Capitolo quarantré
La notte farneticava. Cieca era la luna abbagliante che sfavillava con fervore contendendosi la sovranità delle strade con le fioche luci che ombravano i passanti.
Fuori si disperdeva una rara calma, interrotta sporadicamente dal tremolio di una lattina sferzata indolentemente da chissà quale scarpa.
E mentre il silenzio si rannicchiava negli angoli della dormiente città, Camila si raggomitolava fra il costato e l'incavo del collo di Lauren, cercando riparo da un alito algido che spirava attraverso gli spifferi della roulotte.
Lauren cingeva il fianco della cubana come il manto scuro avvolgeva la città. Silenzioso, ma presente. Le tendine scostate lasciavano filtrare un po' della notte attraverso il vetro, permettendole di bivaccare sulla pelle caramellata di Camila.
Le luci fatue le sfioravano la pelle con animata delicatezza, proiettando sul suo volto arabeschi incomprensibili, mentre il corpo nudo era drappeggiato dalla medesima luce, ma assumeva un'indole vagamente malinconica.
Lauren non ricordava perché si fosse svegliata, forse perché un sobbalzo inaspettato di Camila aveva titillato il suo sonno. Fatto sta, che ormai era sveglia. Desiderava immergersi nuovamente nel sonno, arrendersi alla spossatezza che si trascinava dietro dopo un doppio turno di lavoro: prima in ufficio, poi con Camila.
Ma non ebbe riscontro da Morfeo che ormai pareva averla esiliata dal suo rigenerante regno. Sbuffò più di una volta, tentò di cambiare posa, allontanò Camila pensando che il calore del suo corpo -o forse a causa dei fastidiosissimi capelli che le pungevano le labbra- le impedisse di assopirsi... Ma nemmeno alleggerita dall'esile corpo della cubana riuscì ad appisolarsi.
Avrei dovuto spedirla a casa! Si apostrofò, innervosita.
Una parte di lei era convinta di non riuscire ad addormentarsi a causa della scomoda e insolita presenza di qualcuno nel suo letto, ma c'era anche un'altra sensazione che aleggiava in lei. Era inafferrabile, ineffabile, sconclusionata... Ma esisteva.
Ed era l'inequivocabile sensazione della perdita. No, non quel genere di perdita. La perdita del momento, dell'attimo, dei dettagli, dei sussurri, dei colori, dei gesti o anche solo dell'immobilità che nella sua contemplante fermezza regalava istanti di infinita ammirazione.
Le ombre che giocavano sul corpo giacente e spoglio di Camila, la brezza serotina che beccheggiava il lenzuolo adagiato sugli anfratti della cubana, le sue labbra schiuse da cui un sospiro a tratti greve si sforzava di mantenere una certa tranquillità. Erano particolari che, in quella notte, sentiva di non voler perdere.
Non c'era alcuna novità rispetto alle altre notti in cui Camila aveva dormito lì, nella sua abitazione, fra le sue coperte.. fra le sue braccia, solo che gli occhi di Lauren quella notte vennero ammaliati con più insistenza dal bagliore evanescente che rifulgeva sulla pelle dell'altra, ondeggiando a seconda di come respiravano le tende.
Non c'era niente di diverso, a parte il fatto che fu Lauren a riavvicinarsi a lei e ad attirarla a se, stringendola forte, come se in qualche modo fosse lei a necessitare quel momento appartato che sarebbe comunque rimasto tale, ma Lauren gli attribuì quell'indole di intima complicità che solitamente solo i cechi amanti condividevano.
Agli albori della mattina dopo, fu Camila la prima a destarsi. Era ancora stretta fra le braccia di Lauren, e avvertiva una fitta assillante alla spalla dove il mento della corvina di era conficcato per tutta la notte.
La scostò con accortezza, adagiò il lenzuolo sul fianco scoperto ed esposto ai brividi freddolosi che romanzava il refolo. Camila alzò lo sguardo sulla finestrella, accorgendosi che uno spiraglio era rimasto aperto tutta la notte. Si issò in punta di piedi e la chiuse, rabbrividendo quando un'ultima protesta di vento le soffiò sul volto.
