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Capitolo quarantasette



«Cristo, quanto sei lenta.» Recriminò sbuffando Lauren, poggiando il braccio per l'ennesima volta a contrasto con le porte dell'ascensore per non permettere ai sensori di chiuderle.

«Sto.. cambiando i tacchi, aspetta un attimo... ok! Ci sono, ci sono!» Camila sgattaiolò dentro all'abitacolo, attraverso il pertugio.

Conservò i tacchi all'interno della borsa, mentre tirava un sospiro di sollievo, rincuorata di non dover sopportare più quell'atroce sevizia.

«Perché ti ostini a indossare quegli affari, se ti danno noia?» Chiese perplessa Lauren, arricciando le labbra in un'espressione sardonica che Camila decise di sua spontanea volontà di ignorare.

«Perché è l'abbigliamento richiesto dal codice del lavoro.» Spiegò pacata la cubana, continuando a fissare dritta davanti a se.

Lauren emise un suono monocorde prolungato per lasciar intendere che aveva compreso, e poi, durante un attimo di ansioso silenzio, Lauren afferrò rapace i fianchi della cubana, sospingendola verso la parete dell'ascensore.

La intrappolò fra il suo corpo, creando una vera e propria gabbia umana con le braccia, poi lambì le labbra dell'altra con le proprie, fruendo del movimento istantaneo di Camila che ricercò disperatamente un contatto, ma le venne negato.

«Scommetto che questo, il codice del lavoro, lo vieta.» Mormorò Lauren contro le sue labbra, mentre percorreva i suoi fianchi con una mano, ghermendo le natiche per poi risalire nuovamente.

«La-Lauren.» Tentò di dissuaderla Camila, ma non aveva la forza per allontanarla con più determinazione perché il suo corpo era già tutto un fremito, una concentrazione satura di pulsazioni che reclamavano il governo, espugnando la ragione con abile bellicosità.

«Si, Camz?» Sussurrò suadente al suo orecchio, mordicchiandole il lobo.

Camila si morse il labbro inferiore, lanciò la testa all'indietro e per l'ultima cercò di sfuggire al dominio dell'altra, ma vanamente.

«Fanculo.» Sibilò quando controbattere il fascio di nervi che scalpitava nel suo basso ventre era divenuta un'impresa pressoché impossibile.

Portò una mano dietro la nuca di Lauren e la baciò con la foga. Le loro labbra si muovevano caotiche, scomposte, a volte si trovavano solo parzialmente tanto era la passione di incontrarsi e incontenibile era il desiderio di prendersi. Lauren raccolse il viso dell'altra fra le mani, calcando le dita nelle sue guance accaldate. A questo punto, Camila avvinghiò con più trasporto le braccia attorno al suo collo, attirandola a se. I loro corpi erano premuti l'un contro l'altro, e la cubana aveva già assecondato l'irrefrenabile istinto voluttuoso muovendosi contro l'altra.

Lauren si lasciò scappare un gemito, avvertendo il piacere ramificarsi su per le spina dorsale e propagarsi in tutte gli arti, squassandola come fosse in procinto di squagliarsi.

«Ti voglio.» Sussurrò trafelata Camila, difettata di ossigeno a causa del respiro ansimante che sbuffava nel suo petto.

«Cazzo, Camila.» Imprecò sottovoce Lauren, strizzando gli occhi per l'orda di brividi che le contornò la pelle.

Mentre la sua mano scendeva lungo il bacino della cubana, lo squillante bip dell'ascensore le avvertì che la corsa era finita e le porte si spalancarono. Camila, istintivamente, spintonò Lauren all'indietro, che sobbalzando si ritrasse.

La corvina lanciò un'occhiata alle sue spalle, carpendo il motivo dell'improvviso e ingiustificato distacco della cubana, ma non si preservò dal saettare uno sguardo sinistro a Camila per il modo brusco con cui l'aveva allontanata.

