Capitolo trentotto
Camila aveva trascorso tutta la notte in ufficio, affaccendata con alcune cavillose pratiche che voleva smaltire al più presto. Si era accorta che era venuta mattina quando la sveglia del telefono -quella impostata regolarmente durante i giorni infrasettimanali- aveva squillato esigente, spezzando nettamente il silenzio austero che aveva spadroneggiato a lungo fra le quattro mura.
Un lieve mal di testa le titillò le tempie. Camila mise giù la penna, dopo sette ore ininterrotte di lavoro, e decise di uscire dal suo rifugio -o prigione- per concedersi un meritato caffè.
La hall era ancora scevra di personale, essendo appena le otto del mattino. Inserì gli spiccioli nella macchinetta, che li mangiò all'istante, dopodiché appoggiò un gomito contro di essa e riposò la guancia sul palmo della mano, aspettando pigramente che la miscela riempisse il bicchierino.
Basterà metterà una firma.. Devo ricontrollare la clausola... Ho spento la sveglia, vero? Meditò assonnata Camila, sbirciando il rivolo di caffè riversarsi ancora un'ultima volta prima di emettere il consono fischio che avvisava il completamento.
«Ecco a te.» Satireggiò Camila, personificando la voce meccanica della macchinetta «Puoi bere il tuo caffè rancido e insapore, oh-oh.. Buona giornata.» Roteò gli occhi al cielo, soffiando sul caffè che da quanto era bollente fumigava.
Quando si girò, per poco non si rovesciò la bevanda calda sulla camicetta stropicciata. Trasecolò impreparata e poi, appena il suo cuore si stabilizzò, rivolse un'occhiata turpe a Lauren che era stagliata in mezzo al corridoio, con la granata fra le mani e un sorriso beffardo che affiorava dalle labbra carnose.
«Vaffanculo.» Mormorò Camila, portando una mano sul cuore galoppante. Prese un bel respiro, cercando di acquistare i frenetici battiti.
«Se devi continuare a parlare con la macchinetta, fai pure eh. Sembrava una conversazione piuttosto interessante.» La schernì acrimoniosa, fissandola con il solito sguardo impertinente che imbestialiva Camila.
«Non ho tempo da perdere.» Bofonchiò irritata la cubana, avanzando a passi decisi.
Lauren balzò in mezzo al suo cammino, interferendo con i suoi propositi. Camila tentò di aggirarla, di cambiare direzione, ma la corvina le si parò davanti imperterrita, rimirandola con sorriso enigmatico quando la cubana la incenerì con lo sguardo.
«Ti vuoi togliere dai piedi?» Squittì, con voce acutizzata dal tedio esacerbante.
«No.» Replicò disinvolta Lauren, scrollando le spalle.
Camila roteò gli occhi al cielo, bevve un sorso del suo caffè -senza mancare di una smorfia disgustata-, poi spodestò indelicatamente Lauren, liberando il passaggio. La corvina si lasciò superare, non più così tanto convinta di voler intavolare quella conversazione con Camila... Perché sapeva che era la cosa giusta da fare e lei non era mai stata un'esperta in tale ambito.
«Riguardo a ieri!» Esordì, strizzando gli occhi e serrando la mascella, senza voltarsi nella direzione di Camila «Io credo...cioè... sì, credo di, ehm, di doverti delle.. delle scuse.» Farfugliò, schiarendosi subito dopo la voce per mascherare l'imbarazzo e il disappunto che covava.
Camila tese le orecchie, pensando di aver udito male. Fu quasi tentata di domandare a Lauren di ripetere la frase, ma poi convenne che doveva accontentarsi; la corvina aveva già dato prova di maturità, meglio non arrischiarsi oltre.
Virò lentamente verso di lei, trovandola ancora di spalle, con la mano stretta sul corpo della granata e le nocche bianche. Inspirò profondamente, soppesando le parole. Non era facile, con Lauren, formulare un discorso neutro che non sobillasse i suoi istinti a scattare sulla difensiva e al contempo a non indispettisse il suo intramontabile sarcasmo.
«Scuse accettate.» Sentenziò infine Camila.