Raccolse la camicetta da terra e la indossò, quindi si armò anche della gonna prima di cimentarsi nelle quotidiane imprese mattutine. Anzitutto bere un po' di caffè era considerato un miracolo, a casa di Lauren, perché la macchinetta non sempre si dimostrava volenterosa e raramente la brocca conteneva qualche goccia di caffè, dato che la corvina ne assimilava in quantità esorbitante.
Almeno su qualcosa concordiamo. Rifletté Camila, mentre svitava la macchinetta per riempirla con l'acqua.
Dopo aver aggiunto il caffè macinato e aver disposto la macchinetta sul fornello, Camila aprì la traballante porticina e si sedette sulle scalette, a godersi i primi abbracci del sole.
Ormai l'inverno stava scemando e ogni giorno si rinnovava la promessa di una stagione calorosa. Camila non era mai stata un'amante dell'estate, del torrido caldo... Ma la primavera era in assoluto il periodo che preferiva.
«Prima o poi mi brucerai tutto.» Una voce rauca alle sue spalle la fece sussultare.
Solo allora, girandosi, si avvide del fischio sibilante della macchinetta, degli schizzi di caffè che avevano inzaccherato il piano cottura, dell'inconsistente cortina grigia che si disperdeva nell'ambiente.
«Cazzo.» Imprecò, balzando in piedi.
Allungò un braccio come per offrirsi di ripulire, ma Lauren le mostrò il palmo della mano e scosse la testa. Si occupò di servire due tazze ricolme di caffè, dopodiché raffreddò la macchinetta sotto il getto dell'acqua fredda e lasciò cadere l'arnese nel lavello, fioccando invettive.
Portò il pollice sotto il flusso della cannella, ringhiando a denti stretti. Camila le si affiancò.
«Ti sei bruciata?» Sbirciò apprensiva, notando una zona scarlatta che si espandeva sul polpastrello.
«Fa' vedere.» L'esortò, arpionandole il polso.
«Non è niente.» Si divincolò prontamente Lauren, immergendo di nuovo il punto strinato.
«Ok, ma lasciami dare un'occhiata.» Insistette ostinata Camila, strattonandole con più forza il braccio.
«Cristo, ho detto che non è niente!» Sbottò Lauren, dimenandosi con maggior impeto dalla morsa della cubana.
Camila aprì bocca per replicare, ma quando intercettò lo sguardo arcigno di Lauren si convinse a non proferire parola. La corvina la rimirò per qualche secondo e, registrando l'espressione talmente bonaria e cristallina, le venne spontaneo sbuffare e tenderle la mano.
Camila osservò chirurgicamente la bruciatura, come se stesse adempiendo ad un compito di gran lunga maggiore.
«Direi che con un po' d'acqua fredda il bruciore si affievolirà.» Convenne Camila, al che Lauren non seppe se stesse celiando o meno.
«Scusa, che ho fatto finora?» Inarcò un sopracciglio, sottolineando la paradossalità della situazione con la sua pronunciata ostilità.
«Beh, serviva un secondo parere.» Scrollò le spalle la cubana, liberando volontariamente Lauren dalla sua presa, per permetterle di mitigare il fastidio sotto il getto.
La corvina rimase interdetta per qualche istante, infine scosse la testa e roteò gli occhi al cielo, ma non replicò. Aveva imparato che certe stravaganze erano all'ordine del giorno, quando c'era Camila nelle vicinanze, ma non aveva ancora compreso se fosse sfacciata boria o inclassificabile spontaneità.
D'improvviso la porta della roulotte si spalancò, e la grossa scarpa fangosa di William risuonò contro il gracile pavimento.
«Buongiorno. Vi ho portato questo.» Sventolò il giornale davanti ai loro occhi, poggiandolo lesto sul tavolo «Ho pensato che vi fosse utile.» Terminò, schioccando la lingua contro il palato.
«Molto. Grazie mille, William.» Sorrise cordialmente Camila, dispiegando il quotidiano.
Le parole inchiostrate sfarfallarono davanti ai suoi occhi, spumeggiando sul foglio grezzo. Sorvolò su i titoli in copertina, sfogliando le pagine fino a quella interessata.
Lesse l'articolo con oculata solerzia, sorvegliata a vista da Lauren che aveva incrociato le braccia al petto e pretendeva di carpire qualcosa attraverso l'espressione mutevole della ragazza, che però rimase perlopiù invariata. William si sporse per spiare qualche riga sconnessa, ma la sua pigrizia gli impediva di connettere sensatamente le parole; così, si limitava ad arricciare le labbra e incassare le spalle.