La cubana rassettò i vestiti, si schiarì la voce e fissò lo sguardo davanti a se, come se non incontrare gli occhi di Lauren in pubblico potesse elidere i loro taciti segreti. Mentre la corvina non si prestava a tali illusioni, sapendo bene che se ci fosse stato qualcuno appena fuori dall'ascensore le avrebbe viste perfettamente. Così rimirò per tutto il tempo Camila, mentre questa si approssimava all'uscita.

«Pensavo avessi fermato l'ascensore.» Ringhiò fra i denti la cubana mentre le passava accanto, mantenendo un sorriso contraffatto per la ressa di persone che si aggiravano per la hall.

«Pensavo l'avessi fermato tu.» Replicò Lauren, ricevendo solo uno sbuffo infastidito da Camila che non seppe se fu irritazione per il modo negligente con cui Lauren si era avventata su di lei pur sapendo che le porte si sarebbero aperte, o se fosse solo tedio per ciò che avevano soltanto iniziato.

Comunque uscì dall'abitacolo, seguita a ruota da Lauren che camminò con le mani in tasca per non rischiare di sfiorare la cubana involontariamente, dato che i suoi istinti erano ancora vacillanti.

Non fecero parola mentre abbandonavano l'azienda, il che era comprensibile. Probabilmente Camila si era spaventata a tal punto che la sua mente aveva preso a rimuginare su tutto il percorso intrapreso assieme e su le miriadi di casualità avverse che avevano sventato. Sulla remota, ma mai più vicina, possibilità di rovinare clamorosamente la sua carriera, quella per cui aveva lottato anni e anni. Forse solo adesso Camila, con una sottigliezza del genere, si rendeva conto di quanto davvero stesse rischiando.

Perché va sempre così, sfidiamo il caso, ridiamo contro le coincidenze finché non accade qualcosa, una minima crepatura nel nostro aleatorio gioco e sgraniamo gli occhi, rendendoci conto di averli tenuti chiusi per troppo tempo. Oh, ecco dove sono finita, ecco cosa ho fatto.

Camila spinse la porta d'ingresso, e venne subito investita da una folata di vento che le recò l'odore della brace poco lontana del venditore ambulante che smerciava hot-dog. Lasciò andare il pesante uscio di vetro, incurante della corvina che le passeggiava alle spalle. Per poco Lauren non prese in faccia la porta. Riuscì ad evitare il colpo, ma serrò comunque la mascella e osservò di sbieco le spalle di Camila, ricolma di rabbia.

«Puoi star...» Si accinse a dirle, ma venne interrotta da un fenomeno imprevisto.

Appena svoltarono l'angolo, almeno una decina di giornalisti le accerchiarono, puntando i microfoni verso di loro come fossero lance acuminate. Camila schiuse appena la bocca, guardandosi freneticamente attorno con aria smarrita. Era sopraffatta dai suoi pensieri, che ritrovarsi in mezzo ad un vespaio simile non fece altro che confonderla il doppio. Coglieva spezzoni di frasi, parole qua e là, poi tutto si riduceva ad un ronzio di sottofondo disorganico e immateriale.

E poi, dopo qualche attimo, si sentì cingere le spalle e vide Lauren al suo fianco che con un braccio apriva un varco nella calca, chiedendo a gran voce, ma educatamente, di lasciarle passare. Camila si lasciava trainare dalla corvina, rivolgendo prima uno sguardo ad uno poi all'altro, senza realizzare cosa stesse davvero succedendo. Fu una questione di secondi, ma furono momenti di abissale stordimento.

«Camila, dicci è vero che vai a letto con la tua cliente? Camila, Camila! Una foto, per favore! Camila, è vero quello che si dice di voi? Siete solo amiche di letto o c'è di più?»

