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52. TANTO NON INDOVINI

I desideri sono già ricordi.

Italo Calvino

‹Ciao, Spettatore! Direi che ho vinto la scommessa! Il Corrotto›.

C'erano voluti quattro giorni, perché Diana si rifacesse viva. Probabilmente era stata male, ma Edmund era impaziente di chiederle ben altro, e non aveva tempo di informarsi sulla sua salute. Il Corrotto non mi basta più.

Questa frase lo assillava, come una formula in cui si riassumeva tutta la sua angoscia esistenziale. Il Corrotto non era più abbastanza: era un'identità fittizia, senza corpo, che non poteva dargli ciò di cui aveva bisogno.
Il Corrotto non poteva dargli l'amore di Diana. Per un po', l'aveva sperato... Ma poi, aveva capito che, finché rimaneva un'entità separata dal suo io corporeo, Il Corrotto era un essere impotente ed inutile. Così aveva preso una decisione.
I quattro giorni di assenza l'avevano messo in uno stato d'ansia che lo rendeva suscettibile ed irrequieto più del solito. Aveva temuto che il tempo, passando, si portasse via anche il coraggio che lui aveva impiegato così tanto a raccogliere.
Fortunatamente, aveva avuto l'effetto contrario, ed ora rischiava di essere anche troppo impaziente.
Aveva già digitato sul cellulare, con frenesia, l'epocale sms.
Con quel messaggio, la informava solamente che Il Corrotto conosceva la sua vera identità e che si era fatto dare il suo numero di cellulare per mettersi in contatto con lei in privato.

Per fortuna, lei non sapeva che quel numero di telefono apparteneva in realtà a Edmund Lloyd.

Edmund voleva sondare il terreno, perché, per quanto impaziente ed irrequieto, sapeva di avere una sola opportunità e non voleva sprecarla. Le modalità della confessione dovevano riuscire a mettere Edmund Lloyd nella luce migliore, e questo poteva avverarsi solo grazie alla simpatia che Diana provava per Il Corrotto: Edmund Lloyd era come un pianeta privo di luce propria che attendeva di essere illuminato da una stella per potersi far vedere dalla Terra. Temeva che l'odio che Diana provava per Edmund Lloyd potesse vincere sulla sua simpatia per Il Corrotto. Ma era stanco di aspettare: voleva sapere chi dei due avrebbe vinto.

Rilesse il messaggio:
‹Ciao, Spettatore! Direi che ho vinto la scommessa! Il Corrotto›.

Era il momento giusto per inviarglielo: era ricreazione, tutti erano nel corridoio, Diana era di fronte a lui a qualche metro di distanza, e parlava con le sue amiche, seduta nel vano della finestra. Edmund poteva vederla in volto e scoprire in tempo reale quale espressione avrebbe avuto nel leggere il suo messaggio.
Premette il tasto invio.
Qualche istante dopo, vide Diana estrarre il cellulare dalla tasca mentre ancora parlava.
Diana osservò distratta l'sms.
Il sorriso le si gelò sulle labbra. Guardò ancora, confusa e poi, agitandosi, digitò qualcosa in risposta.
Il cellulare, che Edmund teneva ancora in mano, vibrò portandogli la risposta:

‹Come l'hai scoperto?› diceva l'sms di Diana.

‹Non ha importanza›.

‹Da quanto lo sai?›.

Edmund sorrise. Diana voleva sapere se, durante le ultime conversazioni via internet che avevano avuto, Il Corrotto si era rivolto a lei o a Lo Spettatore e, quindi, Il Corrotto non la lasciava per nulla indifferente. Era pur sempre un passo avanti...

‹Da un po'› le scrisse in risposta.
Sul volto di lei apparve un sorriso radioso, di gioia.

Edmund sentì una fitta allo stomaco: non sopportava di vederla sorridere così ad un altro...

Era geloso di sé stesso.
Il cellulare vibrò di nuovo, e Edmund lesse: ‹Perché non me l'hai detto prima?›.

Non poteva rispondere a quella domanda: non poteva dirle che aveva avuto paura che gli chiedesse di rivelarle la sua vera identità!
‹Volevo esserne sicuro› mentì.
‹E ora che lo sei, sei deluso della scoperta?›.

Sarei stato deluso se non fossi stata tu... pensò Edmund.
‹Tutt'altro› scrisse.

Edmund vide Diana arrossire e guardarsi attorno con espressione dubbiosa e imbarazzata: cercava attorno a sé qualcuno con in mano un cellulare, che la stesse guardando. I loro occhi si incontrarono. Edmund non distolse il suo sguardo: voleva che capisse, che capisse tutto e subito, senza bisogno che fosse lui a dirglielo.

Aveva in mano un cellulare e la stava fissando, ma a Diana non passò neppure per l'anticamera del cervello, che Edmund Lloyd potesse essere l'intelligente, sensibile, simpatico Corrotto.
Edmund la vide girare lo sguardo dall'altra parte, innervosita di quel lungo contatto visivo che aveva avuto con lui, e che non aveva affatto cercato.

‹Quando mi dirai chi sei?›.

‹Non ho intenzione di farlo› rispose Edmund.

‹Ehi, non vale! Tu sai chi sono io!›.

‹Ho vinto la scommessa, e tu l'hai persa. Così vanno le cose.›.

‹Crudele! Voglio sapere chi sei, altrimenti mi ritiro dal giornale›.

‹Ma te l'ho già detto, Spec: Il Corrotto non ha più un'identità, l'ha persa. Gli resta solo un nome, vuoto e privo di significato›.

‹Allora dimmi solo il nome›.

