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Capitolo 36

Martedì 7 febbraio

«Non ci riesco, maledizione!»

Sbattei il mio bicchiere sul tavolo mandandolo in frantumi, frammenti luccicanti sotto i raggi violacei. Alcuni cocci mi ferirono le dita, ma non sentivo nulla. Solo una persistente frustrazione che mi bruciava dentro.

Un altro tentativo fallito, ecco cosa avevo appena ottenuto.

Ci stavo provando in continuazione, sprecando minuti preziosi, ma niente, non riuscivo ad eliminare la tenebra vischiosa che mi annebbiava i sensi. Era tutto inutile.

Kenneth si avvicinò per togliermi dalle mani i pezzi di vetro che stringevo convulsamente, come un appuntito e letale anti-stress. «Ewan, sta tranquillo... sono sicuro che stanno bene. Forse non riescono semplicemente a trovarci e...»

«Kenneth, non ci siamo mossi da qui. È impossibile che si siano perse.»

«Allora forse hanno incontrato qualcuno. Juliette ha delle amicizie in città, giusto? Potrebbe...»

Alzai lentamente lo sguardo verso di lui, e il ragazzo di bloccò di colpo. Quando avevo paura, soffrivo o cercavo di mentire la mia faccia diventava una maschera di fredda impassibilità. Non lo facevo di proposito, era come un meccanismo di difesa creato dal mio corpo dopo ciò che era accaduto. In quel momento la mia espressione doveva essere davvero gelida per far zittire a quel modo il mio migliore amico, che più di una volta mi aveva visto nascondermi nella mia armatura in situazioni estreme.

«Devo trovarle, Kenny. Se succedesse loro qualcosa sarebbe colpa mia. Mia, perchè non sono stato abbastanza attento e vigile, mi sono lasciato ingannare come un bambino. Dovevo immaginare che qualcuno avrebbe cercato di rapire May. In fondo è lei che è stata costretta a venire. Avrei dovuto impormi e starle attaccato tutta la serata, e invece...»

«Ewan» disse lui. Aveva un tono serio, come quando mi rimproverava per essermi cacciato nei guai per l'ennesima volta. «Lo so che non siamo bravi quanto te, ma anche io e Amber siamo responsabili della faccenda. Anche noi, come te, siamo stati ingannati e ci siamo lasciati imbrogliare senza nemmeno pensare alle conseguenze. Devi smetterla di ritenerti l'unico colpevole, chiaro? Non c'è bisogno che ogni volta tu faccia la vittima....»

«Io non sto facendo la vittima!» urlai, alzandomi di colpo dalla mia sedia. Presi Kenneth per il colletto e lo tirai verso il basso, obbligandolo a guardarmi in faccia. «Io sono il capo della famiglia fino al ritorno di mio zio, io ho organizzato questa missione e io mi prenderò le mie responsabilità. Ma non accetterò una punizione finchè non avrò fatto tutto il possibile per trovare mia sorella e quell'incosciente che ci ha trascinati fin qui. Se ciò non vi sta bene potete pure levare i tacchi e sparire dalla mia vista.»

Ci fu un attimo di silenzio, in cui continuammo a guardarci negli occhi, blu contro verde. Amber sembrava sul punto di piangere, la vedevo con la coda dell'occhio, mentre l'aria era talmente elettrica da farmi formicolare fastidiosamente la cute.

Passò un'eternità, il tempo sembrava essersi fermato. Infine Kenneth, con le mani tremanti, staccò le mie dalla sua camicia. «Sai già che non lo farò, Ewan. Non l'ho fatto allora e non lo farò adesso.» Sospirò. «Sei il mio migliore amico, e per quanto tu possa essere un idiota che crede di non avere bisogno di nessuno, io ti aiuterò, qualsiasi cosa accada. Se tu affonderai, affonderò con te. Ma sai quanto mi faccia arrabbiare vederti mentre ti chiudi in te stesso, lasciandoci fuori come se non importassimo nulla per te. Hai degli amici, Ewan, cerca di capirlo.»

Feci qualche passo indietro, colpito da quelle parole, e mi appoggiai al tavolo dietro di me in cerca di sostegno.