La cubana al suono dell'ultima domanda, forse una delle poche colse lucidamente, si girò di scatto e fulminò con lo sguardo tutti i media, senza fare distinzioni. Lauren tentò di afferrarla per le spalle e sottrarla alle loro infine domande, ma qualcosa si era rotto dentro la cubana. Quella domanda l'aveva ferita, aveva sobillato il suo orgoglio, aveva animato la sua collera.

«Non permettetevi di giudicare il nostro rapporto per le vostre stupide copertine!» Ruggì, e scese il silenzio sulla stampa che non aspettava altro che una dichiarazione da Camila, qualunque essa fosse.

«Io mi sono innamorata di qualcuno che è descritto per ciò che non è.» Specificò, additando i giornalisti in prima linea come se fossero loro la causa della sporca e ignobile reputazione di Lauren. «Per tanto, non siete in minimo diritto di giudicare chi non conoscete.»

Susseguirono attimi di placido silenzio, poi Camila voltò le spalle ai giornalisti e si avviò verso l'auto. Ovviamente "gli avvoltoi" non la lasciarono in pace, ma continuarono a seguirla bramosi di ulteriori dettagli.

Richard era poco lontano, l'aspettava come sempre per scortarla a casa. Quando vide la scena, si precipitò fuori dall'auto e aprì la portiera per le due, che si avvicinavano a fatica nella ridda compressa di giornalisti che continuavano indefessi a calcare i loro passi. Solo quando furono dentro l'abitacolo e Richard ingranò la prima si liberarono di loro.

Il silenzio nell'abitacolo compensava la cacofonia che le aveva tramortite fino a qualche minuto prima. Richard non era più abituato a quella staticità da quando Lauren viaggiava con loro; in un modo o nell'altro le due riempivano sempre gli spazi vuoti. Ed ecco perché quel giorno fu destabilizzante auscultare il cuore del silenzio.

Richard lanciò una rapida occhiata nello specchietto retrovisore.

Camila teneva lo sguardo fisso fuori dal finestrino, concentrata ad osservare la scia dei colori che si uniformavano mentre la macchina procedeva spedita sull'asfalto. Aveva un'espressione imperscrutabile, ma si evinceva che quella compostezza non era altro che una dissimulazione forzata delle turbolenti emozioni che chiaramente mulinavano sotto pelle.

Lauren fissava comunque la strada defilarsi sotto le ruote, ma sul suo volto era più nitida l'ombra che screziava le guance. Chiaro, era pur sempre di Lauren che si parlava, della ragazza serafica che si difendeva con mordace sarcasmo, ma era un'espressione diversa dalla solita ceffa. Era più... preoccupata?

Dopo qualche minuto di logorante silenzio e speranzosa attesa che venne puntualmente delusa, Richard avvisò di essere giunti a destinazione. Lauren si catapultò fuori dalla vettura, ma anche Camila la seguì a ruota, ringraziando frettolosamente Richard e congedandolo.

I piedi affondavano nel farinoso terreno, dal quale si sollevava un po' di polvere ad ogni passo. Camila tossicchiò più volte, dato che la marcia pesante di Lauren aveva spolverato sabbia sul suo viso.

«Cazzo!» Imprecò la corvina quando furono dentro la roulotte, colpendo la sedia con un calcio.

«Che ti prende?» Domandò intontita Camila, poggiando la borsa a terra, incurante.

«Che mi prende?» Sbuffò sarcastica Lauren, camminando avanti e indietro per l'angusto spazio, con le mani ancorate sui fianchi «Secondo te, che mi prenderà mai?» Aprì le braccia, come se la risposta fosse scontata e prevedibile, ma Camila incassò le spalle e scosse timorosamente la testa, sapendo bene quanto fosse facile mandare in escandescenze Lauren.

«Quei fottuti giornalisti ci stanno alle costole! Non fanno altro che perseguitarmi! Non posso fare un passo che Poof, si materializzano davanti a me.» Sospirò frustrata, arrestandosi. Lasciò cadere la testa in avanti, socchiuse gli occhi e borbottò qualcosa sommessamente.