«È buono.» Sentenziò Camila, ripiegando il giornale «Ha riportato tutto con rigorosa affidabilità.» Annuì soddisfatta, lasciando la visione a Lauren che si affrettò ad aggiornarsi.
I suoi occhi scandagliarono parola per parola, esaminando minuziosamente il reportage della donna. A volte si accigliò, altre volte emise uno sbuffo, oppure scosse flebilmente la testa per l'uso di aggettivi che non si confacevano alla sua persona seconda la sua idea, ma mai ebbe una reazione esagerata riguardo l'articolo. Mai... fino in fondo.
«Si astiene dal rispondere su domande personali che avrebbero sicuramente delucidato il perché della sua indigenza.» Lesse fedelmente Lauren, abbassando infine il giornale con un grugnito che non prediceva niente di buono «Ma chi si crede di essere, quella stronza da quattro soldi?» Inveì sbatacchiando il giornale sul tavolino.
«Lauren, ha solo detto la verità.» Prese coraggiosamente la parola Camila, sapendo quanto fosse arduo ragionare con la corvina quando perdeva lucidità.
«La verità un cazzo!» Tuonò infervorata «Ha scritto che mi sono "astenuta" dal raccontare la mia vita privata, lo farà sembrare come se avessi qualcosa da nascondere. E poi, pff, com'era la parola? Ah si, indigenza. Avrebbe potuto direttamente scrivere "senzatetto". Non ti pare?» Esibì il suo rammarico, marciando avanti e indietro per l'angusto corridoio, facendo vibrare il pavimento sotto ai suoi piedi.
«Lauren, lo sai che stai contraddicendo la tua allusiva teoria per cui secondo te Zoey abbia giocato a sfavore, si?» Chiese Camila con fare retorico, arricciando le labbra in un sorriso sarcastico e increspando le sopracciglia.
Lauren si immobilizzò al centro della stanza, portò le braccia sui fianchi e fece un cenno nella direzione di Camila, come per incentivarla a delucidare.
«Okay..» Sospirò la cubana, alzandosi dalla sua confortevole posizione per stagliarsi di fronte alla corvina «Nel primo caso, dal tuo errato punto di vista, pare quasi che ti abbia screditato, uhm? Ma l'attimo dopo sembra che sia dalla tua parte, facendoti apparire come una ragazza indifesa.» A questo punto sgranò gli occhi, sporse impercettibilmente la testa in avanti e la scosse, enfatizzando quanto paradossale e ridicola risultasse la tesi di Lauren.
La corvina si avvalse di cinque minuti per riflettere sulla confutazione della cubana. Aprì bocca svariate volte, sul punto di controbattere e smantellare l'espressione guascona di Camila, ma non rimbeccò.
«Lauren Jauregui senza parole... Caspita! Credo non capitasse da quando ti hanno messo k.o. sul ring.» Commentò ironico William, ridacchiando della sua battuta.
Entrambe si voltarono verso di lui. Lauren, da dietro il cipiglio sostanzioso, lo fulminò con lo sguardo, mentre Camila si limitò a riservargli un'occhiata ammonitrice.
«Troppo presto?» Rimirò le loro facce immutate, perennemente avverse «Si, ok, troppo presto.» Concesse infine, alzando le mani in segno di resa e indietreggiò fino alla porta ancora socchiusa, sgattaiolando fuori.
Lauren bofonchiò qualcosa di intelligibile, poi scosse la testa e si stravaccò sulla sedia, lanciando un'occhiata ostile al quotidiano che giaceva floscio -e irrisorio, secondo la corvina- sul tavolo. Camila si accomodò di fronte a lei.
«Lauren, è davvero un buon inizio. È stata neutrale, Zoey intendo. Questo aiuterà la stampa ad avere un quadro completo.» La rassicurò la cubana, e subito Lauren virò lo sguardo su di lei.
Un'espressione costernata e demoralizzata campeggiava sul suo volto, al che Camila si preparò a incassare il prossimo colpo, ma venne amaramente smentita.