Aveva ragione, come sempre. Non una sola delle sue parole era una menzogna, tutte erano reali e dolorose come le frecce del suo arco.

Ma io non potevo fare a meno della mia barriera. Non potevo aprirmi, rischiando che quel che imprigionavo con tanta cura nel fondo della mia anima uscisse fuori, provocando una strage.

Curvai le labbra in un piccolo sorriso, il massimo che potessi pretendere in quel momento dai miei muscoli contratti. «Ci proverò, Kenny. Ma ciò non cambia la situazione. Non abbiamo la minima idea di dove trovarle.»

«Potrei aiutarvi io, se me lo permettete.»

Scoccai uno sguardo incerto a Miles, che da un divanetto di pelle nera mi fissava con uno sguardo strano. Non capivo se fosse ammirazione o pura curiosità.

Dio, era orribile non riuscire più a leggere nella mente. Soprattutto nella sua: era un ragazzo particolare, malgrado il suo cognome stava cercando di aiutarmi, e ciò mi induceva a credere che non fosse sincero. Era più forte di me.

Poco dopo la mia scoperta sul punch alterato, si era allontanato di qualche metro per lasciarmi confrontare con i miei amici sulla strategia da seguire, senza intromettersi, ma probabilmente aveva sentito tutto, e aveva capito quanto fossimo disperati.

Fidarsi di un Jones... era davvero una buona idea?

Lui annuì, comprendendo i miei dubbi. «Lo so, senza i poteri non puoi capire se io ti stia ingannando. Lo capisco, davvero. Anch'io nella tua situazione non saprei se accettare l'aiuto che ti sto offrendo. Ma davvero, non ho cattive intenzioni. Voglio darti una mano, Ewan.»

«Chi mi assicura che non sia stato tu a contaminare i nostri drink? In fondo la festa è tua...»

«Non sapevo nulla, te lo assicuro. Qualcuno deve avervi giocato uno scherzo.»

«Un tuo famigliare, con molta probabilità.»

Lui si morse un labbro. I capelli biondi gli cadevano sugli occhi dandogli un'aria più infantile. «Potrebbe essere, non lo nego, ma non posso nemmeno assicurartelo. Sono arrivato appena questa mattina, ho a malapena parlato con mio padre e con mia sorella prima dell'inizio della festa. E tu hai molti nemici, ragazzo.»

«Non lo nego neanch'io» replicai. «Tuttavia loro sono senza dubbio i più agguerriti. E i più decisi a farmi fuori.»

«In tal caso, lascia che ti aiuti. Per riscattare il mio nome.»

«Per un passo tanto grande dovresti uccidere il tuo stesso padre, Miles. Ma non ti chiederei mai di farlo. È una tortura che non augurerei a nessuno, se non a lui stesso.»

Lui abbassò lo sguardo, riguardando le carte che aveva fra le mani. Se le passò dall'una all'altra un paio di volte, infine tornò a guardarmi.

Aveva gli stessi occhi di Alistair, solo più tendenti all'azzurro che al grigio, come un cielo mattutino durante l'inverno. Sembravano decisi e sicuri, gli occhi di un fedele alleato. «Dammi una possibilità» disse.

Presi un respiro, per poi espirare lentamente. Sapevo di non avere niente da perdere, in quel momento. E, in fondo, peggio di così non sarebbe potuta andare... «D'accordo» accettai infine. «Mostraci la strada, ci farai da guida. Ma prova a tradirmi anche solo una volta e non tarderò a fartela pagare nel peggiore dei modi.»

Lui si alzò dal divanetto con un gesto fluido e mi si avvicinò sorridente. «Ottimo. Juliette è tua gemella, quindi deduco che le vostre auree siano simili. Cercherò lei, sperando che sia ancora accanto alla vostra amica. Seguitemi» disse, e con un cenno del capo cominciò a farsi spazio fra la folla, scivolando sul pavimento come un fantasma.

Scambiai uno sguardo con Kenneth e Amber, per poi affrettare il passo. Non avrei mai creduto che un giorno sarei caduto tanto in basso da accettare l'aiuto di un mio nemico di sangue, ma non avevo altra scelta. Non avevo intenzione di sprecare altro tempo vagando per quel labirinto di metallo, perdendomi nei suoi meandri senza riuscire più ad uscirne.