Per un secondo pensò di aver sbagliato risposta, perché le spalle di Lauren si irrigidirono con uno scatto, ma poco dopo sciolse i muscoli e, almeno così le parve, sospirò rasserenata.
Camila girò di nuovo i tacchi, facendo riecheggiare i passi ritmici sul pavimento, ma ad un certo punto si immobilizzò. Adesso era lei quella in difficoltà, impegnata ad estromettere il suo orgoglio per sancire una temporanea e necessaria tregua.
«Senti..» Iniziò, senza voltarsi, ma percependo lo sguardo penetrante di Lauren sulle sue spalle e si avvide del perché, prima, la corvina le aveva contratte «Devo ancora istruirti per l'intervista. Oggi ho troppo lavoro, ma domani mattina ho qualche ora libera...» Lasciò volutamente la frase in sospeso. Non c'era bisogno di ulteriori spiegazioni, o inviti. Se Lauren voleva accettare, la proposta era più che evidente.
«Arriverò in anticipo.» Tagliò corto la corvina, dandole ad intendere la sua approvazione.
Camila assentì con un solo cenno del capo, poi raggiunse il suo ufficio e si chiuse dentro per tutto il giorno.
*****
«Ammettilo, dai. Vuoi farmi arrestare.» Ringhiò a denti stretti Lauren, ma con una punta d'ironia che fece sorridere Camila.
Quest'ultima si affrettò a scuotere la testa, rinnegando il pensiero malfido della corvina. Lauren sospirò rumorosamente, portò le braccia conserte e seguì riluttante Camila nella ridda proliferante di persone che popolavano la piazza.
«Certo che, potevi anche non azzardare tanto. Insomma i modi per spedirmi in gattabuia li hai, invece ti sei inventata questa pagliacciata.» Recriminò borbottante Lauren, strappando una risatina da parte dell'altra che però si disperse nello sciame cacofonico.
«Sarà divertente.» Commentò Camila, orientando lo sguardo alle sue spalle solo un istante per registrare il cipiglio scettico di Lauren.
«Sto già ridendo.» Asserì sardonica la corvina, digrignando i denti in quella che parve più una smorfia che un sorriso.
Si fermarono al centro della piazza, dove Camila vagliò oculatamente la folla, scandagliando passante dopo passante, tentando di evincere caratteristiche dalla loro personalità dal modo in cui le donne ancheggiavano involontariamente sensuali, o da come gli uomini rallentassero l'incedere svelto di fronte alle sinuose e allettanti curve.
Lauren sbuffava sonoramente, rimarcando costantemente il suo insofferente rifiuto, che, però, non veniva minimamente considerato da Camila. Aveva intenzione di portare a termine la sua idea, per capire se Lauren fosse pronta o meno a duellare con la videocamera e.. sì, beh.. un po' anche per divertirsi.
Camila individuò un uomo tarchiato che barcollava spaesato fra la folla, rassettandosi ad ogni urto il modo della cravatta. Doveva essere nuovo nell'ambiente, si coglieva chiaramente l'apprensione che sgranava il suo sguardo errante, incuriosito ma al contempo intimorito di intercettare occhi altrui.
«Perfetto.» Dichiarò la cubana, e Lauren imitò la traiettoria della sua mira.
C'era un gran fermento e discernere quale vittima la giurisdizione di Camila avesse scelto, non era facile. Ma, in mezzo a tanto frastuono confuso, Lauren non ebbe dubbi su chi la cubana avesse condannato. Si, perché Camila era certa che Lauren si sarebbe attenuta ai piani prestabiliti, ma l'animo indomito di Lauren scalciava impetuoso... Avrebbe aggiunto una variante, una piccola soddisfazione personale che contravvenisse alla tirannia di Camila.
«Ti ricordi quello che devi fare?» Allungò il collo verso di lei, continuando a fissare l'uomo dallo sguardo spaurito.
«Guarda e impara.» Si pavoneggiò Lauren. Se c'era una cosa alla quale si affidava maggiormente che al suo caustico sarcasmo, era la spregiudicata dote di persuasione che possedeva ampiamente.
