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Capitolo 18.

-ALEXANDER.

Sono in casa di Lea, affaticato. Ho camminato per mezz'ora circa, con la Ruth fra le braccia, per evitare di farle prendere freddo.
Non comprendo nemmeno io il motivo, credo che mi abbia fatto pena vederla così piccola ed indifesa.

Un po' mi ha ricordato quando ero un liceale. A giudicare da come sono adesso, anche da piccolo sarei dovuto essere rispettato da tutti.

Non lo sono mai stato e me ne vergogno, anche la mia genitrice lo fa.

"Che uomo sei?" ripete mia madre, come ogni volta in cui torno con un occhio nero, o peggio, con la mia personalità ferita.

Asciugo in fretta una lacrima, prima ancora che essa possa scendere, scacciando il pensiero triste che rimane annidato nei meandri del mio cervello, pronto a causare danni nei momenti meno opportuni.

In effetti, quale uomo piange?

Sono stato preso di mira diverse volte dai ragazzi più grandi, prima di affidarmi alla Grande Dinastia ed acquistare così il potere.

Mio padre, mi diceva sempre che le cose non dovevo risolverle con la violenza, ma cosa poteva capirne lui di com'era realmente la società.

Era solo uno stupido inglese, legato alla sua stupida religione.

Le ragazze sono in camera.

Morgana sta raccontando a Lea una bugia riguardo a quello che è successo, dicendo che ha semplicemente approfittato del fatto che fossi nuovo, per chiedermi un favore, facendo così ingelosire il ragazzo che le piace.

A dire il vero, non credo che Edward sia stato colpito da quello che è successo questa sera alla festa, ma Regina sí.

***

Dopo essermi trasportato in Egitto, a discapito delle mie energie, mi incammino verso i sotterranei della piramide di Cheope.

Barcollo, scendendo le scale, sono esausto.

Non percepisco alcuna sensazione, non so nemmeno com'è il clima. Sono immune alle idiozie dei mortali, qui.

Il posto è semplice, quasi opprimente, lo stesso monotono color ocra che si ripete col mio avanzare.

Mando una mano nella tasca, quando sono nervoso tendo a nascondere le mani.

Chiunque potrà accusarmi di essere uno di poche parole, ma se solo studiasse il mio linguaggio non verbale, vedrebbe che in realtà non sto mai zitto.

I miei polpastrelli captano la superficie rugosa di un pezzo di carta, segno della sua antichitá.

Lo estraggo, ascoltando solo lo strisciare del tessuto della giacca contro quello dei pantaloni, in questo posto abbandonato.


Libero la mente, prima di riconoscere ciò che è scritto.

È l'equazione di Dirac, sul retro c'è la firma della Dea, quella incontrata al lago. Come nome ha usato lo pseudonimo mer-wer, che vuol dire Grande Lago, ovvero il lago Qarun.

"Non ha voluto rivelare a nessuno il suo nome, nonostante sarebbe morta lo stesso. Cosa sta succedendo?"

Serro la mascella ed il mio respiro si fa pesante e rumoroso, poi decido di riporre il bigliettino nella tasca interna della giacca elegante e proseguire.

Mi dedicheró dopo ai vari ragionamenti. L'unica cosa che so, è che tale formula risale solo al '900 e, in tutta onestá, non riesco a capire cosa c'entri con me e con l'Egitto.

Diversi soldati sono a guardia di una cella, dove è rinchiusa la famiglia di Morgana.
I suoi parenti servono vivi, per usarli contro la ragazza, nel caso in cui non volesse arrendersi.

L'odore acre dell'aria, viziata e sporca, inizia a pungere i miei sensi, alternandosi con quello metallico del sangue. Qualcuno deve aver fatto una brutta fine.

La zona è abbastanza buia, l'illuminazione scarsa è data dalla presenza di quattro candele lunghe e strette, sistemate ognuna ad un angolo della camera segreta.

Questa sarà la prima volta che vedo i suoi genitori e sua sorella, devo dimostrare alla Ruth che sono in mio possesso e che posso gestirli a mio piacimento.

Fisso con sfida un uomo, armato di bastoni, facendomi strada a testa alta.
China il capo in segno di rispetto e si affretta ad aprirmi la porta, ricca di bassorilievi sbiaditi dal tempo.

Riesco a percepire la loro paura.

Li fisso uno per uno.

Il padre è ricoperto di sangue, patetico, deve essersi ribellato per proteggere la sua inutile figlioletta, affiancato dalla sua stupida moglie.

Mi soffermo su sua madre, mi hanno detto che si chiami Grace.

Ha i capelli ovattati e scuri, con metà ricrescita bianca, lo stesso sorriso di sua figlia ed i suoi grandi occhioni castani, incorniciati da alcune rughe. Questi ultimi, diventano lucidi non appena mi vede. Ancora non capisco il motivo per cui sia così felice.

Si avvicina sospettosa, nonostante i suoi sentimenti nascosti nei suoi gesti, che dimostrano il contrario: la sua completa fiducia nei miei confronti.

Si fa strada, sotto gli occhi austeri del marito e quelli intimoriti della figlia.

Porta le mani al mio collo, che si irrigidisce al suo tocco.

Le prendo i polsi, allontanandola a forza, come se mi fossi scottato, quindi torno a vederla.

Il mio cervello inizia a stringersi in una morsa, cercando di ricordare dove ha rivisto quel volto.

<<Alexander, credevo fossi morto>> piange, tremando, prima di cadere a terra e chiudere gli occhi.

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Vi ringrazio per aver raggiunto le mille visualizzazioni. Spero di continuare ad entusiasmarvi, almeno un pochino 😶.

Colpo di scena 😏.

-AlexMorgana.

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