‹Se ti dicessi solo il mio vero nome, ne rimarresti delusa›.

‹Perché dici così? Io ti conosco, Corrotto. Non puoi essere tanto diverso da quello che sei su Dragonfly›.

‹Questo lo dici tu. Il corrotto finge di essere chi non è›.

‹Chi di voi due finge? La persona in carne ed ossa che scrive l'sms, o il tuo io virtuale?›.

‹Non ha importanza: purché una delle due sia una falsa identità, entrambe lo sono›.

‹Ti prego! Fallo per me›.

‹Se è per te, allora è diverso. Allora non posso proprio›.

‹Perché?!›.

‹Perché ti faccio solo un favore, non rivelandoti il mio vero nome›.

‹Questo è difficile crederlo›.

‹Se non ci credi, allora fidati›.

‹Posso almeno tentare di indovinare?›.

‹Prova. Tanto non indovini›.

Anche se sono qui di fronte a te...
‹Allora... sei Matteo di 5B›.

‹Molto lontana›.

Edmund sorrise, scuotendo leggermente il capo. Lo stava facendo apposta: sicuramente non pensava che Il Corrotto fosse Matteo di 5B, il ragazzo più taciturno di tutta la scuola, con l'acne, e la fissa per i trattori.

‹Forse allora sei Dan, il mio compagno di classe›.

‹Non credo che Dan riesca a mantenere un segreto simile›.

Ha paura di confessarmi le sue speranze su chi sono.

‹Non so... Non mi dai molti elementi per indovinare›.

‹Perché non voglio che indovini. E se me ne tiri fuori un altro come i primi due, non c'è rischio. Devi avere qualche idea su chi sono, no?›.

Sicuramente nessuna che si avvicini alla realtà.

‹Ok. C'è una vaga possibilità che tu sia Davide di 5A?›.
Davide. Ecco qual era la sua speranza.

Ora Edmund sapeva di chi essere geloso: di quel damerino con i capelli tirati indietro col gel, che era riuscito a far colpo su di lei solo adottando il suo modo di pensare, i suoi gusti ed il suo stile nel vestire.

Allora c'era riuscito! Era tanto facile? Bastava raccontarle di aver letto tutti i numeri dei fumetti di Hugo Pratt, di aver letto Il Conte di Montecristo in lingua originale e di sapere a memoria l'intera saga di Star Wars, completando il tutto con dei modi affettati da galantuomo del 1800? Se c'era riuscito Davide, che di cervello ne aveva la metà di lui, allora avrebbe potuto riuscirci anche Edmund!

Come aveva potuto Diana innamorarsi di uno come Davide?
Diana era intelligente, sensibile, originale. Davide non era nessuna delle tre. Diana aveva una personalità, Davide era l'essere più influenzabile e privo di forma propria di questo universo. Era come un pezzo di pongo colorato che bastava tenere fra le mani per farne quello che si voleva: persino spiaccicarlo.

Ma, nonostante questo, Davide aveva vinto, e lui aveva perso.
E c'era una cosa che Edmund non riusciva a tollerare. Non poteva sopportare il pensiero che Davide si fosse preso il merito di tutte le frasi brillanti che Il Corrotto era stato capace di dire a Diana.
Non poteva sopportare il fatto che Diana avesse indirizzato le sue risposte a Davide.
Non voglio che ci soffra, ma non posso permettere che Davide si prenda il merito di essere me! Diana, perché non riesci a capire?!

‹No› le rispose, dopo un po'.

Era delusa. Estremamente delusa.
Edmund riusciva a vedere la delusione sul suo volto. Ora si pentiva di aver scelto quel luogo strategico. Avrebbe preferito non vedere ed immaginare soltanto l'espressione di lei mentre leggeva i suoi messaggi, così gli sarebbe rimasto un briciolo di speranza.

Un pensiero lo colpì, e fu il colpo di grazia.
Fino a quel momento, era convinto che Il Corrotto avesse prestato un po' della sua luce a Davide per farlo brillare più di quanto fosse capace da solo.
Ora gli parve che fosse il contrario: se, per tutto quel tempo, Diana avesse provato simpatia nei confronti de Il Corrotto solo perché nella sua mente lo associava a Davide?
Se era così che stavano le cose, probabilmente Diana non avrebbe più voluto conoscere il vero Corrotto e si sarebbe disinteressata di lui. Lo avrebbe considerato solo come un amico, nonostante ormai da più di un mese, da quando Edmund aveva scoperto la sua vera identità, le loro conversazioni su Dragonfly avevano un sapore particolare e sembravano portarli su una strada che andava oltre l'amicizia. Edmund spense il cellulare ed alzò gli occhi su Diana...

Mi dispiace, Dy, ma non ce la faccio. Ho tentato di fare quanto ho potuto, ma tu mi detesti, provi disgusto per me, e sei... Innamorata di un altro.

Edmund si guardò attorno, e gli parve di non averlo fatto per mesi. Detestò tutta quella folla di gente che parlava, rideva, osservava e non si degnava di lui. Non si sentiva più in grado di nascondere i suoi veri sentimenti come aveva sempre fatto per tutta la durata del liceo... L'unica cosa che desiderava fare era nascondersi.

Era un istinto nuovo per lui: la sua personalità era sempre stata nascosta, per cui non aveva mai dovuto nasconderla ulteriormente. Ora, invece, non indossava più la maschera che lo nascondeva al mondo, ora la sua faccia era messa a nudo e la sua immagine sociale compromessa.

Era stato per troppo tempo con un piede di qua ed uno di là dello spartiacque tra popolarità ed eccentricità, e ora non sapeva più da che parte andare.

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