Avvicinò l'uomo, lo impietosì con il discorso ideato da Camila -quest'ultima osservava la scena da debita distanza, non volendo insospettire la vittima-, ma poi dirottò il discorso e si attenne alle sue condizioni.
Lo scopo di Camila era di convincere un qualsiasi passante a credere che Lauren facesse parte di un'organizzazione benefica. Il suo obiettivo era semplicemente persuadere il soggetto in questione a recarsi allo stabilimento e devolvere dei soldi per progetti missionari, ma Lauren depennò quest'ultimo particolare e lo sostituì con la sua rinnovellata inventiva.
Quando tornò sorridente e trionfante verso Camila, la cubana alzò leggermente il mento nella sua direzione per spronarla a ragguagliarla. Lauren estrasse un biglietto da cinquanta dollari dalla tasca e lo sventolò sotto al naso della cubana, la quale non impiegò più di una manciata di secondi per carpire l'atto illegale commesso da Lauren.
«Ma sei pazza!?» Inveì sommessamente, deprivandola dei soldi con un gesto celere e premurandosi di nasconderli nella tasca del cappotto.
«Che c'è? Ti ho dimostrato di essere più che pronta all'intervista.» Scrollò le spalle Lauren, inarcando un sopracciglio davanti alla reazione spropositata di Camila che, però, aveva già predetto.
«Bastava che seguissi il piano. Non importava che ti spingessi oltre!» Si massaggiò nervosamente le tempie, ponderando un metodo per restituire la somma al proprietario, ma neanche una delle strategie orchestrate risultava efficace o attuabile.
«Cristo.» Mormorò Lauren, sospirando annoiata; poi, con un movimento irriflessivo e sconsiderato, afferrò Camila per le spalle, attirandola un po' troppo vicina «Vuoi rilassarti? È solo una banconota. Prendiamoci un caffè... Offre Bill.» Fece un cenno con la testa, indicando l'uomo robusto che annaspava nella fiumana di persone.
Camila emise un suono monocorde, ma le successive parole le si mozzarono sulle labbra, disgregandosi in un inconsistente sospiro. Tastò il foglio ruvido stretto fra le mani, giocherellò con gli angoli di esso ed infine, miracolosamente, abbassò il capo per omettere un sorriso.
Lauren emise un "oh" soddisfatto, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e poi, giusto per non smentire la sua tracotanza, l'attimo dopo sminuì la sua ingiustificata cordialità con una superbia vagamente calcolata.
«Alleluia, hai smesso di fare la bambina.» Poi la superò, riservandole una debole spallata.
Camila restò interdetta, a metà stupefatta dal comportamento bipolare che stava adottando Lauren, e un po' meravigliata di se stessa, di aver ceduto prematuramente e avergliela data vinta.
Alzò gli occhi al cielo, sbuffò, e dopo qualche secondo si inoltrò dentro la ressa, calando i passi della corvina che la precedeva di qualche metro.
Rientrate in ufficio, munite di caffè recuperato per strada al bar dell'azienda, Lauren stirò le gambe, poggiando comodamente i talloni sulla scrivania di Camila. Questa, offesa dall'impudenza screanzata della corvina che ogni volta non faceva che stupirla di più, le afferrò saldamente le caviglie e lo gettò, rudemente, a terra le gambe.
«Non è un zerbino.» Puntualizzò impermalosita Camila, sedendosi impettita sulla poltrona.
Lauren la rimirò in cagnesco, malgrado conoscesse la diligenza irreprensibile peculiare alla personalità quasi maniaca di Camila, detestava essere bacchettata dalla sua intransigenza, fustigata dalla metodicità sistematica con sui approntava il suo assiduo lavoro.
«Guastafeste.» Sospirò Lauren, giocherellando con il pacchetto di sigarette nascosto nella tasca della giacca.
Un sorriso malandrino si affacciò sulle sue labbra. Ricordava uno dei loro primi incontri... o, meglio, scontri, in cui Camila le aveva troncato una sigaretta. Beh, le cose da quel giorno non erano mutate più di tanto, tralasciando il fatto che ora, a volte e senza impegno, condividevano il letto insieme... O la doccia, o l'ufficio, o i bagni pubblici.. Vabbè! Condividevano un sacco di posti.