«Sono solo dispiaciuta che, alla fine, non sia servito a niente ballare al palo.» Scrollò le spalle la corvina, suscitando perplessità in Camila che rimase interdetta su come reagire.
Quando Lauren sguainò un tenue sorriso, la cubana, di riflesso, ammise un'inflessione, apprezzando l'inconsueta simpatia di Lauren, che, nei momenti iracondi, languiva.
Camila inspirò profondamente, ed esordì «Direi che i fatti stanno giocando a nostro favore. Adesso speriamo solo che..» Venne bruscamente interrotta dallo squillo improvviso del telefono.
Roteò gli occhi al cielo, mostrò l'indice a Lauren e rovistò nella borsa, alla ricerca del fastidioso smartphone. Riuscì giusto in tempo a rispondere alla chiamata, con tono un po' scettico e stranito, visto il mittente inaspettato.
«Papà?» Inarcò un sopracciglio, facendo risuonare vivida la confusione.
Alejandro non la contattava mai dal suo ufficio. Era sicuramente un ottimo padre, onnipresente, ma quando si trincerava nelle quattro mura del suo studio diventava solo l'avvocato Cabello, com'era giusto che fosse. Separare la vita dal lavoro era una scissione ineludibile, se volevano collaborare.
«Frena, frena! Quando?... Ma ne sei sicuro...? Certo che no!... Papà, aspetta un attimo. No.. Non le dico niente, tranquillo. Ciao.» E agganciò.
Suo padre non aveva infranto le regole, l'aveva chiamata solo per questioni lavorative, questioni che Camila avrebbe preferito non sentire.
Si passò una mano sulla fronte, sospirando sonoramente. Lasciò cadere la testa all'indietro e rimase per qualche interminabile secondo ad gli occhi chiusi, cercando di assortite le idee. Infine voltò lo sguardo verso Lauren, lasciando volontariamente trapelare il suo avvilimento, accompagnato da imprescindibile scoraggiamento.
Lauren colse al volo quell'occhiata, capendo che la telefonata appena intercorsa aveva come protagonista niente meno che lei stessa. Si alzò con lentezza dal tavolo, reclinò appena la testa e fissò Camila a lungo senza dire niente, non certa di voler essere ragguagliata dato lo sguardo mortificato che adombrava la cubana.
«Che succede?» Azzardò infine, trattenendo il respiro subito dopo.
«A quanto pare non sei stata l'unica a fare un'intervista.» Suggerì Camila, depositando il telefono nella borsa.
Lauren si accigliò «Marianne e la sua famiglia ci hanno precedute?» Rilassò appena le spalle, essendo ormai avvezza alle stigmatizzazioni inferte dall'accusa.
Camila scosse energicamente la testa, imprecando «No, non loro.» Si voltò verso Lauren e incrociò le braccia al petto, abbassando appena la testa, come se si approntasse all'erompere prossimo della corvina che non avrebbe guardato in faccia nessuno «Lucy. Ha voluto rilasciare una dichiarazione, incolpandoti di molestie sessuali.»
Un cipiglio si formò sulla fronte della corvina, quasi come se la notizia fosse talmente inverosimile da non riuscire a processarla. Ma, poi, i suoi occhi vennero attizzati da un cambio repentino e prevedibile, in contemporanea con il serrarsi delle mani e della mascella.
«L'ammazzo.» Sibilò a denti stretti, marciando verso l'uscita.
«No, Lauren!» Si oppose Camila, parandosi in mezzo alla sua strada «No.» Ribadì con fare pedantesco, facendo scivolare le mani attorno alle spalle contratte dell'altra «Lascia fare a me.»
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Spazio autrice:
Ciao a tutti.
Molti di voi si staranno chiedendo "come, un'altra denuncia? Non stai esagerando, Sara?" Allora, ho inserito questo passaggio perché è fondamentale per due ragioni. La prima, per il cambiamento del personaggio di Lucy che se prima si mortificava al cospetto di Lauren, adesso prova solo rabbia per essersi lasciata manipolare da Lauren. La seconda, perché mi servirà per agganciarmi ad un'altra cosa che leggerete a breve di cui non volevo fare a meno.
Quindi, la storia non si appesantirà di processi o cose giuridiche, tranquilli ahahah. È solo un inconveniente di passaggio.
A presto.
E grazie a tutti per leggere questa storia.
Sara.
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