«Ok, calmati.» Esordì Camila, comprendendo l'esasperazione estenuante dell'altra.

Avanzò un passo, mentre le palpebre di Lauren erano serrate, abbreviò il divario fra di loro poggiando le mani sulle sue spalle e attirando la sua attenzione. Lauren ebbe una reazione istintiva che fece storcere il naso a Camila. Sapeva che la corvina non gradiva un certo contatto fisico, forse aveva sottovalutato quest'aspetto, ma ora era da qualche settimana che non si mostrava restia a un contatto corporale, quindi rimase perplessa quando Lauren scosse. come impaurita, le spalle all'indietro, nel tentativo di divincolarsi dalla morsa.

Camila aggrottò le sopracciglia, sollevò le braccia in aria innocentemente, rimirando Lauren confusa.

«No, scusa, io..» Balbettò la corvina, grattandosi la nuca in evidente difficoltà.

«È solo che... sai...» Farfugliò nuovamente e forse fu per lo sguardo eloquente che le dedicò, per il modo in cui reclinò la testa e arricciò le labbra, ma Camila intuì il perché della sua inopinata riluttanza.

«Lauren, per l'amor di Dio.» Sospirò Camila, voltandosi di spalle e facendo penzolare il capo all'indietro, annoiata.

«Non puoi pensarlo davvero.» Si massaggiò gli occhi, contraendo il volto in una smorfia sghemba.

«L'hai detto tu.» Replicò offesa Lauren, dal momento che Camila stava quasi screditando le sue doti di comprensione.

Non si era inventata niente, non erano castelli campati in aria, non era una frase estrapolata dal contesto... Camila aveva proclamato quelle parole, quindi era lecito che ne fosse alquanto intimidita.

«Ti assicuro che è stato solo per la stampa.» Si girò nuovamente verso l'altra, credendo che un contatto visivo avrebbe trasmesso con più vigore il messaggio «Non sono innamorata di te, ma dovevo dirlo.» Ammise Camila, facendo passare la sua confessione per una menzogna lavorativa. E, beh, anche lei la viveva realmente così.

«Ok, ok!» Si tranquillizzò Lauren, sgranando gli occhi e alzando a suo volta le mani in alto.

«Non sono innamorata di te.» Ribadì Camila, sottolineando le parole con smodata enfasi.

«Ho capito. Ti credo.» Convenne Lauren, concedendole quello di cui sembrava aver bisogno: approvazione.

Rimasero qualche secondo in silenzio, sfuggendo a sguardi furtivi e ingannando l'imbarazzo del silenzio con grugnito monocorde che originarono una curva sulla linea del suono.

Camila recuperò la borsetta, la imbracciò e pretese di dover presenziare un'inderogabile meeting nell'azienda di un amico di famiglia, e di non poter mancare.

Lauren annuì.

Si salutarono con un cenno della mano, una rassicurazione verbale da parte della cubana rispetto all'agitazione mediatica che imperversava attorno a loro, e un sorriso circostanziale da parte di Lauren.

E poi, quando rimasero sole, entrambe tirarono un sospiro... ma non di sollievo.

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Spazio autrice:

Io vi sto viziando troppo. Questo è il mio nuovo "ciao". 😂

No, allora.. A me fa piacere condividere con voi quello che scrivo, perché tenerlo per me non ha molto "gusto"... Però non prendeteci la mano! Nel senso, i capitoli extra iniziano a scarseggiare, cercherò di tenere il ritmo e di pubblicare quotidianamente, ma se arriverà un giorno in cui non potrò pubblicare perché non avrò terminato il capitolo, vi prego ricordatevi di tutti questi aggiornamenti ahahah.

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Stiamo per entrare in un tour de force dove gli  alti e i bassi saranno all'ordine del giorno. Poi vi spiegherò capitolo per capitolo, perché penso sia giusto farlo.

Grazie mille ancora a tutti!

A presto.

Sara.

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