Lauren ebbe una mezza intenzione di circumnavigare la scrivania e far scivolare la mano sulla coscia interna di Camila, sulla sua pelle morbida e caramellata, fino a lambire gli slip che, a quel punto, sarebbero già stati bagnati... Ma la sua malsana idea venne scardinata dall'insistente vibrazione dello smartphone di Camila.
La cubana lo afferrò precipitosamente, lesse il nome sullo schermo e lanciò gli occhi al cielo. Posò la penna con la quale stava trascrivendo delle frasi che Lauren avrebbe dovuto nominare obbligatoriamente durante l'intervista, e sbloccò il cellulare.
Fu una chiamata breve e per quanto Lauren potesse negare di star origliando, captò comunque sprazzi discorsivi che le fecero drizzare le antenne.
«Si.. Ho capito, Ally. Che palle però eh.. Io manco volevo venire a questa stupida cena... Si, si appuntamento, come ti pare. Okay... mezz'ora... Cristo, ho detto mezz'ora, non rompere! A dopo.» E attaccò.
Tornò a curvarsi sul foglio, solo che stavolta la penna scorreva con più ardire, come se la chiamata appena ricevuta le avesse incusso ansiosa fretta.
Lauren si schiarì la voce. Si morse la guancia interna. Si si agitò sulla sedia. Tutto pur di eludere la formicolante curiosità che le prudeva nelle braccia o le traballava convulsamente il piede.
«Vai da qualche parte?» Infine la domanda prevalse anche contro le sue impenetrabili difese. Forse fu proprio Lauren a indebolirle.
«Si.» Fu la risposta secca, ma recisa di Camila, che da una parte sembrò voler tagliare il discorso sul nascere, ma, dall'altra, parve quasi che con la sua laconicità volesse istigare la convalidata curiosità della corvina.
«Ah si?» L'angolo della bocca si innalzò in un ghigno sarcastico, ma Lauren, per qualche arcana ragione, non era affatto in vena di scherzi «E dove?» Scrollò le spalle, come per anticipare il suo disinteresse.
Camila alzò appena la testa, incontrò lo sguardo di Lauren e con un sorriso divertito poggiò la biro e congiunse le mani davanti a se, cinguettò «Perché? Ti interessa della mia vita mondana ora?»
«A me?! Pff. Ti piacerebbe.» Ridacchiò tagliente la corvina, ma nella sua risata canzonante c'era una stonatura che Camila acciuffò, ma non seppe valutare.
«Meglio così.» Incassò le spalle e tornò a dedicarsi alle sue mansioni, senza però appianare l'increspatura compiaciuta delle labbra.
Lauren tirò su col naso. Si schiarì la voce. Si morse la guancia interna. Si agitò sulla sedia... Vanamente.
«Anche perché, un appuntamento non può essere propriamente classificato come "vita mondana."» Sbuffò supponente Lauren, distogliendo lo sguardo sulla punta della scarpa, ancora incoercibilmente febbrile.
«Origli le mie chiamate?» Ipotizzò sempre più gratificata Camila, notando di sottecchi le pupille di Lauren dilatarsi.
«Non è considerato origliare se siamo nella stessa stanza e la telefonata avviene a meno di un metro da me.» Precisò puntigliosa Lauren, ma non passò inosservata l'intenzionale disattenzione di Camila che non smentì la supposizione.
Quindi aveva davvero un appuntamento.
Lauren, incomprensibilmente, strinse i pugni e serrò la mascella, costringendomi a deflettere lo sguardo su un punto imprecisato della stanza per placare il divampante fuoco che la divorava. Rammentava lucidamente quella sensazione, in vita sua l'aveva provata una sola volta.. Sul ring.
«Veramente c'è un metro preciso di distanza fra la mia poltrona e la tua sedia.» Specificò saccente Camila.
Anche fu un'asserzione mirata a spazientire Lauren, ma in realtà, inconsapevolmente, le fornì l'incipit necessario per trasgredire il limite.
