, in cerca di risposte. Lauren non aveva mosso un muscolo, ma non servivano parole quando gli sguardi si intendevano. La cubana aveva inspirato profondamente, aveva teso le braccia verso di lei e l'aveva attirata a se. Lauren si era piegata e si era lasciata baciare sulla fronte già sudata. Un ultimo sguardo e la cubana era ridiscesa, restando ferma sotto il ring. Lauren aveva annuito, ed era suonata la campana.

Jab, jab, destro.. Presa! E Lauren ricordava la fitta alla tempia.

Jab, destro, jab... Schivata. Si era spostata sulla sinistra e Polanka l'aveva seguita ferocemente.

Finta, jab, ancora una finta, destro. E Lauren ricordava di aver assaporato il sangue in bocca.

Finta, finta, jab, jab. Appena sfiorata, e Lauren aveva sterzato sulla destra ore, evadendo dalla morsa che Polanka tentava di crearle.

Jab, montante, destro.. E Lauren era caduta per la prima volta, ma poi era iniziato il secondo round.

Destro, montante... Lauren aveva sferrato un gancio prima che Polanka realizzasse e l'avversaria aveva barcollato.

Erano già al settimo round e nessuna delle due aveva intenzione di mollare. Polanka si giocava la reputazione, Lauren la rivalsa.

Combinazione di jab e diretto. Lauren era caduta definitivamente a terra. Aveva udito la folla sussultare e uno scotoma visivo si era lentamente impadronito della sua vista, fino ad annerirla completamente.

Jab, gancio. Schivata di Polanka. Destro, montante. Niente da fare, Lauren era fuggita prima che la sfiorasse. Combinazione jab e diretto, una finta, un destro micidiale e... Polanka si era rovesciata a terra con un tonfo sordo.

Uno, due...

Tre, quattro...

Cinque, sei...

Sette, otto....

Nove, dieci...

No, stavolta non aveva perso Lauren, ma Polanka.

L'arbitro decretò la sconfitta effettiva e innalzò le braccia della corvina verso il cielo. All'unisco si accorpò un boato strepitante dalla folla che inneggiò il nome della corvina. Avevano vinto tutti quella sera.

Il suo punto di rottura si era finalmente rimarginato.

E tu? Tu conosci la tua frattura interna? Sì? Allora è ora che salga tu sul ring.

Lauren voltò lo sguardo verso la cubana, che era ancora sotto al ring, ed entrambe si sorrisero con le lacrime agli occhi. Sì, avevano vinto tutti quella sera.

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Spazio autrice:

Allora... Credo che lasciare questa storia sia difficilissimo davvero. So che probabilmente lo dico alla fine di ogni storia, ma Fight Back ha avuto un effetto catartico su di me. Mi ha accompagnato in un periodo difficile ed è stata una gran vittoria portarlo alla fine.

Questa storia mi sta molto a cuore perché ci sono pezzi di me sparsi un po' dovunque e solo chi mi conosce bene potrà carpirli. Sono contenta che non tutti possano intuirli, perché laddove non vedete me, molti hanno visto loro stessi e questa è la più bella vittoria di questo percorso.

Sono davvero contenta del risultato finale e ci tengo a ringraziare tutti. Spero di ritrovarvi anche nella prossima storia! Che, fra parentesi, verrà pubblicata lunedì. Devo fare alcuni aggiustamenti, ma più o meno ci siamo. Spero di non fare guai con un thriller. Dita incrociate 😱🤞🏻

Grazie mille ancora a tutti.

A presto.

Sara.

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