Non lo avrei mai ammesso, ma avevo davvero bisogno di aiuto.

~•~

«Questo posto non mi piace per niente.»

Sbuffai, forse per la cinquantesima volta. Amber odiava il freddo e gli spazi chiusi, e il tunnel in cui ci trovavamo, anche se ben ventilato ed illuminato, le doveva sembrare una vera tortura.

Ma ciò non giustificava il fatto che continuasse a lamentarsi, rallentando il passo fin quasi a fermarsi. Avevamo fretta, accidenti!

«Amber, l'abbiamo capito. Precisamente mezz'ora fa, se proprio ti interessa saperlo» sbottai, sentendola mugugnare alla vista di un nuovo corridoio all'uscita del nostro.

Lei mi fulminò con lo sguardo. «No, non mi interessa.»

«Allora tieni la bocca chiusa.»

«Tienila chiusa tu, piuttosto! Io ho le mie ragioni per lamentarmi.» borbottò, incrociando le braccia sul petto.

Roteai gli occhi, esasperato. «Anch'io. Ad esempio il fatto che ci stai rallentando e che mi stai facendo venire il mal di testa.»

«Spero che ti venga, allora.»

Mi bloccai, scoccandole un'occhiata omicida. Io e Amber non eravamo mai andati molto d'accordo. All'inizio perchè era più piccola, e la ritenevo solo una peste invadente. Mi inseguiva in palestra, quando andavo nel bosco con suo fratello, praticamente ovunque. In seguito perchè aveva sviluppato un carattere altezzoso tanto quanto il mio. Da membro più giovane della famiglia esigeva che rispettassimo il suo volere, soprattutto il sottoscritto. Cosa che al mio animo ribelle decisamente non piaceva. Ammiravo il modo in cui cercava di prendere una propria strada, indipendentemente dal Consiglio, ma non se questo significava ignorare i suoi doveri nei confronti della mia famiglia. E in quel momento ci stava soltando dando problemi.

«Amber, se proprio ti infastidisce continuare la nostra missione, torna pure indietro. Tuo fratello di accompagnerà.»

Kenneth spalancò gli occhi. «Te lo scordi. Faccio anch'io parte di questo gruppo. E tu potresti farti uccidere.»

«Questo indipendentemente dalla tua presenza, Kenny. L'unica differenza è che tu cercheresti di salvarmi, il che non mi fa particolarmente piacere.»

«Ma non puoi andare così allo sbaraglio! Non sai nemmeno chi le abbia rapite...»

Feci un sorriso ironico. In realtà, credevo di sapere perfettamente chi le avesse prese, ma non volevo irritare Miles dicendolo ad alta voce. Non potevo controllarlo e, a meno che non ci stesse già portando fuori rotta, non volevo che decidesse di farlo in quel momento. «Tu non preoccuparti. Pensa a tua sorella.»

«Io posso continuare tranquillamente» protestò lei, sentendosi chiamata in causa. «Non sarò un'abile guerriera, ma non per questo motivo ti lascerò compromettere la missione escludendo mio fratello. Continuiamo» aggiunse, e senza un'altra parola aumentò il passo, affiancandosi a Miles, in testa al gruppo.

Lo vidi sussurrarle qualcosa, ma senza i miei poteri non potevo ascoltarlo. Che seccatura.

Sentii Kenneth borbottare. «Non sopporto quando parla in quel modo a mia sorella.»

«Tu non sopporti chiunque le parli, Kenny.»

Lui sbuffò. «Ok, è vero anche questo, ma di solito lei non li ricambia.»

«Sono sicuro che lui vuole solo essere gentile. È molto più grande e maturo di lei» lo rassicurai.

Mi squadrò sollevando un sopracciglio. «Lo stai difendendo? Un Jones? Sei certo di stare bene, Ewan?»

Mi sfuggì una risatina. «Oh, non sto affatto bene, Kenny. Per niente. Ma non c'è bisogno che ti preoccupi per lei, non adesso. Non le farà nulla di male finchè siamo qui.»

«Lo spero bene» mugolò. «O ti farò fare la sua stessa fine.»

La sua frase mi lasciò piacevolmente divertito. «Avanti» dissi con un sorriso. «Lo so che non lo faresti.»

«Sì è vero. Adesso vorrei solo usarti come una mazza per staccargli la testa dal collo» replicò, anche se la sua cattiveria era compromessa dal fatto che stesse ridendo. Tuttavia non dubitavo che fosse serio. Raramente Kenneth diventava tanto agguerrito, ma quando si trattava della sua sorellina si trasformava in una belva. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerla, così come faceva con me. Eravamo tutti una grande famiglia, e lui si era sempre comportato come il fratello maggiore che non avevo mai avuto.

Una acuta punta di rimorso mi punse il petto. «Mi dispiace di averti aggredito, Kenny» sussurrai, ingoiando l'orgoglio che normalmente mi impediva di scusarmi.

Lo sentii sussultare, ma la cosa non mi stupì. Le volte in cui avevo chiesto scusa a qualcuno si contavano sulle dita di una mano, e quasi tutte risalivano al periodo precedente all'incidente. Effettivamente, forse stavo peggio di come pensassi. L'assenzio doveva avermi mandato in cortocircuito il cervello.

Notai con la coda dell'occhio che il mio amico stava sorridendo. «Se non l'avessi fatto non saresti stato tu, Ewan. Il mio fratellino, stupido ed impulsivo» disse con un ghigno divertito.

Io gli lanciai uno sguardo truce, che accolse con una nuova risata.

«Ragazzi.»

Miles si era fermato, voltandosi verso di noi. Aveva uno sguardo preoccupato, che mi mise subito in allerta. «Cosa c'è? Hai trovato qualcosa di strano?» gli chiesi.

«Le loro auree... si sono affievolite» disse. «Non sono scomparse, no, ma sono, come dire... mutate. Più deboli ed evanescenti.»

Mi irrigidii di colpo. Non era assolutamente un buon segno.

Chiusi gli occhi, cercando di espandere la mente, ma senza successo. Era ancora bloccata, più lucida rispetto a un'ora prima, ma comunque troppo fiacca. Quella situazione mi stava facendo infuriare. «Non le sento» riferii. «Riesci a capire con chi si trovano?»

Lui scosse la testa. «Chiunque sia sta schermando la propria mente. I pensieri delle ragazze invece sono liberi, seppur deboli. È come se volesse farsi trovare, ma senza rivelare la sua identità prima del momento giusto.»

Mi morsi le labbra finchè non sentii il sapore salato e caldo del sangue sulla lingua. Doveva esserci sotto qualcosa, era sicuro, ma non riuscivo a capire di cosa potesse trattarsi, anche se ne avevo un vago presentimento. Dopo l'invito di Kyle e le sue minacce mi era difficile credere che lui non c'entrasse con la faccenda, ma i suoi piani mi erano oscuri. Voleva far parlare May con suo padre? In sala, quando potevo ancora usare i miei poteri, avevo cercato di individuare Alistair, ma sembrava non essere presente.

A meno che non si stesse nascondendo, magari da qualche parte lì fuori.

«Miles, tieni sotto controllo quel poco che riesci a percepire del rapitore. Prima o poi dovrà abbassare le barriere, non riuscirà a tenerle attive ancora per molto. Intanto proseguiamo. Accelerate il passo, tutti» ordinai, per poi seguire in prima persona i miei stessi comandi.

Non vedevo l'ora di mettere le mani su quell'individuo e spaccargli la faccia. Sapere mia sorella in pericolo, nonostante fosse un'ottima combattente, mi faceva aumentare le palpitazioni fino all'inverosimile.

E poi c'era May, con la sua coraggiosa ingenuità. Non sapeva come difendersi, non sapeva di chi fidarsi, e ciò mi faceva preoccupare ancora di più. Il rischio che decidesse di allearsi con Alistair era talmente vivido da far sembrare l'azione già compiuta.

Speravo solo che non fosse così.

Angolo autrice:

E lo speriamo anche noi, vero? Chissà cosa ha in mente Kyle. Ewan avrà indovinato il suo piano, o si tratterà di qualcos'altro?

Baci,
Mi🌙

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