La corvina piegò impercettibilmente il capo in avanti, squadrando Camila con sguardo accattivante e un sorriso salace che lasciava ben poco spazio all'immaginazione. «A questo c'è un rimedio.» Mormorò con voce arrochita, inondando la spina dorsale di Camila con una scarica di brividi che fece fatica a nascondere.
Lauren si alzò lentamente dalla sedia e si mise in piedi davanti alla scrivania «Sono ancora a più di un metro?» Ridusse gli occhi in due fessure, penetrando Camila con i suoi smeraldi, che seppur embricati alla palpebra, sprigionavano comunque incommensurabile malizia.
«N-non lo so.. Io, io non ho preso tutte le misure, ok?!» Farfugliò con voce squillante, ma tremula.
Per quanto tentasse di evadere gli sguardi di Lauren, abusando del foglio come espediente per disilludere le sue inequivocabili occhiate provocanti, non poteva sfuggire alla serpeggiante sensazione che subiva la sua pelle ogni volta che i famelici smeraldi di Lauren la vagheggiavano.
Adesso era lei a schiarirsi la voce, mordersi la guancia, agitarsi sulla sedia...
«E adesso?» Domandò sommessamente Lauren, aggirando la scrivania e trovandosi di fianco a Camila.
La cubana deglutì, ma non si mosse di un centimetro, stringendo con forza le gambe per comprimere i brividi che le correvano lungo il basso ventre.
«Dai, Lauren..» Sospirò seccata, o almeno tentò di apparire annoiata, ma la sua ostinata resistenza non faceva altro che corroborare la tesi della corvina.
Sorrise compiaciuta, dopodiché afferrò i manici della poltrona di Camila e la girò verso di se. Con un piede si insinuò fra le caviglie della cubana e le aprì le gambe, mentre faceva scivolare le braccia sullo schienale. Si fermò quando i gomiti poggiarono su di esso e le labbra di Camila furono ad un soffio dalle sue.
«Scommetto che adesso sono a meno di un metro.» Sibilò, sorridendo subito dopo perché la cubana catturò il labbro inferiore fra i denti e, istintivamente, inarcò i fianchi verso di lei.
«Ma posso fare meglio di così...» Sussurrò al suo orecchio, lasciandole l'ombra di un bacio sul collo, mentre con la mano risaliva sotto la gonna, carezzandole la coscia interna.
Camila socchiuse gli occhi, conficcò le unghie nella poltrona e lasciò cadere la testa all'indietro, gemendo. Lauren si avventò con esasperante placidità sul suo collo ben esposto, mordendo prima un lembo, poi succhiando l'altro, baciandolo il prossimo... E intanto le dita scorrevano sull'inguine della cubana, che non aveva smesso un attimo di far danzare il bacino, alla disperata ricerca di un contatto lì dove desiderava lei.
«Posso fare molto meglio.» Bisbigliò, solleticandole la pelle con il fremito delle labbra.
Camila emise un gemito gutturale che testimoniò inconfutabilmente l'imbarazzante bisogno che aveva di sentire Lauren dentro di se. La corvina annuì flebilmente, appagata dalla reazione anarchica che stava avendo il suo corpo.
Sfiorò l'intimità di Camila da sopra il tessuto, strofinando due dita contro di lei, assaporando gongolante il momento in cui i fianchi della cubana scattavano verso l'alto, pregandolo tacitamente di prenderla. Lauren si accostò alle sue labbra, mentre stuzzicava il suo suo sesso.
«Peccato che tu debba andare.» Disse, sfilando la mano da sotto la gonna di Camila.
Si discostò velocemente, osservò con ineffabile compiacimento l'espressione attonita della cubana, redimita dalle guance scarlatte e il respiro ancora affannato.
Sorrise e si accinse a lasciare la stanza, ma non senza voltarsi prima e asserire «Divertiti stasera.»
Afferrò la maniglia della porta, intercettò lo sguardo di Camila un'ultima volta, dicendo «E non pensarmi troppo.» Ammiccò.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro